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I RACCONTI DI AMARSI CHE CASINO
 
NELL GWYN
La puttana protestante
Nell Gwyn, stella del teatro londinese, conquistò il cuore di Carlo II con il suo spirito ribelle. Tra i palcoscenici e le stanze di Whitehall, tra passione e risate, nacque una storia d’amore che sfidò le convenzioni e fu destinata a diventare leggenda....



 
Londra, 1667. Tra carrozze, mercati e teatri che attiravano nobili e popolani, Nell Gwyn, a soli diciassette anni, era già una stella nascente del Drury Lane, con i suoi riccioli castani e l’esuberante malizia che catturava ogni spettatore. Non era solo la sua bellezza a incantare, ma il suo spirito irriverente e ammaliante che la rendeva unica. Era bella e brava Nell quando sul palco, con la sua radiosa bellezza e il talento innato, dominava la scena: la sua voce squillante trasformava le commedie in esplosioni di risate, mentre nei ruoli drammatici faceva sospirare anche i cuori più duri.

La sua vita, però, non era stata facile: figlia di una prostituta e di un soldato morto in carcere, Nell aveva conosciuto la fame, i bordelli e i mercati dove vendeva arance e sorrisi per sopravvivere. Ma ora, il teatro le aveva permesso di volare.

Quella sera di primavera, il King’s Theatre era gremito. Nell interpretava una vivace servetta in una commedia di John Dryden, e il pubblico rideva fragorosamente alle sue battute. Tra gli spettatori, in un palco ornato di velluto, sedeva Carlo II, re d’Inghilterra, appena tornato da un esilio che aveva segnato la sua anima. Alto, con occhi scuri e un sorriso che nascondeva il peso di un regno, Carlo era noto per il suo amore per il teatro e, soprattutto, per le sue attrici. Accanto a lui, la sua amante del momento, Moll Davis, una primadonna che però non riusciva a scaldare il suo cuore oltre il letto.

Nell salì in scena con un passo deciso, la gonna che ondeggiava e un sorriso che sembrava sfidare il mondo. “Oh, mio signore, se il vostro cuore è un castello, lasciate che una povera ragazza come me ne scali le mura!” Disse, strizzando l’occhio al pubblico. Carlo colpito da quella frase si sporse in avanti, ipnotizzato, ma non era solo la battuta: era il modo in cui Nell sembrava parlare direttamente a lui, come se il teatro fosse solo un pretesto per un dialogo privato.

Quando la commedia finì, il re applaudì con un entusiasmo che sorprese persino i suoi cortigiani. “Voglio conoscerla.” Disse Carlo, alzandosi. Moll Davis, infastidita al suo fianco, inarcò un sopracciglio, ma il re era già lontano con il cuore catturato da quella ragazza che sembrava incarnare la gioia sfrenata della Restaurazione.

Pochi minuti dopo nel camerino, Nell si stava togliendo il trucco con un panno umido, canticchiando una melodia da taverna. Charles Hart, il suo amante e mentore, le aveva insegnato a memoria il copione, e lei aveva dato tutto sul palco. Era stanca, ma felice. Quando un valletto bussò alla porta annunciando che “Sua Maestà” desiderava vederla, Nell rise. “Oh, sicuro, e io sono la regina di Francia!” Ma quando la porta si aprì e vide Carlo II in persona, con il suo mantello nero e un sorriso accattivante, il suo cuore fece un balzo.

“Signorina Gwyn.” Disse Carlo, con una voce calda che sembrava accarezzarla. “Il vostro talento ha illuminato la mia serata. Londra è più viva grazie a voi.” Nell, per nulla intimidita, inclinò la testa e rispose: “Vostra Maestà, se Londra è viva, è perché ha un re che sa apprezzare una buona risata. Ma ditemi, siete qui per il teatro o per le arance che vendevo un tempo?” I suoi occhi brillavano di sfida. Carlo rise: “Siete audace, Nell. Mi piace.” Le porse una mano, e lei, con un misto di curiosità e sfacciataggine, la prese. Non era la prima volta che un uomo di potere le faceva la corte, ma questo era diverso. Carlo non era solo un re: era un uomo che sembrava vedere oltre la sua bellezza.

Quella notte, Carlo invitò Nell a un ricevimento privato a Whitehall. Non era la solita cena di corte, piena di formalità e intrighi. Era una serata intima, con musica, vino e pochi amici fidati del re. Nell arrivò con un abito giallo rosso che esaltava le sue curve, i capelli sciolti come una cascata di seta. Non aveva gioielli, ma non ne aveva bisogno: la sua presenza riempiva la stanza.

Seduti a un tavolo illuminato da candele, Carlo e Nell parlarono per ore. Lui le raccontò dell’esilio, della decapitazione di suo padre, del peso di un trono che non aveva mai voluto davvero. Lei, con la sua schiettezza, gli parlò della sua infanzia nei vicoli, delle arance vendute al mercato, della madre ubriaca che annegò in un laghetto. Non c’era vergogna nella sua voce, solo una sincerità che disarmava. “Sapete, Maestà.” Disse a un certo punto, sorseggiando del vino. “Voi avete un regno, ma io ho il palcoscenico. E lì, almeno, sono io a fare le regole.” Carlo la guardava, incantato. “E se vi chiedessi di condividere il mio regno, Nell?” Lei rise, posando il bicchiere. “Oh, Carlo, non sono il tipo da corone. Ma un po’ di calore umano, quello sì che lo accetto.”

Quando la serata volse al termine, Carlo la condusse in una stanza privata del palazzo. Non ci furono promesse di titoli o ricchezze, solo un’intesa silenziosa. Semplicemente si lasciarono andare a un’intimità che trascendeva i ruoli di re e attrice.
In quella stanza privata di Whitehall, Nell, con il suo corpo snello, ma generoso nelle curve, emanava una sensualità naturale, priva di artifici. I suoi riccioli castani cadevano morbidi sulle spalle, e i suoi occhi nocciola sembravano invitare Carlo a scoprire ogni sfumatura di lei. Carlo, con il suo portamento regale, ma gli occhi pieni di ammirazione, era un uomo che conosceva il desiderio, ma in Nell trovava qualcosa di diverso: una donna che non si inchinava al suo titolo, ma lo catturava con la sua autenticità.

Nell, con la sicurezza di chi aveva imparato a navigare il mondo con il proprio fascino, si muoveva con estrema grazia, lasciando che il suo abito verde scivolasse appena. Ogni suo gesto era un invito, non calcolato ma istintivo, come se il suo corpo potesse parlare al posto delle parole. Lui, rapito, la attirò a sé, le sue dita che tracciavano sentieri lungo la sua schiena e i suoi sospiri sempre più profondi. Non c’era fretta in quel momento: ogni bacio, ogni carezza, era un dialogo silenzioso.

Nell lo stuzzicava anche nei momenti più intimi, rompendo la tensione con una battuta o un sorriso malizioso. “Attento, Maestà.” Mormorò a un certo punto, le labbra vicine alle sue. “Se mi conquistate troppo, potrei pretendere un trono!” Carlo, divertito e ammaliato, rispose con un bacio che sigillava la loro complicità. Lei non si stava offrendo come un trofeo, né Carlo la trattava come tale. C’era una parità in quel letto, un equilibrio raro tra un re e una donna nata nei vicoli.

Nell lo sfidava, lo seduceva con la sua irriverenza, mentre lui rispondeva con una tenerezza che riservava a pochi. Ogni tocco era una scoperta, ogni sguardo un’intesa. Si amarono con una libertà rara, due anime che, per quella notte, misero da parte il loro passato: lui, il fardello di un regno instabile; lei, i ricordi di un’infanzia nei vicoli e di una vita costruita con fatica. Lontano dagli intrighi di corte e dalle aspettative, Nell e Carlo si unirono in un’alchimia che avrebbe segnato il loro destino.

Quando le candele si consumarono e l’alba iniziò a filtrare attraverso le tende, si ritrovarono avvinti, i respiri ancora sincronizzati, la pelle calda di ricordi appena creati. “Sei un fuoco, Nell!” Lei sollevò lo sguardo, un sorriso impertinente sulle labbra. “E voi, Carlo, siete la scintilla che potrebbe incendiare tutta Londra.” Ridendo, si baciarono ancora, sapendo che quella notte non era solo l’inizio di una storia d’amore, ma di un legame che avrebbe sfidato convenzioni, invidie e il tempo stesso.

A quel punto Nell si alzò dal letto, avvolgendosi in un lenzuolo. “Allora, Maestà…” Disse con un sorriso malizioso. “Mi terrete come vostra attrice o come vostra arancia?” Carlo, ancora sdraiato, rise. “Come mia favorita, Nell.” Lei lo guardò dubbiosa: “E che ne facciamo della vostra bell’amante, Sir?” Lui ci pensò un attimo: “Se vi riferite a Moll, lei ha fatto il suo tempo e credetemi, ha ricevuto molto di più di quanto sia stata in grado di offrirmi. Voi siete diversa Nell, non abbandonate mai il palcoscenico, neanche questa notte lo avete fatto!”

Da quel momento, la loro storia divenne leggenda. Nell non sarebbe mai stata una duchessa, né una regina, ma fu la “puttana protestante” che conquistò il cuore di un re e di un popolo, con la sua risata, il suo coraggio e un amore che, nonostante tutto, rimase puro fino alla fine. Nell, nonostante il prestigio continuò a calcare i palchi di legno di Londra. Anche dopo la morte di Carlo, quando la malattia la colpì, non perse mai il suo spirito. Sepolta a St Martin-in-the-Fields, il suo ricordo vive ancora, non solo come amante di un re, ma come simbolo di una donna che, nata dal nulla, seppe brillare come una stella trasformando la sua vita in un palcoscenico senza confini.





IMMAGINE GENERATA DA IA
ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
 






 
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