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INTERVISTA IMPOSSIBILE


Eva Braun
L'amante di Hitler
Eva amante, Eva compagna e, nell’ultimo giorno
della sua vita, moglie di Adolf Hitler. Eva
romantica, piena di sogni, Eva che pende
dalle labbra dell’amante, Eva che accetta
tutto e piega la testa e piega anche il suo
cuore, semplice e sottomesso. Eva nata nello
stesso anno di Claretta Petacci. Eva tenuta
nell’ombra, si contenta di poco. Ad Eva
piacciono i bei vestiti, il lusso, le scarpe
rigorosamente italiane, Eva ama gli argenti,
le porcellane pregiate, Eva adora i suoi
cagnolini di piccola taglia. Ama i film
americani e i dischi di jazz… Sedici anni
accanto ad Hitler. Eva sempre in attesa di
un premio grande, le nozze, che arriveranno
il giorno della sua morte.

(Monaco di Baviera, 6 febbraio 1912 – Berlino,
30 aprile 1945)
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Eva Anna Paula Braun… la sua origine madame? Sono
nata a Monaco di Baviera, al 45 della Isabellastraße da Friedrich Braun e
Franziska Kronberger. Mio padre era insegnante elementare, di religione
luterana, mia madre una casalinga, di fede cattolica.
Lei
era l’unica figlia? Ero la secondogenita di tre figlie. La
speranza di mio padre di avere un figlio maschio non si concretizzò. Io e
le mie sorelle Ilse e Margarete fummo educate secondo la religione di mia
madre.
Si parla di un’infanzia molto tranquilla.
Sì esatto, vivevo come una qualunque ragazza della mia età. Nel 1925, mio
padre ereditò una somma molto consistente, grazie alla quale ci
trasferimmo in un appartamento più grande ed elegante nella
Hohenzollernstraße 93, all’angolo con la Tengststraße. Avevamo il
privilegio di avere una cameriera e di possedere un’automobile.
E la scuola? Studiai dalle Suore Inglesi di Monaco e
poi i miei mi iscrissero all’Associazione delle Figlie di Maria.
Frequentai il liceo con ottimi risultati, anche se gli insegnanti mi
dipingevano come pigra e ribelle.
Lo era?
Amavo l’arte e la libertà.
Negli anni dell’adolescenza la
descrivono come ragazza carina ed elegante… Beh ero bionda,
con gli occhi azzurri, vestivo a mio gusto e sognavo una carriera nel
mondo dello spettacolo come ballerina o attrice. Le mie letture preferite
erano le riviste di cinema e i romanzi rosa, con la classica eroina che si
dedica anima e corpo all'amato.
Dopo il liceo?
Al termine degli studi trovai lavoro come commessa e apprendista presso
uno studio fotografico nella Schellingstraße 50.
Ma non era
uno studio fotografico qualsiasi… Il titolare Heinrich
Hoffmann era il fotografo ufficiale del partito nazionalsocialista e
personale di Hitler. Il partito aveva la sede nello stesso palazzo di
Schellingstraße. Vi incontraste in quello studio?
Sì. Era l’ottobre del 1929. Ero rimasta in negozio dopo la chiusura per
sistemare alcune carte nei classificatori. Improvvisamente entrò il mio
capo con un signore di una certa età. Il signore distinto indossava un
impermeabile chiaro di stile inglese e in mano teneva un gran cappello di
feltro. Io ero su una scala, cercai di gettare loro un’occhiata senza
girarmi e mi accorsi che quell’uomo mi stava guardando le gambe. Scesi e
il signor Hoffmann fece le presentazioni: «Signor Wolf (così veniva
chiamato Hitler), la nostra brava piccola signorina Braun».
Imbarazzata? Beh sì arrossii, ero a disagio. Proprio
quel giorno avevo accorciato la gonna, mi sentii a disagio perché non ero
sicura di aver rifatto bene l’orlo.
Come le apparve Hitler?
Per la verità inizialmente non rimasi particolarmente impressionata da
quel signore di una certa età e con dei buffi baffetti. Comunque nacque
tra noi a poco a poco un’amicizia garbata e cortese, fatta soprattutto di
regali, baciamani e complimenti galanti.
Nei libri invece
viene descritto come un pervertito… Si lo so, se anche lo
fosse sinceramente non me ne sono accorta. Anzi… Addirittura venne scritto
che le sue depravazioni, avessero origine da una precoce infezione di
sifilide contratta, giovanissimo da una prostituta ebrea a Vienna.
Episodio che non conosco.
Dopo il primo incontro?
Mi invitava spesso, ma sempre nei limiti della buona conoscenza e del
rapporto platonico. Andavamo in sale da thè e bar per un caffè e dei
pasticcini. Poi qualche gita nella campagna bavarese e pranzi all’Osteria
Bavaria (oggi Osteria Italiana, Schellingstr. 62).
Quando
iniziaste a frequentarvi… diciamo seriamente? Tre anni dopo il
primo incontro iniziai a frequentare il suo appartamento nella
Prinzregentenplatz 16, esattamente quando la sua nipote prediletta
Angelika Maria "Geli" Raubal, figliasstra di sua sorella Angela, muore
suicida. Nipote prediletta o altro di più?
Adolf nutriva per lei un affetto quasi morboso ed un attenzione fuori dal
comune.
I suoi genitori erano al corrente dei suoi incontri
con Hitler? No, loro erano completamente all’oscuro della
nostra relazione. Solo le mie sorelle ne erano a conoscenza.
Era innamorata? Ero gelosa delle sue tante ammiratrici
ed avevo una paura tremenda di essere tradita. Quando Adolf iniziò a
girare in lungo e in largo la Germania per la campagna elettorale
praticamente non lo vidi mai. Sola, caddi in depressione e in un momento
di sconforto mi sparai un colpo in gola.
Miracolosamente
illesa immagino… Ebbene sì, diciamo salva per volontà divina.
Il mio gesto attirò però l'attenzione di Hitler. Al tempo il suo cuore era
ancora occupato dalla memoria della sua giovane nipote e della sua tragica
fine.
Cosa pensava della politica? E del partito?
Per me la politica era qualcosa di molto lontano, di poco interessante,
anzi una nemica, in quanto mi sottraeva le attenzioni e la compagnia del
mio Adolf. Non ero iscritta al partito e negli ultimi anni, esaurito
l'iniziale entusiasmo, maggiormente rivolto all'arte oratoria che non ai
contenuti, trovavo noiosi i discorsi del mio compagno.
La
biografia racconta che tentò di nuovo il suicidio. Emulazione?
Era il 28 maggio del 1935… Ingerii una enorme quantità di sonniferi, anche
questa volta Dio mi aiutò e mi salvai tramite il pronto intervento di mia
sorella Ilse. Non so dirle se fosse o meno emulazione, ma sicuramente
pretendevo tutta l’attenzione di Adolf su di me.
Nell'autunno del 1935 abbandonò il lavoro nello studio fotografico…
Non solo.. Adolf mi inserì nello staff della sua segreteria e mi trasferii
in una villetta nel quartiere residenziale di Bogenhausen nella Delpstr.
12, dono personale del Führer, insieme a mia sorella minore Gretl e i due
scottish terrier, Negus e Stasi. La villa era a pochi passi dalla casa di
Adolf.
Toccò il cielo con un dito, immagino… La
casa era ben arredata, parecchi quadri adornavano le pareti e tra tutti
preferivo gli acquerelli dipinti dal mio Adolf. Lui aveva un animo
sensibile ed era un’artista, pensi che da giovane e per ben due volte
nonostante le sue qualità non venne ammesso all'Accademia delle Belle Arti
di Vienna. La casa inoltre era dotata di un televisore, un lusso che
all’epoca era riservato a pochissimi.
Com’era il sesso tra
di voi? Facevamo poco sesso. Adolf era ossessionato
dall’igiene per cui poche volte ci toglievamo i vestiti. Alle volte per
proteggersi mi faceva mettere dei tovaglioli puliti nelle mutande. Per
raggiungere l'orgasmo a lui bastava guardarmi mentre mi sollevavo la gonna
a debita distanza.
Praticamente si masturbava… ma lei era
soddisfatta? Io ero soddisfatta intimamente nell’anima, non
era certo il sesso la discriminante dell’amore.
Secondo
lei aveva tendenze gay? No. Finalmente la
vostra relazione uscì allo scoperto… Non del tutto.. ero
ancora la sua donna segreta e venivo presentata come la segretaria privata
del Führer, anche se poi trascorrevamo insieme le vacanze al Berghof, la
residenza personale di Adolf, dove potevo comportarmi da padrona di casa e
intrattenere ospiti illustri nelle numerose feste che avevo l’onore di
organizzare.
Comunque libera ed appagata… Ero
libera di fare ciò che volevo, compreso bere e fumare, ma in quella
situazione non potevo definirmi certamente appagata. Intorno a noi c’era
sempre odore di morte. Nel 1944 i progetti di Hitler erano ormai in
frantumi, da tutti i confini arrivavano notizie disastrose, le città
devastate dai bombardamenti, la popolazione ridotta alla fame. Negli
ultimi drammatici atti del Terzo Reich mio cognato, il marito di mia
sorella Margarete venne fucilato per un presunto tradimento.
Nonostante la situazione drammatica nel febbraio del 1945 lei
sfidò comunque la sorte in un estremo atto di coraggio e amore…
Tornai nella tranquilla Monaco per festeggiare con la famiglia i miei 33
anni, ma ripartii subito dopo per Berlino….. anche se la situazione era
piuttosto pericolosa. Tutti mi misero in guardia pregandomi di rimanere in
Baviera e di cercare rifugio nei bunker alpini, ma volevo rimanere accanto
a lui fino alla fine, qualsiasi cosa fosse successo.
Lui
la ripagò con il matrimonio… Ci sposammo il 29 aprile, nel
bunker sotto la Cancelleria di Berlino al riparo dalle bombe, alla
presenza di Joseph Goebbels e Martin Bormann.
Posso
chiederle come era vestita quel giorno madame? Indossavo un
vestito nero di seta e una rosa sempre nera di stoffa nella scollatura. Ma
la cosa che mi inorgoglì enormemente fu poter scrivere sul documento
ufficiale il mio nome "Eva Hitler". Avevo 33 anni e lui 56.
Qui
finisce l’intervista ad Eva Braun. Il giorno dopo partiranno per il loro
unico viaggio di nozze. Verso la morte…
Secondo voci
diffuse, Eva Braun e Adolf Hitler si sarebbero suicidati nel pomeriggio di
lunedì 30 aprile 1945, intorno alle 15.30. Lui indossa un completo grigio,
lei un meraviglioso paio di scarpe italiane con i tacchi alti. Dopo aver
ingoiato una capsula di veleno, Hitler si spara un colpo di pistola alla
testa, mentre Eva, accanto a lui sul sofà, lo precede di un paio di minuti
spezzando la fialetta di cianuro sotto la lingua. Secondo la stessa
fonte i corpi vengono cosparsi di benzina, duecento litri, da Erich
Kempka, l’autista del Führer, e vengono bruciati nel giardino della
Cancelleria, alla presenza di Goebbels, il successore di Hitler alla
Cancelleria del Reich. Tutto secondo il piano ideato da Hitler stesso:
“Non farò la fine di Mussolini”. Aveva detto. Non voleva che si infierisse
sul suo corpo. Successivamente le ceneri furono sparse nel fiume Elba.
Eva, della cui esistenza la maggioranza dei tedeschi era fino a
quel momento ignara, rimane così fedele a quanto in precedenza detto
all’adorato Adolf: “Ho promesso a me stessa di seguirti ovunque, anche
nella morte”. Il resto della famiglia Braun sopravvisse alla guerra.
Suo padre Fritz morì nel 1964, sua madre nel 1976, all'età di 96 anni, e
la sorella maggiore Ilse si spense nel 1979. Gretl, il 5 maggio del 1945,
mise al mondo una bambina, che chiamò Eva, in onore dell'amata sorella.
Proprio come la zia, Eva Fegelein, si tolse la vita a causa di un uomo,
nel 1975. Gretl, che nel 1954 si era sposata in seconde nozze, morì invece
nel 1987.







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