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AMORE IN CHAT L’anima munta
"Mia cara, le sue parole
gridano aiuto ed io non posso sottrarmi, ma sento di non poterla
aiutare se non nella sofferenza, nello strazio di un’anima che s’è
fatta di carne per alleviare le pene attraverso il bisogno."

Mia cara, le
sue parole gridano aiuto ed io non posso sottrarmi, ma
sento di non poterla aiutare se non nella sofferenza,
nello strazio di un’anima che s’è fatta di carne per
alleviare le pene attraverso il bisogno. Sento che vuole
espiare le colpe attraverso il donarsi, a chiunque non
abbia rispetto per il suo ruolo di donna, di moglie, di
madre mancata. Da tempo mi chiedo quale siano queste
colpe, quale l’infanzia che affolla i ricordi, quale la
causa e l’oltraggio per sporcarsi le suole, per
impregnarsi di tenebre quelle più scure, che sanno
d’insulto e bestemmia al cospetto del seno che candido
mostra.
So che non cerca un amante, un uomo
ordinario che la rispetti, che inondi di violetta la sua
stanza da letto, mentre in penombra le offre dei fiori e
la distende e la bacia dopo averle chiesto permesso. So
bene che di fronte a questa smania non ci sono parole,
non c’è un cavaliere cortese che le faccia la corte,
perché quello che cerca è un pretesto di maschio, che
degradi la sua essenza borghese, che infanghi quel
perbenismo bugiardo e soprattutto la sua bocca che nelle
mattine di festa si schiude e si muove per dire
preghiere.
So che la eccita dire “Tesoro, ma
scherzi?”, a suo marito che chiede e sospetta, mentre
lei con gli occhi di pianto, giura e spergiura che è
stata sempre fedele, che mai la sua bocca ha ospitato
altri maschi, mentre si delizia di quell’ambiguo pudore
ed assapora l’ultimo e il prossimo a breve distanza.
Non creda, capisco il senso, ma lei sa bene che io
non voglio il suo corpo, non voglio una donna da cinque
minuti che dona le sue grazie senza alcuna sostanza. Se
vuole donarmi l’anima come ripete da tempo, sappia che
la sto aiutando a percorrere interamente la strada, a
plasmarla dandole quello che desidera. Esigerò il prezzo
quello pattuito, sarò ciò che lei ha sempre cercato, un
angelo, un demone a seconda del momento. Scelga
liberamente, se vuole continui a vagare, a descrivere
dove la porta il desiderio che magari stanotte
l’ammantata di niente, per scoprire quanto è gelido un
soffio di vento, o quanto è caldo un getto di fiato
durante l’amore.
Sarò sempre vicino a lei,
ovunque lei voglia. Lasci perdere suo marito, lui non
merita la sua anima quando la notte la chiama, perché
pochi, lo giuro, apprezzerebbero accanto quest’anima
munta che ha bisogno della notte per essere pronta, e
mostrarsi incredula a se stessa quando mostra l’offerta,
una femmina invasa dalla bellezza di darsi, dalla smania
perversa di non farlo per soldi, ma soltanto per gusto e
piacere di essere unica.
Le confesso che non ne
ho mai viste di donne che si danno al primo chiunque,
senza farsi pagare, nella folle ricerca di saziare
l’assillo d’un animo inquieto. Davvero vorrei essere lì
e vedere i suoi occhi, il sudore che scorre mentre
invoca l’amore, il timore che prova, la sfrontatezza che
chiede, mentre s’accovaccia nel buio d’un auto in sosta,
nel momento che aspetta o subito dopo, quando un maschio
s’adagia, dietro o davanti è poco importante, se la foga
e la rabbia ammansiscono insieme la carne che offre.
Vorrei vederla mentre ostenta la sua misura
abbondante, il sogno di un uomo che diventa reale, non
importa la parte su cui si concentra, destra o sinistra
cosa vuole che valga? Perché dentro un seno di donna c’è
l’anima tutta, l’essenza e l’origine, il nutrimento di
madre, la sostanza che conserva la specie. Vorrei essere
lì e spiarla che ansima e chiede, dentro questa notte
diversa da quella romantica e patinata che riempie la
luna di baci e promesse. Perché dentro quell’anima c’è
un’altra donna che io non conosco, che si alimenta
d’amore mentre malferma lo reclama e spera che duri
quanto le ore che mancano all’alba, senza che un marito
s’accorga dove una moglie ha passato la notte.
Vorrei davvero vederla perché il resto davvero non
conta. Chi se ne frega se un temporale improvviso sta
scoperchiando i tetti, le case, se da qualche parte del
mondo è scoppiata una guerra o un terremoto violento ha
donato disgrazie, perché lei è lì che si sta fottendo
quel mondo, attenta al suo smalto, al suo rossetto di
frale e a tutto ciò che la femmina e regina, incurante
di ogni giudizio se quello che conta è sentirsi più
viva. Mi sembra di sentirla ora che grida, a
quell’anonimo di essere degno del caso, che l’ha fatto
passare proprio nel mentre, lei strusciava i suoi tacchi
tra un lampione e una siepe, in un angolo buio di una
strada al riparo. La sento che grida, che invasata le
offre, la bocca o la sua parte migliore per tenerlo in
tensione, per sentirlo fin dove in un’altra notte
domani, nessuno farebbe altrettanto e di meglio.
La sento, mia cara, che sta pensando che non ci sarà
un’altra notte, uguale a quella di ieri, la stessa di
domani, perché l’importante è viverle uniche e spaiate
senza una storia che le leghi o ne faccia un legame,
finché stremata sentirà il piacere misto al disgusto e
l’odore di sesso l’accompagnerà fino a casa. Ma non
durerà poi tanto, quanto una doccia, quanto cinquanta
colpi di spazzola, quanto un “Lo giuro, ma scherzi,
tesoro?”, a suo marito ancora che chiede, per poi
ritrovarsi da sola più bella allo specchio, che trucca
la parte inappagata del cuore, la stessa che sbircia,
che aggrazia e poi vede quando alza d’un niente la sua
gonna di seta.
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CONTINUA...
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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