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INTERVISTA IMPOSSIBILE
 
 



Lolita
Luce della mia vita
“Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo la mattina, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.”
 



 
 


 
Il Professore Humbert Humbert, annoiato insegnante quarantenne di letteratura francese, per circostanze fortuite e inaspettate fa la conoscenza di Dolores Haze, dodicenne ribelle e maliziosamente spregiudicata che gli richiama in mente Annabelle, il suo primo amore da tredicenne.
Nonostante la differenza di età, lui perde completamente le testa per la ninfetta tanto da sposare la madre Charlotte per rimanere al suo fianco. Dopo la morte della madre i due cominciano un lungo vagabondaggio da un motel all'altro in giro per gli Stati Uniti. Giungono infine in una città dove Humbert ha un contratto come insegnante. Qui egli si fa passare per il padre di Lolita e la iscrive ad una scuola femminile, ma le voci corrono sul rapporto con la ragazzina e Humbert è messo in difficoltà e decide di fuggire riprendendo i loro vagabondaggi sulle strade d'America, ma ben presto Lolita, ricoverata in ospedale per una malattia, riesce a sfuggire alla sua sorveglianza e a dileguarsi con un uomo adulto che si è fatto passare per lo zio.
Dopo circa tre anni, Humbert riceve una lettera da Lolita, ormai diciassettenne, che gli scrive di essere sposata, in attesa di un figlio e bisognosa di denaro. Humbert va a trovarla, le consegna i soldi lasciati dalla madre e cerca di portarla con sé, ricevendone un secco rifiuto, riesce soltanto a farsi dire il nome di chi aveva aiutato Lolita nella fuga: Quilty.
Humbert va a cercare Quilty e lo uccide; arrestato per l'omicidio, scrive in carcere, in attesa di processo, il libro di memorie: "Lolita o le confessioni di un maschio bianco vedovo" (Lolita or, The Confessions of a White Widowed Male). Humbert morirà di trombosi in carcere alcuni mesi prima di Lolita che muore di parto il giorno di Natale del 1952.

Davanti a me una ragazza sfatta, nulla a che vedere con la piccola e graziosa bionda dodicenne. Dimostra molto di più della sua età, ma non sono le rughe, non sono i segni del tempo, ma semplicemente la conta delle avversità, la somma degli ostacoli che la vita le ha imposto. Nonostante sia incinta fuma ripetutamente, mastica il chewing-gum a bocca aperta. Il suo rossetto è di un rosso volgare, spalmato a chiazze senza cura. I suoi capelli sfibrati, le sue mani corrose dai lavori più umili.
Seduta scomposta sopra un divano a fiori liso mi accoglie nell’unica stanza che compone la casa. Ha accettato l’intervista per poco meno di duecento cinquanta dollari. Ha bisogno di soldi. Trovarla in capo al mondo, trovare Dolores Haze non è stato facile, in questo arcipelago di case basse coperte perennemente dalla neve che copre fintamente miseria, sporcizia e povertà. Stringe le braccia in cerca di calore. Ha freddo, mi dice che ha sempre freddo, e nulla riesce più a scaldarla.

“Allora Lolita ne è passato del tempo?”
“Qui è sempre inverno. L’Alaska gela le mani, ed iberna il cuore e i ricordi.”

“Ci pensa ancora a Humbert?”
“Penso che senza quei tredicimila dollari non mi sarei rifatta una vita. Mio marito fa il manovale ed abbiamo sempre bisogno di soldi.”

“Ma Humbert le aveva dato quel denaro a patto che lei gli rivelasse il nome di Quilty per vendicarsi. L’uomo che era stato la causa della vostra separazione, di cui lei ne era infatuata sin dai tempi in cui sua madre ebbe una relazione con lui.”
“Sapevo che voleva conoscere quel nome per ucciderlo, ma ripeto, io avevo maledettamente bisogno di soldi. E poi Quilty era un poco di buono, mi aveva illusa, ripeteva ogni volta che sarei diventata una star.”

“Quindi secondo lei è stato giusto rivelare quel nome? Non ha rimorsi?”
“Assolutamente no! Cosa c’entro io? Io ho solo pensato ai soldi, del resto non me ne frega niente e non mi sento responsabile.”

“Sa che Humbert è morto di crepacuore?”
“Sì l’ho saputo quando già mi ero trasferita da queste parti.”

“Le andrebbe di ripercorrere la storia dagli inizi? Da quando ha conosciuto Humbert?”
“Tutto il mondo ha visto quel film, sapete ogni cosa di me e di quello che è successo. Non ho nulla di interessante da aggiungere. Ero semplicemente una dodicenne che si comportava da dodicenne. Dodici anni, capito? Lui un vecchio professore squallido e patetico, ossessionato dalle sue manie.”

“Quali manie?”
“Aveva una predilezione sensuale per le ragazze piuttosto giovani. Credo che nonostante la storia e il suo epilogo non m’abbia mai amata, mai capita, ma solo adorata come un idolo, una statuetta religiosa che corrispondeva esattamente alla sua fede. Era malato, aveva un bisogno incessante di guardarmi…

“Si spieghi meglio.”
Sbuffa.
“Vede, ho avuto sempre la sensazione che perfino nei momenti più intimi, lui rimanesse legato al suo feticcio ideale, alla ninfetta bambina che popolava i suoi sogni, e vivesse i nostri rapporti con distacco, come se, invece di fare l’amore, si masturbasse continuamente. Lui faceva l’amore con la sua ossessione, io ero solo la rappresentazione grafica, niente di più!”

“E lei, lo ha mai amato?”
“No! Era goffo, squallido, portava abiti fuori moda, vecchi! E poi era prigioniero della propria mente, non distingueva il vero dal falso, le minacce reali da quelle suggerite dalla sua paranoia, in termini di possesso e gelosia.”

“Lo ha mai odiato?”
“No, perché non l’ho mai amato. Nutrivo nei suoi confronti una forte repulsione, ma ora non gli porto rancore, in fin dei conti mi ha spezzato la vita, non certo il cuore!”

“Ma lei è stata giudicata l’emblema di un’adolescenza perversa.”
“Ero soltanto curiosa di sperimentare quel gioco pericoloso. Ma le assicuro che al tempo non ero assolutamente cosciente di ciò che potevo scatenare, non ne conoscevo i contorni, tanto meno i risvolti sessuali. Del resto quando me ne sono accorta non ho esitato un attimo a liberarmi di quella presenza obbiettivamente morbosa.”

“Mi permetta, ma la sua fuga è avvenuta molto più tardi. Io mi riferivo al periodo quando ancora era in vita sua madre.”
Pensa e mi fissa, come se stesse andando indietro nel tempo alla ricerca di qualche dettaglio.
“E’ indubbio che la considerazione di un uomo maturo, seppure squallido, mi stimolava a marcare atteggiamenti maliziosi che altri giudicavano soltanto infantili. Mi piaceva la parte della seduttrice che ammaliava per il gusto di farlo senza per altro arrivare ad alcuna conclusione.”

“Ma in questa vicenda lei non appare come una sprovveduta ragazzina in balia degli eventi…”
“A volte la naturalezza porta morte e rovina. Lui si incantava nell’osservarmi, adorava ogni piccolo dettaglio del mio aspetto e della mia persona fino al punto di celebrare tutti i miei difetti per il solo motivo che appartenevano a me.”

“Che effetto le farebbe se ora la chiamassi Lo?”
“Nessuno."

“Che rapporto aveva con sua madre Charlotte?”
“Poverina! Ha sposato un uomo che amava sua figlia. Questo potrebbe spiegare tutto. Povera mamma! Solo in seguito si è accorta che era solo uno strumento per arrivare a me. Negli ultimi tempi era diventata nevrotica, quasi depressa, non accettava il passare degli anni e soprattutto non capiva come sua figlia, una bimbetta di dodici anni, potesse attirare a sé le attenzioni maniacali di un uomo maturo!”

“Incredulità o senso della sconfitta?”
“Secondo me solo e unicamente sconfitta, perché mai di fronte ad Humbert avrebbe potuto competere con me. Io ero l’oggetto di venerazione, io il desiderio sessuale in persona, io vergine e puttana, insomma tutto ciò che lei mai avrebbe potuto rappresentare negli occhi di quell’uomo perverso.”

“Ci racconti il suo viaggio in macchina con Humbert.”
“Mia madre era morta e lui aveva ottenuto quello che aveva sempre desiderato. Ero sua, completamente sua, almeno fisicamente. Nonostante ciò Humbert si comportava da ossessionato, era assillato dal terrore di perdermi. Corroso dalla gelosia vedeva nemici dappertutto. Oggi sarebbe considerato soltanto un malato, affetto dalla malattia sfibrante della passione che lo rendeva succube di se stesso, di me e dei suoi sensi.”

“Lei giocava con Humbert, ma pensava di fuggire con Clare Quilty…”
“Cliaire Quilty aveva il carisma dell’artista ed ha avuto terreno facile. Era semplicemente un genio dalle mille maschere, ma non me ne accorsi subito. Rappresentava per me il futuro, la voglia di arrivare, le luci della ribalta, il sogno di una ragazzina. Al tempo non potevo certo intuire che somigliasse in tutto e per tutto a Humbert.”

… infatti si è sbarazzato di lei quando si è reso conto che non avrebbe potuto più cogliere la sua pubertà.”
Smette per un attimo di masticare il chewing-gum.
“Ma ha avuto il merito di farmi fuggire da Humbert!”

“…posso ancora parlarti da qui all’Alaska. Sii fedele al tuo Dick. Non lasciarti toccare dagli altri. Non parlare con gli sconosciuti. Spero che vorrai bene al tuo bambino. Spero che sarà un maschio. Spero che quel tuo marito ti tratti sempre bene, altrimenti il mio spettro si avventerà su di lui come fumo nero, come un gigante forsennato, e lo dilanierà nervo per nervo. E non commuoverti per la sorte di C.Q. Si doveva scegliere fra lui e H.H. e si doveva lasciar esistere H.H. per un altro paio di mesi almeno, in modo che egli potesse farti vivere nella coscienza delle generazioni successive. Penso agli uri e agli angeli, al segreto dei pigmenti duraturi, ai sonetti profetici, al rifugio dell’arte. E questa è la sola immortalità che tu e io possiamo condividere, mia Lolita.”

Questo le scriveva Humbert…”
“Si, ma era troppo tardi. Quando si è accorto di amarmi come donna anziché come ninfetta le nostre vite ormai erano sfatte e svanite. Non c’era più speranza. Vedevo la morte nei suoi occhi per quell’ossessione che non aveva saputo consumare fino in fondo. Non si può recuperare quando gli eventi hanno ormai scavato una voragine.”

“Possiamo dire che Humbert viene sconfitto quando la sua perversione si trasforma in amore.”
“Dio mio! Troppo cinica come interpretazione. Humbert era soltanto una persona malata, Lolita o qualsiasi altra ragazzina non avrebbe cambiato la sua vita destinata comunque al fallimento.”

“Come vive ora?”
“Avrei voluto diventare un’attrice, non le nascondo che questo anonimato mi pesa. Giro tra la gente illudendomi che qualcuno possa riconoscere in me quella Lolita. Ma come vede (mi indica il suo seno abbondante) poco è rimasto di quella ninfetta.

“Quindi in un certo senso le manca Humbert.”
“Mi mancano i sogni di quell’età, per cui non posso non pensare a Lolita quando mi rendo conto di essere rimasta una semplice ed anonima Dolores.”

Avrei ancora tante altre domande, ma richiudo il mio notes. Sinceramente non mi aspettavo quest’ultima risposta. Preferisco chiudere qui l’intervista e pensare alla transvolata che mi attende.

 





 























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INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:

FOTO GOOGLE IMAGE


 












 
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