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RACCONTI

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Adamo Bencivenga
PROSSIMA FERMATA
DOXVILLE










 


VENERDI 16 FEBBRAIO 2018. ORE 5:30 P.M.

New York. Stazione di Flushing Main. Il treno delle cinque e trentadue è carico di pendolari di ritorno dal lavoro. È Venerdì e quelle facce anonime e stanche hanno tutte un desiderio in comune: staccare la spina per due giorni interi.
Quando la vettura si avvia, Julian ed Elisabethh sono seduti comodamente nelle ultime file del vagone centrale, uno di fronte all’altra, ma non si conoscono, sono solo due passeggeri semplicemente assorti nei loro pensieri.


Julian: “Ho un’idea bizzarra che mi frulla per la testa, potrei far carriera, diventare un mega direttore generale. Ma è un’idea che non mi soddisfa, forse però se la portassi a termine avrei una faccia diversa.”
Elisabethh: “La vita è un soffio devo respirarla a fondo ed oggi devo considerarlo a tutti i costi il primo giorno da quando sono nata. Nasco oggi nel pieno della maturità, sai quanti vantaggi avrò rispetto alle altre neonate?”
Julian: “Sono un malato cronico perché non ho nessuna malattia. Sono difficile da guarire, ma devo assolutamente andare dal dottore e farmi vedere, c’è qualcosa che non va in me. Avrò l’Aids?”
Elisabethh: “Ho chiamato il dentista sarei dovuta andarci tempo fa, se la smettessi di rimandare i miei impegni sarei più serena. Non faccio che starmene seduta sul mio grosso sedere. Dovrei riprendere a giocare a tennis, fare un corso per senior, ma sai che figura con il mio sedere?”
Julian: “Ma come faccio ad avere l’Aids se sono anni che scopo solo con mia moglie? Alle volte mi piacerebbe andare con una donna a pagamento di quelle con le cosce morbide e il culo appetitoso.”
Elisabethh: “Devo rivoluzionare la mia vita. Cosa devo fare? Devo innamorarmi? Devo trovarmi un amante? Non mi interessa quello che direbbe mio marito. Alle volte penso che sia proprio lui a spingermi a farlo ed io non me ne rendo conto.”
Julian: “Non dovrei sempre indossare queste cravatte, mi fanno vecchio e ordinario. Da migliaia di miglia di distanza si vede che sono un bancario. E poi con questa pancia! Dovrei riprendere a fare jogging, correre per il verde del Central Park la domenica mattina, ma devo farlo veramente questa volta.”
Elisabethh: “Devo innamorarmi, sì? Sarebbe la medicina giusta alla mia insoddisfazione. Ma dove lo trovo un uomo disposto a sobbarcarsi una donna sposata?”
Julian: “Devo migliorarmi, fare un corso di informatica. Studiare il cinese. Oggi senza il cinese non vai da nessuna parte. Ecco il cinese e il computer. Sarei un bancario senza pancia, che parla il cinese e fa meravigliosi grafici in Power Point.”
Elisabethh: “Dovrei rifarmi il seno, due misure di più basterebbero e poi tagliarmi i capelli cortissimi, oppure lasciarli così, ma farmi bionda platino come le conigliette di Playboy. Forse non sarei una donna affascinante, ma avrei molti uomini ai miei piedi che mi gratificherebbero.”
Julian: “Dovrei smetterla di ingannare me stesso e gli altri, la mia vita è piatta, ho una moglie, due figli, ma non mi bastano, nulla mi basta. Forse dovrei farmi un’amante, di quelle con le tette grosse e i capelli biondi platino. Ecco ci sono.”
Elisabethh: “Perché devo sentirmi obbligata a scusarmi della mia esistenza, non sono io ad avere dei problemi. Perché i problemi di mio marito sono i miei e i miei rimangono miei? No, non funziona così.”

Quando i suoi pensieri si esauriscono Julian Mailer, nel suo soprabito elegante grigio e blu riprende a leggere suoi fogli di carta sparsi la relazione che dovrà presentare nella riunione del lunedì del comparto prodotti finanziari.
Lui è un quadro direttivo della ChangeBank, fresco di nomina, si sta portando avanti con il lavoro e non vuole di certo fare brutta figura, ma quando alza lo sguardo vede seduta davanti a lui una donna piuttosto attraente.
Lei porta un cappello verde mela e un tailleur nero di indubbia eleganza, il suo taglio di capelli ramati cade perfettamente sulle sue spalle. Julian, concentrato nella relazione, affonda di nuovo il suo sguardo sulle sue pagine, ma subito dopo ha un sussulto. La guarda di nuovo con discrezione giurando di conoscerla o quanto meno di averla già vista da qualche parte.
Anche lei, Elisabethh Richmond, ha riposto i suoi pensieri in un cassetto e ora sta digitando qualcosa sul suo tablet, lui abbassa lo sguardo, pensa, legge, ma poi ritorna più volte su quel viso. È sempre più convinto di aver già visto quella donna, ma non ricorda dove. Ad un tratto si accende la luce nella sua memoria…

Julian: Ma sììììì!

Sul suo sedile l’uomo si agita come se stesse assistendo ad una partita di football e la sua squadra del cuore avesse appena realizzato una meta. La donna non può fare a meno di notarlo.
Elisabethh: Scusi?
Julian: Oh mi scusi lei… Stavo cercando di ricordare dove l’avessi vista…

La donna è perplessa. China leggermente la testa e fissa attentamente l’uomo da sopra i suoi occhiali da lettura.
Elisabethh: Mi scusi, ma penso si stia sbagliando… Non credo di conoscerla.
La donna senza scomporsi riprende la sua lettura.
Julian: Oh no signora le giuro… Non è un modo per attaccar bottone.
Elisabethh: Oh sì le credo, ma sa, potrebbe semplicemente aver confuso.
Julian: Difficilmente mi sbaglio.
Elisabethh: C’è sempre una prima volta…
Julian: Le giuro non sono qui per importunarla.
Elisabethh: Non si preoccupi può capitare e poi lei non ha l’aria di essere uno scocciatore.
Julian: Mi scusi, ma che aria hanno gli scocciatori?
Elisabethh: Oh mi prende impreparata, diciamo che mi fido molto delle mie sensazioni.
Julian: Allora ringrazio le sue sensazioni e non vorrei prendere lucciole per lanterne...
Elisabethh: Tranquillo signore, le lucciole in questa città sono scomparse da tempo e poi le ripeto, forse è solo un equivoco, uno scambio di persona!
Julian: Lei per caso ha una sorella gemella che le somiglia come una goccia d’acqua?
Elisabethh: No. Almeno per quanto io sappia, nessuna gemella.
Julian: Allora non posso sbagliarmi. È senz’altro lei!
Elisabethh: La prego…
Julian: Posso insistere?
Elisabethh: A quanto pare lo sta già facendo…
Julian: Ricorda l’altro giorno sulla Quinta Avenue?
Elisabethh: Ci lavoro da quelle parti.
Julian: … Ah no, aspetti, mi scusi, forse era la Quattordicesima…
Elisabethh: La vedo molto confuso…

L’uomo per l’entusiasmo quasi balbetta. Si agita.
Julian: Ah sì ora ricordo bene, mi perdoni, eravamo proprio davanti alla ChangeBank…
Elisabethh: Non la seguo signore…
Julian: Ma sì! Io in quel momento ero al telefono e lei camminava davanti a me… Aveva un soprabito chiaro e lo stesso cappello verde mela che indossa ora… Ad un certo punto distrattamente ha infilato il tacco in una grata, forse un tombino… Ricorda?
Elisabethh: Ah sì certo… Quello lo ricordo… Ero uscita poco prima dalla Banca. Il tacco si era incastrato così bene che non aveva più intenzione di uscire e forzando stavo perdendo l’equilibrio.
Julian: Esatto. Stava per cadere e qualcuno l’ha sorretta.
Elisabethh: Sì era un uomo, piuttosto gentile, di corporatura robusta, ma non ricordo il suo viso.
Julian: Beh signora non vorrei deluderla, ma quell’uomo ero io!
Elisabethh: Davvero? Che coincidenza!
Julian: Ero sicuro di averla già incontrata, ma non ricordavo dove, quando e come... Sono dieci minuti che mi arrovello il cervello. Ho scandagliato minuto per minuto gli ultimi tre giorni trascorsi, ad un certo punto credevo di averla vista vestita da infermiera al Central Hospital.

Sorridono entrambi.
Elisabethh: Lei è un tipo buffo sa!
Julian: Poi da commessa al McDonald’s di Chambers Street!
Elisabethh: Commessa… Infermiera, non ho nulla contro certi lavori, anzi li reputo molto utili, ma lei mi ci vede?
Julian: Oh mi scusi non volevo… Che gaffe! Alle volte, preso dall’entusiasmo, sono così inopportuno…
Elisabethh: Non si preoccupi… Può capitare, del resto non sono una persona che si offende per così poco… E poi le divise hanno sempre un loro fascino recondito…
Julian: E poi come andata? Se posso… In quel momento non passavano taxi e non sono riuscito a rendermi utile.
Elisabethh: Oh invece sbaglia… Lei aveva già fatto abbastanza. Mi ha accompagnata in quella boutique e il negoziante è stato molto gentile.
Julian: La caviglia le faceva male?
Elisabethh: Abbastanza… Sono rimasta seduta per un po’, poi quando il dolore è passato sono andata via. Purtroppo proseguendo il tacco si è rotto completamente e sono dovuta andare in un centro commerciale ad acquistare un nuovo paio di scarpe.

L’uomo è sorpreso e fa ampi gesti con le mani.
Julian: È davvero una strana coincidenza averla incontrata nuovamente.
Elisabethh: Alle volte può succedere, no?
Julian: Lei non è sorpresa?
Elisabethh: Perché mai dovrei esserlo?
Julian: Sono davvero contento di essermi ricordato di quell’episodio, sa?
Elisabethh: Non ricordo d’averla ringraziata, le dispiace se lo faccio ora?
Julian: Ma no, la prego. Per me è stato un vero piacere! Mi dispiaceva per lei. Piuttosto la caviglia è ancora intera?
Elisabethh: Oh sì grazie, nulla di rotto. A parte la scarpa e la calza è stato solo un gonfiore passeggero. Ora è tutto in ordine.

La donna solleva leggermente la caviglia interessata, mostrando la sua scarpa color rosa antico con un tacco di oltre 10 cm.
Elisabethh: Vede? Sono in piena forma.
Julian: Scusi se mi permetto, ma con quelle altezze rischia di nuovo di farsi male. New York è piena di agguati a forma di grate e tombini senza contare gli avvallamenti dell’asfalto.
Elisabethh: Ha ragione, accetto il consiglio e la sua premura, ma alla volte alla bellezza non si può rinunciare facilmente.
Julian: Oh su questo sono perfettamente d’accordo con lei. Il tacco alto è l’essenza dell’eleganza.
Elisabethh: Già.

Proprio in quel momento l’altoparlante annuncia: “Prossima fermata Doxville!” La donna ripone il suo tablet e gli occhiali dentro la sua borsa. Julian scuote ancora la testa.
Julian: Che strano in questa città di otto milioni di anime, è stato davvero un caso molto piacevole rincontrarla.
Elisabethh: Ah sì vero, comunque ha fatto piacere anche a me… Anche perché mi ha dato modo di ringraziarla.
Julian: Non si disturbi… Un giorno di questi dovrò assolutamente acquistare un biglietto della lotteria!
Elisabethh: Perché? Si sente fortunato?
Julian: Incontrare due volte una donna affascinante come lei, è più di un caso.
Elisabethh: Si accontenta di poco allora…

La donna sorride maliziosamente.
Elisabethh: Ora dovrei scendere, la prego di scusarmi…

Poi si alza chiedendo il permesso agli altri passeggeri. L’uomo educatamente fa altrettanto accennando ad un piccolo inchino.
Julian: Buon weekend allora.
Elisabethh: Oh sì, anche a lei… Buona domenica.





*****



LUNEDI 19 FEBBRAIO 2018. ORE 5:30 P.M.
TRE GIORNI DOPO.

New York. Stazione di Flushing Main. Il treno delle cinque e trentadue come ogni lunedì è carico di pendolari di ritorno dal lavoro. Julian Mailer, è in piedi e guarda fuori dal finestrino. Sta pensando alla sua impeccabile relazione e alle congratulazioni convinte e sincere da parte dei suoi colleghi.
Elisabethh, alle sue spalle, riconosce l’uomo e si avvicina.


Elisabethh: Oggi non abbiamo trovato posti liberi, vedo…
Julian: Oh signora, che piacere! Buonasera…
Elisabethh: Buonasera a lei…
Julian: Come sta?
Elisabethh: Bene e lei?
Julian: Se non fosse per questo viaggio in piedi direi meglio, ma sa, il lunedì è sempre un giorno problematico e fino alla prima stazione di Flashwood è difficile trovare un posto a sedere…
Elisabethh: Beh ogni tanto fa anche bene rimanere in piedi, aiuta la circolazione. Per il lavoro che faccio poi… passo tutto il giorno seduta… E lei?
Julian: Oh anche io, il lavoro di banca ci condanna al mezzobusto ed a una vita sedentaria! Meno male che esistono i weekend per fare un po’ di movimento.
Elisabethh: Ha ragione, lo sport fa bene alla salute.
Julian: Lei di cosa si occupa se posso?
Elisabethh: Lavoro alla SpeedExp e mi occupo di spedizioni internazionali.
Julian: Interessante.
Elisabethh: Dice?
Julian: Perché? Non ama il suo lavoro?
Elisabethh: Oh sì, ma avrei potuto trovare di meglio.

L’uomo rimane in attimo in silenzio, in dubbio se presentarsi. Poi dice.
Julian: Comunque io mi chiamo Julian, Julian Mailer.
Elisabethh: Piacere, Elisabethh Richmond. Mi raccomando il nome lo pronunci con due acca!
Julian: Non è facile, ma ci proverò.
Elisabethh: Per la verità non ho mai capito se sia stata una stravaganza dei miei genitori oppure un grossolano errore dell’Ufficio Anagrafe.
Julian: Comunque originale davvero!
Elisabethh: E vorrei vedere!

I due si stringono la mano.
Julian: Lavora in città quindi…
Elisabethh: In Union Square, praticamente vicino dove lei mi ha salvato la vita…
Julian: Non esageri.
Elisabethh: Le dispiace essere stato un angelo custode?
Julian: Non ho fatto nulla di così eclatante.

L’uomo guarda i tacchi della donna.
Julian: Proprio ieri passeggiando vicino casa ho visto una donna con quel tipo di scarpe alte ed ho pensato a lei.
Elisabethh: Allora le piacciono davvero…
Julian: A lei però stanno meglio.
Elisabethh: Purtroppo madre natura non mi ha dotata di grandi altezze per cui sopperisco in questo modo.
Julian: Comunque lei è una donna molto elegante.
Elisabethh: Oh la ringrazio e lei è molto gentile. Immagino che anche la donna che passeggiava vicino la sua casa lo fosse!
Julian: Ci sono donne e donne.
Elisabethh: Io a quali delle due categorie farei parte?

Entrambi ridono. Proprio in quell’istante squilla il telefono di lei. L’uomo continua a guardare dal finestrino. Poi la donna riattacca e lui fissa il suo sguardo.
Julian: Mi perdona se le dico qualcosa di personale?
Elisabethh: Sono una donna molto aperta, mio marito dice un po’ troppo alle volte, quindi dica pure…
Julian: Questo l’ho intuito, del resto non starebbe a parlare qui con me.
Elisabethh: Cosa voleva dirmi.
Julian: L’altro giorno l’ho vista più in forma…
Elisabethh: Ottimo spirito di osservazione…
Julian: Problemi?
Elisabethh: Oh sì, problemi familiari.
Julian: Mi spiace…
Elisabethh: Oggi ho ritirato delle analisi e purtroppo non sono buone.
Julian: Risolvibile?
Elisabethh: Purtroppo no, ma comunque nulla di grave, diciamo che sarebbe potuto andare meglio…

I due rimangono in silenzio e guardano entrambi attraverso il vetro le luci delle case lungo la ferrovia che scorrono nel buio.
Julian: Se desidera stare sola, mi allontano, non si faccia problemi…
Elisabethh: In mezzo a questa folla la vedo dura spostarsi anche solo di qualche centimetro…
Julian: Non vorrei essere di troppo…
Elisabethh: Lei non è di troppo, sono i pensieri ad essere invadenti…
Julian: Allora rimango qui, ma giuro che tengo la bocca serrata.
Elisabethh: Sa a cosa pensavo?
Julian: Mi dica.
Elisabethh: Pensavo al destino. È la terza volta che ci vediamo in meno di una settimana… Buffo no?
Julian: È stato strano sì.
Elisabethh: Con tutta questa gente…
Julian: Già…
Elisabethh: Se qualcuno ci vedesse penserebbe ad una relazione… O quanto meno che ci stiamo incontrando di proposito.
Julian: Lei lo penserà di me.
Elisabethh: E perché mai?
Julian: Perché sono stato io il primo ad afferrarla da dietro mentre volava… Lei di certo non poteva vedermi…
Elisabethh: E chi non le dice invece che non sia stata io a cadere di proposito? E poi farmi ritrovare per magia seduta di fronte a lei su questo treno? Oggi ad esempio sono stata io per prima a salutarla e lei non mi aveva neanche notata.
Julian: Allora confesso che quando sono salito su questo treno per un attimo ho pensato a lei.
Elisabethh: A questo punto allora sono io a dubitare che sia un caso…

I due ridono.
Elisabethh: Ha poi comprato il biglietto della lotteria?
Julian: Non serve più ormai.
Elisabethh: Perché? Lei è ricco?
Julian: No, ma credo che averla incontrata di nuovo non mi dia diritto ad un’altra chance.
Elisabethh: Allora è vero che si accontenta di poco…
Julian: Lei è sposata, vero?
Elisabethh: Sì e lei?
Julian: Anche io sono sposato.
Elisabethh: Sarebbe stato strano il contrario…
Julian: Dice che ho l’età giusta per esserlo?
Elisabethh: Più che l’età, ha l’aria di essere un tipo posato.

Il treno fa la sua prima fermata a Flashwood. Molti passeggeri scendono. Julian si guarda intorno.
Julian: Si sono liberati dei posti… Se vuole possiamo sederci.
Elisabethh: Oh grazie… volentieri, anche se scendo alla prossima fermata.

I due prendono posto uno a fianco all’altra. Lei prende il suo tablet.

Elisabethh: Mi scusi, ma aspetto un’email di lavoro molto urgente.
Julian: Ormai siamo schiavi di queste tecnologie.
Elisabethh: Direi costantemente arruolati ventiquattro ore su ventiquattro.

La donna poggia il tablet sulla gonna e distrattamente accavalla le gambe. Mentre consulta la posta Julian non può non notare la raffinatezza della sua calza velata e la femminilità che emana quella posa. Poi la donna toglie gli occhiali e ripone il suo tablet nella borsa.
Elisabethh: Lei dove scende?
Julian: Due dopo di lei. Scendo a Bradville.
Elisabethh: Ah carina, la conosco, ci andavo da ragazza a giocare a tennis.
Julian: Lei gioca a tennis?
Elisabethh: Giocavo… Mio padre è stato un campione nazionale e si era messo in testa che anche le figlie sarebbero diventate delle campionesse.
Julian: E invece?
Elisabethh: Invece mi occupo di spedizioni… Direi nulla a che vedere con lo sport! Sa i casi della vita…
Julian: Come è andata?
Elisabethh: Al tempo senza alcun entusiasmo ho risposto semplicemente ad un annuncio di lavoro. Cercavano un quadro dirigenziale e il giorno dopo sono stata assunta.
Julian: Anche questo è stato un caso allora…
Elisabethh: Perché lei crede che la vita sia un libero arbitrio?
Julian: Oh no, ma penso che il destino si possa anche aiutare. Immagino lei fosse laureata e quindi adatta per quel posto.
Elisabethh: Centodieci e lode!
Julian: Ecco appunto.

Il treno improvvisamente rallenta e si ferma.
Julian: Oh speriamo non ci siano problemi.
Elisabethh: Purtroppo questa è una linea molto vecchia. Ci dovranno mettere mano al più presto.
Julian: Lei riprende il treno domani mattina?
Elisabethh: La mattina di solito non lo prendo, mi accompagna mio marito. Facciamo la stessa strada ed abbiamo gli stessi orari.
Julian: E la sera?
Elisabethh: Lui rimane in ufficio fino a tardi. Io vado prima e preparo qualcosa… E lei?
Julian: Io passo la mia vita su questa linea. Mattina e sera. Quando trovo posto a sedere lavoro, altrimenti guardo dal finestrino e penso.
Elisabethh: Cosa pensa?
Julian: Ho due figli maschi, Christian e David, mi creda non c’è posto per altri pensieri… oltre ovviamente al lavoro.
Elisabethh: Sono piccoli?
Julian: Adolescenti, ma credo che ogni età sia problematica…
Elisabethh: Figli… lavoro… A sua moglie non pensa?
Julian: A volte capita…
Elisabethh: Non sento entusiasmo…
Julian: Siamo sposati da molti anni.
Elisabethh: C’è un limite di tempo per essere felici?
Julian: Forse no, ma a mio parere un matrimonio dovrebbe scadere automaticamente dopo un certo periodo di tempo.
Elisabethh: Non la capisco.
Julian: In modo che i due sarebbero costretti a riconsiderare il loro rapporto e quindi in caso a risposarsi.
Elisabethh: Deduco che lei non rifarebbe lo stesso passo allora.
Julian: Oh no non ho detto questo, dico che sarebbe buona cosa rinvigorire i propositi in base ai quali i due si erano sposati la prima volta.
Elisabethh: Interessante questa teoria.
Julian: E lei?
Elisabethh: Noi invece abbiamo una casa piuttosto grande e un giardino che ci impegna molto.
Julian: Oh anche io mi occupo del giardino, anzi mi occupavo… Gli dedicavo le ore della domenica mattina, invece ora faccio l’autista ai ragazzi accompagnandoli alle loro partite, il più grande a tennis, l’altro a basket.
Elisabethh: Immagino ci sia sempre qualcosa da fare…
Julian: Beh durante la settimana e qualche volta il sabato abbiamo il nuoto, poi il doposcuola, il compleanno di qualche amichetto, qualche film appena uscito assolutamente da vedere… Poi Christian prende lezioni di pianoforte, David vuole sfidarmi ogni sera alla Playstation eccetera. E lei?
Elisabethh: Beh ho una vita meno frenetica della sua, ma il lavoro mi consuma tutte le energie.
Julian: Lei ha figli?

L’altoparlante annuncia: “Prossima fermata Doxville.”
Elisabethh: No, noi non abbiamo figli…
Julian: Quindi tutte le sue attenzioni sono concentrate su suo marito…
Elisabethh: Oh non credo lui sia d’accordo.
Julian: Non è d’accordo perché non desidera averle oppure perché si sente trascurato?
Elisabethh: Per una domanda simile servirebbero almeno quattro fermate di risposta, ma ahimè ora purtroppo devo scendere…
Julian: Domani la rivedo?
Elisabethh: Ci siamo già incrociati tre volte senza volerlo, sarebbe chiedere troppo al destino!
Julian: Mi scusi non avevo intenzione…
Elisabethh: Non si preoccupi.
Julian: Buona serata allora.
Elisabethh: Oh sì anche a lei… Buonasera.


*****



MERCOLEDI 21 FEBBRAIO 2018. ORE 5:22 P.M.
DUE GIORNI DOPO

Stazione di Flushing Main. Julian Mailer è sul marciapiede vicino al Binario 4 si guarda intorno.
Elisabethh: Ancora una coincidenza! Non ci posso credere!
Julian: Veramente la stavo aspettando…
Elisabethh: Allora è lei che dà una mano al destino! Così non vale!
Julian: Sono arrivato un po’ prima, non avendo nulla da fare ho deciso di agevolarlo, ma se non l’avessi vista avrei preso il prossimo, quello delle 5,51.
Elisabethh: Avrebbe aspettato venti minuti al freddo ed al gelo?
Julian: Poetico no?
Elisabethh: Oh che animo gentile, ma veramente io in questo momento pensavo alla sua salute!
Julian: Anche questo denota un animo gentile, però…
Elisabethh: Ascolti lei non mi conosce e per questo motivo questa volta è perdonato, ma non deve fare assolutamente affidamento ai miei orari, sono piuttosto imprevedibile!
Julian: Infatti ieri non l’ho vista.
Elisabethh: Ho fatto tardi in ufficio, poi un contrattempo con una mia amica…
Julian: Guardi non si deve giustificare con me… Non avevamo alcun appuntamento.
Elisabethh: Oh sì che stupida… Ha ragione… Chissà quanto poi a lei importi dei miei imprevisti…
Julian: E invece no, sono interessantissimi. A proposito è piacente la sua amica?

I due ridono.
Elisabethh: Piacente, ma scherza? È bellissima! Pensi che a vent’anni faceva la fotomodella.
Julian: Interessante allora!
Elisabethh: Quindi lei è in cerca di qualche relazione peccaminosa vedo! Lo confessi!
Julian: Mai mi permetterei…
Elisabethh: Confessi invece che non è stato assolutamente il caso a farci incontrare!
Julian: Va bene lo confesso! La seguo da molto tempo e so tutto di lei! L’ho incontrata due anni fa sotto il suo ufficio ad Union Square, mi sono pazzamente innamorato di lei e da quel giorno non faccio che pensarla. Conosco il suo indirizzo di casa, email, numero di telefono, taglia, preferenze musicali e tendenze sessuali e tanto altro ancora… Insomma sono un vero e proprio stalker.

La donna ride di gusto.
Elisabethh: Questo non può essere vero, visto che è da poco che mi sono trasferita in questa filiale!
Julian: Vede non sono capace neanche di dire le bugie!
Elisabethh: Sa cosa mi ha fatto ridere tanto? Quando ha parlato delle tendenze sessuali… Posso chiederle di che tipo siano le mie?
Julian: Ora mi mette in imbarazzo.
Elisabethh: Infatti se non sbaglio sta arrossendo…
Julian: Lei sa vero che non c’è peggior cosa di farlo notare?
Elisabethh: Mi diverte… Non se la prenda. Comunque mi fa piacere che mi abbia aspettata. Ma non si illuda però… è solo perché il viaggio su quella carretta di treno è molto noioso!
Julian: Il mio destino è di essere l’uomo giusto al posto giusto.
Elisabethh: Si accontenti allora, il mondo è saturo di persone fuori posto.
Julian: Allora le dirò di più… Ora la sconvolgo!
Elisabethh: Oh sì, adoro le sorprese. Mi stupisca!
Julian: Ho pagato il sovraprezzo per due posti a sedere. Le dispiace?
Elisabethh: Oh no… Allora era tutto previsto! Lei è molto caro.
Julian: Non lo dica ancora altrimenti ci credo…
Elisabethh: Mi sembra di essere entrata in un bel romanzo…
Julian: Le piace la trama?
Elisabethh: Mi sembra che il protagonista sia un grande seduttore!
Julian: Tutta apparenza madame!

Si dirigono verso il treno. Guardano all’unisono l’ora sul grande orologio sotto la pensilina. Sono esattamente le cinque e trentuno.
Elisabethh: Sa cosa le dico? Ma la prego non si faccia strane congetture…
Julian: Mi ha già detto che è entrata da poco in un fantastico romanzo…
Elisabethh: Non ho detto fantastico!
Julian: Touché!
Elisabethh: Non sprechi troppi superlativi, se poi dovessero finire come farebbe?
Julian: Mi dica…
Elisabethh: Ieri l’ho pensata, in un certo senso mi è dispiaciuto fare il viaggio di ritorno da sola. Il treno delle 6:23 è molto triste.
Julian: Anche quello delle 5:51 se è per questo…
Elisabethh: Quindi lei mi ha aspettata!
Julian: Beh sì lo confesso, ma anche io l’ho pensata e non solo durante il viaggio.
Elisabethh: Posso farle una domanda indiscreta?
Julian: Le è concesso se mi dà la possibilità di non rispondere…
Elisabethh: Anche ieri ha pagato il sovraprezzo per i due posti?
Julian: Allora non rispondo…

I due si guardano intensamente negli occhi.
Julian: Perché mi guarda?
Elisabethh: Non avrebbe potuto notarlo se contemporaneamente anche lei non lo avesse fatto.
Julian: E quindi?
Elisabethh: Quindi nulla. Saliamo?
Julian: Ok.

Salgono e si dirigono verso i posti prenotati.
Julian: Ecco sì, devono essere quelli in fondo: 45 e 46.
Elisabethh: Posti romantici per adolescenti…
Julian: Qui davvero non ci disturberà nessuno.
Elisabethh: Mi ricorda quando da adolescente andavo al cinema la domenica pomeriggio insieme al mio fidanzatino.
Julian: Non colgo il nesso.
Elisabethh: Ma come? Lei mi stupisce signor Mailer! Lui prendeva sempre i posti in fondo alla sala per stare più tranquillo.
Julian: Ora ho capito! Era piacevole immagino.
Elisabethh: Insomma, lui si dava molto da fare.
Julian: Quindi non le piaceva?
Elisabethh: Direi imbarazzante anche se poi il buio copriva qualsiasi tipo di vergogna.
Julian: Mi piace quando racconta questi aneddoti.
Elisabethh: La prego di non sfidarmi, le potrei raccontare tutta la mia vita da quando sono nata ad oggi compresi battesimi, comunioni e feste comandate. Poi si annoierà di certo.
Julian: Non mi annoierò mai con lei…
Elisabethh: Se fossi in lei non ostenterei tutta questa sicurezza…
Julian: Sa che idea mi era venuta mentre l’aspettavo? Se lei avesse tempo domani potremo andare insieme a prendere un thè e poi salire sul treno delle 6:23. Sarebbe solo un’ora di ritardo e non dovremmo inventare scuse…
Elisabethh: Oh si sarebbe bello…
Julian: Ma è lei che è molto bella…
Elisabethh: … ma anche molto sposata…
Julian: Anche chi è molto sposata può tranquillamente sorseggiare un thè caldo.
Elisabethh: La smetta con queste battute, poi rido e mi cola il trucco.
Julian: Sbaglio o la tonalità del suo ombretto è più brillante oggi?
Elisabethh: Vuole che le ripeta che ha un ottimo spirito di osservazione?
Julian: Oh sì la prego. Appaghi il mio narcisismo.
Elisabethh: Me ne ero accorta. E poi è sempre così elegante. Impeccabile direi.
Julian: Lasci stare me. Mi dica tutto di lei…
Elisabethh: Non so cosa voglia sapere…
Julian: Tutto quello che esce dalla sua bocca è interessantissimo.
Elisabethh: Oh signor Mailer… mica mi starà corteggiando?
Julian: Non saprei da dove cominciare… Sin da ragazzo sono sempre stato un tipo goffo in queste cose…
Elisabethh: Non ci credo, io immagino che lei sia molto, ma molto sensibile al fascino femminile e soprattutto a quello delle donne sposate.
Julian: Le due cose non sono in contrasto, le pare?
Elisabethh: E sua moglie come l’ha conquistata?
Julian: Veramente è stata lei durante una festa di amici ad invitarmi a ballare… A quel tempo si ballavano i lenti con la musica di Barry White…
Elisabethh: E poi come è andata?
Julian: Ha fatto tutto lei, dopo un’ora il primo bacio, dopo due ore sapevo già tutto di lei, dopo due giorni la prima cena da soli, dopo un anno mi sono ritrovato la fede al dito e dopo sette ero già padre di due diavoletti scalmanati.
Elisabethh: É un peccato però… non ci vedo nulla di romantico… Nessun coinvolgimento emotivo nel suo racconto. Insomma raccontata così mi sembra una lista della spesa.
Julian: Purtroppo quando ci siamo baciati la prima volta non c’era la luna su quella terrazza. Anzi improvvisamente si è messo a piovere e siamo dovuti rientrare rapidamente.
Elisabethh: Oh non lo dica a me, noi eravamo nel bel mezzo di un ciclone autunnale!
Julian: Non le è mai capitato di pensare che il più delle volte crediamo di scegliere, ma in realtà siamo scelti?
Elisabethh: Anche il nostro incontro… lei dice… è calato dal cielo e in quale modo lo stiamo subendo?
Julian: Non propriamente, alle volte sono le condizioni che spianano le strade…
Elisabethh: Quindi lei pensa che se non fosse stato il caso non ci saremmo incontrati di nuovo?
Julian: Beh no, ci saremmo incontrati, ci saremmo salutati, ma poi ognuno per la sua strada.
Elisabethh: Ed invece?
Julian: Invece siamo qui seduti su questo treno su due posti prenotati. Il destino facilita a colmare vuoti che il più delle volte rimarrebbero tali.
Elisabethh: Già.

Il telefono di Elisabethh squilla, ma lei attacca senza rispondere.
Julian: Perché non ha risposto?
Elisabethh: Ma lo sa che lei è una persona quanto meno indiscreta?
Julian: Oh mi scusi… non volevo…
Elisabethh: Di nulla. Era lui… mio marito, so già cosa mi deve dire, ma soprattutto mi sarei sentita imbarazzata a parlare con lei accanto.
Julian: Perché? Mi spiace. Le faccio questo effetto?
Elisabethh: Non dovrebbe dispiacersi…
Julian: Alle volte non arrivo a certe sfumature…
Elisabethh: Forse non avrei dovuto dirglielo…

Lei rimane in silenzio, lui cerca di recuperare…
Julian: Mi parli di lei… È felice?
Elisabethh: Felice è una parola grossa!
Julian: Posso dirle che lei mi dà l’idea di essere una donna sola?
Elisabethh: Non è il primo che me lo dice. Evidentemente sarà così.
Julian: Perché non ha figli?
Elisabethh: Purtroppo non vengono anche se mio marito non riesce a rassegnarsi…
Julian: Lei non li desidera?
Elisabethh: Finché c’è tempo non posso non desiderarli.
Julian: E perché mai?
Elisabethh: È scritto così no? Una donna deve essere madre a tutti i costi. Lo dice la pubblicità, la religione e soprattutto l’insistenza dei parenti… In ogni film, in ogni storia quando la donna non è madre si ha il dovere di spiegare il motivo, ma non succede mai al contrario. Direi che mi sono seccata di questo.
Julian: Mi scusi non sapevo e non volevo urtare la sua suscettibilità.
Elisabethh: La verità è che non sono ancora pronta a rassegnarmi.
Julian: Si vive bene anche senza…
Elisabethh: A quanto pare viste le insistenze sono gli altri a non viverla bene. Sa cosa penso? Che gli altri desiderino vederti madre per essere uguale a loro, avere gli stessi problemi e gli stessi argomenti da affrontare. Insomma una donna senza figli è una donna fuori contesto, troppo libera e potenzialmente pericolosa.
Julian: Non male come concetto!
Elisabethh: Vorrei già essere oltre e godermi la vita senza tanti problemi…
Julian: Desidera invecchiare?
Elisabethh: Non ho detto questo… Desidero vivere la mia vita spensierata, in modo leggero, senza essere caricata di problemi che non siano i miei…
Julian: Si riferisce a suo marito?
Elisabethh: Lo sa cosa pensavo prima? Lei è un’oasi nel mio deserto! Nemmeno con la mia migliore amica ho avuto modo di parlare in modo così schietto… La mia amica non capisce dice che in fin dei conti mio marito ha ragione a volere dei figli e quindi assillarmi, senza tenere conto che non è per mia volontà se finora non sono venuti.
Julian: Mi spiace Elisabethh…
Elisabethh: Oh che bello! Mi ha chiamata per nome! Ma le ha pronunciate le due acca?
Julian: Non è facile. Le giurò che mi impegnerò.
Elisabethh: Deve aspirare la coda del nome e spingere la lingua sugli incisivi, vabbè poi le insegnerò…
Julian: Ha un nome bellissimo!
Elisabethh: Ora non esageri.
Julian: Non esagero le assicuro.
Elisabethh: Come ha fatto a ricordarlo? Comunque è il nome di mia nonna e ne vado orgogliosa! Anche il suo è un bel nome sa? Ieri per gioco l’ho ripetuto più volte in casa.
Julian: Spero fosse sola…
Elisabethh: Non sono ancora uscita fuori di senno. E spero di non chiamarla nel sogno.
Julian: Invece a me è successo!
Elisabethh: Cosa? Ha pronunciato il mio nome mentre dormiva?
Julian: No, no, l’ho sognata, ma non credo di aver parlato durante il sonno.
Elisabethh: Beh la mia riservatezza di signora per bene non mi consente di domandarle altro…
Julian: Non c’è nulla di scandaloso…
Elisabethh: Nel suo sogno o nel fare l’amore?
Julian: Entrambe le cose.
Elisabethh: Va bene ok, ma la prossima volta la prego mi chieda il permesso.
Julian: Di sognarla?
Elisabethh: Ovvio sì, così mi metto un vestito decente e magari prima passo dal parrucchiere!

Julian ha un attimo di esitazione, poi decide di fare la domanda che gli gira da un po’ nella testa.
Julian: Lei fa l’amore con suo marito?
Elisabethh: Secondo lei una signora per bene dovrebbe rispondere a questa domanda?
Julian: Mi perdoni.
Elisabethh: Oh no, non chieda perdono, la prego. Io e lei stiamo ancora in quel limbo tra conoscenza ed amicizia.
Julian: Ma non è nell’una e nell’altra, vero?
Elisabethh: Alle volte si fanno domande non tanto per ricevere una risposta, ma per constatare il grado di confidenza.
Julian: Lei è una persona molto arguta.
Elisabethh: Comunque le rispondo, cosa succederà mai del resto! In caso mi giudicherà una persona troppo socievole e sopra le righe come del resto mi dice spesso mio marito… Oddio mi scusi, ma parlando mi sono dimenticata al domanda…
Julian: Non ci credo.
Elisabethh: Ok, ok… Le ho detto poco prima che lui non si rassegna e per fare un bambino occorre che un uomo e una donna si avvicinino quel tanto da… Se vuole le spiego…
Julian: Intuisco che lei ne farebbe a meno…
Elisabethh: Questa è una domanda ancora più intima, ma lei è un bel tipo sa?
Julian: Oh grazie del complimento…
Elisabethh: Comunque intuisce bene… Fatto così ogni giorno e senza trasporto è una cosa davvero meccanica… alle volte penosa e stancante. A lui non interessa il mio piacere, anzi credo neanche il suo, ha un solo obiettivo in testa e in quei momenti si avverte.
Julian: Mi spiace davvero.
Elisabethh: Per me l’amore è un dono raro, da centellinare come un vino prezioso. Inizia a tavola, oppure con un’atmosfera precisa, la penombra, un vestito, delle candele profumate, una musica soft. Insomma ci deve essere un’attenzione particolare e questo non può succedere tutti i giorni. Mi capisce vero?
Julian: Altro che…
Elisabethh: Prima quando le ho detto che vorrei sentirmi leggera mi riferivo anche a quello! Fare l’amore stando sopra una nuvola, essere trasportata dai sensi e non pensare a nulla se non al piacere reciproco.
Julian: Crede che con me potrebbe essere così?
Elisabethh: Ovviamente non lo so.
Julian: Le donne hanno il sesto senso sviluppato anche per queste cose…
Elisabethh: Per ora lei è il mio rifugio… e si accontenti! Anzi le dirò di più, con gli uomini non sono mai così aperta, ho un rapporto molto particolare.
Julian: Di diffidenza?
Elisabethh: Non direi di diffidenza, diciamo molto più pratico.
Julian: Non creda che per me vada meglio, nonostante i due figli…
Elisabethh: Lo fate regolarmente?
Julian: Il sabato sera quando i bimbi sono a letto. Sempre che lei non abbia le sue cose, o sia turbata per qualcosa, o abbia qualche mal di testa… In questi casi si salta.
Elisabethh: Ma quando lo fate c’è passione?
Julian: Dovere è la parola più giusta.
Elisabethh: Oh Julian, ma perché ci si riduce in questo modo?
Julian: Non lo so, ma forse riesco ad intuire il motivo per il quale io e lei ci siamo incontrati.
Elisabethh: Già.

L’altoparlante annuncia “Prossima fermata Doxville”
Julian: Ecco la sua fermata! Arriva sempre nel momento sbagliato
Elisabethh: Mi creda questa volta è arrivata nel momento più appropriato.
Julian: Perché?
Elisabethh: Perché nonostante siano passati solo tre giorni, abbiamo raggiunto una confidenza più che pericolosa.
Julian: Pericolosa?
Elisabethh: Mi intenda per favore... Le posso solo dire che anche io inizio ad odiare quella voce gracchiante.
Julian: La rivedrò?
Elisabethh: Ormai ci frequentiamo più di quanto farebbero due amanti…
Julian: Ma noi non siamo amanti!
Elisabethh: Lo dica a tutti questi sguardi indiscreti di questo treno… Ci metterebbero la mano sul fuoco…
Julian: Quindi pensa che è un male continuare a vederci?
Elisabethh: Per la gente è naturale che sia un male, per noi dico che non è un bene.
Julian: Così mi dà una speranza…
Elisabethh: La sto dando all’altra me stessa.
Julian: E com’è il suo alter ego.
Elisabethh: Direi un po’ birichino.

La donna si alza.
Julian: Ci ha pensato alla mia proposta per domani?
Elisabethh: Ossia?
Julian: Un thè insieme?
Elisabethh: Lo adoro al gusto di zenzero e limone, ma mi ci lasci pensare.
Julian: Ha dei dubbi?
Elisabethh: Sullo zenzero?
Julian: Non vuole rispondere allora.
Elisabethh: Non credo sia un bene…
Julian: … ma neanche un male…
Elisabethh: Atavico dubbio…
Julian: L’aspetto domani alla solita ora alla stazione poi lei deciderà.
Elisabethh: Ottima idea!
Julian: Sento una velata ironia…
Elisabethh: E perché mai? È sempre un’ottima idea quando mi si concede l’ultima parola.
Julian: Ma non ci si abitui però.
Elisabethh: Buona serata Julian.
Julian: Buona sera Elisabethh.






      CONTINUA....   





















 
 
 





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