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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Il sapore dolciastro del rossetto alla fragola
 


 
  Photo Fabrizio Romagnoli


Accidenti a me! Che ci faccio qui seduta su questa panchina di sera? Mio marito è a casa, mi ha già mandato due messaggi, mi ha chiesto dove sono? Se sapesse veramente dove sono! Avrà già messo l’acqua sul gas per gli spaghetti e Katia e Valerio saranno nelle loro stanze a fare i compiti. Ed io qui alle sette e mezza di un banale martedì, nella penombra di un lampione lontano, sono in frenetica attesa.
Guardo l’ora e guardo il lungo viale ricoperto di foglie. Certo sì tu desideravi vedermi alla luce del giorno, tra la gente, ma io non ho voluto: “Non sono ancora pronta” ti ho detto! Che direbbe mio marito se lo venisse a sapere! Oddio non riesco ad immaginare la sua reazione… Alla fine sono riuscita a convincerti: un incontro al buio, alle sette di sera dopo il tramonto, quando i visi si confondono con la penombra. Terza panchina a sinistra dopo il cestino giallo dietro un enorme cartellone che pubblicizza assorbenti.

Per me questo è un posto totalmente sconosciuto, non c’ero mai stata, ma tu sicuramente abiti da queste parti, altrimenti come facevi a sapere di quella pubblicità? Dall’altra parte della strada vedo un’insegna viola di un bar: “Caffè Roma”. Se non ricordo male mi avevi chiesto di incontrarti lì direttamente, per convincermi mi hai detto che avremmo dato meno all’occhio e destato meno sospetti, ma il tuo intento era un altro: “Devi liberarti, sfidare gli sguardi della gente!” Poi però per non perdermi, per paura che ci ripensassi hai accettato di vedermi qui su questa panchina.
Risento ancora le tue parole, vedrai, ti piacerò, mi piacerai, con quella sicurezza che ho sempre invidiato alle altre persone. Ma perché io non sono così? Perché mi faccio mille scrupoli? Ho fatto delle mie incertezze le mie sole ed uniche compagne di vita. Non ho mai scelto nulla, mi sono lasciata sempre guidare come ora sto facendo con te. Certo per te è diverso, sei single, non hai figli e nessuno a cui rendere conto.

Tiro fuori dalla borsa lo specchietto del trucco, si vede poco e niente, ma ho paura di essere in disordine, di non essere attraente come nelle foto in cui mi ha vista. Volevi incontrarmi a tutti i costi. Sarà bello dicevi, vedrai. Ed ora tremo al solo pensiero di non piacerti, di non essere vestita come tu mi desideravi. Sì certo, con tutto il garbo che ti contraddistingue mi hai detto di vestirmi come nell’ultima foto che ti ho inviato. Ti piaceva quella camicetta bianca trasparente lo so, sta bene con la gonna nera e poi quel rossetto fragola che mi fa le labbra grandi e sensuali, ma non ho potuto e ti chiedo scusa, del resto non potevo uscire così con mio marito in casa. Cosa mai gli avrei potuto dire? Come mi sarei giustificata? Di sicuro avrebbe sospettato se fossi uscita senza reggiseno. Gli ho detto che andavo ad incontrare un’amica che non vedevo da tempo e che lui ovviamente non conosce. Chissà se mi avrà creduta, ma ti giuro questo è il massimo che ho potuto fare!

Ripasso il rossetto sulle labbra, spero davvero di piacerti, come mi scrivevi per chat, che mai avevi conosciuto una donna come me. Che sono dolce, timida al punto giusto, ma anche tanto passionale e con tanta voglia di farmi desiderare. Spero che tu abbia ragione, ma per ora mi sembra tutto così strano, così lontano dalla mia vita di ogni giorno. Quasi quasi mi pento, rimpiango la mia vestaglia a fiori da casa che ho lasciato sulla spalliera del letto, l’odore della cipolla che sicuramente mio marito avrà bruciato, eh già rimpiango anche i suoi discorsi noiosi, la sua monotonia, il suo carattere piatto senza mai un entusiasmo.

Come avrei voluto in questi anni almeno una volta che mi dicesse “Dai mettiti qualcosa, usciamo, andiamo al mare!” Ed invece eccomi qui ad aspettarti, mi rendo conto di non sapere nulla di te, eppure da quando ti conosco mi sono aggrappata a quel filo di speranza. Forse hai ragione, anche io desidero qualcosa di diverso, qualcosa di insolito e complice. Finora con gli uomini con cui ho chattato, con i colleghi di lavoro, con qualche conoscente di vecchia data non è mai scattato nulla. Perfino con mio marito, anche se ci ho fatto due figli! Penso davvero di aver trovato in te la persona meravigliosa che ho aspettato da sempre, quella che sa comprendere, che sa amare e allo stesso tempo liberarmi dalle mie secolari inibizioni. Ti ho chiesto del tempo, ma tu hai fretta.

Lo so che ne hai altre, me lo hai confessato, ma io spero che a poco a poco possa diventare la tua unica donna. Mi sembra impossibile sai? Il nostro primo incontro cavolo! Tremo come una foglia al ricordo delle tue parole, dei tuoi impeti, delle tue voglie. La chat, la cam... il telefono, quelle chiacchierate segrete, quei sussurri complici e umidi mentre mio marito dorme ed ora noi qui, noi dal vero!!! Non ci posso credere… Mi lascio andare e ti immagino già qui accanto a me. Mi stringerai vero? Finalmente i baci veri, sognati per sere e sere, finalmente assaggerò la tua bocca, annuserò i tuoi respiri, sentirò i tuoi sapori. Mi hai detto che sai di talco, ti ho detto che so di miele.

Penso a quante volte abbiamo simulato l’amore, quante volte mi hai accarezzato il seno, baciata nei posti dove mai nessuno si è inoltrato. Te lo giuro sai… Mi credi esperta, ma non lo sono, sono solo una piccola donna in cerca di attenzioni. Mi sembra impossibile che tu ora possa davvero stringermi il seno e dirmi che è perfetto per te. Chissà se lo troverai troppo piccolo e chissà se ti piace piccolo, oppure troppo grande e chissà se ti piace grande, ma io spero solo che entri tutto nella tua mano, comodo come una perla in una conchiglia da offrirlo interamente ai tuoi baci teneri.

Dio già mi manchi e ancora non mi hai vista, in metrò pensavo a quanto possano essere lunghe quattro fermate, eh già solo quattro e ripensavo a te quando mi dicevi che il desiderio dilata ogni cosa, il tempo, l’attesa, lo spazio, il desiderio e ogni minima incertezza. Mi prenderai per mano, mi dirai che ho un buon profumo, mi accarezzerai i capelli lo so. Mi hai detto che vuoi farmi godere ed io lo farò, mi abbandonerò a te su questa panchina. Ti offrirò il mio orgasmo, i miei gemiti caldi. Non è il massimo, lo so, non è quello che desideri, ma sarà l’inizio di una grande passione.

Guardo l’ora ed aspetto. Un tizio si è seduto a due panchine di distanza, mi guarda, ma cosa avrà da guardarmi l’idiota? Ha le mani in tasca, mi fissa le gambe, l’orlo della gonna, ah già si, forse da lì riesce a scorgere il bordo dell’autoreggente. Vorrei dirgli, mio caro, tutto questo non è per te, ormai ho fatto la mia scelta e per nessuno motivo tornerò mai indietro! Tutto questo è per una persona speciale, che mai avrei creduto di convincere, che mai avrei creduto di incontrare, che mai e poi mai avrei immaginato che tra noi potesse nascere qualcosa di intimo, di grande, di stupendo. Sì lo so, anche ora penso che sia un’idea folle.

Il tizio si alza, ha preso coraggio, mi viene vicino, noto che è un ragazzo: “Serve qualcosa Signora?" "No, grazie…" Mi alzo, faccio finta di telefonare, faccio qualche passo, vado verso la strada, nella parte più illuminata del parco, ma non posso allontanarmi tanto. Se venissi in questo momento mi sgrideresti, lo so, dolcemente, ma mi rimprovereresti. Già sento la tua voce…

Aspetto che il ragazzo desista e poi torno sulla mia panchina. Ma perché tardi tanto ad arrivare? Lo sapevo, lo sapevo... non dovevo accettare questo incontro!!! Guardo ancora l’ora sul telefono. “Che stupida!” Per l’ansia di fare tardi sono arrivata con venti minuti di anticipo! Allora è tutto chiaro, mi rilasso. Rispondo a mio marito, ma non voglio chiamarlo, sentirebbe la mia ansia, allora gli scrivo che alle nove sarò a casa e di preparare la tavola.

Passano quindici minuti, poi ancora altri cinque, ora però sei in ritardo, non ti vedo, non ti sento, sono agitata. Dove sei cavolo? Cosa faccio? Non posso chiamarti, mi hai detto di non farlo. Penso per quale diavolo di motivo non dovrei? Spero in un tuo messaggio. Chissà cosa ti sarà successo, la macchina, un imprevisto, ma io sono all’oscuro di tutto. Ora l’ansia si fa più netta. Ho fatto salti mortali per essere qui in segreto, di nascosto da mio marito. Lo sapevo cavolo, non dovevo accettare.

D’improvviso uno schianto tremendo, mi volto di scatto, il cuore batte a mille, guardo verso la strada, due macchine hanno tamponato, spero non si siano fatte nulla. Cerco di scorgere se ci sono feriti, ma sono lontane, Dio questa non ci voleva, ora verranno i Vigili Urbani, l’autombulanza, qui diventerà un porto di mare, oggi va tutto storto! Tutto storto, per fortuna avevamo scelto un posto tranquillo! Tu non verrai, lo sento, lo so. Che faccio? Verranno a chiedermi se ho visto qualcosa, se posso fare da testimone. Mi alzo, vado verso il punto più buio del parco, qui non mi vedono, ma ho paura, sento rumori strani, mi guardo più volte intorno, mi rassicuro pensando ad un cane randagio, aspetto qualche minuto, poi torno, mi rimetto seduta. Inizia anche a piovere, beh in questi casi la pioggia non manca mai, apro l’ombrellino.

Sento la rabbia che sale, mista a qualcosa di indefinito... ho freddo, sento il gelo nelle vene, tremo, ma improvvisamente mi sento come avvolta da un senso di tepore… una sensazione... che non riesco a mettere a fuoco… e questo odore, questo odore... Qualcuno da dietro mi poggia le sue mani sul collo, mi prega di non parlare. Sono paralizzata. Il respiro è intenso, tiepido, la mano scivola magicamente sul mio seno. Sei tu, riconosco l’odore che non ho mai sentito, riconosco la delicatezza simile alle tue parole d’amore. Mi abbandono. Oh sì cavolo, sei tu, sei tu… Finalmente noi, i tuoi occhi sono due fari nel buio, le tue mani calde mi accarezzano, non parli, ti siedi accanto a me, Dio mio non mi sembra vero. Ci stringiamo, siamo due calamite. Mi baci, la tua mano sulla mia seta, mi sbottoni la camicetta, mi fai cenno con il dito di non parlare, di rimanere in silenzio e di ascoltare solo le tue carezze.

Oh sì il nostro primo incontro, come lo avevamo immaginato. “Tesoro, parleranno solo le nostre carezze, i nostri baci, tra noi non c’è bisogno di parole.” Tutto maledettamente vero, tutto maledettamente erotico ed esplosivo, mi sorridi, parli con gli occhi ed io ti rispondo: “Sono tua sai?” Ma balbetto, strascico le parole per l’emozione, perché so che ti piaccio, vedo nei tuoi occhi che sono la tua donna, unica e finalmente vera, come la mia pelle ora increspata dai brividi, come i miei capezzoli che chiedono la tua bocca. Lo so che ti piaccio, sono felice, ma vorrei anche dirti che hai giocato veramente sporco: “Volevi annientarmi vero? Colpirmi con i tuoi effetti speciali!” Ti piace il mio seno vero? Vorrei chiedertelo, ma ora tu non puoi parlare, la tua bocca è su di me, mi baci le labbra, poi scendi, il seno.

Dio che bello io e te qui, su questa panchina, chiunque ora potrebbe vederci, anche quel ragazzo di prima o i vigili sulla strada che stanno facendo i rilievi. C’è una luce lampeggiante blu che ad intermittenza rischiara la parte più bianca del mio seno, ma ora sono con te, tra le tue braccia, so che mi difenderai da ogni insidia, ogni preoccupazione, ogni malattia. Dio come sei dolce! Mai avrei creduto. E tu che insistevi, vedrai ti piacerà, vedrai che ti piacerò, che starai bene perché il nostro amore sfiderà il mondo, i benpensanti e sarà grande, unico e quando si ama non c’è nulla per cui vergognarsi. Mi abbracci, mi stringi, ora rispondo ai tuoi baci. Insisti, ti sento, il piacere sale, sale, oddio vengo, così, improvvisamente, subito, come un’adolescente, come in un miracolo mi abbandono. Mai mi era successo.

“Sono tua vero? Ti chiedo, tu sorridi, ma non rispondi, mi accarezzi il viso come fossi una ragazzina, so che questo è solo un assaggio, perché tu sei così, non ti accontenti, me lo hai detto tante volte, mi vuoi tutta, anima e corpo, e il tuo possesso desidera altro, non si sazia di una panchina al buio, di un orgasmo veloce! Vuoi oltre, di più, soggiogata al tuo piacere: “Solo così potrei liberarti!” Ora mi prendi per mano, quasi mi trascini, la camicetta è ancora sbottonata, ti seguo, mi sento più leggera, mi dici: “Voglio che mi dimostri che sei mia veramente!”
“Ti prego.” Cerco di resisterti, ho paura di me stessa, del troppo piacere, ma poi mi lascio andare al tuo volere. Sì lo sapevo, me lo avevi detto ed io non posso sfuggire alla tua regola d’amore. Mano per mano attraversiamo la strada, passiamo vicino alle due auto incidentate, entriamo nel bar, ci sediamo e mi baci. “Sei folle!” Dico. Ma tu non mi ascolti. Mi guardo intorno, ci sono altre due coppie sedute ed un uomo solo che sta tormentando il suo telefono, ma per fortuna non ci stanno guardando.

Arriva il cameriere e mentre ordini due cioccolati caldi con panna mi baci. Oddio che vergogna. Fai tutto tu, ti guardo, mi intenerisco, sei dolce, dolce, dolce, che bello averti incontrato, penso. Sposti la sedia, mi vieni vicino, sento la tua mano, si proprio quella che prima mi accarezzava il seno. Mi tocchi le gambe, poi sali, è un tragitto lento e breve, non so spiegare, sali oltre il bordo dell’autoreggente, arrivi al mio piacere ancora bagnato. Sì vero, non porto le mutandine, sono stata brava vero? Del resto è l’unica concessione che potevo permettermi allo sguardo vigile di mio marito!

Dio mio, sono sconvolta e persa, felice e terrorizzata, sento le tue dita dentro di me, prima due, poi tre, le muovi come se fossi un pianoforte, come se dalla mia fica potesse uscire una musica melodiosa, oh sì la sento, sento l’odore del mio sesso. “Sei folle!” Ti dico di smetterla, ma tu non mi ascolti, non parli, sai cosa fare, sai dove andare con la mano e la mente e sai soprattutto dove mi stai portando.

“Dimmi dove ti prego? Lo voglio sapere da te!” Ma sì, mi vuoi completamente subordinata alla tua volontà. Sì lo so, non c’è passione senza pazzia, senza la volontà di cedere a mano a mano quel briciolo di riguardo, di dignità. “Mi vuoi così vero?” Cerco di coprire la tua mano con la mia gonna, ma non voglio che tu la tolga, sì amore rimani qui, rimani dentro di me. Per nessuna ragione al mondo, ti prego, non toglierla, non lasciarmi così a metà strada, tu capti i miei pensieri, insisti, oddio si, annuisco, mi stai scopando, in un bar, tra la gente, col cameriere che tra poco tornerà qui.
Non posso essere sorpresa perché me lo avevi ripetuto migliaia di volte. Mi guardo intorno, l’uomo si è accorto, ci guarda, ha il telefono in mano, oddio ho paura, forse sta scattando qualche foto.

Devo resisterti, devo andare, mi devo alzare da qui, ma le tue dita, scendono, salgono, s’inzuppano al ritmo del mio piacere. Ora stringi il mio sesso come per mettermi in pausa e infatti mi prendi la mano e la poggi tra le tue gambe. Non resisto ti tocco. Sto godendo. Cazzo devo andare, devo liberarmi. Sto godendo. Tu avverti i miei pensieri. Eccoti di nuovo. Ecco le tue dita! Perfette, come se mi conoscessero da secoli. Come se ci fossero state da sempre qui, dalle parti della mia fica. È tua sì. Sono tua. Indecente e tua. Sto godendo. Tu insisti, l’uomo guarda, ora anche una delle due coppie guarda, ora anche il cameriere col vassoio in mano. Sto godendo. Perché mi fai questo? Perché hai voluto così? Il nostro primo incontro. Sto godendo. Devo andare, mi devo alzare, eccoti ancora, premi, spingi, infili, esci, mi crei una voragine poi entri con più impeto finché esplodo sotto i tuoi colpi decisi.

Non parli, il tuo sorriso è un ti amo, ma i miei occhi sono pieni di paura. Non ero pronta, ma tu hai voluto così, hai voluto dimostrarmi che quando si ama tutto è lecito e niente è impossibile o forse volevi conoscere fin dove mi sarei spinta, fin dove sarei stata tua. Sì forse hai ragione, un parco, una panchina, un incontro al buio non dimostra niente. Ma ora io sono piena di vergogna, mi dici di rimanere a cosce aperte che tutti vedano quanto sia persa, quanto sia tua. La coppia sorride, l’uomo avrà scattato decine di foto. Ora stanno entrando i vigili in divisa, vanno verso il bancone, ma ci guardano. Mi tieni ferma con le mani, mi vorresti sfrontata, consapevole che l’amore valichi tutti i confini dell’ipocrisia, ma io sono diversa da te, non resisto, questo è troppo penso, forse ti sto deludendo, forse non vorrai più vedermi, arrossisco, il mio viso brucia, alla fine mi giro di scatto, i nostri occhi si incrociano, la mia mano parte e toglie la tua, mi ribello e chiudo le cosce, vedo il tuo stupore sul viso come se non capissi, come se fossi io la pazza!

Mi alzo, sono già fuori, piove ed io sono tutta sudata, mi metto a correre per quanto posso su questi tacchi, ma corro, corro, corro, decisa ad allontanarmi il più possibile da quell’amore folle, poi senza più fiato mi appoggio ad un muro, riprendo fiato, chiudo gli occhi, mi pento, mi guardo indietro, spero che tu mi abbia seguita, sento che potrei venire ancora senza toccarmi, solo al pensiero di aver trovato con te la mia strada, la mia dimensione, il mio abbandono. Sì che potrei venire al pensiero di quello che ho fatto, di quello che mi hai fatto fare, di quello che potrei ancora fare se tu mi volessi ancora. Ecco sì mi sto bagnando ancora, solo al ricordo di te, delle tue dita, delle tue labbra, dei tuoi baci, al ricordo ormai indelebile del sapore dolciastro del tuo rossetto alla fragola.


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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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