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RACCONTO

LIBERAEVA
BAGNI GIUDITTA
Addio al celibato
"Mia madre è uno straccio, mi ha
lasciato quattro messaggi sul telefonino, insiste che vada subito a
casa. Ieri sera ha dovuto fare chilometri a piedi perché il suo
amante dietologo non l’ha neanche riaccompagnata a casa."

Mia madre è uno straccio, mi
ha lasciato quattro messaggi sul telefonino, insiste che
vada subito a casa. Ieri sera ha dovuto fare chilometri
e chilometri a piedi perché il suo amante dietologo non
l’ha neanche riaccompagnata a casa. Sarà mezzogiorno ed
io sono ancora assonnata, le ho promesso di essere a
casa dopo pranzo. La serata è andata come previsto
senza il contorno di luna sul profilo di Fanny, senza
renderci conto quanto fossero piccoli da quella collina
i Bagni Giuditta, quanto piccoli gli uomini e le tante
puttane che l’affollavano. A quella festa eravamo le
uniche due donne in mezzo ad un mare di occhi che ancora
non riesco a spiccicarmi di dosso, che mi succhiavano
come fetta d’anguria sopra un bordo piscina. Qualche
timida mano s’è fatta coraggio ed ha superato l’elastico
prima del tempo, mi ha cercata dove il prezzo non
giustificava il mio consenso, dove non era previsto che
calassi le mutande ad un invitato qualunque. Perché era
un addio al celibato ed io ero destinata agli occhi del
futuro sposo tanto per fargli capire cosa e quanto dopo
sposato avrebbe perso per sempre. Se mia madre sapesse a
cosa è servito il suo feticcio nero, forse
m’abbraccerebbe pensando alle tante volte che inutile
l’ha riposto dentro il cassetto o alle tante altre che
invece avrebbe voluto far vedere solo il colore delle
sue nuove lenti a contatto. Fanny invece m’ha lasciato
di stucco, ha creato una coda come un’autostrada di
quindici agosto. Ora mi è accanto che dorme, imbottita
di soldi e di graffi lungo la schiena che stasera, di
sicuro le faranno saltare i Bagni Giuditta.
Io
invece mi sento fresca come una rosa, lo sposo appena
sul letto mi ha fatto sentire a stento il sapore perché
di sostanza ce n’era davvero ben poca. Ha cercato invano
di salire sul filo sottile del piacere giurandomi che
m’avrebbe sposata se solo non avesse preso altri
impegni. M’ha chiamata amore e tesoro, m’ha chiamata col
nome della sposa per poi accasciarsi sgonfio e ubriaco.
Mi ha chiesto soltanto di accarezzargli la fronte e di
rimanere quel tanto che giustificasse agli altri
invitati un’interminabile stupenda scopata. Per la prima
volta sono andata via piena di voglia, tanto che ora
riduco a cencio questo lenzuolo che stringo tra le gambe
insieme al desiderio improbabile d’un uomo incontrato
lontano dai Bagni Giuditta. Guardo il soffitto e mi
viene da piangere, le lascio scendere, ma non le
capisco. Mi muovo cercando di svegliare la faccia di
Fanny colata di trucco e increspata di dolori. M’illudo
che un solo bacio potrebbe alleviarle i fastidi, che una
sola carezza potrebbe ridarle la luce. Che direbbe se
ora stringessi il suo seno? Se le facessi capire che
cento uomini insieme non sazierebbero mai quel desiderio
incompiuto che rimane strisciante dopo ogni scopata.
M’illudo e trattengo le mani che servirebbero solo a
farmi dire di non rompere le palle, a vederla coprirsi
col cuscino perché il sonno non s’interrompa fino a
stasera.
Mi alzo, vorrei andare in bagno e farmi
una doccia, lavarmi i denti con acqua bollente per
togliere il sapore di quel sesso ubriaco e molliccio. Ma
ho paura d’incontrare per casa la madre di Fanny, non ho
voglia di dire altre cazzate, più di quelle che tra poco
dovrò inventare tornandomene a casa. Avevo promesso di
star via una settimana, ed invece eccomi qui che fuggo
dalla finestra al pian terreno con indosso un paio di
jeans rubati nell’armadio della mia amica e nella mano
una busta con tutto l’impossibile nero che portavo ieri
sera.
Sgattaiolando come una ladra incontro
Luca, il mio primo ragazzo sui banchi di scuola. Lui è
rimasto tale e quale con i libri che ancora stringe
sotto il braccio. Insieme a mio padre credo sia l’unico
che ancora non si è accorto che faccio la vita. M’invita
per una pizza, per una passeggiata notturna sul
lungomare. Manca solo che mi offra una Tequila al Bagno
Giuditta e gli scoppio a ridere in faccia! Ok lui è
stato sempre promosso ed ora fa Ingegneria a Bologna,
mentre io faccio finta di recuperare anni a scuola
privata. Rifiuto l’invito e lo sfido a declinare insieme
la quinta declinazione per fargli capire che quei tempi
sono solo un ricordo e lo stesso latino che gli fa
progettare tangenziali a me serve per fare la puttana.
Ma non molla ed io non ho altri mezzi per dirgli che
quello che chiede è il mio lavoro, che ogni parte di me
che vede ha un costo, che i suoi coetanei mi prendono a
quarti e mi giudicano per il prezzo che chiedo.
“Sapessi Luca!” Chissà che faccia farebbe pensando alle
tante volte che ho fermato la sua mano o ai tanti cuori
trafitti sul diario, ma poi m’interrompo perché magari
nel suo sogno proibito c’è una cena, una candela, un
lungomare, un bacio sfiorato prima di finire dentro un
letto illuminato da strisce di luce lontana. Invece non
sa che a me bastano pochi minuti dietro un anfratto o
una panchina nascosta se proprio sono troppo distanti i
Bagni Giuditta. Lo vedo, mi fissa i seni come se lì in
mezzo ci fosse poesia, ci fossero rose che destano solo
peccato toccarle. Per un attimo solo vorrei che fossero
tali, che mi tremassero perfino le gambe al solo
pensiero di poterle mostrare, di potergliele offrire
stasera senza pensare che il tempo è inesorabilmente
scaduto. “Sapessi Luca!” Ma poi mi trattengo
pensando che potrei anche accettare il suo invito d’una
passeggiata intorno al palazzo per poi finire
abbracciati come un tempo sulle scale dell’ultimo piano
tra il fragore delle vasche in terrazza. “Sapessi
Luca!” Ma non continuo la frase… Del resto potrei
davvero accettare il suo invito per una cena a lume di
candela, farmi bella con un trucco sobrio e i capelli
legati per un unico uomo e poi magari baciarci
illuminati da un fascio di luna e fare resistenza se per
caso la sua mano s’insinua nell’incavo del mio seno. “Ma
che vado a pensare?” “Sapessi Luca, quanto mare è
passato tra le mie gambe.” Lui mi guarda, come se non
fossero passati gli anni che sento, come se davvero le
mie mani ancora sudassero al desiderio di accarezzargli
i capelli, alla voglia repressa di non cedere prima del
tempo. “Ma non è così Luca!” Scappo verso casa senza
dargli risposta, come se il mio stato d’animo fosse
confuso o i miei pensieri profondi, come se fossi andata
al mercato e dentro questa busta che stringo porto a
casa la spesa da brava bambina.
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Questo racconto
è opera di pura fantasia. Nomi, personaggi e
luoghi sono frutto dell’immaginazione
dell’autore e non sono da considerarsi reali.
Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari e
persone è del tutto casuale.
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