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REPORTAGE

GAMBIA BANJUL
Spiaggia incontaminata e “Bumster”
Dagli anni ’90 Banjul è
diventata una delle mete preferite per donne adulte alla ricerca di
esperienze sessuali con giovani africani, i cosiddetti “bumsters”,
che si concedono a donne europee in cambio di regali e denaro.

Mi trovo a Banjul, la
capitale del Gambia, in compagnia della mia guida Suly a
bordo di una vecchia Renault 4 rossa. Guardo fuori dal
finestrino e lo spettacolo è davvero una meraviglia
naturale, siamo sull'Isola di St. Mary, nel punto in cui
il fiume Gambia sfocia nell'Oceano Atlantico. Suly mi
fa un po’ di storia e mi dice: “Qui i coloni inglesi
durante il XVIII secolo catturarono circa 3 milioni di
schiavi, la tratta proseguì fino agli inizi del 1900,
poi il Gambia ottenne ufficialmente l'indipendenza dal
Regno Britannico nel 1965 e da allora vi sono stati vari
colpi di Stato, attualmente è una Repubblica
presidenziale, ci sono ancora tensioni politiche, ma
tutto sommato è un posto tranquillo per turisti in cerca
di relax.”
Banjul è circondata da una natura
mozzafiato, le spiagge incontaminate, con la loro sabbia
soffice e le acque limpide, sono rese ancora più
affascinanti dai tramonti africani che tingono il cielo
di sfumature dorate e rossastre. Grazie al suo clima
tropicale stabile, le temperature minime raramente
scendono sotto i 20 gradi, Banjul è una perfetta
destinazione turistica per tutto l’anno, grazie anche ai
prezzi molto abbordabili, una stanza in hotel di lusso
non va oltre i 50 dollari!
Con la mia guida la
sera decidiamo di cenare al ristorante Al Baba GFC, un
posto delizioso dove ci servono pollo yassa stufato con
cipolla, benachin, ossia riso con cumino, zenzero e noce
moscata, servito con pesce e verdure e superkanja e per
finire la famosa zuppa di okra. Poi per chiudere in
bellezza la serata andiamo a distrarci a Kololi, il
fulcro della vita notturna con bar, ristoranti,
discoteche, night club e perfino un casinò, a soli 17 Km
dalla capitale.
Appena entrati al Big Apple noto
diversi gruppi di donne occidentali di mezza età. Suly
ride e mi dice: “Da queste parti è normale vedere
turiste europee non accompagnate da uomini. Dagli anni
’90 infatti, il Gambia è diventato una delle mete
preferite per donne adulte alla ricerca di esperienze
sessuali con giovani africani. Data la condizione
economica molti uomini gambiani hanno fatto di questa
richiesta un vero e proprio lavoro. Si tratta dei
cosiddetti “bumsters”, i quali si concedono a donne
europee in cambio di regali, denaro oppure nella
speranza di ottenere un visto per un Paese più ricco.
Alcuni stabiliscono vere e proprie relazioni altri
invece frequentano le spiagge in cerca di un
estemporaneo rapporto sessuale.”
Poi aggiunge:
“Le turiste, sono di solito pensionate, separate,
divorziate oppure sposate in crisi, comunque deluse
dalla propria vita e fuggono dalla noia desiderando solo
una pausa dalla routine, scegliendo una vacanza
particolare per staccare la spina dai problemi e dai
loro rapporti affettivi. L’età media si aggira sui 60
anni e solitamente provengono da Regno Unito, Olanda,
Svezia, Germania e anche Italia. Le stime mondiali
parlano di 600mila donne occidentali, tra cui 30mila
italiane circa, che ogni anno cercano l’avventura con un
beach boy che passeggia sulla spiaggia alla ricerca di
una donna disposta a pagare.”
Avevo già sentito
parlare di Romance tourist e solitamente queste turiste
quando intraprendono il viaggio non richiedono
specificamente un’avventura sessuale anche se nel
preparare la valigia non escludono l’idea di vivere una
situazione che non preveda solo spiagge dorate e mare
cristallino, ma anche la presenza di prestanti ragazzi
del posto con i quali vivere un’avventura erotica.
Disdegnano comunque di essere definite “turiste
sessuali”, ma va da sé che l’occasione di un viaggio nel
deserto o una notte sotto la tenda possa includere la
possibilità di finire a letto con una guida,
un’inserviente della struttura o un locale. Ma ci sono
occasioni anche più usuali tipo la spiaggia, il bar o
facendo una passeggiata per strada.
A differenza
del turismo sessuale maschile, in cui si cerca una
partner diversa ogni sera per soddisfare il proprio
bisogno fisico, la donna è prettamente romantica e nel
corso di una vacanza tende a frequentare un solo uomo
stabilendo una vera e propria relazione anche se di
breve durata. Del resto con l’indipendenza economica
ormai raggiunta e in nome di una convinta parità di
genere anche le donne, come hanno sempre fatto gli
uomini, troveranno normale pagare per scopare
dimostrando di essersi adattate in fretta ai pseudo
valori maschili.
Suly aggiunge: “Qui le strutture
alberghiere chiudono entrambi gli occhi ed è più che
lecito per queste turiste portarsi un ragazzo in camera
alla modica cifra di una doppia anziché una singola. Più
che un’avventura di sesso queste turiste la definiscono
una favola e di solito il primo contatto avviene per
caso e la maggior parte di loro si convince genuinamente
di essere corteggiata, bella e piacente. Le frasi in
inglese dell’approccio sono sempre le stesse: “Hai
bellissimi capelli! Adoro la tua pelle chiara. Ti ho
notata subito. Ho sempre desiderato una donna come te.”
E loro si illudono che sia effettivamente così, perché
non importa essere belle o portare la taglia 42 od avere
la quarta di reggiseno, l’importante è solo essere donna
e di pelle bianca per essere guardate ed essere coperte
da mille attenzioni, ovviamente molto interessate. Poi
se c’è feeling tra i due si prosegue in un pub per il
primo aperitivo insieme. A quel punto lui si offre come
guida, poi ovvio ci sarà la cena romantica e il dopocena
più intimo e quando il ragazzo si accorge che lei si sta
innamorando, cercherà di farsi dare del denaro
impietosendola raccontando le tristi condizioni della
sua famiglia. A differenza dei maschi con giovani
ragazze locali qui non esiste una tariffa fissa, la
donna offre pasti, vestiti, drink e ovviamente soldi
visti non come tariffa di una prestazione, ma come aiuto
economico.”
Suly tiene a precisare che la
prostituzione in Gambia è illegale e un grande tabù
sociale, ma i conti con la povertà favoriscono
quest’attività. E ciliegina sulla torna la maggior parte
di loro sono anche sposati e con figli! Ma si sa che per
il denaro si fa questo ed altro per cui molto spesso le
loro mogli sono al corrente dell’attività del marito.
Perché sanno benissimo che il proprio marito riceverà
regali e una paga sostanziosa e loro potranno godersi
una discreta sicurezza economica.
Seduti su uno
dei divanetti del locale ci guardiamo intorno e poco
dopo una signora bionda platino di mezza età si avvicina
e saluta Suly. Ci presentiamo, mi dice che vive e lavora
a Verona e che è da queste parti in compagnia della sua
collega Marta. Truccata pesantemente, gonna cortissima a
pieghe, rossetto rosso fragola, scollatura mozzafiato e
seno abbronzatissimo mi dice di chiamarsi Franca. Noto
che è accompagnata, oltre che dalla collega, da un
bellissimo ragazzo alto oltre il metro e novanta con
occhi grandi come due noci.
Franca ha voglia di
raccontare e mi dice che si sono conosciuti nel primo
giorno di vacanza durante una partita di volley beach e
da allora lui è diventato il suo accompagnatore
personale. Su di giri, non mi nasconde il motivo del suo
viaggio, lo chiama romance travelling e ammette di
essere già stata a Capoverde e a Santo Domingo: “Ma qui
trovi gente discreta, per bene e soprattutto trovi
ragazzi capaci di farti sentire bella anche se sei su di
peso e non hai il fisico da modella. Venire qui non ci
vedo nulla di strano, anzi penso che tutte le donne
dovrebbero vivere un’esperienza simile, è come fare il
pieno di benzina. Quando torni nel tuo paese hai
l’autostima a mille che ti aiuta a credere in te
stessa.” Tento di farle qualche domanda, ma il suo boy
la reclama, allora si alza e leggera come un’adolescente
si fa trasportare sulla pista da ballo.
Mentre
Franca si allontana volteggiando verso la pista da
ballo, avvolta dall’energia del suo giovane
accompagnatore, io e Suly ci scambiamo uno sguardo
divertito. L’esuberanza di Franca è contagiosa, ma allo
stesso tempo lascia nell’aria una scia di domande non
dette. Mi volto verso Marta, che è rimasta seduta con
noi, le mani intrecciate in grembo e un sorriso appena
accennato. Ha un’aria più sobria rispetto a Franca:
capelli castani raccolti in una coda ordinata, un
vestito semplice color crema e un paio di orecchini
discreti che brillano appena sotto le luci soffuse del
locale.
"Allora, Marta." Esordisco, cercando di
rompere il ghiaccio. "Anche tu sei qui per un Romance
travelling... come lo ha chiamato Franca?" Lei
arrossisce leggermente e scuote la testa, ridendo piano.
"No, no, non proprio. Io sono più una spettatrice,
diciamo. Franca mi ha convinta a venire con lei, dice
che mi fa bene uscire dalla mia zona di comfort. Ma io
non sono come lei." "Quindi sei qui solo per farle
compagnia? Non ti travolge la sua esuberanza.” Domando
pensando al pezzo che dovrò scrivere per il mio
giornale.
Marta scrolla le spalle,
giocherellando con il bordo del bicchiere che ha
davanti. "All’inizio pensavo di sì, che mi sarei
annoiata, ma in realtà mi piace osservare. Qui è tutto
così diverso da casa. La gente, i colori, il modo in cui
si vive... è come essere in un film. E poi, Franca è un
uragano, ma è anche una buona amica. Mi tiene su di
morale." "Da quanto vi conoscete?" Chiedo,
incuriosito dalla dinamica tra le due donne, così
opposte eppure legate. "Da qualche anno." Risponde
Marta. "Ci siamo incontrate a un corso di formazione a
Verona. Io ero lì per imparare, lei per rimorchiare un
giovane collega. Alla fine non ha conquistato lui, ma ha
conquistato me come amica." Ride, e per la prima volta
sembra rilassarsi davvero.
Intanto, dalla pista
da ballo, si sente un’esclamazione di Franca, che sta
insegnando al suo ragazzo un passo di danza improbabile.
Lui la segue con un sorriso paziente, i movimenti un po’
goffi, ma pieni di buona volontà. La scena è quasi
comica, e noi tre non possiamo fare a meno di scoppiare
a ridere. "Non si ferma mai, vero?" Dico, indicando
Franca con un cenno del capo. "Mai. È come se avesse
un motore dentro. A volte mi chiedo dove trovi tutta
quell’energia. Ma sai, credo che abbia ragione su una
cosa: venire qui, in un posto così lontano da tutto, ti
cambia prospettiva." "Forse è questo il vero segreto
del romance travelling. Non è solo per ragazzi o per
l’avventura, ma per ricordarsi chi sei quando nessuno ti
giudica." Dico osservando attentamente Marta.
Restiamo in silenzio per un momento, osservando la folla
che si muove intorno a noi. La musica cambia, diventa
più lenta, e Franca torna al tavolo trascinando il suo
accompagnatore per mano. È sudata, con il rossetto un
po’ sbavato, ma gli occhi le brillano di una gioia quasi
infantile. "Ragazzi, dovete venire a ballare!"
Esclama, senza fiato. "Non potete stare qui seduti come
tre pensionati!" Marta alza le mani in segno di
resa. "Franca, lo sai che non fa per me." "E tu?" Mi
chiede, puntandomi con un dito. "Non dirmi che sei
timido anche tu!" Guardo Suly, che mi fa un
sorrisetto di sfida, e poi mi alzo. "Va bene, Franca,
hai vinto. Ma se pesto i piedi a qualcuno, è colpa tua."
Lei batte le mani entusiasta e mi trascina verso la
pista, mentre Suly e Marta ci guardano ridendo. La notte
è ancora lunga, e qualcosa mi dice che questo viaggio ci
riserverà altre sorprese.
Mentre Franca mi
trascina verso la pista da ballo, sento il ritmo della
musica avvolgermi, ma dopo qualche passo goffo mi rendo
conto che il ballo non fa per me. Con una scusa
qualunque – “Vado a prendere qualcosa da bere!” – Mi
divincolo dalla presa di Franca e torno al tavolo, dove
Marta è rimasta seduta, sorseggiando il suo drink con
calma. Suly intanto mi dice che si è fatto tardi, saluta
lasciandoci soli. Mi siedo di fronte a Marta, un po’
trafelato. “Ok, credo di aver esaurito il mio coraggio
per stasera. Ballare non è proprio il mio forte.”
Marta sorride, un sorriso gentile che le illumina il
viso. “Tranquillo, non sei l’unico. Io non ci provo
nemmeno. Franca dice sempre che ho due piedi sinistri, e
forse ha ragione.” “Beh, almeno tu hai la scusa
pronta.” Rispondo, ridendo. “Io invece ho fatto la
figura dell’imbranato davanti a tutti. Come fai a
resistere alla sua energia? Io dopo cinque minuti sono
già ko.”
Lei si appoggia allo schienale del
divanetto, rilassata. “Ci sono abituata. Franca è così
da sempre. All’inizio mi sfiniva, ma poi ho capito che è
il suo modo di affrontare la vita. Io sono più...
riflessiva, diciamo. Mi piace guardarla, ma non ho
bisogno di seguirla in tutto.” “Capisco, ma mi
incuriosisce una cosa: se non sei qui per il ‘romance
travelling’, cosa ti ha spinto a venire fin qui con
lei?” Marta ci pensa un attimo, fissando il bicchiere
come se la risposta fosse lì dentro. “Non lo so bene
neanch’io, a essere sincera. Forse avevo bisogno di
staccare. A Brescia la mia vita è prevedibile. Lavoro in
un ufficio, torno a casa, guardo una serie, dormo. Tutto
qui. Franca mi ha detto: “Marta, se non vieni con me,
finirai per sposare il tuo divano”. E così eccomi qua.”
“Sposare il divano…” Ripeto, ridendo. “Non male come
minaccia. Però dai, non sembri il tipo che si annoia
facilmente. Hai l’aria di una che pensa molto.” Lei
alza gli occhi, sorpresa. “Davvero? Non me lo dice mai
nessuno. Di solito pensano che sia solo timida e basta.”
“Timida sì, ma non solo.” Ribatto. “Si vede che hai
qualcosa che ribolle dentro, anche se non lo esterni
come Franca. Sbaglio?” Arrossisce leggermente, poi
scuote la testa. “No, non sbagli. È che non sono brava a
tirarlo fuori. Mi piace ascoltare, osservare.”
“Un’osservatrice…” Dico, annuendo. “Interessante. E cosa
hai osservato di me, finora?” Lei ride, un po’
imbarazzata. “Oh, non so se vuoi davvero saperlo.
Diciamo che sembri uno che si lascia trascinare, ma solo
fino a un certo punto. Tipo con Franca: hai provato a
ballare, ma poi sei tornato indietro. Non ti piace
perdere il controllo, vero?” La sua analisi mi
colpisce, e alzo un sopracciglio. “Accidenti, sei brava.
Sì, forse hai ragione. Mi piace divertirmi, ma ho sempre
bisogno di un’ancora. Tu invece sembri il contrario:
stai ferma, ma chissà cosa succede dentro di te.” “Un
caos, te lo assicuro.” Risponde lei, con un sorrisetto
ironico. “Ma è un caos ordinato, se ha senso.”
“Perfetto senso.” Dico. “Sai, mi piace parlare con te.
Sei diversa da Franca, ma in un modo che... non so, mi
fa venir voglia di scoprire di più.”
Marta mi
guarda per un momento, poi distoglie lo sguardo e gioca
con un tovagliolo. “Grazie. Non sono abituata ai
complimenti, soprattutto da uno che ha appena conosciuto
Franca. Di solito lei cattura tutta l’attenzione.”
“Franca è un fuoco d’artificio, ma tu sei più come...
una candela. Non fai rumore, ma illumini lo stesso.”
Lei ride piano, scuotendo la testa. “Questa è la cosa
più carina che mi abbiano mai detto. Però attento,
potresti farmi montare la testa.” “Tranquilla, terrò
d’occhio il tuo ego.” Scherzo. “Allora, dimmi una cosa:
se domani Franca ti trascinasse in qualche altra
avventura assurda, ci staresti?”
Marta sospira,
ma nei suoi occhi c’è un guizzo di divertimento.
“Probabilmente sì. Non perché voglio, ma perché so che
mi pentirei di non farlo. E tu? Ti faresti trascinare
ancora?” “Dipende.” Rispondo, appoggiandomi al tavolo
con un sorriso. “Se ci sei tu a osservarmi mentre faccio
figuracce, magari sì.” Lei sorride di nuovo, e per un
attimo il rumore del locale sembra svanire. Forse,
penso, questo viaggio sta diventando interessante non
solo per Franca e il suo “romance travelling”, ma anche
per questa intimità che si sta creando con Marta.
La serata scivola via tra risate, qualche altro
drink e i tentativi di Franca di trascinarci sulla pista
da ballo. Ma a un certo punto, mentre la musica rallenta
e le luci si fanno più morbide, Marta mi lancia uno
sguardo complice, come a dire che forse è ora di
chiudere la serata. Mi alzo, e lei mi segue senza
bisogno di parole. “Franca, noi andiamo.” Dico,
cercando di sovrastare il rumore della folla. Lei,
sudata, eccitata e avvinghiata al suo accompagnatore, ci
saluta con un gesto plateale, il suo rossetto è ormai un
ricordo sbiadito sulle labbra. “Divertitevi,
piccioncini!” Urla, ridendo, mentre il ragazzo alto le
sussurra qualcosa all’orecchio.
Io e Marta ci
avviamo verso l’uscita, lasciando il caos del locale
alle spalle. Fuori, l’aria della notte è umida,
profumata di salsedine e fiori tropicali. Camminiamo
fianco a fianco lungo il sentiero illuminato da piccole
lanterne, il rumore delle onde che si infrangono in
lontananza come una ninna nanna. Mi dice: “Noi abitiamo
proprio in questo villaggio. Abbiamo affittato una sola
stanza con due letti, ma non ti nego che finora ho
dormito sempre da sola. Ride. La osservo. Ha le
braccia incrociate, il vestito chiaro che ondeggia
leggermente a ogni passo. È minuta, con un’eleganza
naturale che non ha bisogno di trucco pesante o abiti
appariscenti per farsi notare. I capelli castani, ancora
raccolti nella coda, lasciano intravedere qualche ciocca
ribelle che le sfiora il collo. Mi colpisce la sua
calma, quel modo di muoversi che sembra quasi
galleggiare, in contrasto con l’energia esplosiva di
Franca.
Io, invece, mi sento un po’ fuori posto
in questa scena: jeans scuri, una camicia azzurra con le
maniche arrotolate e i capelli spettinati dalla serata.
Sono più alto di lei di una spanna, con le spalle larghe
e un passo deciso, ma stasera c’è qualcosa di diverso
nel mio modo di essere. Forse è la leggerezza di questo
posto, o forse è Marta, che con le sue parole pacate mi
ha fatto abbassare la guardia. “Non pensavo che
sarebbe stata una serata così.” Dico, rompendo il
silenzio mentre ci avviciniamo al piccolo complesso di
bungalow dove alloggia. “Neanch’io.” Risponde lei,
voltandosi. “Di solito sono quella che resta in
disparte, ma stasera... non so, mi sono sentita a mio
agio, al centro dell’attenzione, nonostante Franca.
Grazie a te, credo.” Sorrido, un po’ sorpreso.
“Grazie a me? Sei tu che hai reso tutto più
interessante. Franca sarà anche un uragano, ma tu sei...
non so, una specie di porto tranquillo.” Lei ride
piano, fermandosi davanti alla porta del suo bungalow.
“Un porto tranquillo? Mi piace. Però ora mi sa che il
porto deve riposare...”
Ci guardiamo per un
istante, e c’è una tensione leggera nell’aria, qualcosa
di non detto che ci spinge a non salutarci subito.
“Posso entrare un attimo?” Chiedo, quasi d’istinto, e
lei esita solo un momento prima di annuire. Dentro,
il bungalow è semplice ma accogliente: un letto con
lenzuola bianche, una lampada che diffonde una luce
calda, una finestra aperta che lascia entrare il suono
del mare. Marta si siede sul bordo del letto,
togliendosi le scarpe, e io mi appoggio al muro,
improvvisamente consapevole del silenzio tra noi.
“Non sono brava con queste cose.” Dice lei, alzando lo
sguardo su di me. “Non come Franca, intendo. Ma... mi va
di provarci.” Non serve dire altro. Mi avvicino, mi
siedo accanto a lei, e le nostre mani si sfiorano. È un
gesto timido, quasi esitante, ma poi lei si sporge verso
di me, e le nostre labbra si incontrano in un bacio
dolce, senza fretta. Non c’è nulla di frenetico o
calcolato: è solo un momento che sembra naturale, come
se fosse il seguito inevitabile della serata.
Ci
sdraiamo sul letto, ancora vestiti, abbracciati sotto la
luce soffusa della lampada. Non c’è bisogno di parole o
di gesti eclatanti; ci basta il calore dell’altro, il
respiro che si intreccia, il suono del mare che ci
culla. La notte si fa più profonda, e il bungalow
sembra isolarsi dal resto del mondo, come un rifugio
sospeso tra il mare e il cielo. La luce fuori getta
ombre morbide sulle pareti, e il suono delle onde si
mescola al nostro respiro. Marta è accanto a me, il suo
corpo minuto accostato al mio, e c’è una dolcezza quasi
fragile nel modo in cui si abbandona, come se si stesse
fidando di me per la prima volta.
Le nostre mani
si cercano di nuovo, e stavolta non c’è più esitazione.
Le sue dita, fresche e delicate, scivolano sul mio
braccio, tracciando linee invisibili che mi fanno
rabbrividire. Mi chino su di lei, e il suo profumo mi
avvolge, leggero, ma inebriante. Le nostre labbra si
incontrano ancora, ma questa volta il bacio è più
intenso, un’esplorazione lenta e profonda che accende i
sensi. Sento il calore della sua bocca, il modo in cui
si apre a me con una timidezza che si scioglie piano,
trasformandosi in desiderio. Mi sposto sopra di lei,
sostenendomi con le braccia per non pesarle, e i suoi
occhi, grandi e scuri, mi guardano con una vulnerabilità
che mi colpisce. “Sei sicura?” Sussurro, la voce roca, e
lei annuisce, un sorriso appena accennato sulle labbra.
Le sue mani salgono a sfiorarmi il viso, poi scendono
sul mio collo, attirandomi più vicino. La bacio ancora,
assaporando la morbidezza della sua pelle, e il mondo
fuori svanisce: ci siamo solo noi, i nostri corpi che si
cercano, che si rispondono.
Le mie mani scivolano
lungo i suoi fianchi, accarezzando la curva del suo
vestito, e lei inarca leggermente la schiena, un gesto
istintivo che mi fa accelerare il battito. Con
delicatezza, le sfilo il vestito, scoprendo la sua pelle
chiara, illuminata dalla luce calda della lampada. È
bellissima, non in un modo appariscente come Franca, ma
in una semplicità che mi lascia senza fiato. Le bacio il
collo, scendendo piano verso il piccolo seno, e lei
sospira, un suono lieve che mi guida, che mi dice di
continuare. Le sue mani si infilano sotto la mia
camicia, esplorando il mio petto con una curiosità che
mi fa tremare. Mi libero della camicia, lasciandola
cadere a terra, e i nostri corpi si incontrano, pelle
contro pelle, in un abbraccio che è insieme tenero e
bruciante. Ogni tocco è un dialogo silenzioso: le mie
dita che sfiorano la sua schiena, i suoi polpastrelli
che mi accarezzano le spalle, i nostri respiri che si
fondono in un ritmo condiviso. Non c’è fretta, solo una
sensualità lenta, quasi sacra, che cresce con ogni
movimento. Mi perdo in lei, nel modo in cui si
abbandona a me, nel calore del suo corpo che si
intreccia al mio. Continuo a baciarla, scendo lentamente
verso la curva del suo ventre fino alla delicatezza
delle sue gambe accoglienti, e lei risponde stringendomi
più forte, le unghie che mi graffiano appena la schiena
in un misto di dolcezza e passione.
Quando
finalmente ci uniamo, è come se il tempo si fermasse: i
nostri movimenti sono fluidi, istintivi, un’onda che ci
porta sempre più in alto. I suoi gemiti, soffocati, ma
sinceri, si mescolano ai miei, e c’è una connessione che
va oltre il fisico, un’intimità che mi scuote nel
profondo. Restiamo così, avvinghiati, sudati, con il
cuore che batte all’impazzata, fino a che l’energia si
placa e ci ritroviamo sdraiati l’uno accanto all’altra,
le gambe intrecciate, le mani ancora unite. Le accarezzo
i capelli, ora sciolti e sparsi sul cuscino, e lei mi
guarda con un sorriso stanco, ma pieno, gli occhi che
brillano di una luce nuova. “Non pensavo potesse essere
così.” Sussurra, e io le bacio la fronte, incapace di
trovare parole che rendano giustizia a quello che provo.
Restiamo così, stretti l’uno all’altra, fino a che
il sonno ci prende, e la notte ci avvolge come una
coperta leggera con il mare che canta fuori dalla
finestra e il calore dei nostri corpi che ci tiene
ancorati. È un amore sensuale, sì, ma anche qualcosa di
più: un momento di verità, di scoperta, che ci lega in
un modo che nessuno dei due aveva previsto.
Domani sarà un altro giorno, ma per ora, in questo
piccolo angolo di mondo, siamo solo io e Marta, sospesi
tra la realtà e un sogno che non vogliamo ancora lasciar
andare.
|
L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga
Realizzato grazie a:
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