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INTERVISTA IMPOSSIBILE
 
Marchesa de Prie
Amore e Ambizione
Giovanna Agnese Berthelot de Pléneuf fu un'amante molto influente del Primo Ministro francese di Luigi XV, Luigi-Enrico di Borbone-Condé, e fu protettrice di artisti e letterati...
 



 

 
Madame com’era la sua Parigi?
Ah, Parigi all'inizio del Settecento! La città che mi ha vista nascere nell'agosto del 1698, quando la Reggenza del duca d'Orléans riportava la corte e la vita politica dal rigido isolamento di Versailles al cuore pulsante della capitale. Parigi era la seconda città d'Europa dopo Londra, con oltre 600.000 anime. Le strade strette e tortuose del centro pullulavano di carrozze, venditori ambulanti e caffè nascenti, mentre i grandi boulevard sostituivano le vecchie mura. La Senna rifletteva ponti affollati, come il Pont Neuf, e palazzi eleganti si affacciavano sui giardini. Una città libertina, sensuale, dove il lusso rococò cominciava a fiorire tra eccessi e miserie nascoste.

Le sue origini Madame?
Sono nata Jeanne Agnès Berthelot de Pléneuf, figlia di un ricco e spregiudicato finanziere, mia madre era nota per la sua bellezza e i suoi ammiratori. La mia famiglia era borghese arricchita, non di antica nobiltà, ma con abbastanza oro per comprarsi un posto nel mondo.

La sua adolescenza?
Mio padre, astuto e ambizioso, mi educò con rigore, sapendo che la bellezza e l'intelligenza sarebbero state le mie armi. Sono cresciuta in un ambiente di intrighi e lusso, imparai presto che il potere non sta nel sangue, ma nel fascino e nella strategia.

Dicono un’educazione severa…
Abbastanza, come si addiceva a una ragazza del mio rango destinata a brillare in società: etichetta impeccabile, arti, lingue, danza. Imparai a suonare il clavicembalo, ma anche navigare le gerarchie sociali, a usare l'influenza con discrezione. Mia madre, rivale gelosa della mia bellezza, creò qualche tensione familiare, ma mio padre vide in me uno strumento per ascendere.

Si sposò giovanissima…
Avevo 15 anni quando, il 28 dicembre 1713, sposai Louis de Prie, marchese di Planes, nobile normanno ma spiantato, cugino della duchessa de Ventadour, governante di Luigi XV bambino.

Come andò?
Un matrimonio arrangiato: lui portava il titolo, mio padre i soldi. Lo seguii a Torino, dove era ambasciatore presso la corte dei Savoia. Lì imparai i giochi diplomatici, ma il matrimonio fu infelice, lui distante, io assetata di passione e potere.

Ricorda la prima notte d'amore?
Ripeto ero ancora una bambina spaventata e lui un uomo maturo. Non fu l'estasi romantica dei poemi, ma un dovere freddo, doloroso praticamente una delusione. Eppure, in quel letto estraneo, sentii accendersi in me un fuoco: il desiderio di controllare il mio destino, di trasformare il piacere in un’arma segreta.

Ne soffriva vero?
A Torino, lontana dalla corte francese, soffrii l'insoddisfazione di un matrimonio senza fiamma. Mio marito, assorbito dalla diplomazia, mi lasciava sola con i miei desideri. Le bramosie crescevano: sogni di amanti appassionati, di corpi che mi facessero tremare e mi rendessero femmina. L'insoddisfazione sessuale divenne ambizione – volevo un uomo che mi elevasse, non solo un titolo.

L’incontro col duca di Borbone non fu un caso allora…
Tornata in Francia a 21 anni, dopo sei anni in Savoia, incontrai Louis Henri, duca di Borbone, "Monsieur le Duc", potente e vedovo. Il suo sguardo su di me fu immediato: vidi in lui il trampolino per il potere. Lui mi corteggiò con tenacia ed io sapevo che una volta ceduto, avrei dettato io le regole.

Accadde nell'autunno del 1719…
Louis Henri, un uomo alto e magro, con un volto segnato dalla perdita di un occhio in un incidente di caccia, mi vide durante un ballo in maschera all'Opéra. Lo conoscevo di fama, era un nobile ambizioso, noto per la sua ostinazione e per i suoi appetiti, ma quella sera il suo interesse fu solo per me.

Cosa successe?
Avevo coperto il volto con una maschera di velluto nero che nascondeva tutto tranne gli occhi e un sorriso malizioso. Danzai con lui al primo ballo, ma senza rivelarmi. Al secondo, durante un valzer permisi alle sue mani di sfiorarmi. Al terzo invece tolsi la maschera, rivelando il mio viso. Louis Henri fu colpito come da un fulmine. "Dunque siete voi la musa che ha tormentato i miei sogni!" Disse prendendomi la mano e baciandola con fervore. Esitai per un istante, ma l'ambizione mi spinse ad abbandonarmi e risposi: "E voi siete il principe che potrebbe rendere reali quei sogni!” Il cuore mi batteva forte per l'eccitazione e il rischio.

Immagino che non finì lì…
Non passò molto tempo prima che lui mi invitasse a lasciare il ballo. Una carrozza mi attendeva fuori, e sotto il mantello della notte, andammo verso l'Hôtel de Condé, la residenza parigina del duca, un palazzo opulento con saloni adornati di arazzi e specchi dorati. Io sentivo il calore della sua mano.

Ma lei era sposata…
Oh sì certo, ma il mio matrimonio era un'unione di convenienza, priva di qualsiasi passione e con il Duca vedevo l'opportunità di elevarmi, e forse di trovare un piacere che finora mi era stato negato.

Come continuò quella serata?
Entrammo nel palazzo in silenzio, i servi si ritiravano discretamente. Louis Henri mi condusse nelle sue stanze private, una suite illuminata da candele profumate alla rosa e al muschio, con un grande letto a baldacchino drappeggiato di velluto cremisi. L'aria era calda, carica di aspettativa. Lui chiuse la porta e si voltò verso di me, togliendosi la maschera e la giacca. Mi disse: "Non ho mai desiderato una donna come desidero voi." Poi si avvicinò ed io non indietreggiai. Le sue labbra incontrarono le mie mentre le sue mani impazienti iniziarono a slacciarmi i nastri del corpetto. Poi mi spinse delicatamente verso il letto, facendomi sedere sul bordo mentre mi sfilava l'abito, strato dopo strato, respiro dopo respiro. Quando contemplò i miei seni pieni rimase a bocca aperta: "Siete perfetta!" Mormorò, chinandosi per baciare i miei capezzoli eretti e bisognosi d’amore.

E lei a quel punto cosa fece?
Mi abbandonai a lui. Louis Henri era un amante esperto, sfiorava la mia pelle tracciando percorsi di fuoco e arrivando ogni volta a pochi centimetri dal centro del mio desiderio senza mai accarezzarlo con decisione. Tremavo dal piacere finché non gli dissi: “Prendetemi, vi prego!” Lui si distese su di me ed entrò lentamente, io sentivo la sua virilità eretta e il suo corpo muoversi in armonia. Poi spinse più a fondo aumentando il ritmo e i miei gemiti riempirono la stanza. Raggiungemmo l’apice insieme finché un'esplosione di estasi ci lasciò stretti e aggrappati l'uno all'altra. Rimanemmo così per ore, parlando a bassa voce di sogni e ambizioni.

Cosa significò per lei quella notte?
Segnò l'inizio di un legame che sarebbe durato anni, un misto di passione, potere e manipolazione. Divenni la sua musa, la sua consigliera, la sua padrona; Louis Henri, il protettore e l’amante devoto. Ma in quel momento, nel calore del letto, fu solo l'inizio di una notte che avrebbe cambiato le nostre vite per sempre.

Da allora, fu la sua amante dichiarata, e lui il suo strumento…
La mia influenza sul duca fu assoluta. Quando divenne Primo Ministro nel 1723 fui io la vera reggente di Francia. Orchestravo nomine, politiche, alleanze. Uno dei miei capolavori fu il matrimonio di Luigi XV con Maria Leszczyńska, principessa polacca di modesta dote ma feconda – per assicurare un erede rapido e legami utili.

Quel suo potere però durò solo tre anni…
Nel 1726 presi un’iniziativa sciagurata tentando di esiliare il rivale del duca, il cardinale Fleury. Fallii. Fleury trionfò, il duca fu confinato a Chantilly, io esiliata nel mio castello di Courbépine in Normandia.

Lei madame curiosamente è anche legata all’uso del bidet… è vero?
Il mio stile lussuoso mi rese pioniera: introdussi il bidet in Francia, un mobile di legno intimo a forma di violino per l'igiene delicata. Scandaloso per l'epoca, ma pratico e sensuale. Fu un simbolo della mia audacia e uno strumento per i miei giochi erotici con il duca.

Lì, isolata e malata morì il 7 ottobre 1727, a 29 anni. La corte si dimenticò presto di lei, ma il suo nome restò sinonimo di potere effimero e ambizione fatale.






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L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga


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