HOME   CERCA   CONTATTI   COOKIE POLICY
 
INTERVISTA IMPOSSIBILE
 
CLAUDIA CARDINALE
Un viaggio nella vita e nel cuore di una diva ribelle
Icona senza tempo del cinema italiano, ci accoglie nella sua elegante casa parigina, dove  i ricordi di una carriera leggendaria si intrecciano con i suoi amori, le sue battaglie e la sua anima ribelle. La sua storia, tra Tunisi, Roma e Hollywood, è un inno alla forza e alla libertà.
(Tunisi, 15 aprile 1938 – Nemours, 23 settembre 2025)



È una luminosa mattina di settembre, e mi trovo davanti a una villetta discreta nel cuore di Parigi, nel quartiere di Saint-Germain-des-Prés, dove Claudia Cardinale ha scelto di vivere gli ultimi anni della sua vita. La facciata in pietra chiara è avvolta da rampicanti che sembrano abbracciare la casa come un vecchio amico, con finestre alte che lasciano intravedere tende di lino color crema mosse dal vento. Il portone in legno scuro si apre con un lieve scricchiolio, e vengo accolto da un profumo di lavanda e legno antico, un mix che sa di casa e di ricordi.

L’interno è un riflesso della sua anima: un salotto caldo e accogliente, con mobili in legno scuro e poltrone di velluto verde bosco. Sulle pareti, fotografie in bianco e nero di set cinematografici si alternano a dipinti astratti e a scatti personali: Claudia con sua sorella Blanche, un’immagine di lei che ride con Alain Delon, un’altra con un ghepardo accovacciato ai suoi piedi. Un grande camino spento domina la stanza, sopra il quale troneggia un specchio antico che riflette la luce del sole. Sul tavolino, un mazzo di fiori freschi, rose bianche e gelsomini, accanto a una pila di libri, tra cui la sua biografia “Io, Claudia. Tu, Claudia”. C’è un’atmosfera di vissuto, di storie che ogni angolo sembra pronto a raccontare.

Ed eccola, Claudia, che entra con un sorriso che illumina la stanza. È meravigliosa, senza tempo, come se gli anni avessero solo accarezzato la sua bellezza leggendaria. Indossa un abito di seta color avorio, semplice ma elegante, che scivola morbido sulle sue forme, con una sciarpa di chiffon azzurro annodata con noncuranza intorno al collo. I capelli, folti e mossi, sono raccolti in uno chignon morbido, con qualche ciocca argentata che brilla sotto la luce. I suoi occhi, quegli occhi profondi che hanno incantato Visconti e Fellini, sono vivi, pieni di calore e di una malinconia dolce. Si muove con grazia, come se ogni gesto fosse una scena di un film mai girato, e mi invita a sedermi con un gesto della mano, la voce morbida e musicale, con quell’accento che mescola italiano, francese e un pizzico di sole tunisino.

“Benvenuto. Vuoi un caffè? O preferisci un tè, come fanno i miei amici inglesi?”
Mi accomodo, e mentre il profumo del caffè inizia a riempire l’aria, cominciamo a parlare, immersi in un’atmosfera che sembra sospesa tra il passato glorioso del cinema italiano e il presente di una donna che ha vissuto mille vite, ma è rimasta sempre fedele a se stessa.

Buonasera, Claudia. È un privilegio poter parlare con lei, una delle icone più amate del cinema. Vorrei iniziare dalla sua infanzia a Tunisi: come ha plasmato la sua anima quella terra così ricca di contrasti?
Tunisi è stata il mio primo grande amore, un luogo che mi ha insegnato la libertà. Ero una selvaggia, sai? Correvo con i ragazzi, rifiutavo gonne e fronzoli, volevo essere Claude, un nome da maschio che mi calzava a pennello. Mio padre, siciliano dell’Isola delle Femmine, aveva un fuoco dentro, e mia madre, trapanese, una dolcezza che nascondeva una forza d’acciaio. Vivere tra culture diverse – araba, francese, italiana – mi ha dato un cuore aperto, curioso. Ma c’era anche un’ombra: ero ribelle, sì, ma già sentivo che il mondo poteva essere crudele, soprattutto per una ragazza che non voleva piegarsi.

La sua carriera è iniziata quasi per caso, con quel concorso di bellezza a Tunisi che l’ha portata a Venezia. Ma lei non voleva il cinema. Cosa l’ha spinta a cambiare idea, nonostante la sua resistenza?
Oh, scappavo come il vento! Quando mi hanno eletta “la più bella italiana di Tunisi”, ero imbarazzata. Mia madre era nel comitato, io l’aiutavo, e all’improvviso mi sono ritrovata con una fascia e un viaggio a Venezia come premio. Nel ’57, a Venezia, ero un pesce fuor d’acqua: indossavo abiti africani, un bikini che scandalizzava tutti. I fotografi mi inseguivano, ma io ripetevo: “Non voglio fare film!”. Il mio sogno era esplorare il mondo, essere una sorta di Indiana Jones al femminile. Però, a Venezia, ho visto Le notti bianche di Visconti. È stato come un fulmine: il cinema poteva essere un viaggio, un modo per vivere mille vite. E poi, c’era un motivo più profondo, più doloroso, che mi ha spinto ad accettare quel contratto con la Vides.

Parliamo di quel momento così intimo e drammatico. A sedici anni, dopo una violenza, è rimasta incinta di suo figlio Patrick. Come ha affrontato quella prova, così giovane?
È stato il momento più buio della mia vita. Avevo sedici anni, ero una ragazza piena di sogni, e un uomo mi ha rubato qualcosa che non potrò mai riavere. Quando ho scoperto di essere incinta, il mondo mi è crollato addosso. Non avevo nessuno con cui confidarmi, solo mia sorella Blanche e un’amica sapevano. Tutti mi dicevano di abortire, ma io non potevo. Sentivo che quel bambino, nonostante tutto, era mio, una parte di me. Ho scelto di proteggerlo, di dargli una vita. Ma è stato un peso enorme: quando ho firmato con la Vides e sono partita per l’Italia, è stato un modo per scappare, per salvarmi. Però il prezzo è stato alto: per anni ho dovuto nascondere che Patrick fosse mio figlio, presentandolo come mio fratello. Ogni volta che lo guardavo, sentivo amore e dolore insieme. È una ferita che non si chiude mai, anche se non rimpiango nulla.

Quel segreto deve averla segnata profondamente. Come ha gestito il rapporto con Patrick e il senso di colpa per quella menzogna imposta?
È stato straziante. Patrick era il mio tesoro, ma non potevo essere sua madre apertamente. Franco Cristaldi, il produttore che poi è diventato mio marito, ha deciso che il mondo non doveva sapere. Ogni volta che dicevo “mio fratello” mi si spezzava il cuore. Quando Patrick ha scoperto la verità, è stato un altro colpo: mi sono sentita in colpa per anni, anche se non avevo scelta. Ma lui è stato straordinario, ha capito, mi ha perdonata. Oggi è un uomo meraviglioso, un designer di gioielli, e il nostro legame è profondo, costruito su verità e amore. Essere madre così giovane, in segreto, mi ha resa più forte, ma anche più vulnerabile. Ogni sorriso di Patrick era la mia vittoria, ma anche un promemoria di ciò che avevo perso.

La sua relazione con Franco Cristaldi è stata complessa, un mix di dipendenza e controllo. Come ha vissuto quel legame?
Franco è stato una figura enorme nella mia vita, nel bene e nel male. Quando sono arrivata in Italia, ero una ragazza spaventata, senza esperienza. Lui mi ha presa sotto la sua ala, ma a un costo: un contratto “all’americana” che mi legava mani e piedi alla Vides. Non potevo fare nulla senza il suo permesso, nemmeno scegliere un vestito. È diventato il mio produttore, poi il mio amante, e nel ’66 mio marito, in una cerimonia ad Atlanta che sembrava più un suo capriccio che un atto d’amore. Non l’ho mai chiamato per nome, sempre “Cristaldi”. C’era affetto, certo, ma anche un senso di prigionia. Lui ha affiliato Patrick, ma senza chiedermi davvero cosa volessi. Mi sentivo in gabbia, anche se quella gabbia era dorata. Quando l’ho lasciato, nel ’75, è stato come tornare a respirare.

Poi è arrivato Pasquale Squitieri, che lei ha definito “la mia libertà”. Cosa ha significato questo amore per lei?
Pasquale è stato la mia rivoluzione. L’ho conosciuto nel ’74, sul set di I guappi. Era un uomo pieno di passione, un regista che raccontava il mondo con coraggio. Con lui ho riscoperto la ragazza ribelle di Tunisi. Mi ha dato la libertà di essere me stessa, di amare senza catene. È stato un amore intenso, a volte burrascoso, ma sempre vivo. Abbiamo vissuto insieme per 27 anni, abbiamo avuto nostra figlia Claudia, che porta il mio nome e il mio cuore. Con lui ho girato film come Claretta, che mi hanno permesso di esplorare ruoli profondi, veri. Quando è morto, nel 2017, una parte di me è andata via con lui. Ma il suo spirito, la sua forza, vivono ancora in me.

Lei ha avuto anche un breve flirt con Marlon Brando e una grande amicizia con Alain Delon. Come hanno influenzato la sua vita questi rapporti?
Marlon! Era un uragano, un uomo che ti travolgeva con il suo carisma. È stato un flirt breve, negli anni Sessanta, ma intenso. Mi guardava con quegli occhi che sembravano vedere dentro di te, e io, beh, ero giovane, affascinata. Ma non era destino. Con Alain, invece, c’era un legame diverso, più profondo. Eravamo “figli di Visconti”, come dicevo io. Sul set di Il Gattopardo, la nostra chimica era magica, ma sempre platonica. Visconti ci spingeva a stare insieme, ma noi ridevamo, restavamo amici. Quando è morto, non sono riuscita ad andare al suo funerale. Era troppo doloroso. Alain era un pezzo della mia giovinezza, del mio sogno cinematografico.

Parliamo dei film Il Gattopardo e 8½, due capolavori girati nello stesso anno, il 1963. Come ha vissuto quell’esperienza così intensa?
Il ’63 è stato un vortice! Giravo tra la Sicilia per Il Gattopardo e Roma per 8½. Visconti e Fellini erano due mondi opposti: Luchino era precisione, teatro, ogni dettaglio studiato; Federico era caos, improvvisazione, libertà totale. Visconti mi voleva bionda, Fellini mora: cambiavo tinta ogni settimana! Nel Gattopardo, ero Angelica, una donna che incarnava desiderio e ambizione; in 8½, ero una musa, un sogno. Ero giovane, piena di energia, ma anche di paure. Quei set mi hanno insegnato a trasformarmi, a trovare la forza di essere chiunque davanti alla macchina da presa.

La sua passione per gli animali è leggendaria. Il bacio al caimano, l’abbraccio ai leoni… da dove nasce questo coraggio?
Sono un po’ matta, lo so! Gli animali sono stati i miei complici, i miei confidenti. Non mentono, non giudicano. Quando ho baciato quel caimano, mentre giravo con Rock Hudson, lui è quasi svenuto! E quella volta con i leoni, sul set di Il circo e la sua grande avventura, il regista urlava di terrore. Ma io non avevo paura. Gli animali sentono il tuo cuore: se sei sincero, ti accettano. Quel servizio fotografico con il ghepardo, sdraiata su un letto, è stato un momento di pura magia. Amo gli animali perché mi ricordano la libertà che ho sempre cercato.

Ha vissuto anche delusioni profonde. Come ha trasformato il dolore in forza?
Il dolore è stato il mio maestro più severo. La violenza che ho subito da ragazza mi ha spezzata, ma mi ha anche insegnato a ricostruirmi. Il controllo di Cristaldi mi ha fatto sentire una marionetta, ma mi ha spinto a cercare la mia voce. Il segreto su Patrick mi ha lacerata, ma mi ha reso una madre più determinata. Ogni delusione mi ha costretto a guardarmi dentro, a trovare quella forza che viene dal non arrendersi mai. Il cinema mi ha salvata: ogni ruolo era un modo per sfogare le mie emozioni, per trasformarle in qualcosa di bello.

Negli ultimi anni, ha scelto di sostenere giovani registi, come in Le fils o Nobili bugie. Cosa la spinge a farlo?
I giovani sono il futuro, e io voglio aiutarli a volare. In Italia, fare cinema è una battaglia, i finanziamenti mancano. Se posso dare una mano a un esordiente, lo faccio con il cuore. In Le fils, ho voluto sostenere un tema importante come l’omosessualità, perché credo che il cinema debba difendere chi non ha voce. A una giovane attrice direi: sii forte, credi in te stessa. Devi trasformarti sul set, ma restare te stessa fuori. È una danza difficile, ma meravigliosa.

Claudia, lei ha vissuto il momento magico del cinema italiano. Qual è l’emozione più forte che porta con sé?
È stata un’epoca di sogni. Visconti, Fellini, Monicelli… erano poeti, ognuno a modo suo. L’emozione più forte? Sentirmi viva, libera, anche solo per un istante, in ogni ruolo che interpretavo. Il cinema mi ha permesso di essere esploratrice, amante, ribelle. E quella ragazza di Tunisi, che correva scalza e sognava il mondo, è ancora qui, con un cuore pieno di passione e cicatrici che raccontano la sua storia.

Grazie, Claudia, per aver condiviso il suo cuore con noi.
Grazie a te. E ricordate: vivete con coraggio, amate senza paura, sempre.

Mentre esco dalla villetta di Claudia Cardinale, il sole di Parigi filtra tra le foglie dei platani, tingendo di luce dorata le strade di Saint-Germain-des-Prés. Il portone si chiude alle mie spalle con un morbido scatto, ma il calore della sua voce, il brillo dei suoi occhi e quel sorriso che ha incantato il mondo rimangono con me, come un’eco di un’epoca d’oro. Nella mia mente risuonano le sue parole, cariche di passione e verità: “Vivete con coraggio, amate senza paura, sempre”.
Cammino lungo la Senna, il vento che porta con sé il profumo di gelsomini, come se Claudia stessa mi accompagnasse. Ripenso alla sua vita – la ragazza ribelle di Tunisi, la diva che ha conquistato Visconti e Fellini, la madre che ha protetto suo figlio contro tutto, la donna che ha trovato la libertà nell’amore per Pasquale Squitieri. La sua storia è un contrasto luci e ombre, di dolori trasformati in arte, di una bellezza che non è solo nel volto, ma nell’anima. Claudia Cardinale non è solo un’icona del cinema: è un simbolo di resilienza, di chi ha saputo danzare tra le tempeste della vita senza mai smettere di sognare. E mentre il sole tramonta dietro Notre-Dame, so che la sua luce, quella di una diva ribelle, continuerà a brillare, eterna, come una scena indimenticabile del Gattopardo.






L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga
IMMAGINE GENERATA DA IA

grazie a:
https://it.wikipedia.org/wiki/
Claudia_Cardinale
https://www.repubblica.it/spettacoli/
2025/09/23/news/claudia_cardinale_morta_
attrice-424866293/?ref=RHLF-BG-P8-S1-T1-s3679







 
Tutte le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi autori. Qualora l'autore ritenesse improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione verrà ritirata immediatamente. (All images and materials are copyright protected and are the property of their respective authors.and are the property of their respective authors.If the author deems improper use, they will be deleted from our site upon notification.) Scrivi a liberaeva@libero.it

 COOKIE POLICY



TORNA SU (TOP)

LiberaEva Magazine Tutti i diritti Riservati
  Contatti