CERCA NEL SITO   CONTATTI   COOKIEPOLICY 
 
 
RACCONTO
 
 
Adamo Bencivenga
INTRIGO E SEDUZIONE IN AEROPORTO
All’aeroporto di Fiumicino, tra il caos dei bagagli, Giacomo Bettini, giornalista freelance, incrocia lo sguardo di una donna enigmatica. Claudia, con il suo cappello nero e un sorriso che nasconde segreti, lo attira in un gioco di seduzione e intrighi. In un istante, tra parole sussurrate e tacchi che scandiscono il tempo, l’aeroporto diventa il palcoscenico di un mistero che lo travolgerà...

 

 


 
Aeroporto di Fiumicino, Roma, ore 17. Giacomo Bettini, giornalista freelance con un laptop sempre a portata di mano e un’aria da eterno viaggiatore, sedeva su una delle scomode sedie di plastica della sala ritiro bagagli. Il suo volo da Istanbul era atterrato da un’ora, ma le valigie non si decidevano a comparire sul nastro. Sbuffò, passandosi una mano tra i capelli spettinati, e il suo sguardo vagò tra i passeggeri in attesa. Fu allora che la notò.

Lei era lì, a pochi passi, appoggiata con grazia al bordo di una colonna. Bionda, con un cappello nero a tesa larga che le ombreggiava il viso, indossava una gonna al ginocchio che aderiva perfettamente alle sue gambe fasciate da un velo di calza nera. Un’eleganza che sembrava fuori posto in quel caos e troppo diversa dalle altre persone vestite prevalentemente casual. Giacomo non poté fare a meno di fissarla chiedendosi chi fosse e cosa facesse lì. Un istante di troppo, e lei, come se lo avesse percepito, scostò leggermente i suoi occhiali neri e lo fisso con i suoi occhi verdi, profondi e pericolosi. Poi gli sorrise e fece due passi verso di lui.

“Volo lungo?” Chiese, rompendo il silenzio. La sua voce aveva un accento che Giacomo non riuscì a collocare.
“Da Istanbul.” Rispose lui, rilassandosi sulla sedia. “E lei?”
“Dubai.” Disse sedendosi accanto a lui, accavallando le gambe con un movimento lento e sfacciatamente femminile. “Un viaggio di lavoro. Noioso, ma necessario.”
“Che lavoro fa? Se posso…” Chiese Giacomo, incuriosito.
“Gestisco un fondo finanziario.” Rispose lei, con un sorriso che nascondeva più di quanto rivelasse. “E lei? Hai l’aria di uno che insegue storie.”
“Colpevole.” Rise lui, sollevando le mani. “Giornalista. Sempre a caccia di uno scoop… Da cosa lo ha dedotto?” Disse poi incuriosito.
“Beh, il suo atteggiamento dinoccolato, il laptop in mano e la inconfondibile camicia a quadri…” Disse lei riponendo gli occhiali neri nella borsa.

Parlarono per un po’, di viaggi, di città, di giornate che si susseguivano tra aerei e riunioni. Parlò quasi sempre lei e Giacomo non potette fare a meno di pensare che quella donna aveva una capacità innata di rendere ogni parola intrigante, come se ogni frase fosse un segreto sussurrato o una storia molto più lunga da raccontare. Giacomo si ritrovò a pendere dalle sue labbra, catturato dal suo fascino misterioso. Poi si presentarono: “Claudia, piacere.” Disse lei e lui semplicemente “Giacomo.”

Dopo circa mezz’ora il nastro dei bagagli rimaneva fermo. Giacomo si alzò e si diresse al banco delle informazioni. “Solo un piccolo contrattempo tecnico.” Gli disse l’assistente, ma il tono era teso. Lui tornò indietro allargando le braccia.
“Problemi?” Chiese lei.
“Niente di che, dicono. Ma c’è qualcosa di strano nell’aria.”
Non aveva torto.
Parlarono ancora del tempo, dei taxi introvabili, di Roma e dei loro rispettivi quartieri. Pochi minuti dopo, un addetto in divisa si avvicinò al gruppo di passeggeri in attesa. “Signori, per favore, seguitemi in una sala d’aspetto più riservata.” Disse, il volto impassibile. Mormorii si alzarono tra la folla, ma tutti obbedirono. La sala era senza finestre, con pareti grigie e sedie ancora più scomode.

Un uomo in giacca e cravatta, che si presentò come il capo della sicurezza, prese la parola. “Niente panico.” Iniziò, ma la sua voce tradiva una certa urgenza. “C’è stato un furto. Due computer portatili e alcune SIM card sono stati sottratti dalla valigia di un diplomatico che viaggiava sul volo da Dubai, ma non sappiamo se il furto sia avvenuto in aereo o durante il trasporto, per cui stiamo perquisendo i bagagli anche del volo proveniente da Istanbul. Ci vorrà del tempo. Vi chiedo cortesemente un po’ di pazienza…”

Un brivido corse lungo la schiena di Giacomo. Un furto del genere non era un semplice crimine da quattro soldi. Guardò l’orologio, tra meno di un’ora doveva assolutamente essere presente alla riunione di redazione. Claudia invece era più rilassata, sembrava imperturbabile, le labbra appena curvate in un sorriso quasi compiaciuto.
“Interessante.” Mormorò lei, voltandosi verso di lui. “Adoro da impazzire queste situazioni. Mi ricordano un po’ “Intrigo internazionale” di Hitchcock. Non trova?”
Lui preoccupato del ritardo non rispose. Prese dalla tasca il telefono e cercò di contattare la Redazione.

Lei non disse nulla, ma quando lui staccò, con aria quasi di sfida chiese a bruciapelo: “E se fossi io la ladra?” A quella battuta Giacomo rise, dimenticando per un attimo il suo problema: “Sarebbe lo scoop della mia carriera. Una spia internazionale, magari del Mossad, seduta accanto a me.”
“L’ammiro sa? Voi giornalisti siete sempre sul pezzo!”
Lui annuì e disse: “Il suo aspetto così elegante e misterioso non è poi molto distante dalle sembianze di un’agente segreto…”
Lei inclinò la testa, il cappello che le nascondeva parzialmente gli occhi. “E se lo fossi? Una spia alla Mata Hari è fatta per sedurre, per far perdere i sensi. Lei cosa farebbe? Mi intervisterebbe?”
“Assolutamente sì.” Rispose lui, entrando nel gioco. “Cominciamo. Nome in codice?”
“Serpente.” Disse lei, con un tono che era un misto di scherzo e verità.
“Curioso come nome di copertura… E perché mai?”
“Perché colpisco in silenzio e sparisco senza lasciare tracce.”

I loro occhi si incrociarono, e Giacomo si perse in quel verde smeraldo. C’era qualcosa in lei, un’energia che lo attirava e lo spaventava al tempo stesso. Lui aprì il suo portatile: “Allora, mi racconti una delle sue missioni, Serpente.” Disse con la voce bassa, come se temesse di spezzare l’incantesimo.
Claudia si sporse verso di lui, il suo profumo di vaniglia lo avvolse. “Le posso raccontare di quella volta a Vienna, quando ho sedotto un trafficante d’armi in un locale notturno. Aveva informazioni che mi servivano. È bastato un sorriso, una bugia e un bicchiere di champagne addizionato per farlo sprofondare in un lungo sonno. Quando si è svegliato, il suo laptop era vuoto, e io ero già su un aereo per Tokyo.”
“Credibile!” Disse Giacomo. “Immagino che si siano momenti imbarazzanti nel suo lavoro…”
Lei sorrise: “Crede che sia ingenua? Dopo tanti anni di lavoro so come districarmi anche in situazioni molto pericolose.”
“Sempre più interessante…” Disse Giacomo: “E come fa a non innamorarsi con tutto questo gioco di seduzione?”
“Oh, io m’innamoro, certo! Ma mai abbastanza da restare.”

I minuti passavano, i bagagli non arrivavano, e loro continuavano a tessere quella danza di parole. Claudia raccontava di intrighi, di affari loschi in città lontane, di uomini potenti caduti per un suo sguardo. Ogni aneddoto era così travolgente, che Giacomo iniziava a crederle davvero. Era una spia? Una ladra? O solo una donna che giocava con la sua immaginazione? Non importava. Era stregato.

Claudia si sporse leggermente verso di lui, il suo tacco 12 sfiorò il pavimento con un suono secco. Accavallò le gambe con un movimento lento, quasi studiato, e per un istante il pizzo nero delle sue calze fece capolino dalla gonna, un dettaglio che sparì subito, come un segreto svelato per errore. Le sue labbra, dipinte di un rosso scarlatto accese dalle luci della sala, si curvarono in un sorriso che era pura seduzione. Quel rossetto non era solo trucco, ma un’arma, quasi una promessa di guai.

Il telefono di Claudia iniziò a vibrare. Lei rispose e Giacomo non potette non ascoltare la telefonata. Lei parlò di una missione, di un cugino dell’emiro del Qatar difficile da persuadere. Oh sì certo, pensò Giacomo, stava parlando di dollari, ma nulla faceva pensare che non riguardasse anche altro. La voce di Claudia al telefono era un misto di seta e acciaio, ogni parola scelta con cura, come se non volesse farsi capire. Parlava in inglese e Giacomo, seduto accanto a lei, si ritrovò a pendere da ogni sillaba, cercando di decifrare il codice di quella conversazione.

“Sì, l’incontro è fissato per martedì.” Diceva Claudia. “Il cugino dell’emiro è… complicato, sai. Vuole garanzie, ma non si fida di nessuno. Ho bisogno che i fondi siano trasferiti entro mezzanotte, o l’intera operazione salta.”
Giacomo aguzzò l’udito. Fondi? Operazione? Poteva essere una normale conversazione d’affari, un investimento in qualche progetto petrolifero o immobiliare legato al Qatar. Eppure, c’era qualcosa nel modo in cui lei pronunciava certe parole, nel modo in cui il suo sguardo saettava verso di lui per una frazione di secondo, come per controllare se stesse ascoltando. “Trasferiti in modo pulito, capisci? Nessuna traccia. Ho già il contatto a Dubai che si occuperà della… logistica.”

Logistica. Quella parola lo fece rabbrividire. Poteva significare un bonifico bancario, certo, o magari un carico di documenti sensibili, un carico di armi, un piano per infiltrarsi chissà dove. Giacomo si sporse leggermente verso di lei, fingendo di controllare l’orologio, ma in realtà voleva cogliere ogni sfumatura della sua voce. Claudia non batté ciglio, ma il suo sorriso si fece più affilato, come se sapesse esattamente cosa lui stesse pensando.
“Non preoccuparti, il cugino non sospetta nulla.” Continuò lei, abbassando ancora di più la voce. “Gli ho fatto credere che fosse una questione di rendimenti a lungo termine. È bastato un incontro, un paio di drink, e… beh, sai come funziona.” Rise piano, una risata che sembrava un’arma a doppio taglio, e Giacomo si chiese se stesse parlando di una strategia finanziaria o di una seduzione calcolata per estorcere segreti.

Poi abbassando la voce Claudia disse: “Oggi ho consegnato il pacco. È al sicuro, ma dobbiamo muoverci in fretta. Se il cugino cambia idea, o se qualcuno inizia a fare domande, sarà un problema. Dimmi che hai coperto le tracce.”
Giacomo si irrigidì. Pacco? Tracce? La sua mente galoppava. Poteva essere un termine in codice, un riferimento a una transazione finanziaria… o a qualcosa di molto più oscuro. Un microchip con dati rubati? Un fascicolo compromettente? La sua immaginazione, alimentata dalle storie che Claudia gli aveva raccontato – Vienna, Tokyo, trafficanti d’armi – lo portava a vedere complotti ovunque. Eppure, non poteva escludere che fosse solo una donna d’affari, abile nel manipolare le parole per confondere chi ascoltava.

Claudia chiuse la chiamata con un rapido “Ci sentiamo domani.” Mise lentamente il telefono nella sua borsa come se si stesse chiedendo se avesse detto troppo. Poi si voltò verso Giacomo. “Mi scusi. “Questioni di lavoro. Noioso, vero?”
“Noioso?” Ripeté Giacomo, con un sorriso nervoso. “Non proprio. Sembra… complicato.”
Lei rise. “Oh, ha ragione, tutto è complicato se si guardano le cose troppo da vicino. Ma mi dica, lei cosa fa quando il mondo la mette alla prova?”
E mentre lei accavallava le gambe, il pizzo nero faceva di nuovo capolino. Era una strategia? In quel momento Giacomo si rese conto che non importava se fosse una spia, una ladra o solo una maestra di illusioni. Era già caduto nella sua rete, e non voleva uscirne.

Fu a quel punto che due agenti della sicurezza si avvicinarono a loro con aria circospetta. Il cuore di Giacomo iniziò a martellare. In quel momento pensò quanto fosse pericoloso aver dato tutta quella confidenza ad una sconosciuta. I due agenti però trascurando Giacomo fissarono la donna, poi dopo qualche interminabile secondo andarono oltre.
Lei per nulla spaventata disse: “Vede cosa significa essere una donna? È sublime ricevere tutte queste attenzioni, non crede?” Ma Giacomo non si era ancora ripreso dallo spavento.

Lei ancora più disinvolta riprese il filo del discorso. “Immagino che lei ora vorrà sapere di quella volta a Tunisi.” Disse immedesimandosi ancora di più nella parte della spia. “Sa… una notte di fuoco, in tutti i sensi.” Fece una pausa teatrale, lasciando che il silenzio amplificasse l’attesa. “Ero lì per una missione delicata. Un trafficante di diamanti aveva informazioni che mi servivano. L’ho incontrato in un riad, tra tende di seta e il profumo di gelsomino. Lui pensava di avere il controllo su di me, ma io…” Si interruppe, inclinando la testa, il cappello nero che le ombreggiava gli occhi verdi. “Gli ho lasciato credere di essere sua. Una notte di passione, Giacomo. Le sue difese sono crollate tra il velluto delle mie cosce, e quando il sole è sorto, io avevo i suoi codici bancari e lui… be’, solo il ricordo del mio profumo intimo alla vaniglia.”

Giacomo deglutì. “E lei? Non prova mai niente in momenti come quelli?” Claudia rise piano. Spostò di nuovo le gambe, il tacco che tracciava un arco elegante sul pavimento. Il pizzo della calza riapparve, un lampo di tentazione che svanì altrettanto in fretta. “Provo tutto.” Rispose, guardandolo dritto negli occhi. “Ma sono addestrata a lasciarlo andare. È il prezzo del gioco.” Poi si sistemò un ciuffo ribelle dietro l’orecchio, un gesto apparentemente casuale che fece brillare il rosso delle sue labbra sotto la luce.

In quel frangente un poliziotto in borghese si avvicinò chiedendo ancora pazienza. Claudia disse: “Beh allora abbiamo ancora tempo, le piace questo gioco?” Lui sorrise: “Ho la netta sensazione che non sia solo un gioco…”
“Infatti non deve crederlo, le ricordo che sta intervistando una spia! Allora le racconto di Beirut…” Con la voce che si abbassava come se stesse condividendo un segreto mortale. “Immagini un casinò sul lungomare, una terrazza che si perde tra i cedri e il Mediterraneo, dentro una lunga serie di tavoli verdi di roulette e fumo di sigari. Due generali israeliani, uomini duri, intoccabili. Ma non per me.”

Sorrise, e quel sorriso era una trappola. “Indossavo un abito di seta rossa, così aderente che sembrava dipinto sulla mia pelle. Il tacco 12 e la calza nera con la cucitura dietro. Mi sono avvicinata lentamente al bancone del bar, un Martini in mano, e ho lasciato che i loro occhi mi divorassero. Dopo meno di cinque minuti ero già seduta al loro tavolo. Abbiamo giocato, non solo a carte. Uno mi sussurrava promesse all’orecchio destro, l’altro mi sfiorava la mano e non solo. A mezzanotte, erano così persi in me che non si sono accorti del microfono nascosto nel mio bracciale. Ogni parola, ogni piano, registrati.”

Giacomo era ipnotizzato. Il modo in cui lei raccontava, il modo in cui il suo tacco ticchettava piano, il modo in cui il pizzo delle calze giocava a nascondino: tutto sembrava calcolato per essere giudicata come una vera spia. “E dopo?” Chiese impaziente, quasi temendo la risposta.
“Dopo? Beh le risparmio i dettagli… Diciamo che quei baci non li dimenticheranno mai. Sono fuggita con i vestiti in mano, sparita nella notte, con i loro segreti nella borsa.”

Il silenzio che seguì era elettrico. Giacomo si sentiva intrappolato, come se lei lo stesse attirando in un gioco più grande di lui. Le sue labbra rosse si mossero appena, pronte a raccontare un’altra storia, quando il capo della sicurezza rientrò nella sala. “Signori, tutto risolto.” Annunciò. “I dispositivi sono stati recuperati. È stato un banale contrattempo. Nessun furto, solo una dimenticanza. Potete tornare al ritiro bagagli. La direzione dell’aeroporto di Fiumicino si scusa per il disagio.”

Un sospiro collettivo e un brusio riempirono la stanza. Giacomo si voltò verso Claudia, aspettandosi un’ultima battuta, un ultimo sguardo, o magari una conferma per iniziare una vera e propria intervista. Immaginava già il titolo: “Intrigo e seduzione in aeroporto – Il racconto di una spia.” Ma Claudia sembrava diversa, la sua espressione meno enigmatica, come se la magia di quel gioco si fosse dissolta.
“Niente spia, allora…” Disse lui, con un sorriso amaro, quasi deluso.
“Peccato.” Rispose lei, alzandosi. “Per un attimo, ci avevo creduto anch’io, ma come vede non sono la ladra e neanche un’agente segreto.”
“Peccato.” Disse Giacomo.

Si avviarono insieme verso il nastro, dove le valigie finalmente scorrevano. Giacomo prese la sua borsa, Claudia recuperò una valigia nera elegante. Poi tornarono verso i loro posti, Giacomo si sedette, poggiando il suo portatile sulla sedia e frugando nella borsa.
Si guardarono un’ultima volta.
“È giunto il momento di salutarci.” Disse lei tendendogli la mano.
“Se mai decidesse di diventare una spia.” Disse lui. “Mi faccia uno squillo. Ho bisogno di uno scoop.”
Lei rise, un suono che gli rimase impresso. “E lei, giornalista, stia attento. Potrebbe imbatterti in una vera Serpente, un giorno.”
Con un ultimo sorriso, Claudia si allontanò, i tacchi che echeggiavano nel terminal. Giacomo la guardò sparire nella folla. Ripensò al suo reportage da Istanbul. Scosse la testa. Nessun articolo sarebbe mai stato all’altezza di quella serata.
Poi si alzò, fece per prendere il suo laptop, ma la sedia era vuota. Il laptop era sparito.











Questo racconto è opera di pura fantasia.
Nomi, personaggi e luoghi sono frutto
dell’immaginazione dell’autore e non sono da
considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con
fatti, scenari e persone è del tutto casuale.


© All rights reserved Adamo Bencivenga
LEGGI GLI ALTRI RACCONTI


© Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso dell'autore



 








 
Tutte le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi autori. Qualora l'autore ritenesse improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione verrà ritirata immediatamente. (All images and materials are copyright protected and are the property of their respective authors.and are the property of their respective authors.If the author deems improper use, they will be deleted from our site upon notification.) Scrivi a liberaeva@libero.it

 COOKIE POLICY



TORNA SU (TOP)

LiberaEva Magazine Tutti i diritti Riservati
  Contatti