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INTERVISTE IMPOSSIBILI

LE VENEZIANE
ZANETTA FARUSSI
La mia vita sul palcoscenico
"Sono Zanetta Farussi, detta La Buranella, nata a Venezia il 27
agosto 1707, figlia di un calzolaio e madre di Giacomo Casanova. Il
teatro, con le sue luci e i suoi travestimenti, mi chiamò a sé a
soli sedici anni, sfidando i miei genitori e le convenzioni del
tempo. Fu l’inizio di un destino che mi portò dai palcoscenici di
San Samuele fino alle corti d’Europa, tra applausi, amori sussurrati
e una famiglia che crebbe tra le ombre della ribalta."

Buongiorno, Madame. È
un onore poter parlare con lei oggi. Ci troviamo a
Venezia, la sua città natale. Può raccontarci qualcosa
della sua infanzia nel sestiere di Santa Croce?
Buongiorno! Oh, Santa Croce… era un mondo semplice, sa?
Sono nata il 27 agosto 1707, in una casa modesta. Mio
padre Girolamo era un calzolaio, un uomo di poche
parole, e mia madre Marzia aveva un cuore grande, ma non
sognava altro che una vita tranquilla per me. Io, però,
guardavo oltre le calli e i campielli: sentivo che il
mio destino era altrove.
E infatti a sedici anni
il teatro è entrato nella sua vita. Come è nato questo
amore per il palcoscenico? A sedici anni il mio
cuore batteva già per il teatro! Come resistere a quel
mondo di luci, applausi e travestimenti? I miei genitori
sognavano per me un matrimonio rispettabile, una vita
senza rischi, ma io non potevo ignorare quel richiamo.
Il teatro era magia, libertà… un luogo dove potevo
essere chiunque.
Parliamo del suo matrimonio con
Gaetano Casanova. Lo sposò nel 1724, contro il volere
dei suoi genitori. Ci racconta com’è andata? Gaetano
arrivò a Venezia da Parma, un attore con il sogno di
conquistare i palcoscenici. Quando lo incontrai, seppi
che la mia vita sarebbe cambiata. Ci sposammo il 27
febbraio 1724, e i miei genitori non erano affatto
contenti: temevano che anch’io sarei salita sul palco.
Gaetano promise loro che non avrei mai recitato, ma
quella promessa… beh, era fragile come il vetro di
Murano! Lo sapevamo entrambi.
Tredici mesi dopo
nacque il suo primogenito, Giacomo Casanova, il 2 aprile
1725. A Venezia si vociferava che non fosse figlio di
Gaetano, ma di Michele Grimani, il proprietario del
teatro San Samuele. Cosa pensa di queste voci?
Il teatro vive di misteri, amori frettolosi e incontri
per strappare una parte… queste voci non mi
sorprendevano. Si diceva che Giacomo fosse figlio di
Michele Grimani, sì, ma non ne fui mai sicura. E sa una
cosa? Non importa. Ero fiera di Giacomo, con il suo
spirito brillante e ribelle. Ha scritto una storia ben
più grande della mia, e questo mi rende felice.
Lei ha calcato palcoscenici in tutta Europa. Nel 1726,
con Gaetano, partì per Londra e si esibì al Kings
Theatre. Come fu quell’esperienza? Un trionfo! Gli
applausi al Kings Theatre risuonavano come musica, e io,
una ragazza di Venezia, mi sentivo al centro del mondo.
Recitai sotto gli occhi del principe di Galles, e non lo
dimenticherò mai. A Londra nacque anche il mio secondo
figlio, Francesco. Anche lì ci furono voci su un padre
nobile, ma non mi importava: il mio nome brillava, e
questo era tutto!
Tornata a Venezia nel 1728, la
sua famiglia continuò a crescere, ma nel 1733 subì un
duro colpo con la morte di Gaetano. Come affrontò quella
perdita? Gaetano morì a soli trentasei anni,
lasciandomi vedova con cinque figli e un sesto in
arrivo, Gaetano Alvise, nato nel 1734. Fu un momento
durissimo: mi trovai sola, con sei bambini e un futuro
incerto. Ma non mi arresi. Il palcoscenico era la mia
forza, il mio rifugio. Salivo sul palco e tutto il resto
svaniva, almeno per un po’.
Nel 1734, a Verona,
incontrò Carlo Goldoni, che la definì “una vedova
bellissima e assai valente” e scrisse per lei “La
pupilla”. Come ricorda quel momento? Oh, Carlo
Goldoni! Le sue parole mi risuonano ancora nella
memoria: “una vedova bellissima e assai valente”.
Scrisse “La pupilla” per me, un intermezzo che prendeva
bonariamente in giro la passione che avevo suscitato in
Giuseppe Imer, l’impresario del San Samuele. Fu un
piccolo trofeo in un mondo che non sempre era gentile
con una donna sola.
La sua carriera l’ha portata
anche a San Pietroburgo nel 1735, ma non fu un successo.
Cosa accadde? Sognavo un’avventura grandiosa, ma fu
un fallimento. La Russia non era pronta per il nostro
teatro, e la lingua italiana era un ostacolo
insormontabile. Tornai a Venezia delusa, ma non
sconfitta. Il teatro mi aveva insegnato a cadere e
rialzarmi, sempre.
Poi, nel 1737, arrivò un
contratto a vita a Dresda. Fu un nuovo inizio? Sì,
un nuovo inizio. L’Elettore di Sassonia mi offrì quel
contratto, e debuttai a Pillnitz il 12 maggio 1738, per
il matrimonio di una principessa. La mia compagnia di
comici italiani portò allegria e stupore in quella corte
lontana. A Dresda trovai stabilità, e lì fui raggiunta
dai miei figli Maria Maddalena e Giovanni. Mi cimentai
anche come autrice, scrivendo due pièce che andarono in
scena a Varsavia nel 1748. Fu un momento di grande
orgoglio: non solo attrice, ma anche creatrice.
La Guerra dei sette anni interruppe tutto nel 1756. Come
visse quel periodo? La corte sospese la Commedia
italiana, e io ricevetti una pensione di 400 talleri.
Per sfuggire ai pericoli, mi rifugiai a Praga, ma il mio
cuore rimase a Dresda. Tornai appena potei, e lì vidi
Maddalena sposarsi con Peter August, l’organista della
corte, e Giovanni diventare insegnante all’Accademia di
pittura. La mia famiglia, nonostante le distanze, aveva
trovato un suo equilibrio.
Guardando indietro,
come descriverebbe la sua vita? Una vita piena,
vissuta tra applausi e sacrifici. Sono stata Zanetta, La
Buranella, una donna che ha calcato le scene d’Europa,
madre di sei figli, e testimone di un’epoca in cui il
teatro era magia, scandalo e libertà. Lontana dalla mia
Venezia, ho portato con me il ricordo di quelle calli,
ma ho vissuto per il palcoscenico, e non rimpiango
nulla. Grazie, Zanetta, per aver condiviso la sua
straordinaria storia. Grazie a lei. E ora, mi scusi,
credo che il palco mi stia chiamando ancora! (ride)
Zanetta Farussi, detta La Buranella, morì a Dresda
il 29 novembre 1776.
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L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga


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