Adamo chi era
la Contessa Lara?
Ragazzo mio, tu sei
fortunatissimo! Fino a qualche giorno fa non sapevo
neanche chi fosse! Mi è capitato per caso un suo
libro di poesie tra le mani e mi sono appassionato
alla sua incredibile vicenda. Chi era? Una poetessa
Innamorata dell'amore, ben inserita nell’alta
società di fine Ottocento.
Dove
nacque?
Il luogo e la data sono stati
per anni controversi. Lei stessa andava dicendo di
essere nata a Cannes spostando per vanità l’anno di
nascita al 1858, ma in realtà furono trovati
successivamente alla sua morte il certificato
originale di nascita, che pone con estrema certezza
la sua nascita a Firenze il 26 ottobre 1849.
Chi erano i suoi genitori?
Il padre era lo scozzese Guglielmo Cattermole,
console a Cannes, che in terze nozze aveva sposato a
Firenze Elisa Sandusch, eccellente pianista.
L’infanzia?
Eva fu molto
precoce nell'apprendimento della musica (dalla
madre) e delle lingue straniere (dal padre): imparò
fin da giovanissima l'inglese, il francese, lo
spagnolo e l'italiano. A soli diciotto anni pubblicò
la raccolta “Canti e ghirlande” creandosi una
reputazione di giovane scrittrice neoromantica..
Come conobbe il suo primo marito?
A Firenze Evelina frequentava i salotti più
rinomati, riuscendo a conciliare poesia e mondanità.
Tra questi quello della poetessa Laura Beatrice
Oliva moglie del patriota, giurista ed avvocato
Pasquale Stanislao Mancini, primo sostenitore del
“centrosinistra”.
Eva divenne amica delle loro
figlie e successivamente conobbe il tenente dei
bersaglieri Francesco Saverio Eugenio Mancini del
quale si innamorò.
Si sposarono nel 1871
nonostante l'avversione della famiglia di lui.
Insieme condussero una vita mondana e avventurosa,
con lunghi soggiorni a Napoli, a Roma, dove l’uomo
fu nominato capitano dei bersaglieri.
Poi definitivamente Milano…
Fu
proprio a Milano che Evelina entrò in contatto con
l’ambiente letterario della Scapigliatura, che le
consentì di esprimere liberamente il suo
anticonformismo e la sua spregiudicatezza.
Frequentò diversi salotti, tra cui quello di casa
Maffei.
Attorno a Evelina si creò una corte di
ammiratori, che la adoravano per la sua bellezza e
la sua grazia ammaliante, mentre il marito disertava
sempre più spesso la casa per giocare d'azzardo o
incontrare le ballerine dei «cafè chantant»..
Aria di tradimento?
Già. In
uno di questi salotti Eva conobbe il giovane
veneziano Giuseppe Bennati, impiegato al Banco di
Napoli. Forse per i continui tradimenti del marito
se ne innamorò cedendo al corteggiamento del
veneziano che tra le altre cose era un amico di
lunga data del marito.
Il marito lo
venne a sapere?
Altro che! I due amanti
si vedevano quasi ogni giorno nelle ore pomeridiane
quando il marito di lei faceva la siesta. Il luogo
era una camera a ore poco distante dalla casa della
donna. In caso di allarme la cameriera di casa
Mancini aveva il compito di avvertire subito la
signora.
Non conosciamo le circostante, forse una
spiata da parte della cameriera, ma sappiamo che
Eugenio Mancini vide con i propri occhi i due
amanti. Questo gli dava diritto a sfidare a duello
l’amante. Il duello terminò tragicamente con la
morte del giovane. Nel conseguente processo Eugenio
Mancini fu assolto per omicidio d'onore.
Ed Evelina?
Per il dolore si
tagliò i capelli e andò a depositarli con delle
ghirlande di fiori sulla tomba dell'amato dove, per
diversi giorni, si recò a pregare. Naturalmente il
marito la cacciò di casa e chiese il divorzio. La
notizia passò di bocca in bocca e lei dovette
fuggire da Milano coperta di vergogna. Si rifugiò a
Firenze, ma suo padre non la volle accogliere a casa
e visse poveramente in una camera ammobiliata.
Come si manteneva?
Pubblicava saltuariamente poesie ed articoli su
riviste, ma era ben poca cosa. Iniziò poi a
collaborare con diversi quotidiani iniziando la sua
breve vita da giornalista.
Leggo che
lentamente tornò a frequentare i salotti bene.
Durante questo periodo, Evelina collezionò diversi
flirt e storie d'amore più o meno stabili, sempre
cercando la felicità e il vero amore, ma, per sua
sfortuna, incontrando anche persone che
approfittavano della sua ingenuità e generosità.
Dopo alcuni anni la troviamo a Roma…
I suoi romanzi iniziarono ad avere un discreto
successo. E finalmente ebbe una relazione
tranquilla, l’unico amore sereno della sua
esistenza, con il giovane letterato Giovanni Alfredo
Cesareo che durò diversi anni.
Ma la
passione era sempre alle porte..
Già,
conobbe Giuseppe Pierantoni, pittore di modesto
talento, che avrebbe dovuto illustrare il suo libro
“Romanzo della bambola”.
Chi era
costui?
Un povero diavolo! Aveva 25 anni
all'epoca e conduceva una vita di stenti.
Aveva
studiato all'Istituto di Belle arti ma riusciva solo
ad imbrattare tele. Menava una vita da bohèmien e
non aveva né casa né studio. Se la faceva per Toledo
e la sera tardi andava a dormire da sua sorella.
Mangiava quando poteva e ciò non avveniva
quotidianamente. Conservava i mozziconi delle
sigarette. Eva si appassionò alla sua vita e
cominciò ad aiutarlo, raccomandandolo ai suoi amici.
Poi cosa accadde?
Dopo
qualche tempo il giovane si trasferì a Roma ed Eva
incoraggiò il timido giovane, proponendogli di
cenare da lei anziché saltare i pasti. Naturalmente
ci furono anche i “dopo-cena” che furono l’inizio
della loro storia, ma anche l'epilogo della
tragedia.
I due decisero di convivere. Ma ben
presto l'atmosfera diventò cupa per via delle
frequenti “assenze” della contessa. Una volta però
il pittore ebbe la prova provata, tramite una
lettera intercettata, della natura di quelle
assenze. Ci fu una violentissima scenata di gelosia
con tanto di percosse. Il pittore tornò alla calma
solo quando si convinse che si era trattato di un
appendice ad una vecchia relazione ormai sepolta per
sempre.
Ma le percosse continuarono
vero?
Ogni pretesto era buono, l’uomo
diventò manesco e possessivo. Eva non riusciva ad
allontanarsi da lui, nonostante l'avesse persino
chiuso fuori di casa in un'occasione: l'uomo era
rientrato con la forza passando da una finestra.
Alcuni amici la consigliarono di recarsi alla
Questura e di denunciarlo, ma lei non si fidava e
temeva che lui poi si vendicasse.
Poi cosa accadde?
Nell'estate del 1896,
lei si recò in vacanza in Liguria, dove incontrò il
suo amico Ferruccio Bottini. Eva gli confidò i suoi
problemi, e lui intuendo il pericolo la invitò a
lasciare il convivente e a rifugiarsi nella sua casa
di Livorno. Per ogni evenienza le regalò un revolver
da tenere in borsetta.
Quando tornò a Roma
decisa ormai a trasferirsi a Livorno scoppiò
l’ennesima litigata con il pittore.
Eva gli
intimava di andarsene e di lasciarla in pace, ma il
giovane in preda all’ira afferrò il revolver di lei
e sparò colpendola all'addome.
Morì
sul colpo?
No. La pistola era di piccole
dimensioni, e il proiettile non provocò la morte
immediata. Il giorno dopo fu operata, ma non si
salvò per il tardivo intervento dei soccorsi. Eva
durante l’agonia ebbe modo dire a chiare lettere al
delegato della Pubblica Sicurezza che il gesto
dell’uomo era stato dettato solo ed esclusivamente
da interesse economico e non da motivi passionali,
in modo che la giuria, visto le leggi di allora, non
applicasse alcuna attenuante alla condanna.
Che dire? Una vita movimentata con un
epilogo degno della letteratura del tempo…
Soprattutto un’agghiacciante coincidenza tra
letteratura e vita, lei morì proprio della stessa
morte violenta che tante volte aveva descritto nelle
sue opere conferendo alla sua biografia e alla sua
memoria un alone di tragica e ineluttabile fatalità.