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ADULTO

AMORE IN CHAT L’indiscreto
piacere del rifiuto
"Mio caro, grazie per ieri
sera, grazie per le sue parole, la sento vicino e perdoni la mia
insolenza, ma dal primo giorno che l’ho incontrata in chat, sapevo
già che lei sarebbe stato il mio angelo nero"

Mio caro,
grazie per ieri sera, grazie per le sue parole, mi hanno
fatto volare come mai era successo finora, la sento
vicino e perdoni la mia insolenza, ma dal primo giorno
che l’ho incontrata in chat, sapevo che lei sarebbe
stato il mio angelo nero, sarebbe stata quella figura di
guida che mi avrebbe condotta nei meandri della mio
totale appagamento spirituale. Oggi non posso che
ringraziarla, elogiarla d’avermi portata per mano lungo
questo percorso. Ora il gioco si fa più duro ed io non
devo far altro che decidere. Fuori c’è il sole, c’è Roma
che m’aspetta ed io mi sto preparando per essere più
bella di un cigno che fende l’acqua del lago di Villa
Borghese, più attraente di qualsiasi alba che m’avvolge
e mi culla. Mi ha chiamato un’amica e mi ha invitata
ad un pranzo in un ristorante molto chic all’Eur, ma io
ho rifiutato, ho voglia di altro! Mio marito è fuori,
non tornerà che stasera, i miei desideri volteggiano
liberi dentro questa casa così grande. Le ho mai detto
che abito in una villa e che ora sono al piano superiore
e vedo il mio bel giardino e la mia cagnetta che
scodinzola felice? Se solo mi potesse vedere, mio caro,
sono sicura che mi farebbe un’offerta ed io accetterei
volentieri, perché sarebbe il primo, perché il mio
desiderio più grande sarebbe quello di sapere qual è il
prezzo, quanto valgo per un giorno d’amore o, seguendo
le ali della trasgressione anche dieci minuti al riparo
d’una fabbrica dismessa.
La grande paura della
discarica comunque è passata e se lei per caso leggesse
queste righe mi chiami immediatamente, la prego lo
faccia, perché oggi voglio fare il grande passo,
accettare un incontro, anche in forma anonima senza che
lei si riveli di essere l’uomo della chat, lo farei con
l’aria sfrontata di chi sa che sta vendendo merce buona
e che soddisfa e non delude. Ma lei non risponde,
proprio oggi non la sento, proprio oggi che vorrei
essere guidata dentro i timori dei miei non posso. In
fin dei conti ai margini di quella discarica non è
successo nulla, nulla per la quale ora dovrei pentirmi o
rimanere a casa senza mostrare al mondo le mie grazie.
Per la prima volta ho dato piacere ad un uomo sbavando
il mio rossetto e per questo devo, dobbiamo andare
orgogliosi.
La penso e mi domando: “E se uscissi
conciata in questo modo?” Ma dove vado senza una saliva
che giustifichi il mio seno, senza un marito che
attutisce alle orecchie della gente il rumore dei miei
tacchi? Ed avrei il tempo di chiamarla mio tesoro, di
sentire il suo piacere diluire nell’attesa, di vedermi
sfiorare fino al punto d’esser certa che non basta un
marito per essere rispettata, che non bastano dei figli
per essere madre e soprattutto che non basta essere una
bella donna per stimolare gli altrui desideri.
Sono in chat, ma lei non entra! Centinaia di messaggi mi
chiedono invano se sto bene, senza conoscermi, senza
sapere chi sia. Mi chiedono se sono libera, disponibile,
bella e signora, ma qui dentro loro vedono solo un nome
senza tette e senza forme, senza quella bellezza che se
appena intuissero non mi darebbero più tregua. Mi
chiedono se sono sposata, l’età, la misura del seno, la
forma del sedere, il colore degli occhi, se sono mai
stata in un motel a ore, quante volte l’ho fatto e quale
sarebbe la mia preferenza in amore se in caso dovessimo
incontrarci. Lei non c’è ed io davvero ho bisogno
d’essere obbediente ai comandi che fanno vibrare la mia
anima, alle parole, agli ordini che m’impongono di dire
quello che vogliono sentire. Uno tra i tanti insiste e
vuole conoscermi. Mi chiede dove abito e se sono
disponibile ora. È di Roma, vorrebbe verificare con mani
ed occhi se davvero sono quella che dico. Dice che è
ricco, che abita in una villa all’Olgiata. Ha letto la
mia scheda ed è sicuro di darmi quello che voglio,
quello che chiedo sotto la coltre ipocrita e intrigante
di donna sposata e riservata.
Le sue parole si
fanno incalzati, mette le virgole ogni qualvolta che mi
chiama signora, le maiuscole per dirmi altro. Ecco ora
mi dice quello che noi sappiamo, ma rispetto ad altri le
sue parole sono nette, decise sanno di esperienza. Non
deve essere giovane. Mette i punti quando parla del suo
sesso che padrone si staglia dentro il vapore di una
donna. A quanto ho capito sta facendo l’amore. Poi mi
chiede come sono vestita, che sarei un miraggio se solo
portassi la metà di quello che dico. Dice di essere un
intenditore di pizzi e merletti, uno specialista di
calze con la riga, un esperto di donne e di tette. Dice
che non vuole fare l’amore, ma servo alla sua meta che
non riesce a raggiungere, alla sua fantasia
esclusivamente per quella che sono. Dice di avere una
compagna e averne tante di donne, una per ogni sua
trasgressione e una in più o in meno non le cambierebbe
la vita. Anzi mi assicura che se in caso io volessi fare
l’amore lui mi rifiuterebbe!
Gli dico di
aspettare. Sono indecisa. Aspetto un suo parere, ma lei
oggi ha deciso di non entrare in questa chat, lui
insiste e non mi dà più tempo, vuole che vada da lui.
Con la mente sono già fuori, il desiderio mi spezza il
respiro, la trasgressione mi gonfia la stoffa
impalpabile che copre per scusa il mio seno. Poi alla
fine mi decido: “Ok vengo!” Con il fiato grosso
chiamo un taxi. Ora scendo le scale e spero che non mi
veda nessuno, ripenso alle sue parole, che il desiderio
di essere umiliata non passa per il sesso, per la voglia
irrefrenabile d’essere appagata, ma è esattamente il suo
contrario. Sto andando a domicilio dove lui vuole, dove
lui m’aspetta senza che nulla mi abbia promesso. Il
tassista non parla ed io mi chiedo cosa ci potrà essere
dentro un rifiuto, quali corde dell’anima cominceranno a
suonare quando lui si sentirà in dovere, in diritto di
trattarmi come uno scarto.
M’accoglie in
giardino, è un uomo sui cinquantacinque anni, forse di
più. È vestito di bianco con un foulard di seta al
collo. Sono bella e lui se ne accorge, ma mantiene il
suo ruolo e mi chiama cortesemente Signora con la
maiuscola e qualche punto di sospensione. Mi accorgo
immediatamente che ha mantenuto i patti, non è solo,
vicino a lui una donna vestita sexy ma decisamente sopra
le righe, sembra una di quelle a tariffa. È provocante
sì, ma io non sono da meno. Ci presentiamo, mi dice che
è la sua compagna e in questa giornata noiosa i loro
desideri avevano bisogno di qualcosa di frizzante.
Ci fermiamo in veranda, il posto è davvero elegante
ed arredato con gusto. I due si siedono come se fossero
in attesa della cameriera che serve un thè, ma lui non
perde tempo, mi guarda le gambe velate di nero e
sorride, non mi dice di sedermi, semplicemente mi tocca
per sentire la consistenza delle mie forme. Avverto che
non c’è alcun desiderio in quella presa, mi tasta come
mucca al mercato, come una trota appena pescata mentre
con l’altra mano accarezza le gambe e il seno della sua
donna.
Qualcosa dentro di me stride, ma resisto.
“E’ questa l’occasione che cercavo? Un uomo interessante
che sta toccando la tetta di un’altra mentre io in piedi
mi sento un’intrusa.” Qualcosa mi dice che devo
rimanere, che proprio dentro quelle mani che continuano
a toccarmi c’è l’attenzione che cerco. Il mio
vestito è trasparente e lui s’accorge che non porto le
mutandine, le sue parole sanno come trattarmi, come
disegnare il contorno delle mie forme che ora genufletto
per dargli piacere. Solo a quel punto mi parla: “Grazie,
Luisa, non credevo che arrivasse così presto, le dà noia
se rimaniamo in veranda?”
Mi guardo intorno. La
veranda ha ampie vetrate, ma una siepe di due metri ci
copre alla vista di eventuali passanti. Vuole che
rimanga in piedi. Mi ha chiamata per questo, per
assistere al suo piacere che sale ed aiutare la sua
donna che ora in ginocchio non può più parlare. Mi
sconvolge il suo distacco: “Vede Luisa, sono due ore che
la mia compagna fa del tutto per rendersi utile, ma
finora con scarso successo. Allora ho pensato di
collegarmi in chat e di provare a contattare una signora
disposta a trascorrere un’ora insolita sulle ali della
trasgressione. Sa ci sono sempre donne disposte anche se
a volte devo faticare a convincerle, ma lei mi ha
stupido perché si è offerta immediatamente. Se mi avesse
detto di no le avrei chiesto di aiutarci dentro quel
computer.”
La donna è ancora lì in ginocchio, lui
mi guarda. “Mi faccia vedere il suo bel seno, porta una
quarta vero? Lo scopra, la prego, come se dinanzi a lei
ci fosse un amante voglioso che non chiede altro,
l’accarezzi, come se dovesse invogliarlo e portarlo al
limite della brama che solo lei ha deciso. Vede, la mia
compagna è giovane e inesperta, tra noi ci sono quasi
trent’anni di differenza, è bella ma ancora non ha
capito cosa voglia dire soddisfare un uomo. Lei crede
che con la tecnica si ottenga tutto, ma non è così, ci
vuole passione, dedizione mentale, insomma occorre prima
desiderare per essere desiderata. La passione alimenta
passione. Lei è d’accordo vero?”
Ora mi prega di
sedere, di alzare quel poco la gonna per concedere agli
occhi di proseguire da soli. “Sono sicuro che lei
sarebbe maestra, che ci metterebbe quella passione che
cerco. So che ora vorrebbe stare al suo posto. Non
sbaglio vero? Ma mi dia retta, per quel poco che
immagino che sia, lei è una donna di classe e le donne
di classe venderebbero l’anima per sedurre prima di
essere sedotte. Non la invidi, non si sostituisca, lasci
a lei la noiosa parte meccanica e che si impegni fino
allo stremo fino all’effimera vittoria. Non ci crederà
ma la sua presenza sta avendo l’effetto sperato. Sento
le sue labbra, il suo palato che iniziano ad avere
un’anima.
La prego, non si avvicini rimanga in
piedi distante! Anzi faccia due passi indietro. Perché
solo ora guardandola capisco il motivo per il quale è
venuta di corsa sin qui. Lei è una donna che non cerca
il piacere del sesso materiale, lei ha solo bisogno di
vuoto, perché null’altro potrebbe riempirla! Ha bisogno
di parole che le dicano quello che vuole sentire. Mi
creda, fa più effetto sentirsi chiamare puttana che
farla davvero, è più appagante sentirsi di troppo
vedendo una donna che suda, che strizza, divora, spreme
e bacia affinché io possa avere un sussulto ed
apprezzarla per quello che ha fatto. Lei
s’accontenterebbe?”
Solo ora mi accorgo di
essere entrata dentro un mondo assoluto di
trasgressione, il mio desiderio sale, penso che questa
sia solo una tattica, che a breve sarò coinvolta nel
loro piacere. Mi accendo una sigaretta e li guardo,
continuo ad accarezzarmi come mi ha chiesto, apro la
bocca in cerca di consistenza e mi accorgo che non è
assolutamente vero che il vuoto, l’aria riempia il
desiderio. Vorrei dirgli che si sbaglia, che la coda del
pensiero ha bisogno di spessore, ma rimango a guardare
sperando che a breve cambi la regola e la sua amica
rinunci alla sfida, esausta lasci e mi dia il permesso
di continuare. La vedo che è allo stremo, la sua mano si
muove più lenta, i capelli bagnati le inceppano il
respiro. Ora, forse tra poco rinuncia! Alla faccia di
lui che mi vuole vuota ad assistere. Io sono una
protagonista che vende l’anima in una discarica per
sentirsi regina! Non ci può essere vuoto che colmi la
voglia! Non ci può essere aria che slarghi due gambe!
Ora vorrei essere al suo posto perché è lampante che tra
loro non c’è sentimento, non c’è poesia. È una
trasgressione fredda! Quella mano è solo un servizio
dietro compenso, quella bocca un mezzo meccanico, utile
quanto un tombino per l’acqua piovana. Ma lei insiste ed
io mi sento avvampare, ho paura che alla fine ci riesca,
che la sua dedizione sia premiata, che sgorghi e lo
faccia godere.
Muovo la bocca e stringo aria,
provo a simulare il movimento e lui s’accorge che quello
che voglio, che fremo è quello che non posso ottenere.
“Vede mia cara forse mi sono sbagliato su di lei, ma se
ora la sua faccia fosse tra le mie gambe, se in
ginocchio mi respirasse, il suo desiderio
s’affievolirebbe fino a sparire. Mentre ora aspetta ed
aspetta perché è solo l’attesa che gonfia i suoi seni.
Se poi le dichiarassi apertamente che non gradisco le
sue attenzioni, che questa saliva che mi bagna è l’unica
a cui concedo di stare qui per ore, sono sicuro che
toccherei le corde del suo amor proprio,
dell’umiliazione di sentirsi rifiuto nonostante il suo
seno sia a portata di mano, nonostante ora non avrei
alcuna difficoltà ad esaudire il suo desiderio, magari
entrando in casa e distenderla nel nostro letto
matrimoniale e concederle l’amore che desidera. Ma non
le farei del bene, anche se ora si offre e tacitamente
chiede.”
Sono esausta, sto sudando dubbi, non
sono sicura di potercela fare, ma lui insiste: “Faccia
quello per cui è venuta, per il rifiuto che le ho
accennato in chat! Orbene alzi la gonna per farci vedere
quanto s’è abbellita di seta, di lacci e fiocchetti per
provare cosa ci sia dentro un rifiuto, dentro la
rinuncia che ora sicura le fa smuovere il ventre. La sua
presenza sta dando l’effetto sperato, non pensi che sia
stato inutile venire fin qui. Ora si alzi, la prego,
vada fino in fondo alla siepe, ma la prego non
s’avvicini, ci lasci soli, rimanga distante perché ad
altro non serve.”
Obbedisco e mi alzo. Cammino
precaria per i tacchi alti e per la voglia, poi mi
fermo. Sono vicino alla siepe, loro distanti mi vedono
appena. Li guardo e mi guardo. Davvero questa situazione
mi fa sentire un avanzo, uno scarto vestita di seta, di
tacchi e rossetto, di smalto e capelli appena lavati.
Aveva ragione. Il mio percorso si sta arricchendo di
qualcosa che non avevo previsto. Cerco di resistere, ma
crollo al piacere, frano alla brama dell’attesa che
rimanga tale. Aveva ragione, non serve la consistenza,
ma solo l’idea. Il piacere è qualcosa che nasce e muore
dentro la mia mente. Non servono gambe, il seno e non
serve il sesso di Marco, non serve una discarica, serve
il pensiero di non arrivare a fare ciò che si vorrebbe
in quel momento.
M’accascio sull’erba. Aveva
ragione. L’idea di essere sbattuta sul letto
matrimoniale è più forte di qualsiasi amore materiale
sullo stesso letto. L’insana voglia di sostituirmi alla
sua donna non avrebbe procurato lo stesso effetto.
Stringo le gambe ed aspetto la corrente del fiume che
rapida m’invade. Mi sento foce fertile, per gabbiani che
trovano di cosa sfamarsi, per pesci che avidi si
ammassano prima del mare aperto. Chiudo gli occhi, premo
il mio ventre perché questa corrente calda mai finisca.
Aveva ragione. Penso a quella poveretta in ginocchio che
sfama senza esserne mai sazia, mentre io mi sento
completamente colma, d’idea, d’aria, di rifiuto e
d’attesa, dove per anni mi sono illusa di esserlo
ricevendo fisicamente la consistenza del maschio.
Oramai sono lontani, vedo ancora una bocca che
freme, una faccia che ride, mentre apro il cancello e
svanisco dentro questa Roma che amo.
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CONTINUA...
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fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
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