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ADULTO

AMORE IN CHAT La luna con i
tacchi a spillo
"Certo sì, sto confondendo
fantasia e realtà, parole di chat e fiati veri, perché sono io la
luna che gli uomini di notte sognano con i tacchi a spillo, quelli
veri che mi fanno regina, padrona d’ogni maschio e bucano foglie,
trafiggono solitudini ed infilano promesse."

Mio caro è
ancora lì? Spero di non annoiarla mentre io immagino
di essere ancora in quel vicolo stretto. Mi rendo conto
che ormai non riesco più a distinguere la fantasia dalla
realtà. Sto diventando pazza vero? Ed è proprio la
pazzia che mi porta lì tra due file di muri ammuffiti e
una coda stipata di lampioni gialli che mi fanno
compagnia. Ecco sì, sono lì e mi chiedo se il mio seno,
un seno soltanto, possa darmi l’esatta ragione di quello
che faccio, possa farmi capire cosa vado cercando dentro
questo budello di mondo.
Forse sì, sono solo
parole di chat, ma sono tante, ora ci saranno in coda
almeno cinquanta uomini in attesa di una mia risposta. E
mi fanno pensare davvero di essere in quel vicolo dove
ostento nella penombra il mio seno come fosse un
brillante, come un regalo che ora riciclo alle infinite
bocche del mondo.
Ecco sì, rispondo al primo a
caso. È timoroso, mi chiama signora ed io immagino la
sua ombra claudicante che insicuro s’avvicina. Sorpreso
s’arresta di colpo. Vede il mio seno e non sta nella
pelle. “Signora davvero potrei favorire?”
Immagino sia un uomo con pochi capelli dalla faccia
sottile e rugosa. Avrà l’età di mio padre ed un
desiderio riposto in chissà quale ricordo. “La prego
non mostri stupore, non faccia rendermi conto che sono
l’unica donna che mostra i suoi seni in mezzo alla
strada. La prego, senza parlare, ne faccia il suo
ciuccio, il gelato a tre gusti, lo zucchero filato dopo
la giostra. E’ il primo stasera, non abbia timore! Ne
apprezzi la morbidezza, la fragranza e l’odore come al
mercato sceglie le mele, tra le tante una sola che abbia
sapore. La scelga, non sia titubante, ne avvicini la
bocca.”
Ora però non mi ascolta, ha le mani
sudate ed il fiato pesante, mi guarda, sorride, toglie
il cappello e posa la borsa. Chissà cosa ci porta lì
dentro? Carte ammuffite che ora non valgono nulla, foto
ingiallite di una moglie già morta che sta per tradire.
Si guarda intorno come se avesse timore che sia uno
scherzo, poi si decide, s’inchina quel tanto per
riempirsi la bocca. Ha il palato asciutto e due labbra
tremanti. Mi tiene stretta ai fianchi come se dovessi
scappare, come quando al risveglio si stringono le
palpebre per continuare a sognare. M’afferra fino a
sfiorarmi come se non fossi fatta di carne, come se ad
un tratto mi spuntassero ali ed un’aureola sopra il
cappello.
Lui non sa che sono la luna, che gonfio
i sogni come ingrosso i cuori, d’innamorati che persi mi
chiedono conforto, magia ed incanto per legare gli
amori. Non sa che lui o un altro non fa differenza, che
lo offro per sentirmi la sola, che come luna offro
conforto e depongo piaceri. Incredulo mi guarda come se
trasparissi ed attraverso di me non vedesse che muro.
Eppure esisto e le mie carni abbondanti non lasciano
dubbi, le mie labbra capienti sono foce di mare e
potrebbero contenere se solo volessi tutta l’acqua dei
fiumi che rapida sgorga nei letti del mondo.
“Non
smetta la prego, lasci che il mio seno si sazi e solo
decida quando può farne più senza. Non smetta la prego,
vada oltre questa carne se è di suo gradimento, perché
ovunque lei arrivi non sarà mai abbastanza. Ce la metta
tutta, m’illuda comunque che un uomo in chat possa
essere vero e possa apprezzarne il contegno, il tatto,
la pelle, la morbidezza che stringe, il desiderio di
credere che possa sfamare chiunque, qualsiasi bocca che
s’apre, che recita, poesie o bestemmia, che m’ingiuria e
mi ama allo stesso modo.”
Perché di null’altro
avrei altro bisogno. Di nulla se non d’essere luna
dall’incavo del seno alle falde del mio cappello, da
queste labbra che adatto alla forma più giusta, a quelle
altre che slargo ed allargo senza stingere il rossetto.
“La prego continui, non abbia il timore d’essere visto.
Faccia che le sue mani diventino più maschie, che
scompaiano sotto la gonna e ne accarezzino l’ardore fino
a trovarne l’anima dove l’aggrada. La prego non pensi
perché gratis sia disponibile, non pensi perché facile
non sia all’altezza. Se davvero lo credesse non sarebbe
che carne sopra un bancone ed io una volgare donna che
tutti chiamano luna mentre pensano altro.”
“No,
no, la prego non mi confonda, non sono una di quelle,
non lo faccio per soldi. Ma la imploro continui a
ciucciare qui in questo momento, senza chiedermi di
avere una storia, di andare dentro una stanza d’albergo
o pretendere di essere l’unico a spalmarmi saliva. Mi
faccia sentire all’altezza del suo desiderio ed io saprò
essere luna tra l’incavo del seno dove gli uomini
depositano voglie, dove riposano quando si sentono soli.
Saprò essere grembo e sorella, madre e acquasantiera che
coglie e raccoglie ogni piacere, ogni pianto e preghiera
che stasera allevia il dolore.”
Con le dita
incerte m’accarezza il viso e mi toglie la veletta e mi
spartisce i capelli, potrei essere la culla dei suoi
pensieri, la governante dei suoi timori. Gli dico che
sono in piedi appoggiata su una parete di calce, un paio
di tacchi mi puntellano a terra, un vestito leggero si
muove contrario alla sua voglia decisa. Vedo passare
dei cani in fila indiana che rasentano il muro accodati
alle voglie d’una cagna che sobria li porta a spasso da
ore, che cagna promette ed impegna le sue tante
mammelle.
Ora i messaggi sono più di cento,
tutti in coda che aspettano pazienti. Ne apro uno di un
giovane che vorrebbe l’esclusiva, poi un altro che
rimane assorto nei suoi pensieri. Intanto il tizio
ubbidiente continua a baciarmi, sa qual è il suo ruolo,
sa che gli spetta un solo seno e infatti docile lo
lecca, disciplinato rispetta la regola, finché apro un
altro messaggio di un ragazzo incuriosito che non crede
ai suoi occhi. Lui è un tipo deciso, non va per il
sottile e non chiede permesso. Si avvicina, non dice
nulla, mi scopre l’altro seno, senza grazie e premura ed
mi sento in estasi. Lui non ha dubbi, lo prende, lo
stringe e si riempie la bocca.
Eccoli qua i due
figli della lupa, i due gemelli che succhiano insieme
come due cuccioli di cane attaccati alle tette.
Ciucciano e bevono, strizzano e mungono, fanno a gara
per popparmi l’ultima goccia di linfa, essenza che
sfama, nettare che delizia. Ora sono fiera della mia
quarta abbondante che dondola spremuta anche se loro non
possono vederla. Vorrei essere quella cagna ed averne
altre ancora più piene, rigogliose di grano e
abbondanza, di latte intero che zampilla, che sgorga
come balia in tempo di guerra.
Conto i messaggi,
ora sono più di duecento! E m’immagino la scena, quel
vicolo stretto dove sono in attesa: “Vi prego signori,
appena sazi lasciate il vostro posto, c’è fila dietro ed
io non dispongo di altre, né ho due soltanto e non
servono a soddisfare tutti coloro che ora desiderano le
mie grazie.” Qualcuno fa in fretta, altri indugiano più
del dovuto, in fondo alla coda qualcuno mi grida parole
irripetibili, qualcuno impaziente che non aspetta il suo
turno. Dice che vorrebbe vedermi alla luce del giorno,
ma io sono la luna che splende di notte, il miraggio per
i predoni del deserto, io sono il desiderio di ogni uomo
che ogni notte entra in questa chat e sogna una donna
formosa e capiente e disegna a suo piacimento i miei
seni. Mi dà forma e misura, la dimensione che alimenta
la sua inconfessabile brama.
Ognuno la sua
grandezza, ognuno la sua preferenza, ma tutti senza
distinzione sognano di incontrarmi dentro quel vicolo
cieco dove non posso scappare, dove mi faccio baciare da
mille bocche che colavano di bava a rigagnoli il latte.
Certo sì, sto confondendo fantasia e realtà, parole di
chat e fiati veri, perché sono io la luna che gli uomini
di notte sognano con i tacchi a spillo, quelli veri che
mi fanno regina, padrona d’ogni maschio e bucano foglie,
trafiggono solitudini ed infilano promesse.
Ora
sono tanti, ne conto quasi trecento. Oddio sono troppi,
si ammassano e fanno ressa. “Vi prego, lasciate il posto
agli altri, non vi accalcate, ce n’è per tutti, vi
chiedo soltanto di esprimere un desiderio, come se
stanotte fossi un treno che passa, una stella che cade,
in modo che davvero sia la vostra dea bendata, in modo
che io possa avverare ciò che avete di più intimo,
qualsiasi segreto che questo seno fertile farà crescere
rigoglioso come terra a frumento, come lago a lucci
giganti. Stringete le labbra ed affondate le dita, ma
fate in fretta vi prego e lasciate agli altri un po’ di
fortuna, perché quel che ciucciate è davvero il paradiso
e non sono soltanto due semplici mammelle!”
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CONTINUA...
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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