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STORIE DI ROMA

ELIOGABALO
L'IMPERATORE ROMANO CHE SOGNAVA DI AVERE GENITALI FEMMINILI E VOLEVA ESSERE CHIAMATO "LADY"
Si sposò 5 volte: 4 volte con donne e una volta con un ex schiavo: in quest’ultimo matrimonio, l’imperatore “fu dato in sposa e fu chiamato moglie, amante e regina”...
 


 

 
Le Notti di Elagabalo
Nell'anno 219 d.C., Roma era un cuore affamato di gloria e vizio. Il giovane Marco Aurelio Antonino, salito al trono come Eliogabalo a soli quattordici anni, aveva portato con sé dal deserto siriano il profumo acre dell'incenso e il mistero di El-Gabal, il dio sole che ora reclamava il centro del Foro.
Il Palazzo sul Palatino, tra marmi venati d'oro e giardini sospesi, era il suo regno privato, dove le leggi degli avi si dissolvevano come nebbia al mattino. Eliogabalo non era un imperatore qualunque. Alto e snello, con la pelle olivastra che catturava la luce come bronzo fuso, i suoi occhi neri bruciavano di un fuoco interiore. Si era circonciso per onorare il suo dio, imponendo lo stesso rito ai cortigiani più fedeli, che gemevano sotto il bisturi ma obbedivano.

"Il dolore purifica l'anima." Diceva, accarezzando la ferita e ci rende più vicini al divino." Ma Roma, con le sue tradizioni radicate come i pini antichi sull’Appia Antica, lo guardava con sospetto. Il Senato borbottava, il popolo mormorava, e la Guardia Pretoriana affilava i gladi in silenzio.

Una sera d'estate, mentre il Tevere rifletteva le torce del palazzo come stelle cadute, Eliogabalo convocò i suoi intimi in una sala affrescata con scene di divinità siriane. L'aria era densa di mirra e cannella, e schiavi nudi versavano vino di Falerno in coppe d'oro. Al centro, su un trono di ebano sedeva l'imperatore, vestito solo di una tunica di seta trasparente che lasciava intravedere il suo corpo depilato, unto d'olio profumato. Indossava una parrucca di capelli biondi intrecciati con perle, e le palpebre erano ombreggiate di kajal egiziano.

"Venite, miei fedeli." Disse con voce suadente, come il sussurro di una brezza desertica. "Stanotte celebriamo l'unione degli dèi. Io sono il ponte tra sole e terra, tra uomo e donna. "Accanto a lui, Ierocle, muscoloso e abbronzato dalle corse al Circo Massimo. Era uno schiavo elevato a marito, con un collare d'oro al collo che lo marchiava come proprietà imperiale. Eliogabalo gli sfiorò la coscia, e Ierocle sorrise, gli occhi azzurri colmi di desiderio. "Mio signore... mia regina…" Mormorò chinandosi per baciare la mano dell'imperatore. "Ordinate, e il mio corpo è vostro."

Eliogabalo rise: "Chiamami moglie, Ierocle. Stanotte voglio essere la tua sposa, la tua puttana del deserto." Si alzò, lasciando cadere la tunica, rivelando il suo sesso eretto, circonciso e ornato di anelli d'oro. I cortigiani, senatori corrotti, schiavi orientali e danzatrici siriane si spogliarono a loro volta, formando un cerchio di corpi avvinghiati.

La serata si trasformò in un'orgia trasgressiva, un rituale che mescolava sacro e profano. Eliogabalo si inginocchiò davanti a Ierocle, aprendo la bocca e succhiando il suo sesso con avidità, mentre una schiava gli leccava il retro, la lingua esperta che esplorava ogni piega. "Sì, mio marito." Gemette l'imperatore, la voce rotta dal piacere. "Possiedimi come il sole possiede la luna. Io sono la tua femmina, la tua imperatrice del piacere."

Intorno a loro, il caos lussurioso: un senatore anziano penetrava un giovane efebo, grugnendo preghiere a El-Gabal; due vestali ribelli si contorcevano in un amplesso saffico, i corpi unti di miele e vino. Eliogabalo, al culmine, gridò: "Offro metà dell'Impero al medico che mi darà una figa! Voglio partorire Dèi, voglio essere una donna completa!"

Ma non era solo Ierocle a saziare i suoi desideri. Poco prima, Eliogabalo aveva divorziato da Giulia Cornelia Paula, la sua prima moglie, per una "imperfezione fisica" che lui stesso aveva inventato, un neo sul seno che lo irritava. "Non è degna di generare la mia stirpe." Aveva detto al Senato, con un sorriso malizioso. Ora, sposato con Aquilia Severa, la vergine vestale strappata al suo voto di castità, la portava nei giardini del palazzo per notti di passione proibita.

Una di quelle sere, sotto un pergolato di rose damascene, Eliogabalo e Aquilia si unirono in un matrimonio sacro e blasfemo. Lei, con i capelli sciolti e il velo strappato, tremava mentre lui la penetrava lentamente, il suo membro circonciso che sfregava contro la sua verginità perduta. "Sei mia, sacerdotessa di Vesta." Sussurrò Eliogabalo, mordicchiandole il collo. "Insieme genereremo bambini divini, figli del sole e del focolare. Roma tremerà per questo!"Aquilia, gli occhi velati di lussuria, rispose: "Imperatore... mio sposo... il tuo dio mi consuma. Prendimi, violami come hai violato le tradizioni!" Ma il matrimonio durò poco.

Sempre in quell'anno, Eliogabalo divorziò per sposare Annia Faustina, vedova di un uomo che aveva fatto giustiziare. "Lei porta il sangue di Marco Aurelio." Disse ai suoi amanti, mentre la possedeva in una stanza del palazzo riservata alle prostitute e a lui stesso visto che si dipingeva il viso, indossava parrucche e si prostituiva lui stesso: nudo sulla porta, scuoteva tende d'oro e chiamava i passanti con voce melliflua. "Venite, cittadini di Roma! Pagate per la vostra imperatrice!"

Una notte, con Zotico, l'atleta di Smirne, celebrò un matrimonio pubblico. Davanti a una folla di cortigiani ubriachi, Eliogabalo si vestì da sposa, con un velo di seta e gioielli che tintinnavano. "Io ti prendo come marito, Zotico." Dichiarò, inginocchiandosi. "Fottimi come una moglie devota, penetrami come una schiava della Suburra!" Zotico, ridendo, lo prese con forza, mentre Ierocle guardava, eccitato, unendosi poi in un trio selvaggio. "Sei la mia regina, Eliogabalo," grugnì Zotico. "La puttana dell'Impero!"

Le voci di queste trasgressioni si sparsero come veleno. Cassio Dione, senatore e storico, annotava tutto con orrore: "L'imperatore si delizia di essere chiamato amante, moglie, regina. Sciupa la sua bellezza con trucco eccessivo e si offre nei bordelli del palazzo." Il popolo rumoreggiava per le strade, il Senato complottava.

Eliogabalo, ignaro o indifferente, continuava le sue orge. In un banchetto, fece castrare schiavi per imitarlo, e pensò lui stesso all'evirazione: "Tagliatemi, rendetemi donna completa!" Ma il coraggio gli mancò.

Nel 222, la fine arrivò improvvisa. La Guardia Pretoriana, sobillata dal cugino Alessandro Severo, irruppe nel palazzo. Eliogabalo, rifugiato in una latrina con la madre, fu trascinato fuori e ucciso a diciotto anni. Il suo corpo, mutilato, fu gettato nel Tevere. Damnatio memoriae: il suo nome cancellato dalle iscrizioni, la sua statua frantumata. Ma nelle notti di Roma, il fantasma di Eliogabalo aleggiava ancora: un giovane trasgressore che aveva osato fondere dèi, sessi e desideri in un'unica, folle estasi. L'Impero lo dimenticò, ma il suo spirito – androgino, lussurioso, divino – bruciava eterno come il sole di El-Gabal.

Marco Aurelio Antonino Augusto meglio noto come Eliogabalo è stato un imperatore romano, appartenente alla dinastia dei Severi, che regnò dal 218 al 222, anno della sua morte.
L'orientamento sessuale e l'aspetto religioso erano profondamente intrecciati in Eliogabalo, come usuale nella cultura orientale, ma la società romana non comprese questo aspetto e dunque considerò stravaganti e scandalose le pratiche sessuali del proprio imperatore, tra cui le orge, i rapporti omosessuali e la prostituzione.

Eliogabalo sposò, per poi divorziare, quattro donne, tra cui Giulia Cornelia Paula, che sposò poco dopo essere giunto a Roma (autunno 219), allo scopo di avere presto dei figli con i quali continuare la dinastia. Divorziò nelle prime settimane del 220 allo scopo di sposare la seconda moglie, la vergine vestale Aquilia Severa, praticamente un vero oltraggio alla sensibilità religiosa dei Romani: si trattava della rottura di un'antichissima e onorata tradizione romana, tanto che, per legge, una vestale che avesse perso la propria verginità veniva seppellita viva.
Nel giro di un anno, però, pose fine al controverso legame con Aquilia per sposare Annia Faustina, una discendente di Marco Aurelio e la vedova di Pomponio Basso. La sua relazione più stabile fu quella con Ierocle, uno schiavo biondo proveniente dalla Caria di nome, al quale l'imperatore si riferiva chiamandolo suo marito. Sposò anche un uomo di nome Zotico, un atleta di Smirne, con una cerimonia pubblica nella capitale. Cassio Dione scrisse che Eliogabalo si dipingeva le palpebre, si depilava e indossava parrucche prima di prostituirsi nelle taverne e nei bordelli.

La sua politica religiosa e la sua sessualità prorompente (ebbe cinque mogli e due mariti) portarono alla crescente opposizione del popolo e del Senato romano, che culminò col suo assassinio per mano della guardia pretoriana e coll'insediamento del cugino Alessandro Severo.


 



ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
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