HOME   CERCA   CONTATTI   COOKIE POLICY
 
INTERVISTA IMPOSSIBILE

Charlotte de Montmorency
Principessa di Condé e Duchessa di Montmorency
Le confidenze di una Principessa
Una donna colta, tollerante e fedele che, senza mai perdere la dignità, ha attraversato le tempeste della corte francese e soprattutto l'insistente corteggiamento del re Enrico IV
(Pézenas, 11 maggio 1594 – Parigi, 2 dicembre 1650)
 



 

 

È una luminosa mattina d'autunno del 1645. Il castello di Chantilly, ereditato dalla gloriosa famiglia Montmorency è ora dimora dei principi di Condé. Tra giardini all'italiana vengo introdotto in un grande salon nei Grands Appartements del Petit Château: una sala con alti soffitti decorati a stucchi dorati, pareti rivestite di boiseries intagliate e tappezzerie fiamminghe che raffigurano scene mitologiche.

Un imponente camino in marmo scolpito domina una parete, sormontato da un ritratto di Anne de Montmorency. Grandi finestre ad arco si aprono sui giardini, lasciando entrare una luce soffusa che illumina arazzi antichi e mobili intarsiati. L'aria profuma di cera d'api e fiori freschi; servi discreti si muovono in silenzio, mentre un clavicembalo in un angolo suggerisce serate musicali. È un luogo di quieta grandezza, dove il lusso si fonde con la sobrietà pia della padrona di casa.

Seduta su una poltrona ricoperta di velluto, con un piccolo tavolo da tè accanto, mi accoglie Madame la Princesse de Condé, Charlotte Marguerite de Montmorency. Ancora oggi conserva tracce di quella bellezza leggendaria che infiammò il re. La pelle luminosa e pallida, occhi azzurri penetranti e sereni, capelli castani raccolti sotto una cuffia di pizzo. Indossa un abito di seta nera con collo alto di merletto bianco, maniche ornate di perle e una croce d'oro al petto. Il suo portamento è regale, eretto e grazioso; il sorriso gentile, il gesto della mano che mi invita a sedere trasuda un'innata cortesia aristocratica, tollerante e colta, priva di arroganza. Mi guarda con benevolenza, come una dama che ha navigato tempeste di corte senza mai perdere la dignità.


MADAME, LE VOSTRE ORIGINI?
Le mie origini sono antiche e illustri, signore. Nacqui l'11 maggio 1594 a Pézenas, figlia di Henri I de Montmorency, duca di Francia, e della sua seconda moglie, Louise de Budos. La nostra famiglia è tra le più nobili del regno: mio nonno fu intimo amico di Francesco I e Enrico II.

LA VOSTRA INFANZIA?
Trascorsi un'infanzia relativamente triste e solitaria. Persi mia madre prima dei cinque anni, e vidi poco mio padre, impegnato negli affari del regno. Fui allevata da una delle mie zie, Charlotte d'Angoulême, che mi educò con rigore e mi rese una principessa pia, colta e virtuosa.

DA ADOLESCENTE ENTRÒ NELLE GRAZIE DELLA REGINA...
Nel 1609, a sedici anni, entrai al servizio di Maria de' Medici, moglie di Enrico IV. Fu un onore, e lì imparai i costumi della corte.

DURANTE UN BALLO INCONTRÒ IL RE...
Fu durante un balletto al Louvre, ero vestita da ninfa. Il re Enrico IV, già anziano, notò la mia persona e da quel momento le sue attenzioni furono... insistenti.

INIZIÒ UNO SCAMBIO DI LETTERE CON IL RE, VERO?
Erano missive galanti in cui il re mi dimostrava tutta la sua benevolenza e i suoi capricci nei miei confronti, ma il suo rimase un amore platonico, nulla oltre le parole cortesi.

LEI ERA FIDANZATA…
Sì, ero fidanzata con François de Bassompierre, maresciallo e amico del re. Ma il sovrano fece rompere quel legame.

IMMAGINO CHE IL RE, DOPO AVER INTERROTTO IL SUO FIDANZAMENTO SI FECE AVANTI…
Signore, non vi fu alcun approccio fisico con il re. La mia virtù rimase intatta e conservai il mio cuore e il mio corpo per il mio futuro sposo.

A QUEL PUNTO IL RE LA DIEDE IN SPOSA A SUO NIPOTE, PERCHÉ?
Enrico IV, per tenermi vicina senza ostacoli, mi fece sposare suo nipote Henri II de Bourbon, principe di Condé. Lo scelse perché lo riteneva timido, non geloso, e omosessuale, insomma inclinazioni che non avrebbero interferito. Fu un matrimonio arrangiato per i suoi desideri, ma che portò fortuna alla casa di Condé con una ricca dote.

MA SUO MARITO NON SI DIMOSTRÒ ACCONDISCENDENTE.
No, affatto. Mio marito si rivelò un uomo geloso e determinato a proteggere il nostro legame. Non tollerò mai il sentimento del re seppur platonico nei miei confronti.

FUGGISTE IN BELGIO?
Sì, fuggimmo a Bruxelles, nei Paesi Bassi spagnoli, per sottrarmi alle pressioni del sovrano.

COSA SUCCESSE A QUEL PUNTO?
Il re tentò di inseguirci, minacciò persino guerra agli Asburgo per riavermi. Mio marito firmò accordi con la Spagna per una pensione, legando la nostra vicenda alla successione di Jülich-Cleves. Restammo in esilio fino all'assassinio del re nel 1610 e solo allora tornammo.

PERDONI LA MIA INSOLENZA, MADAME, MA LA REAZIONE DEL RE NON MI SEMBRA QUELLA DI UN AMANTE PLATONICO...
Signore, la vostra insolenza è perdonata, poiché nasce dalla curiosità per gli echi di antiche cronache di corte. Enrico IV fu un sovrano passionale, e la sua... attenzione verso di me fu ardente, lo ammetto. Minacciò guerre, inseguimenti, persino scandali che avrebbero potuto scuotere il regno. Ma vi assicuro, con la serenità che mi dona la fede e il tempo: il mio onore rimase intatto. Non vi fu mai unione carnale, né notte condivisa. Le lettere furono galanti, le parole cortesi, ma la mia virtù fu preservata, grazie alla vigilanza di mio marito e alla Provvidenza. Il re sognò ciò che non ottenne mai; la sua follia fu unilaterale, e la storia, ahimè, ama esagerare le passioni non corrisposte per renderle leggendarie. Io, dal canto mio, scelsi la via della pietà e della fedeltà coniugale. Non rimpiango nulla, se non le tempeste che quella vicenda provocò.

TORNASTE IN FRANCIA, VERO?
Rientrammo a Parigi, ma mio marito divenne un forte oppositore del governo e così nel 1616 fummo arrestati e imprigionati a Vincennes per tre anni, lì nacquero i nostri primi figli.

IN TUTTO SEI…
Sì, ma solo tre raggiunsero l'età adulta: Anne Geneviève, duchessa di Longueville; Louis, il Grande Condé; e Armand, principe di Conti. Furono la mia gioia.

COME PRESE LA MORTE DI SUO FRATELLO?
La morte di mio unico fratello Henri, duca di Montmorency, nel 1632, fu il colpo più duro. Venne arrestato per ribellione contro Richelieu, io implorai invano il perdono al re Luigi XIII ma Henri fu ugualmente decapitato a Tolosa. Mi ritirai dalla corte, ferita nell'amore fraterno, e mi dedicai ai miei figli.

DIVENNE DUCHESSA DI MONTMORENCY.
Alla sua morte, ereditai il titolo di duchessa di Montmorency, l'ultimo della linea maschile. Nel 1643, la regina Anna d'Austria mi restituì Chantilly e mi scelse come madrina del delfino Luigi. Ritornai a corte, amica della regina, ma sempre riservata, lontana dagli intrighi.

MADAME, VI RINGRAZIO PER QUESTE CONFIDENZE.
È stato un piacere, signore. Andate in pace.

L'intervista si conclude qui, nella quiete del salon di Chantilly, dove la luce autunnale filtra dalle alte finestre, accendendo riflessi dorati.
Charlotte Marguerite de Montmorency, ancora seduta sulla poltrona di velluto, posa delicatamente la tazza di porcellana sul tavolino accanto a sé. I suoi occhi azzurri, sereni e penetranti, si posano su di me con un'espressione di calda benevolenza. Un lieve sorriso illumina il suo volto pallido e nobile, segnato dalle tracce di una bellezza leggendaria e dalle tempeste della vita.
Con un gesto lento, la duchessa si alza in piedi. Il suo abito di seta nera fruscia sommessamente. Il portamento è impeccabile: schiena eretta, spalle rilassate, mani composte davanti a sé in un atteggiamento di innata eleganza aristocratica. Poi, con la grazia che le è propria esegue un inchino profondo e misurato, una riverenza perfetta, come quelle insegnate alle dame di corte. La testa si china leggermente in avanti, una mano sfiora l'orlo della gonna in un gesto fluido, l'altra rimane composta lungo il fianco. È un saluto regale, tollerante e privo di superbia, che trasuda cortesia e dignità.
Un servo, comparso silenziosamente sulla soglia, l’accompagna verso l'uscita. La duchessa rimane eretta per un istante, osservando con un ultimo sguardo gentile, prima di voltarsi verso la finestra, dove i giardini di Chantilly si stendono in un tappeto di foglie autunnali. Il congedo è stato da vera principessa, che lascia nell'aria un senso di serenità e di grandezza discreta.





IMMAGINE GENERATA DA IA
L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga

LEGGI LE ALTRE







 
Tutte le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi autori. Qualora l'autore ritenesse improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione verrà ritirata immediatamente. (All images and materials are copyright protected and are the property of their respective authors.and are the property of their respective authors.If the author deems improper use, they will be deleted from our site upon notification.) Scrivi a liberaeva@libero.it

 COOKIE POLICY



TORNA SU (TOP)

LiberaEva Magazine Tutti i diritti Riservati
  Contatti