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REPORTAGE
 


 

 

Le donne Tuareg
Viaggio tra le donne blu,
le più belle del mondo

Le donne blu, dal colore del turbante indaco,
sono musulmane, ma non portano il velo.
Prima del matrimonio fanno sesso quanto
vogliono e con chi vogliono e se divorziano
danno una grande festa.
Nei Tuareg sono gli uomini a coprirsi
il volto. La donna ha la stessa libertà sessuale
di un uomo. La regola che non si infrange
è quella del corteggiamento.
Tutto si svolge con discrezione e rispetto

 
 


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Con il termine Tuareg si identifica un popolo nomade berbero di oltre mezzo milione di persone che attraversa le zone desertiche del Sahara. È certamente una delle più affascinanti popolazioni nomadi soprattutto per gli usi e i costumi che la contraddistinguono.

Il Tuareg ha una grande dignità personale. Se è assetato non chiede da bere, perciò il suo benvenuto è leggendario. I viaggiatori sono sempre trattati da re, accolti subito con cibo e acqua. Per secoli nomadi hanno attraversato il deserto del Sahara, spesso condotti da ciechi che usavano il fine olfatto per trovare una via sicura tra la sabbia in eterno movimento. Le dune sabbiose non hanno segreti per questa gente che si sposta in groppa ai fidati dromedari su un territorio che si estende tra Mali, Nigeria, Algeria e Libia. La loro vita è fatta di allevamento e commercio.

I tuareg sono un popolo molto ospitale e per augurare buona fortuna a chi li ha incontrati condividono con loro la cerimonia del tè, conosciuta anche come il "tè nel deserto". La cerimonia comincia con la preparazione della bevanda: ritengono che il fischio della teiera che ribolle serva a calmare gli animi e rinfrescare la mente, facendo sincronizzare il proprio battito cardiaco e quello della teiera. Il tè viene preparato tre volte, ogni volta seguendo una ricetta e una preparazione diversa: la prima, piena di tè amaro e forte, è conosciuta come il "tè della morte"; la seconda è composta da tè più dolce ma dal retrogusto amaro, ed è chiamata "tè della vita" ed infine la terza è preparata con tè molto dolce, dal gusto intenso e inebriante, ossia il "tè dell'amore".

Dietro questo antico stile di vita c’è una cultura così progressista da far impallidire il pensiero unico occidentale. Nonostante siano musulmani sono gli uomini e non le donne a coprirsi il volto. Gli uomini sono soliti indossare il tipico turbante “taguelsmut”, lasciando liberi solo gli occhi. Le donne invece indossano il velo, ma il viso resta quasi completamente scoperto. Ci verrebbe da dire che la spiegazione è una sola, ossia le donne sono bellissime e sarebbe un peccato se si coprissero il viso.

La società Tuareg è molto gerarchizzata. Al suo interno si distinguono tre caste: le tribù nobili, le tribù vassalle e gli schiavi domestici. Tutte però contraddistinte da un’emancipazione femminile che non ha eguali nelle altre popolazioni nomadi. Le donne Tuareg infatti sono le più potenti del mondo arabo, detentrici di un matriarcato incontrastato e molto distanti dalla figura della moglie sottomessa delle società islamiche.

Prima delle nozze, una donna può avere quanti partner sessuali desidera. La regola che non si infrange mai è quella del corteggiamento e l’uomo deve lasciare la tenda sempre prima dell’alba. Tutto si svolge con discrezione e rispetto. Questa libertà fa sì che le donne si sposino più tardi rispetto ad altre tribù, a 20 anni. Ricevono poesie scritte dagli amanti e loro stesse ne scrivono, avendo imparato l’alfabeto dalle madri.
Il marito non viene loro imposto, ma scelto durante una festa che si tiene nell'agal (corte d'amore), dove gli uomini canteranno i tindé e la donna non giudicherà l'uomo per la bellezza, in quanto porta il velo, ma per le sue abitudini e per la sua fama di guerriero.

Sul petto le donne portano amuleti d’argento, il colore della luna, piccoli triangoli che ricordano l’occhio di Horus e appese al collo le stupende croci di Agadéz, lo scettro a croce segno di immortalità. Spesso suonano l’inzad, il violino monocorde, e a chi beve con loro il tè di menta, nei piccoli bicchieri, non mancano quasi mai di regalare il grigri, uno straordinario portafortuna da non abbandonare mai.

Qui vige la monogamia e ci si sposa per scelta, non esiste il matrimonio di convenienza e quindi i divorzi sono rari. Più istruite degli uomini le donne sono depositarie della cultura. Nei loro poemi epici nessun riferimento a giardini di delizie e ricompense postume: il paradiso lo devi saper trovare qui. Infine esse hanno anche delle precise funzioni religiose: infatti durante il parto entrano in contatto con l'aldilà. Per altro la loro cultura non accosta la parola purezza al concetto di verginità: “puro” in tamasheq, la loro lingua orale, vuole dire soltanto “pulito”, aggettivo che riserbano giustamente alla sfera interiore.

Una volta sposate sono riverite dai generi e dai suoceri, i quali non osano mangiare al loro stesso tavolo: non è ammesso infatti mangiare di fronte a una persona con la quale non si può avere relazioni sessuali.

Le donne sposate non perdono alcun diritto. Possiedono casa e animali, la loro fonte primaria di sussistenza. Se la storia finisce con un divorzio a lei restano le proprietà e i figli, a lui resta il cammello per tornare a casa dalla mamma o cercare ospitalità presso parenti di sesso femminile. La mamma è la casa, la figura centrale attorno cui si sviluppa la comunità. Il divorzio non è per niente una vergogna, anzi spesso si fanno feste di divorzio per far sapere che quella donna è tornata libera.


  




 





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ARTICOLO DI ADAMO BENCIVENGA
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Flora Drury per “Mail On Line”
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/viaggio-tuareg-tribu-nomade-sahara
http://www.echeion.it/costume-e-societa/i-tuareg-tra-sabbia-e-quote-rosa/
http://www.liceoberchet.gov.it/ricerche/geo4d_03/Africa1/donna_5liv.htm
http://www.yallaitalia.it/2013/05/le-quote-rosa-dellislam-tuareg/
Cino Boccazzi http://www.neripozza.it/collane_dett.php?id_coll=1&id_lib=363

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