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ROMANZO BREVE
Terza Parte

 
 
Adamo Bencivenga
L'AMORE AL TEMPO
DELLE AGENZIE MATRIMONIALI

 

 


 
L’incontro con Claudia
La convocazione arrivò qualche giorno dopo, con la calligrafia ordinata di Adele. L’appuntamento era fissato per un sabato pomeriggio, di nuovo nel salottino dell’agenzia. Mentre mi preparavo, sistemandomi la cravatta davanti allo specchio, sentivo un leggero stato d’ansia. Dopo la serata con Adele, dopo quel bacio sulla guancia sotto il suo portone, avevo sperato in qualcosa, anche solo un segnale, un’ombra di ciò che avevo provato io. Ma la lettera era formale, professionale, come sempre. Forse mi ero illuso, forse avevo frainteso tutto.
Quando entrai nell’agenzia, Adele mi accolse con il suo solito sorriso, impeccabile nel suo tailleur color crema. “Buongiorno, Giovanni.” Disse, con un tono che non tradiva nulla. “Claudia sarà qui a momenti. È una donna speciale, vedrà.”
Annuii, ma il suo distacco mi ferì. Dov’era la confidenza di quella sera? Dov’era la donna che aveva riso con me, che mi aveva sfiorato il braccio? Mi sedetti nel salottino, tamburellando le dita sul bracciolo del divano, e quando Claudia entrò, il mio cuore perse un battito, ma non per il motivo che avrei voluto.

Rimasi senza fiato, ammirandola. Era una donna splendida, sulla quarantina, con capelli castani dai riflessi dorati e un abito blu scuro che ne esaltava la figura elegante. Il suo sorriso era caldo, il suo portamento sicuro, e quando mi strinse la mano, disse: “Piacere, Giovanni. Adele mi ha parlato di te, sai? Dice che sei un uomo che sa apprezzare le piccole cose, come una fontana o un tramonto.”
Sorrisi, ma dentro di me si aprì una crepa. Più parlava e più mi rendevo conto che Claudia era tutto ciò che potevo desiderare: affascinante, colta, con un’aria di chi ha vissuto e non ha paura di mostrarlo. Ma era anche… troppo simile ad Adele. Gli stessi gesti eleganti, lo stesso modo di inclinare la testa quando ascoltava, persino un accenno di quel profumo al gelsomino che mi aveva stregato quella sera sul Lungotevere. E in quella somiglianza, vidi un messaggio che mi spezzò il cuore: Adele non mi voleva più!

Non era un caso, pensai, mentre Claudia parlava della sua vita. Anche lei vedova, gestiva una piccola libreria a Trastevere, amava passeggiare lungo il Tevere e leggere poesie di Montale. Ogni sua parola era un’eco di ciò che avevo detto di desiderare, ma anche un promemoria di ciò che non potevo avere. Adele aveva scelto Claudia di proposito, una donna che incarnava ciò che io avevo confessato di ammirare in lei, ma che non era lei. Era il suo modo di dirmi, senza bisogno di parole, che dovevo smettere di sognarla, che il nostro momento sul Lungotevere era stato solo un’illusione.
Claudia era gentile, brillante, persino spiritosa. Mi raccontò di come, dopo la morte del marito, avesse trovato conforto nei libri, di come sognasse una vita semplice, ma piena di calore. Avrei dovuto sentirmi attratto, conquistato, sedotto, ma non riuscivo a smettere di pensare ad Adele, al suo sorriso malinconico, al modo in cui aveva evitato il mio sguardo quel giorno.

Parlammo per un’ora, e quando ci salutammo, le strinsi la mano con cortesia. “È stato un piacere, Claudia…” Dissi, e lo pensavo davvero. Ma mentre uscivo dal salottino, il mio sguardo cercò Adele, ancora alla sua scrivania, la penna che scorreva su un foglio. Non alzò gli occhi, e quel gesto mi confermò ciò che temevo: mi stava lasciando andare.
“Com’è andata, Giovanni?” Chiese, con un tono così neutro che mi fece male.
“Bene.” Risposi, scrollando le spalle. “Claudia è… una donna notevole.”
“Lo sapevo… Anche Claudia è d’accordo, mi ha fatto un cenno di approvazione quando è uscita… Vuole che organizziamo un secondo incontro?”
Ormai era in gioco e non potevo sottrarmi. “Sì, proviamo.”
Ma mentre uscivo dall’agenzia, sentivo un vuoto che non sapevo come colmare. Adele aveva scelto Claudia per dimostrarmi che potevo trovare ciò che cercavo, ma in quella scelta aveva anche chiuso una porta.
Il secondo incontro con Claudia
Adele aveva organizzato tutto invogliandoci per un pomeriggio al cinema. Quando ricevetti la lettera con i dettagli, provai una strana mescolanza di emozioni. Claudia mi era piaciuta, certo, ma non potevo ignorare il pensiero di Adele, il suo distacco, il modo in cui sembrava spingermi verso un’altra donna. Eppure, mi dissi, dovevo provarci. Forse Claudia era davvero ciò che cercavo. Ci incontrammo davanti al Cinema Fiamma, un sabato pomeriggio. Roma era un’esplosione di colori: il cielo azzurro, i fiori che traboccavano dai balconi, il vociare allegro dei passanti. Claudia era già lì, puntuale, con un vestito a pois bianchi e blu che le dava un’aria fresca, quasi giovanile. I suoi capelli castani erano sciolti, mossi dal vento leggero, e quando mi vide, il suo sorriso mi fece dimenticare, per un momento, ogni dubbio.

“Giovanni, che piacere…” Disse, stringendomi la mano con calore. “Hai mai visto La dolce vita? Lo danno oggi, e pensavo potesse piacerti.”
Annuii, colpito dalla sua scelta. “Fellini è sempre una garanzia.” Risposi, e ci avviammo verso la sala, chiacchierando con una naturalezza che non mi aspettavo.
Il cinema era un rifugio perfetto: la penombra, il profumo di popcorn, il ronzio del proiettore che dava il via al film. Seduti l’uno accanto all’altra, ci lasciammo trasportare dalla Roma di Fellini, dalle sue luci e dalle sue ombre. Ogni tanto, Claudia si sporgeva verso di me per commentare una scena sottovoce, e il suo respiro vicino al mio orecchio mi faceva quasi sobbalzare. C’era qualcosa di intimo in quel momento, un’intesa che non avevo provato al primo incontro. Quando Anita Ekberg si immerse nella Fontana di Trevi, Claudia rise piano e sussurrò: “Chissà se avremmo il coraggio anche noi di fare una cosa del genere.”
“Tu sì, forse…” Scherzai. “Io mi limiterei a guardarti dal bordo della fontana.” Lei mi diede una leggera gomitata, e per la prima volta sentii una scintilla, qualcosa di caldo e promettente.

Dopo il film, decidemmo di passeggiare verso Piazza di Spagna. Il pomeriggio stava scivolando verso il tramonto, e la città si accendeva di tonalità dorate. La scalinata era viva di turisti e romani, coppie che si tenevano per mano, artisti di strada che disegnavano caricature. Claudia camminava con passo leggero, raccontandomi della sua libreria a Trastevere e di quanto amore ed energia avesse dedicato per realizzare il suo sogno.
“E tu, Giovanni?” Chiese, fermandosi a guardare la Barcaccia. “Qual è il tuo sogno?” Mi presi un momento per rispondere, osservando l’acqua che gorgogliava. “Non sono bravo con i sogni.” Dissi infine. “Ma mi piacerebbe una vita semplice, con qualcuno che mi faccia venir voglia di tornare a casa ogni sera. Qualcuno con cui ridere, con cui condividere… questo.” Indicai la piazza, il tramonto, la bellezza di Roma.
Claudia mi guardò con un’espressione seria, poi sorrise. “È un bel sogno, Giovanni. E non è così semplice come pensi.”
Arrivammo a Piazza del Popolo e ci sedemmo ai tavolini all’aperto del Caffè Rosati, ordinando due aperitivi. L’atmosfera era magica: le luci dei lampioni cominciavano ad accendersi, il brusio delle conversazioni si mescolava al suono di un violino lontano. Claudia era radiosa, con un’eleganza naturale che mi ricordava… no, non volevo pensare ad Adele, non in quel momento. Eppure, il suo volto mi attraversava la mente, come un’ombra che non riuscivo a scacciare.

Parlammo di tutto e di niente, e a un certo punto, mentre ridevamo di una battuta sciocca, i nostri sguardi si incrociarono. Fu un istante, ma bastò. Claudia si sporse leggermente, e io, senza pensarci, feci lo stesso. Le nostre labbra si incontrarono in un bacio dolce, timido, che sapeva di Campari e di possibilità. Quando ci separammo, lei arrossì, e io sentii il cuore battere forte, come se Roma stessa avesse trattenuto il fiato.
“Non me l’aspettavo…” Disse Claudia, con un sorriso imbarazzato.
“Nemmeno io.” Ammisi, e per un momento credetti davvero che stesse nascendo qualcosa. Claudia era diversa dalle altre, più vicina a ciò che desideravo: una donna che capiva la vita, che non aveva paura di mostrarsi vulnerabile. Seduti lì, con la piazza che scintillava intorno a noi, mi permisi di sperare. La guardai più volte senza che lei se ne accorgesse, era perfetta! “E se davvero fosse la donna della mia vita?” Dissi tra me e me quando ci salutammo.

La telefonata di Adele
Tornai a casa con il cuore leggero, il ricordo del bacio ancora sulle labbra. Cesare mi accolse con un miagolio annoiato, ma persino lui non riuscì a spegnere il mio buonumore. Stavo pensando di scrivere una lettera a Claudia, avevo bisogno di esprimere le mie sensazioni e sapere le sue, cosa avesse provato e cosa pensasse di me.
Ma improvvisamente squillò il telefono.
“Pronto?” Dissi sollevando la cornetta.
“Giovanni, sono Adele. Spero di non disturbarla… Volevo solo sapere com’era andato l’incontro con Claudia.”
Rimasi disorientato. Non era da lei chiamare e poi di sera, e soprattutto non per un semplice resoconto. “È andata… bene. Risposi con una voce distaccata, poi aggiunsi: “Siamo stati al cinema, poi a Piazza di Spagna. Aveva ragione lei, signora Adele, Claudia è davvero una donna straordinaria!”
“Bene. Sono contenta. È… soddisfatto del mio lavoro, allora?”
In quel momento avvertii una leggera incrinatura nella sua voce, non era affatto la Adele professionale, sicura, che conoscevo. Era come se stesse cercando di convincere se stessa, più che me. “Sì, certo. Lei ha fatto un ottimo lavoro, come sempre.”

Ci fu un silenzio, troppo lungo per essere casuale. “Perfetto.” Disse infine, con un tono che tornava al suo solito controllo. “Allora possiamo organizzare un altro incontro, se lo desidera. Buonanotte, Giovanni.”
“Adele, aspetti…” Dissi subito, ma la linea si interruppe. Rimasi con la cornetta in mano a farmi domande. Perché mi aveva chiamato? Perché quella richiesta, quel tono? Ripensai al nostro ultimo dialogo, al modo in cui aveva parlato di “lasciar andare”. Era possibile che anche lei, come me, stesse lottando con qualcosa che non voleva ammettere?

L’entusiasmo per il bacio con Claudia si dissolse in un attimo. Non potevo negare che Claudia mi piacesse, che quel pomeriggio fosse stato speciale. Ma la voce di Adele aveva riaperto una porta che credevo chiusa o che non si fosse mai aperta. Ripensai al momento in cui ero passato per la prima volta davanti all’agenzia: “Davvero quella targa in ottone stava cambiando la mia vita?”

La libreria a Trastevere
La telefonata di Adele mi aveva lasciato un senso di inquietudine, ma decisi di mettere da parte i miei dubbi cosciente e all’uscita dalla banca attraversai il Tevere verso la libreria di Trastevere. Il ricordo del bacio di Claudia era ancora stampato sulle mie labbra e quindi decisi di andare a trovarla senza alcun preavviso e senza avvisare l’agenzia.

Trastevere era un labirinto di vicoli acciottolati, le facciate delle case, tinte di ocra e terracotta, sembravano custodire segreti antichi, mentre il vociare dei passanti e il suono delle campane lontane creavano una melodia viva. La libreria di Claudia, “La Lanterna delle Pagine”, si trovava in Vicolo della Luce, una stradina tranquilla, incastonata tra un’osteria e un negozio di ceramiche. Una piccola insegna in legno, con il nome scritto in caratteri eleganti, oscillava sopra la porta. Le vetrine erano decorate con pile di libri, fiori secchi e piccole lampade che proiettavano una luce invitante.

Spinsi la porta e un campanellino tintinnò, annunciando il mio arrivo. L’interno era un rifugio di carta e inchiostro. Gli scaffali di legno scuro si estendevano fino al soffitto, carichi di volumi di ogni forma e dimensione. L’aria profumava di carta vecchia e cera per mobili, con un sottofondo di tè alle erbe che probabilmente Claudia stava sorseggiando. C’era un angolo molto accogliente con una poltrona, una lampada da lettura e un tavolino su cui erano sparsi libri aperti. In fondo alla sala, una scala a chiocciola portava a un soppalco dove si intravedeva una collezione di edizioni rare, custodite dietro una vetrina.

Claudia era dietro il bancone, indossava una gonna lunga di lino verde e una camicetta bianca, con i capelli raccolti in una treccia morbida. Quando alzò lo sguardo e mi vide, il suo viso si illuminò di una sorpresa genuina, seguita da un sorriso che mi fece quasi inciampare sul tappeto.
“Giovanni!” Esclamò, posando la penna. “Che ci fai qui? Non ti aspettavo!” Il suo tono era un misto di gioia e incredulità, e il modo in cui si avvicinò, con un passo leggero, mi fece sentire subito a mio agio.
“Ho pensato di passare… speravo non ti dispiacesse un’improvvisata… Ma la verità è che dopo ieri desideravo rivederti.”
Il suo sorriso si fece più caldo. “Dispiacermi? È una delle sorprese più belle della settimana. Vieni, ti faccio vedere il mio regno.” Mi prese per mano.

Mentre mi guidava tra gli scaffali mi raccontava la storia di ogni angolo della libreria. “Questo è il settore dei classici.” Disse, accarezzando la costa di un’edizione vecchia di Orgoglio e Pregiudizio. “Ma il vero tesoro è lassù.” Indicò il soppalco, e salimmo insieme la scala a chiocciola, che scricchiolava sotto i nostri passi. Sul soppalco, aprì la vetrina delle edizioni rare con una piccola chiave che portava al collo. “Guarda questa. È una prima edizione di Il Gattopardo, con una dedica autografa di Tomasi di Lampedusa. L’ho trovato in un mercatino a Palermo, per puro caso.”
“È incredibile…” Mormorai, sfiorando le pagine ingiallite. “Hai un occhio per queste cose.”
“È più una questione di cuore, i libri parlano, se sai ascoltarli.”

Passammo quasi un’ora a sfogliare volumi, ridendo per le annotazioni a margine di vecchi proprietari. Claudia era nel suo elemento, e la sua passione per i libri era un fuoco che illuminava ogni suo gesto. Mi raccontò di come aveva aperto la libreria con i risparmi di anni, di notti insonni a catalogare volumi e a arrovellarsi la mente per pagare la rata del mutuo che aveva acceso. La guardavo, incantato, e sentivo che quel luogo, quel momento, era esattamente dove volevo essere.

Quando un cliente uscì, lasciandoci soli nel negozio, l’atmosfera si fece più intima. Eravamo vicini, accanto a uno scaffale di poesia, e i nostri sguardi si incrociarono. Non c’era più la timidezza del giorno prima, ma una tensione nuova, elettrica. Claudia si avvicinò di un passo, e io feci lo stesso. Le nostre bocche si trovarono, e questa volta non fu un bacio leggero, timido. Fu un bacio profondo, appassionato, carico di un desiderio che ci travolse entrambi. La strinsi e sentii il calore del suo corpo attraverso il tessuto leggero della camicetta, le sue curve morbide contro di me, il suo respiro che si mescolava al mio. Il suo ventre contro il mio, come se fosse un invito, un’occasione da non perdere. Le mie mani trovarono i suoi fianchi, e per un momento il mondo fuori dalla libreria cessò di esistere.

Ci spostammo verso la finestra che dava sul cortile interno. Ci baciammo ancora, ma poi, improvvisamente, lei si ritrasse. Il suo respiro era affannoso, i suoi occhi lucidi di un’emozione che non riuscivo a decifrare. Si portò una mano alle labbra, come per trattenere il bacio, e distolse lo sguardo.
“Claudia, tutto bene?” Chiesi, confuso, il cuore ancora in tumulto.
“Sì… no, non lo so…” Disse, passandosi una mano tra i capelli.
Poi aggiunse “È stato… meraviglioso, Giovanni, davvero. Ma…” Si interruppe, di nuovo mordendosi il labbro.
“Ma cosa?” Insistetti, cercando di capire. “Se ho fatto qualcosa di sbagliato, dimmelo.”
“Non sei tu…” Disse in fretta, scuotendo la testa. “Sei… sei perfetto. È solo che…” Esitò, e il suo sguardo si fece distante, come se stesse combattendo con un pensiero che non voleva condividere. “Non sono sicura di essere pronta per questo. Non ancora.”
“Pronta per cosa?” Chiesi, sentendo una stretta al petto. “Claudia, ieri sembrava che ci fosse qualcosa di speciale tra noi. E oggi… lo sento ancora di più.”
“Lo so…” Disse sussurrando. “Lo sento anch’io. Ma ci sono cose… cose che non posso spiegarti ora.” Si voltò verso lo scaffale, fingendo di sistemare un libro, ma le sue mani tremavano leggermente. “Ma la signora Adele sa della tua visita? Lei ha organizzato tutto questo, no? Io… non voglio complicare le cose.”
Il nome di Adele, pronunciato in quel contesto, mi colpì come una freccia, ma la domanda non mi parve strana dato che avevamo degli obblighi verso l’agenzia. Dopo quel bacio però mi sembrò alquanto intempestiva.
“Cosa c’entra Adele?” Chiesi comunque, cercando di mantenere la calma. “Quello che sta nascendo è solo nostro, non riguarda lei. Adele ci ha fatto solo incontrare…”

Lei mi guardò: “Non è così semplice, Giovanni, credimi.” Era come se un’ombra si fosse insinuata tra noi, un segreto che Claudia custodiva e che, in qualche modo. Pensai in quel momento ad un’ombra del suo passato, qualcosa che non avesse ancora superato.
Provai a insistere, ma lei scosse la testa, con un sorriso triste.
“Mi piaci, Giovanni. Davvero. Ma ho bisogno di tempo.” Disse, posandomi una mano sul braccio. Il suo tocco era caldo, ma c’era una distanza nuova nei suoi occhi. “Ti prego, non pensare che non voglia questo. È solo… tanto complicato.” La guardai con aria interrogativa: “Claudia dimmi la verità, c’è un altro uomo nella tua vita?” Lei sorrise amaramente: “Tranquillo, nulla di nulla. Sono una persona onesta e non gioco con i cuori degli altri…” Poi quando le chiesi se ci fosse la possibilità di rivederci lei, accompagnandomi verso l’uscita, mi disse: “Forse, ma non chiedermelo adesso…”

Uscii dalla libreria con il cuore in disordine e il sapore del suo bacio ancora sulle labbra. Roma continuava a brillare intorno a me, con i suoi vicoli e le sue promesse, ma la mia mente era altrove. Cosa ci poteva essere nel passato di Claudia che io non potevo sapere? E poi perché aveva accennato ad Adele?

Tornato a casa, Cesare mi accolse con il solito miagolio. Seduto al tavolo della cucina, con una tazza di caffè ormai freddo, ripensai al pomeriggio, al suo calore, alla sua passione, ma anche al suo improvviso ritrarsi. E poi ad Adele, alla sua voce incrinata al telefono, al mistero che sembrava avvolgerla. Dovevo scoprire la verità, non solo per Claudia, ma per me stesso. La targa in ottone dell’agenzia di Adele sembrava chiamarmi ancora, e questa volta non avrei ignorato il suo richiamo.

L’invito di Adele
Il giorno dopo chiamai Adele dall’ufficio. Le raccontai della libreria e di quanto Claudia fosse stata misteriosa. Lei mi ascoltò in silenzio e quando le chiesi se lei sapesse qualcosa, fece una lunga pausa, poi mi disse: “Giovanni, ora ho dei clienti non posso parlare. Vorrei farlo con calma e non per telefono. Può venire da me stasera? Si ricorda dove abito?” E senza aspettare una mia risposta aggiunse sbrigativamente: “L’aspetto alle otto.”

Rimasi senza parole. Un invito a casa sua? Era la prima volta che Adele usciva dal ruolo di titolare dell’agenzia, e il mio stomaco si contrasse per l’aspettativa e la paura. “Va bene.” Riuscii a dire poco prima del click.
Passai il resto del pomeriggio in preda a un’ansia che non riuscivo a domare, trattai male un cliente e sbagliai un resoconto di cassa. Adele mi aveva invitato a casa sua proprio nel momento in cui mi stavo lasciando andare con un’altra donna! Era un caso?
A casa mi cambiai tre volte, finendo per scegliere un semplice completo grigio, come se stessi andando a un colloquio di lavoro. In quel momento non mi interessava affatto essere elegante, ma volevo solo scoprire cosa stesse succedendo.

La casa di Adele era in un palazzo d’epoca, lo stesso sotto cui l’avevo accompagnata quella sera sul Lungotevere. Salii le scale con il cuore in gola, e quando lei aprì la porta, mi accolse con un sorriso teso, diverso dal suo solito aplomb. Indossava un abito semplice, color crema, che le dava un’aria più morbida, quasi vulnerabile. “Entra, Giovanni.” Disse, dandomi le spalle e facendomi strada.
L’appartamento era un riflesso di lei: elegante, ma non ostentato, caldo ma con un tocco di malinconia. Il salotto aveva pareti color avorio, decorate con stampe di paesaggi toscani e una libreria piena di volumi rilegati. Un divano di velluto, un tappeto persiano, un tavolino con un vaso di rose bianche. Sul camino, una foto incorniciata: Adele, più giovane, accanto a un uomo che doveva essere Vittorio, entrambi sorridenti con un giardino fiorito alle spalle. Era un luogo che invitava alla confidenza, ma che mi faceva sentire anche fuori posto, come se stessi violando un santuario.
“Si accomodi.” Disse, indicando il divano. “Vuole un caffè, un tè? O forse a quest’ora gradisce un bicchiere di vino?”
“Vino, grazie.” Risposi, più per avere qualcosa da tenere in mano che per reale desiderio. Mi porse un calice di rosso e si sedette di fronte a me, su una poltrona. Per un momento nessuno dei due parlò.

La confessione di Adele
“Giovanni.” Iniziò, dopo un lungo respiro. “Perché è andato a trovare Claudia? Doveva dirmelo. Il contratto non è ancora chiuso e tutti gli appuntamenti vanno annotati fino alla firma finale e al pagamento del dovuto…” Lo sentii come un rimprovero ed arrossii. Lei se ne accorse e con voce più morbida disse: “Vabbè non importa, ma devo essere onesta con lei L’incontro con Claudia… è stato un errore.”
Trasalii: “Un errore? Non capisco…”
“Non nel senso che pensavo… lei è piacente, colta bella, forse la donna più interessante che abbiamo in questo momento nel catalogo, ma… non è la donna con cui potrebbe costruire un futuro.”
La guardai, confuso. “Cosa intende? Mi aveva detto che era perfetta, che poteva essere ciò che cercavo.”
Adele abbassò lo sguardo come se le costasse continuare. “L’ha conosciuta no? Lei è una donna disinibita, che vuole vivere in leggerezza, vuole godersi il momento, magari un’avventura e non pensa a impegnarsi per il futuro, avendo già dato. Insomma non è la donna che cerca un marito o una famiglia.”
Ancora più confuso risposi: “Quindi distante dai miei requisiti che avevo indicato sui moduli… allora perché?”
E lei: “Lo sapevo, e ho comunque organizzato l’incontro. Non per ingannarla, ma per vedere quanto ci fosse di affinità tra voi. Pensavo che, se avesse funzionato, le avrebbe dato fiducia, le avrebbe fatto credere nel mio lavoro.”
“Praticamente una cavia…”
“Non dica così Giovanni, è stato lei a smentire i suoi requisiti. La nostra frequentazione mi ha fatto ricredere ed ho iniziato a dubitare sul suo desiderio di ragazza acqua e sapone. Quindi il mio scopo era quello di rendermi conto quanto una figura come Claudia potesse andarle a genio, nonostante l’età, ovvio.”
“Mi sta dicendo che Claudia si è… prestata? Che era tutto un gioco?”
“Non un gioco…” Si affrettò a correggere, alzando ambedue le mani. “È una pratica che alcune agenzie usano, non spesso, ma… capita. Presentiamo una persona che sappiamo non essere ideale, ma che può dare al cliente l’esatta caratteristica di donna di cui ha bisogno.”
“Ma Claudia era d’accordo? Sapeva di questa messinscena?”
“Claudia è una mia amica… poi ovvio se durante questi incontri le cose tra voi sono cambiate io non lo posso sapere…”
“Mi è parsa sincera, ma mi ha anche detto che c’erano cose che ignoravo e che non poteva riferire… Ad un certo punto ha parlato di lei…”
“Le giuro, Giovanni, l’ho fatto perché credo in lei, perché voglio che lei trovi la persona giusta. E ora, dopo questo, so esattamente cosa le serve.”

Ero sbalordito, il sangue che mi pulsava nelle tempie. “Adele, mi sento preso in giro.” Sbottai, alzandomi in piedi. “Mi ha fatto credere che Claudia fosse… che ci fosse una possibilità, e invece era tutto calcolato? Come posso fidarmi ancora di lei?”
Lei si alzò a sua volta, il viso contratto. “Giovanni, la prego, si calmi. Non volevo ferirla. Ho sbagliato, lo ammetto, ma ha sbagliato anche Claudia che si è lasciata trasportare… Non era previsto!”
Si avvicinò, posandomi una mano sul braccio. “Ti prego siediti, parliamone. Da ora in poi, niente trucchi, lo giuro. Trovare la tua anima gemella è un gioco da ragazzi, ora che la conosco meglio.”

Il suo tocco, il suo tono più morbido, mi fecero esitare. Per la prima volta mi aveva dato del tu e quella vicinanza mi confuse ancora di più. Era vera? Mi lasciai cadere sul divano, passandomi una mano tra i capelli. “Un gioco da ragazzi…” Mormorai tra me e me. Poi, senza pensarci, la guardai negli occhi e dissi: “Sai una cosa che mi ha sconvolto? Sin dal primo incontro con Claudia, ho notato una vostra somiglianza…”
Lei sorrise. “Cioè stai dicendo che Claudia mi somiglia? Beh non credo, lei è distante anni luce da me, lei prende la vita con leggerezza…”
“Non intendevo quello, ma il modo di parlare, di ascoltare, di guardare negli occhi ed anche l’aspetto fisico.
Lei rise più forte. “Allora davvero ti ho stregato l’altra sera!”
A quel punto dissi senza pensarci: “E se la mia anima gemella fossi tu, Adele?”

Il silenzio che seguì fu come un tuono. Adele sgranò gli occhi, le labbra socchiuse, come se non si aspettasse quella domanda. Poi, con un sospiro, si sedette accanto a me, così vicina che potevo sentire il calore del suo corpo. “Giovanni.” Disse. “Mi sono ripromessa di essere sincera con te, perché lo meriti. Dal primo giorno che sei entrato in agenzia, con quel tuo modo timido e quegli occhi che… parlano troppo, ho sentito qualcosa. Qualcosa di indefinito, che non mi capitava da anni, forse mai, in tutto il tempo che faccio questo lavoro. E questo mi ha spaventata. Per cui ho cercando di nascondere il mio stato d’animo con i miei tailleur e la mia professionalità”
La guardavo, incapace di credere alle sue parole. “Spaventata? Perché?”
“Perché non ha senso.” Rispose, con un sorriso triste. “Tu sei giovane, hai una vita davanti. Io… io sono una vedova, con figli grandi, un passato che mi porto dietro.”
A quel punto le raccontai il mio colloquio con mia madre: “Mi ha detto le stesse tue parole…”
E lei: “Vedi? Ho ragione, tu meriti altro!”
“Per questo la sera del ristorante ti sei allontanata da me?”
“Mio caro fuggivo certo, ma allo stesso tempo non potevo ignorarti. Per questo le donne che ti ho presentato prima di Claudia – Rosetta, Teresa, Laura – non erano le migliori del mio catalogo. Erano le ultime per affinità, Giovanni. Le ho scelte perché, in fondo, non volevo che trovassi subito qualcuna. E me ne vergogno. E Claudia è stata una prova, un ultimo tentativo per vedere davvero se tra noi ci fosse affinità.”

Quelle parole furono come un coltello. Mi alzai di nuovo, il volto in fiamme. “Quindi mi hai sabotato di proposito? Mi hai fatto perdere tempo, mi hai illuso, tutto perché… perché provavi un qualcosa per me che mai avresti voluto che sbocciasse, però…”
“Non illuso!” Protestò lei. “Volevo proteggerti, proteggermi. Lo capisci ora? Proteggerti da chi non ti meritava, ma proteggerti anche da me! Ma ho sbagliato, Giovanni, e ora voglio rimediare. Ti troverò la donna perfetta, te lo giuro.”
“Non voglio la donna perfetta!” Gridai, ormai fuori di me. “Volevo te, Adele, quando ho baciato Claudia pensavo a te, ero triste, perché ero convinto che me la stavi offrendo a malincuore su un piatto d’argento, per allontanare le tue paure. Tu hai giocato con me!”
In quel momento non so cosa mi ferisse di più: il suo inganno o la consapevolezza che, nonostante tutto, avesse architettato quel piano perché teneva a me. Senza aggiungere altro, mi diressi verso la porta, ignorandola. “Giovanni, aspetta, ti prego!” Continuò a supplicarmi di rimanere ed ascoltare le sue buone intenzioni, ma chiusi la porta dietro di me.

Scesi le scale di corsa, ero incazzato sì, incazzato. Fuori, Roma era ancora lì, così sdolcinata che mi faceva ribrezzo. Non era assolutamente una città per gli amanti, era semplicemente un inganno! Camminai senza meta. Ero furioso, ferito, ma soprattutto confuso.

Come aveva potuto? Adele, la donna che avevo ammirato, che avevo sognato, si era presa gioco di me. Aveva orchestrato incontri inutili, aveva usato Claudia come una pedina, tutto per… cosa? Per paura di ciò che provava? Per tenermi legato a lei senza mai avvicinarsi davvero? Ripensai alle sue parole, a quel “qualcosa di indefinito” che aveva sentito sin dal primo giorno. Una parte di me voleva crederle, voleva credere che quel turbamento fosse reale, che il suo errore fosse nato da un sentimento vero. Ma un’altra parte, più forte, gridava tradimento. Mi aveva fatto sentire ridicolo, un adolescente nelle mani di una madre, un ragazzo che si era illuso di poter conquistare una donna come lei.

Eppure, anche nella rabbia, non riuscivo a odiarla. Ripensavo al suo salotto, a quella foto con Vittorio, al modo in cui aveva abbassato lo sguardo confessando la sua paura. Mi convincevo che Adele non era una manipolatrice fredda. Era una donna che aveva sofferto, che si era chiusa al mondo, e che forse, per la prima volta in anni, si era trovata a desiderare qualcosa che non poteva avere. Ma questo non giustificava ciò che aveva fatto. Mi aveva ferito, e non ero sicuro di poterlo perdonare.
Camminando lungo il Lungotevere, lo stesso che avevamo percorso insieme quella sera, mi chiesi cosa fare. Tornare in agenzia? Fidarmi ancora di lei, dopo tutto questo? O forse era il momento di lasciarmi tutto alle spalle: l’agenzia, Claudia, Adele. Ma il pensiero di lei, del suo sorriso, della sua voce incrinata, continuava a tormentarmi. Era possibile che, nonostante tutto, fosse davvero lei ciò che cercavo? O era solo la mia ostinazione, il mio bisogno di credere che l’amore potesse superare ogni regola, ogni differenza?



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Questo racconto è opera di pura fantasia.
Nomi, personaggi e luoghi sono frutto
dell’immaginazione dell’autore e non sono da
considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con
fatti, scenari e persone è del tutto casuale.


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