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RACCONTO

LIBERAEVA
BAGNI GIUDITTA
Il profilo di luna
"Guardo il profilo di luna di Fanny e
vorrei chiederle perché s’affatica, perché s’affanna per un
centinaio di euro quando basterebbe davvero perdersi dietro questa
collina, sopra questo piazzale che guarda il mare e i Bagni
Giuditta."

“Finalmente l’ho trovato lo
stronzo!” Fanny inchioda in terza fila davanti al
BlueBar. “Mi deve ancora tre scopate in arretrato!” Esce
dalla macchina come una furia e gli va incontro. Ora lo
sta aggredendo, ma l’uomo ride in evidente imbarazzo.
Guardo la scena con distacco perché io stasera sono
tranquilla, ho detto a mia madre che non tornerò a casa,
che dormirò fuori perché non posso vivere in un bagno
saturo di lacca e camminare su tappeti di fotoromanzi.
Mio padre sarà fuori per una settimana e quando l’ho
salutata lei mi ha stretta e baciata facendo comunque
attenzione a non sbafare il suo rossetto di un’orribile
rosa appena messo. Il vicino di casa è partito per Cuba
e lei dopo una settimana di pianti segreti si è decisa
ad accettare un invito a cena dal suo dietologo. Mentre
l’abbracciavo dall’alto dei miei tacchi da sballo avrei
voluto accarezzarla e urlarle che è semplicemente una
povera illusa, che è ingiusto arrivare a quarant’anni
senza capire che non esiste poesia capace di fermarsi
nel cuore, ma corre giù in basso fino a riempirci di
vuoto quel posto che ogni volta invano laviamo per non
sentirci più sporche.
Fanny si agita, la vedo
che sta ancora trattando, chissà lui le avrà chiesto uno
sconto ed io ho una voglia pazza di fumare, ma non ho
neanche un accendino. Non ho voglia di scendere conciata
in questo modo. Alle volte mi domando da dove viene
tutto questo pudore, visto che quegli uomini che ora
affollano il BlueBar sanno benissimo che mestiere
faccio, che basterebbe non parlarmi d’amore per destarmi
interesse magari di fretta mentre Fanny sta ancora
trattando. Ma non abbiamo tanto tempo, perché stasera
siamo state invitate in una villa fuori città. Siamo
vestite completamente di nero perché il padrone di casa
non tollera altro colore. Fanny dice che si tratta
soltanto di una cena a bordo piscina, che al massimo
dovremo fare un bagno fuori programma. All’agenzia hanno
richiesto soltanto bella presenza e un look elegante,
ma, visto anche il prezzo, non credo siano previsti
servizi aggiuntivi.
Devo ammettere che mi sento
un’ansia curiosa perché è la prima volta che esco fuori
dai Bagni Giuditta e porto a domicilio queste gambe
addobbate come se fosse già Natale. Mi guardo e sorrido!
È la prima volta che indosso un reggicalze e la gonna
che porto non riesce a coprire neanche metà delle
stringhe. Decisamente mi sento volgare, mi sembro una
signora d’altri tempi, una specie di milf di notte in
cerca di una tasca di macellaio gonfia di quattrini.
L’agenzia però è stata precisa: due statue di bellezza
provocanti, solo per essere guardate, insomma due
manichini che sazino gli occhi degli invitati. Il
padrone di casa non ha chiesto altro! Sarà… Il problema
è stato che per vestirmi in questo modo e rimediare
questo feticcio ho dovuto rovistare tutti i cassetti di
mia madre. Alla fine per forza di cose ho dovuto
chiederglielo. Strano, ma vero! Domani mi metto alla
pari comprandone uno per ogni colore, uno per ogni
voglia senza rischiare la curiosità ficcante di mia
madre. Certo che sospetta! Del resto dove può andare una
figlia di notte vestita in questo modo? Sì vabbè lei
stasera era distratta, pensava ad altro, al suo
dietologo che la riempirà di baci ed altro recitando
poesie a memoria!
Guardo Fanny e mi viene da
pensare se anch’io do la stessa impressione, se anch’io
mi riconosco da mille miglia che faccio la puttana, ma
la invidio perché ha delle gambe perfette ed un culo da
sballo, perché nessun uomo a questo mondo potrebbe
rifiutarsi di posare il suo sguardo su quell’anfora
romana. Ma poi mi riconsolo pensando che ai Bagni
Giuditta sono sempre la più gettonata. Anche se poi mi
chiedo cosa sia davvero che attira di me, i miei capelli
a pianta d’insalata o le mie unghie mozzate dall’ansia?
Più mi guardo allo specchio e più mi vedo brutta e penso
quanto gli uomini siano strani perché di sicuro non
vedono con gli occhi, ma di certo con qualche altra
parte del loro corpo!
“Ma dico tutti a me devono
capitare?” Fanny risale in macchina più livida del suo
rossetto viola. Non ha beccato un soldo e si sfoga con
cambio e frizione, tra poco prenderà l’autostrada e poi
una strada in collina, dove comincia quiete e verde,
dove la cancellata più bassa sarà alta tre metri, dove i
cani attraverso le sbarre potrebbero benissimo nitrire.
Ci accoglierà una stradina di pini, una musica e luci in
lontananza che sarebbero sufficienti per entrare nel mio
sogno preferito. Magari saranno due coniugi stanchi o un
addio al celibato, oppure una festa di laurea o magari
qualche serata particolare sperando che poi non sia
molto particolare.
Sorrido pensando di aver
cominciato a fare questa vita perché volevo fuggire dai
vuoti borghesi ed ora mi ritrovo a riempire con le mie
labbra, il mio sedere e quant’altro voragini di
esistenze senza contenuti. Come ora mi ritrovo con
questo reggicalze in dosso che non farebbe eccitare
neanche il dietologo di mia madre o l’amante di Cuba
fuggito perché stanco di dover fingere amore per una
banale scopata dopo pranzo. Sorrido pensando a lei, mia
madre. Stasera quando sono uscita si è raccomandata
dicendomi di fare la brava, coprendo occhi e ragione
davanti all’evidenza del mio vestito ed allungando
centimetri di stoffa con la sola illusione che questo
reggicalze potesse servire per un ballo in maschera.
Basterebbe aprire il mio armadio per rendersi conto che
non può essere sempre carnevale, che per una cena tra
amiche o parlare due ore sopra un muretto non c’è
bisogno di questi stivali. Basterebbe ancora meno per
rendersi conto seguendomi una sera soltanto fino dentro
le cabine dei Bagni Giuditta dove non c’è, non è mai
esistita, alcuna amica Francesca. Fanny purtroppo s’è
bruciata una sera quando batteva di brutto sul lungomare
inseguita da una fila di fari mentre passavano i miei.
“Dormo da Francesca!” Le ho gridato sulla porta,
pensando già in quale buco perverso di mondo avrei
portato il mio corpo, perché in questo giro che
frequento non mi capita mai una situazione normale, che
so io, un letto da riscaldare o una casa di un vedovo da
riempire di notte. Magari un uomo che ha bisogno di me
per pura e semplice compagnia o situazioni fertili in
cui coltivare un’amicizia se proprio d’affetto fosse
azzardato parlare! Eh sì vabbè, sono strana vero? A
volte mi chiedo se esistono davvero puttane romantiche o
è solo un ossimoro di una specie estinta o mai esistita!
Già l’immagino la serata, che che ne dica l’agenzia!
Magari dopo cena quando i gomiti sono tutti alzati e un
uomo sui quaranta invasato, fuori dal fascio di luci e
di risa, che mi schiaccia contro la corteccia del primo
albero in penombra. Già le vedo le pupille come fanali
che nel vuoto cercano la fantasia per far scattare la
molla, mentre a me, bella o brutta, in stivali o
decolté, non rimane che fare la brava. Come se una
puttana non possa mai rifiutarsi, come se anche noi non
avessimo due occhi, un naso e non ci fosse consentito
scegliere e men che meno preferire. Già lo sento quel
quarantenne ubriaco rinsavire dopo l’amore, dopo che ha
fatto i propri comodi, che mi prega di aspettare e di
uscire dall’ombra quando lui sarà di nuovo già
comodamente seduto accanto alla propria moglie. Per
scusarsi mi dirà che ho un bel seno, una bella bocca e
di sicuro che sono stata stupenda. Tanto è gratis e
questo è l’unica cosa che conta, perché il padrone ha
pagato per tutti.
Fanny guida per modo di dire
pensando allo stronzo che voleva uno sconto. Credo che
si sia persa e che siamo maledettamente in ritardo.
Chiudo gli occhi e mi vedo già oltre quella villa mentre
respiro l’alba a pieni polmoni, mentre respiro profumi
di pulito lontano mille miglia dall’odore di sesso
sudato. Respiro la stessa sensazione che mi dà quando
bevo un bicchiere di latte o mi faccio la doccia dopo il
lavoro. Ma è un’alba ficcante con gli occhi di mia madre
che mi fanno mille domande alle quali non so dare una
benché minima risposta, che la notte successiva comunque
smentirebbe, perché se non fosse un addio al celibato,
sarebbe comunque una notte ai Bagni Giuditta.
Guardo il profilo di luna di Fanny e vorrei chiederle
perché s’affatica, perché s’affanna per un centinaio di
euro quando basterebbe davvero perdersi dietro questa
collina, sopra questo piazzale che guarda il mare e i
Bagni Giuditta. Sarebbe bello scendere dalla macchina e
pensare che siamo distanti, lontane da qualsiasi uomo
presuntuoso che pretende di saziarci l’anima
riempiendoci di sesso, che pretende di parlare d’amore
dopo che ci ha pagate per bene. Sarebbe bello, ora, in
questo momento, se Fanny intuisse, senza che nessuna
parola esca dalle mie labbra, insomma capisse che stiamo
bene da sole e se solo ne avessimo la forza potremmo
davvero sentirci più sazie.
Schiaccio i pensieri
contro lo schienale e cerco di rilassarmi con un’altra
sigaretta. Penso a mia madre che ingenua mi ha prestato
questo reggicalze e sorrido guardando Fanny che
finalmente ha trovato la strada. È bella Fanny potrebbe
avere tanti uomini interessanti ai suoi piedi oppure
donne, perché no? Perché nonostante la vita che faccio
ho sempre creduto che l’amore non abbia sesso e che una
donna possa riempire l’anima meglio di quanto faccia un
uomo. Lo so che sono solo pensieri di una ragazzina
insoddisfatta, che preferirebbe fare sempre altro perché
nulla ha un senso, ma ecco ora i fari dell’auto che
illuminano la grande cancellata di ferro ed io, in un
certo senso, sono contenta di non aver detto nulla a
Fanny, di non aver condiviso i miei dubbi e i miei sogni
con lei, perché di certo m’avrebbe presa per matta
imprecando contro di me e questa stupida luna che non
illumina abbastanza e non ci fa essere puntuali, ma allo
stesso tempo ringraziandola per questo buio che alla
fine ci convince sempre di essere solo quelle che siamo.
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Questo racconto
è opera di pura fantasia. Nomi, personaggi e
luoghi sono frutto dell’immaginazione
dell’autore e non sono da considerarsi reali.
Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari e
persone è del tutto casuale.
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