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INTERVISTA IMPOSSIBILE

LUCREZIA DI SIENA
La prima attrice
Attrice teatrale vissuta
nel XVI secolo, famosa per essere stata la prima donna a salire su
un palcoscenico

Lucrezia di Siena, la prima
attrice Sono in una locanda fiorentina, in una
tiepida sera di primavera del 1580. L’aria è densa del
profumo di vino speziato e pane appena sfornato. La sala
è illuminata da candele, che gettano ombre sui muri di
pietra. Lucrezia, elegante e carismatica, siede a un
tavolo di legno, avvolta in un abito di velluto rosso
scuro. La sua voce è melodiosa mentre racconta la sua
vita straordinaria, sorseggiando un bicchiere di vino
rosso. Intorno a noi, il brusio dei clienti si mescola
al suono di un liuto suonato in un angolo della locanda,
creando un’atmosfera che sembra sospesa tra il
quotidiano e il leggendario.
Madame, grazie per
aver accettato questo incontro. È un onore parlare con
la donna che ha rivoluzionato il teatro europeo. Siamo
in una locanda fiorentina, un luogo che immagino
frequenti spesso. È qui che si riuniscono artisti e
intellettuali, vero? Oh, sì, questa locanda è un
crocevia di anime inquiete: poeti, musici, attori, e
qualche nobile che finge di non essere tale. Qui si
parla di arte, di sogni, e a volte di scandali. È un
luogo perfetto per chi, come me, vive di parole e di
palcoscenico. Ma ditemi, perché volete sapere della mia
vita? Non sono che una donna che ha scelto di raccontare
storie.
Eppure, la vostra scelta ha cambiato la
storia! Voi siete nota come la prima attrice donna
d’Europa, un titolo che porta con sé un peso enorme.
Come si sente a essere ricordata così? Non so se sono
davvero la prima… Il teatro è un mondo di maschere, e
chissà quante donne, prima di me, hanno calcato un palco
in segreto, magari nascoste dietro un nome falso o un
costume. Ma è vero, sono stata la prima a firmare un
contratto teatrale, il 10 ottobre 1564, con una
compagnia di Commedia dell’Arte a Roma. Quel pezzo di
carta è stato il mio atto di libertà, il mio modo di
dire al mondo: “Eccomi, sono qui, e non interpreterò
solo la vita, ma la porterò sul palco”.
Raccontiamo ai nostri lettori di quel contratto. Come è
nato quel momento storico? Ero a Roma, una città che
ribolliva di vita e contraddizioni. La Commedia
dell’Arte era il cuore pulsante del divertimento
popolare, con le sue maschere, le sue improvvisazioni, i
suoi lazzi. Ma c’era un vuoto: le donne sul palco erano
solo uomini travestiti, con voci stridule e movenze
esagerate. Io, che avevo imparato a cantare, danzare e
declamare poesie nelle corti, pensavo: “Perché non io?
Perché non una donna vera, con la sua voce, il suo
corpo, la sua verità?” Così mi presentai a un
impresario, un uomo burbero ma con un fiuto per il
talento. Gli dissi: “Datemi un palco, e vi farò ridere e
piangere il pubblico”. Dopo molte insistenze, accettò.
La compagnia si esibiva durante il Carnevale, e il mio
debutto fu un rischio per tutti: per loro, che
scommettevano su una donna, e per me, che sfidavo un
mondo che non era pronto.
Parliamo di quel mondo.
Lei ha vissuto in un’epoca in cui alle donne era negato
quasi tutto, incluso il diritto di assistere agli
spettacoli teatrali. Come ha affrontato queste
restrizioni? Le donne, al tempo, erano ombre.
Relegate in casa, escluse dalla vita pubblica, viste
come tentazioni o fragilità. Il teatro era considerato
un luogo pericoloso, quasi immorale, per una donna. Si
pensava che frequentarlo, anche solo come spettatrice,
potesse spingerci a “costumi corrotti”. Figuriamoci
recitare! Ma io non potevo accettare che il mio destino
fosse solo cucire o pregare. Ero stata una cortigiana,
una di quelle “oneste”, come ci chiamavano. Avevo
imparato l’arte della conversazione, della musica, della
poesia, perché le corti richiedevano donne che fossero
non solo belle, ma colte. Quando il Concilio di Trento
iniziò a stringere la morsa sulla libertà delle corti,
molte di noi dovettero reinventarsi. Io scelsi il
teatro, perché era il luogo dove potevo essere tutto:
regina, serva, amante, guerriera. Sul palco, ero libera.
Quindi il suo passato da cortigiana ha influenzato
la sua carriera teatrale? Assolutamente. Le
cortigiane oneste non erano solo donne di compagnia;
erano artiste, intellettuali, donne che sapevano tenere
testa a poeti e principi. Io portavo con me quel
bagaglio: sapevo cantare, suonare il liuto, improvvisare
versi. Quando salii sul palco, non ero solo un’attrice,
ero un’onda che travolgeva il pubblico. E il pubblico,
credimi, era affamato di vedere una donna vera
interpretare una donna. Non più caricature, ma emozioni
autentiche.
Com’era il rapporto con i suoi
colleghi attori, tutti uomini? Ci sono state resistenze?
Oh, resistenze? Altroché! Alcuni mi guardavano come se
fossi un’intrusa, un’anomalia. Dicevano: “Una donna sul
palco porta sfortuna” o “Confonderà il pubblico”. Ma
altri capirono presto che la mia presenza era un’arma
segreta. La Commedia dell’Arte vive di contrasti, di
passione, di verità scenica. Io portavo qualcosa che
loro non potevano: la grazia, la vulnerabilità, ma anche
la forza di una donna. Col tempo, molti di loro
divennero miei alleati, e insieme creammo spettacoli che
riempivano le piazze. Ma non vi nascondo che ogni
applauso era una conquista, ogni risata una battaglia
vinta.
E il pubblico? Come reagiva a questa
novità? Il pubblico era… come un mare in tempesta.
All’inizio erano curiosi, quasi scandalizzati. Una donna
che recitava? Era inaudito! Ma poi, quando iniziavo a
declamare o a cantare, quando davo vita a Colombina o a
una nobildonna tragica, si lasciavano trasportare. Gli
uomini applaudivano, le donne – quelle poche che
riuscivano a intrufolarsi negli spettacoli – mi
guardavano con occhi pieni di sogni. Sapevo che, per
loro, ero più di un’attrice: ero la prova che una donna
poteva essere altro, poteva essere vista, ascoltata,
celebrata.
Voi parlate di un’epoca di grandi
cambiamenti. Come vede il ruolo delle donne nell’arte
oggi, alla fine del XVI secolo? Le cose stanno
cambiando, lentamente, ma inesorabilmente. Dopo di me,
altre donne hanno iniziato a salire sui palcoscenici.
Siamo ancora poche, ma ogni attrice che calca un palco è
un passo verso un mondo nuovo. L’arte è il nostro
specchio, il nostro grido. Attraverso il teatro, le
donne possono raccontare le loro storie, non più solo
come muse o ombre, ma come protagoniste. Io sogno un
giorno in cui nessuna donna dovrà giustificare la sua
presenza su un palco, in cui l’arte sarà di tutti, senza
catene.
Madame Lucrezia, voi siete
un’ispirazione. Prima di salutarci, un’ultima domanda:
qual è stato il momento più memorabile della sua
carriera? È stato durante una rappresentazione a
Venezia, qualche anno fa. Interpretavo una giovane
innamorata, e alla fine della scena, quando il mio
personaggio si dichiarava al suo amato, il pubblico
esplose in un applauso così forte che fece tremare il
teatro. Ma non fu l’applauso a colpirmi: fu lo sguardo
di una ragazza tra la folla, nascosta tra i mantelli. Mi
guardava come se, per la prima volta, si fosse vista
riflessa. In quel momento, ho capito che il mio palco
non era solo legno e tende: era un ponte verso la
libertà.
Grazie Lucrezia. La sua storia è un faro
per tutti noi. Grazie a voi. E ora, se mi permettete,
questo vino è troppo buono per lasciarlo intatto. Alla
vita, e al teatro!
Lucrezia di Siena
rappresenta un punto di svolta nella storia del teatro e
del ruolo delle donne nell’arte. Nel XVI secolo,
l’Europa era dominata da rigide norme sociali che
relegavano le donne a ruoli domestici o, al massimo, a
figure di intrattenimento nelle corti, come cortigiane
colte. La Commedia dell’Arte, con la sua natura popolare
e improvvisativa, offrì uno spazio unico per
l’emancipazione femminile, permettendo alle donne di
trasformare le loro abilità in una professione.
L’ingresso delle donne nel teatro non fu solo una
rivoluzione artistica, ma anche culturale: le attrici
come Lucrezia sfidarono i pregiudizi di genere,
dimostrando che le donne potevano essere non solo
interpreti, ma creatrici di arte. Questo aprì la strada
a una graduale accettazione delle donne in altri ambiti
artistici, come la musica e la poesia, anche se il
cammino verso la parità fu lungo e tortuoso. Alla fine
del XVI secolo, attrici come Isabella Andreini divennero
vere e proprie celebrità, dimostrando che il talento
femminile poteva competere con quello maschile e
attirare un pubblico vasto e diversificato. Lucrezia,
con il suo coraggio e la sua visione, fu una pioniera di
questo cambiamento, una donna che trasformò il
palcoscenico in un’arena di libertà.
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IMMAGINE GENERATA
DA IA
L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga
Realizzato grazie a:
https://it.wikipedia.org/wiki/Lucrezia_Di_Siena
https://www.facebook.com/groups/
573458883259092/posts/827404687864509/

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