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MOLESTIE SUL
LAVORO
Otto donne
su dieci vittime di abusi non denunciano
Secondo l'indagine dell'Osservatorio
dell'associazione 6libera nelle aziende
italiane l’88% delle donne che subiscono
molestie e violenze sul luogo di lavoro
non sporgono denuncia formale e solo uno
striminzito 6% ne parla in azienda…

La maggior parte di queste
molestie, di cui la metà di tipo verbale, una forma
subdola che lascia segni profondi senza lasciare tracce
fisiche evidenti. Il tutto avviene durante l’orario di
lavoro alla presenza di altri colleghi. Il resto include
comportamenti fisici o sessuali più espliciti, ma è
proprio la componente "parlata" a rendere il fenomeno
pervasivo e difficile da contrastare.
Il dato è
allarmante soprattutto perché a violenza subita la donna
ha paura di non essere creduta, di essere considerata
una poco di buono e di perdere il lavoro. Nei casi in
cui la vittima decide di rivolgersi a un superiore
solitamente non vengono presi provvedimenti dall’azienda
col l’invito alla vittima di rivolgersi all’Autorità
pubblica. Di fronte ad una denuncia interna solo il 63%
riceve solidarietà, mentre il 30% si limita a
manifestare incredulità e solo il 7% agisce in modo
concreto.
Ma sono proprio le molestie verbali le
più insidiose perché si mimetizzano nel linguaggio
quotidiano dell'ufficio e nei sottintesi, passando
spesso inosservate o giustificate come "scherzi".
Espressioni del tipo "Potresti lavorare fino a tardi
stasera? Solo noi due, per 'chiudere' quel progetto" o
"Se fai la brava, magari ti do una mano con la
promozione". Qui il sottotesto è chiaro: il favore
professionale è condizionato a una disponibilità
personale, trasformando il rapporto gerarchico in uno
strumento di potere.
Anche quando una vittima
trova il coraggio di parlare – e quel 6% che lo fa è già
un miracolo – la reazione aziendale è spesso tiepida.
Nei casi di denuncia interna, solo il 63% riceve
solidarietà effettiva, mentre il 30% incontra
incredulità: "Sarà un malinteso, non esagerare" e un
misero 7% porta a azioni concrete, come indagini o
sanzioni. Peggio ancora: i superiori, quando
interpellati, tendono a lavarsene le mani, consigliando
alla donna di rivolgersi direttamente alle autorità
pubbliche, scaricando sull'individuo il peso di un
problema collettivo. "È un fallimento sistemico",
denuncia l'associazione. "Le aziende devono adottare
protocolli chiari, formazione obbligatoria e canali
anonimi per le denunce, altrimenti il silenzio
continuerà a essere la norma".
Questi dati non
sono solo numeri: sono storie di donne che ogni giorno
combattono per il loro spazio in un mondo del lavoro
ancora impregnato di pregiudizi. Governi, imprese e
società civile devono unirsi per rompere il ciclo.
Iniziando dalla sensibilizzazione, passando per
politiche zero-tolleranza, fino a un supporto
psicologico e legale accessibile. In un'Italia che
celebra il progresso di genere, queste molestie
silenziose sono un monito: senza denuncia, non c'è
giustizia. E senza giustizia, il lavoro resta un campo
minato. È tempo di parlare, per tutte quelle otto su
dieci che ancora tacciono.
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IMMAGINE
GENERATA DA IA
ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA


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