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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Grace, la principessa polacca
 





La principessina Grace Lumdilla Loborski‎ scese dalla carrozza sul piazzale del grande Castello di Harlech tirato a lucido per l’occasione. Ad attenderla in alta uniforme vi era suo zio Oliver William, principe di un ramo minore degli York e ammiraglio di flotta della Royal Navy.

La giovane Principessa, dopo un lungo viaggio attraverso l’Europa, era appena giunta da Cracovia. Ester, la madre di Grace, sorella della defunta moglie dello zio, aveva riposto molte aspettative su questo viaggio della figlia, tanto che, fin da quando Grace era bambina, le aveva imposto lo studio della lingua inglese e delle buone maniere del Grande Impero Britannico.

La principessina Grace Lumdilla Loborski ‎aveva appena compiuto diciotto anni e sia sua madre che suo padre erano intenzionati a sfruttare quanto prima la bellezza diafana del suo volto incorniciato da lunghi capelli ramati. Del resto la situazione in Polonia stava precipitando e ultimamente le finanze dei Loborski erano notevolmente peggiorate tanto che suo padre era stato costretto a vendere parte dei gioielli appartenuti al suo casato e il palazzo di famiglia nella piazza principale di Cracovia optando per una casa di poco prestigio più consona alle loro attuali finanze.

Data la situazione non c’era assolutamente tempo da perdere né tantomeno aspettare l’eredità degli York, unica loro speranza, che sarebbe comunque arrivata in piccola parte solo alla morte dello zio Oliver. Nelle intenzioni della famiglia Loborski vi era il desiderio non troppo celato di arrivare ad un ben più rapido e consistente appannaggio facendo convolare a nozze la loro unica figlia Grace con suo cugino Maurice, figlio di Oliver, il quale però aveva compiuto da poco appena quindici anni.

Quel viaggio avrebbe dovuto consacrare tutte le loro speranze per cui, al compimento dei diciotto anni della loro figlia, non persero tempo e dopo averla ricoperta di premurose e interessate raccomandazioni misero Grace su una carrozza in direzione di Londra.


*****


Quando la principessa Grace arrivò al Castello di Harlech nella primavera ancora fredda del 1899 trovò ad accoglierla sul piazzale oltre a suo zio, il maggiordomo, l’istitutrice di famiglia, un amico dello zio, capitano di fregata, e quattro inservienti in livrea.
"Ben arrivata mia cara Grace, avete fatto buon viaggio?" Chiese suo zio accennando ad un aristocratico baciamano. Grace sorpresa da quel gesto annuì con un sorriso e una minima riverenza, ma senza proferire parola per via del suo stentato inglese scolastico mai finora messo in pratica.

Era la prima volta in assoluto che vedeva suo zio e dovette ammettere che non era né anziano e né burbero come l’avevano da sempre descritto nella sua casa. Lei, da istruzioni ricevute dalla famiglia, chiese immediatamente di suo cugino Maurice non presente sul piazzale. Oliver sconsolato allargò le braccia informando la nipote che il ragazzo da sempre introverso e taciturno aveva preferito rimanere nelle sue stanze dedicandosi allo studio dell’entomologia.

Superato il momento di imbarazzo lo zio Oliver, da perfetto padrone di casa, le fece visitare parte del giardino all’italiana opera dell’architetto Henry Wotton, l’ala destra del castello in stile rinascimentale, l’altra era disabitata da circa un secolo, e gli appartamenti dove sarebbe stata ospitata la principessa per tutta la durata del suo soggiorno. Poi finalmente le presentò suo figlio Maurice intento nella sua stanza a vivisezionare una farfalla regina. Il ragazzo alzò appena lo sguardo e Oliver e Grace si congedarono immediatamente dopo lasciando Maurice alla sua attività preferita.

Dopo aver gustato una tazza di thè nella sala degli Arazzi lo zio Oliver, affidando Grace ad una delle due giovani governanti di corte, disse: “Ora avrete bisogno di riposarvi. Vi aspetto stasera alle sei in punto per la cena.”


*****


Si ritrovarono tre ore dopo attorno alla tavola imbandita. Lo zio Olivier le riservò il posto alla sua destra, mentre Maurice alquanto contrariato dovette traslocare alla sinistra di suo padre. Grace ebbe modo di gustare una minestra d’orzo alla Scozzese, un quarto di gallina alle punte di asparagi e dei carciofi alla Bariguole. Tutto così squisito che dovette ricredersi sulle abitudini alimentari degli inglesi. Finita la cena suo zio le disse: “Bene mia cara Grace. Ora ho bisogno di parlarvi." E la pregò di seguirlo nella grande sala della biblioteca.

Davanti ad un fuoco scoppiettante e a due bicchieri di sherry, il principe mise al corrente la nipote del suo scambio epistolare con la madre, ossia sua cognata. “Vostra madre desidera un buon partito per voi e mi ha pregato di farvi conoscere più di un pretendente in modo che voi possiate scegliere con avvedutezza il vostro futuro e non rimanere delusa. Quindi prima della vostra venuta ho deciso di organizzare una festa in vostro onore in modo che possiate fare il vostro ingresso in società.”

Grace ringraziò più volte suo zio, ma lui guardandola negli occhi si rabbuiò aggiungendo: “Voi di certo siete una giovane ragazza molto bella e da questa mattina, ossia da quando ho potuto ammirare ed apprezzare le vostre fattezze, mi è sorto un enorme dubbio ovvero se sia doveroso e soprattutto necessario concedervi nella mia benevolenza ad un pretendente che non appartenga alla nostra famiglia.”

Grace conosceva benissimo le intenzioni di sua madre, per cui pensò che in quello scambio epistolare lei non avesse svelato i suoi reali propositi ovvero quello di farla convolare a nozze con suo cugino. Secondo le istruzioni di sua madre avrebbe dovuto prendere l’iniziativa e indirizzare suo zio verso l’unica scelta che avrebbe soddisfatto le mire della sua famiglia, ma dalla prima impressione si rese conto che l’ipotesi Maurice fosse alquanto problematica se non addirittura impossibile. Comunque ringraziò suo zio per le belle parole e disse: “Zio, confido in voi perché sono certa che sceglierete quanto di meglio possa offrirmi il destino.”


*****

Il giorno successivo durante una battuta di caccia organizzata in suo onore la bella Grace prese l’impegno sul serio e si dimostrò un’abile cacciatrice. Grace, che, come tutte le donne dell’epoca, montava all’amazzone ossia con le gambe sullo stesso lato, indossava una gonna lunga di panno con una giacca che le scendeva sotto la vita. Il cappello a cilindro era abbellito da una veletta nera. Lo zio Oliver, estasiato da quella visione, più volte la chiamò scherzosamente Diana, la dea cacciatrice, e per tutta la durata della battuta le stette accanto come un’ombra, ricoprendola di complimenti sulla sua abilità e sulla sua bellezza. Quegli elogi divennero via via sempre più pressanti al punto che Grace si soprese ad interrogarsi se quelle lusinghe di suo zio fossero una stucchevole galanteria o un vero e proprio corteggiamento.

Al ritorno della caccia lo zio la pregò di far visita al giardino interno del castello. Le camelie stavano fiorendo e le rose timidamente si apprestavano a colorare di rosa e di giallo i loro boccioli. Lo zio disse: “Voi siete il fiore più bello che io abbia mai visto.” Poi le afferrò delicatamente la mano guantata e si lasciò andare ad un plateale baciamano.

A dire la verità la bella principessa, pur nella sua breve vita, era stata già oggetto di attacchi mirati da parte di spasimanti, a cui aveva risposto freddamente, ma l’atteggiamento di suo zio non la lasciò per nulla indifferente sia per la gentilezza che per quel modo enigmatico di esternare la sua ammirazione. Certo era pur sempre suo zio per cui abbassò lo sguardo concentrandosi su una rara gardenia rosa pallido in bella vista chiamata Queen Elisabeth.

Quella frase nella veranda tuttavia la turbò al punto che quando tornò al castello tutta sudata ebbe bisogno del sostegno del maggiordomo per salire la grande rampa di scale. Una volta accompagnata nelle sue stanze diede ordine alla governante di prepararle un bagno caldo. Immersa nella grande vasca e nel segreto delle sue intimità la principessina polacca ripensò con piacere a quelle parole. Il tepore dell’acqua e i sali orientali profumati favorirono i suoi pensieri più segreti. Certo c’era una differenza di età non trascurabile, ma di contro era un bellissimo uomo maturo. Cercò di scacciare quei pensieri peccaminosi, ma poi ci tornò sopra e si chiese quanto sua madre avrebbe gradito quell’unione incestuosa avanzando a sua scusante l’ipotesi che l’eventualità di sposare suo cugino Maurice avrebbe comportato un’attesa lunga di almeno tre anni e che quindi le finanze della sua famiglia non avrebbero potuto aspettare così tanto tempo.

Grace come detto a diciotto anni aveva già avuto qualche spasimante. Nulla di serio, ma quegli approcci timidi e sfuggenti erano serviti semplicemente ad entrare in società e nel contempo a rendersi conto quanto i giovani uomini, suoi coetanei, non fossero fatti per lei. Per cui pensò seriamente a quanto fossero reali le intenzioni di suo zio o se fossero frutto esclusivamente della sua fervida fantasia, chiedendosi nel contempo, nel secondo caso, cosa avrebbe dovuto fare per favorirle senza ovviamente compromettersi.

Riuscì anche ad accarezzarsi ed a fantasticare su come sarebbe stato il primo approccio, immaginandosi già padrona di quel castello, a come sarebbe cambiata la sua vita e a quanti inchini avrebbe ricevuto nel corso di una intera giornata. Felice ebbe anche un timido orgasmo favorito soprattutto da quell’acqua piacevolmente calda e profumata d’Oriente. Aveva ragione suo zio non occorreva organizzare alcuna festa perché tutto sarebbe rimasto in famiglia.

Si ridestò solamente quando la cameriera, preoccupata per il lungo tempo trascorso nella vasca da bagno, la chiamò, e l’acqua iniziò a perdere il calore consentendo alla sua mente, con lentezza, di tornare presente a sé stessa e a pensare a cosa avrebbe indossato per la sera. Aiutata dalla seconda governante più anziana si preparò per la sera e consigliata dall’inserviente optò per un abito nero scollato a maniche corte guarnito da fiori rosa ornati con pizzo, per sopra scelse una mantellina di taffetà che riprendeva la tinta più scura dei fiori.


*****


A cena, quando lo zio Oliver la vide, non credette ai propri occhi, Grace ci mise del suo ostentando la sua eterea bellezza con un leggerissimo trucco e i capelli finemente raccolti. Ormai nella sua mente appariva tutto estremamente chiaro, suo zio sarebbe stato il suo futuro sposo e non c’era alcun bisogno di aspettare la sua morte, anzi tutto sarebbe avvenuto facilmente e in fretta.

La sera stessa dopo cena nella biblioteca Grace non stava nella pelle, ma non sapendo come mettere al corrente suo zio della decisione presa, aspettò pensando che gli eventi successivi le avrebbero dato una mano.
Poi disse: “Zio, ma voi siete innamorato?”
Oliver rise all’ingenuità della domanda, ma poi sibillinamente rispose: “Oh no mia cara, ma se davvero dovesse accadere, anche alla mia età, ormai non più giovane, vorrei innamorarmi di una ragazza bella come voi.”
Beh sì non era una dichiarazione vera e propria, ma era quanto bastava in quel momento alla principessina per covare delle magnifiche sensazioni. Ed in effetti Grace arrossì e Oliver riprese: “Il vostro rossore è quanto mai linfa per le mie convinzioni e per la decisione che ho preso vedendovi.”
Grace per timidezza non chiese quale fosse la decisione e Oliver riprese: “Siete felice di entrare a far parte di questa famiglia?”
Grace per la contentezza avrebbe voluto alzarsi ed abbracciarlo, ma non era nell’etichetta di una principessa per cui annuì semplicemente.

Lo zio Oliver si verso dello sherry e continuò: “Se siete d’accordo. Domani stesso invierò una lettera a vostra madre Ester.”
Grace sentendo il nome di sua madre ripiombò nella dura realtà e disse: “Penso che i miei genitori non sarebbero d’accordo.”
“Voi siete più matura della vostra età, ma non preoccupatevi, sono a conoscenza delle difficoltà finanziarie della vostra famiglia ed io ho la soluzione che soddisferà ampiamente i vostri genitori.” Rispose suo zio.

Grace non chiese quale fosse la soluzione, ma pensò che le grosse e generose ricchezze dello zio avrebbero appianato ogni controversia.
Si sentì sollevata, del resto sin dal primo colloquio aveva detto allo zio che si sarebbe fidata cecamente delle due decisioni. Nella sua mente tornarono i pensieri del pomeriggio di quand’era immersa nell’acqua. Avvertì come d’incanto il profumo orientale dei sali, il calore del suo ventre e tra sé e sé giurò di essere già pronta per i piaceri dell’amore. Perfino quella notte si sarebbe offerta, sempre che suo zio l’avesse desiderata con impazienza al punto da non poter attendere un minuto in più.

Il suo cuore iniziò a battere, di certo non aveva previsto che succedesse al secondo giorno di permanenza. Cosa avrebbe dovuto fare? Ma ancora una volta il suo pudore prese il sopravvento e vergognandosi all’idea rivolse il suo sguardo verso il camino scoppiettante. Quell’atto non sfuggì allo zio e vedendola agitata cercò di tranquillizzarla rassicurandola che nessuno mai l’avrebbe compromessa tanto che il giorno dopo, alla presenza di una ristretta cerchia di amici come testimoni, avrebbe dato l’annuncio e ufficializzato il motivo della sua permanenza in quel castello.

Grace dovette ammettere che i pensieri di suo zio fossero in quel momento molto distante dai suoi e per pronta risposta chiese un bicchierino di sherry all’inserviente. Poi chiuse gli occhi senza ragione fantasticando in cuor suo in un timido abbraccio oppure un bacio, seppur sulle labbra, da parte di suo zio. Naturalmente non successe nulla e dopo alcuni secondi ebbe la certezza di essersi spinta troppo oltre dato che suo zio si alzò, diede le ultime istruzioni al maggiordomo e, rimanendo a distanza di sicurezza, le augurò semplicemente la buonanotte.

Delusa, rimase seduta davanti a quel fuoco e fissandolo si rinfrancò pensando a quanto il destino fosse stato benevolo con lei. Per ragioni di parentela lo zio Oliver nutriva per lei un profondo rispetto ed era ovvio che essendo un uomo maturo ed accorto, davanti all’inserviente si era comportato come tale. Per questa ragione quando si alzò per recarsi nel suo appartamento preferì andare da sola senza la governante nella convinzione che quella serata non fosse affatto finita lì e che lo zio, in qualche modo, eludendo gli sguardi della servitù, avrebbe agito con la massima discrezione.


*****


Così fu.
Entrata in stanza Grace dovette aspettare un solo tocco di pendolo. Quando lo zio entrò dopo aver bussato delicatamente alla sua porta rimasero in silenzio dando modo ai loro sguardi di dire ciò che entrambi desideravano. Lei quella notte lo amò più di se stessa e lui davanti a quello splendore acerbo e puro non fu da meno.

Quella notte piovve a temporale e lei gli chiese di stringerla forte. Portava indosso solo una camicia da notte di seta gialla e Oliver attraverso quelle trasparenze ammirò i suoi piccoli capezzoli rosa e la pelle bianca del suo seno. Delicatamente iniziò ad accarezzarla e a baciare quelle piccole sporgenze. Nessuno dei due parlò, nessuno dei due osò rompere quel silenzio accompagnato solo dai loro respiri caldi e dalle gocce di pioggia che sbattevano sui vetri delle finestre. Oliver rapito da quella bellezza baciò il velluto morbido delle sue labbra, fu il loro primo bacio. Poi la distese sul letto e con la bocca scivolò lungo il suo corpo caldo fino a svelare completamente la sua nudità. Era una farfalla Grace, dalle ali rosacee e infinitamente calda. Oliver assaporò quel nettare mieloso, poi la preparò per un tempo interminabile fino a quando, al culmine della sua passione ebbe solo un leggero tentennamento, ma fu Grace stessa ad invitarlo nelle sue grazie, fu lei a sussurragli di non esitare e a dirgli che lo aveva desiderato sin dal primo momento. Lo zio completamente attratto da quel candore ingenuo e allo stesso tempo malizioso sprofondò senza più accortezze nella verginità di quel frutto ancora adolescente e nello stesso tempo negli inferi di un amore proibito e così segreto che mai nessuno ne avrebbe avuto conoscenza. Lei durante l’atto pianse lacrime di gioia nella consapevolezza di aver fatto la scelta migliore donando la sua purezza ad un uomo maturo che ne avrebbe fatto di certo buon uso. Lui senza più remore e instancabile la cercò di nuovo e i loro corpi si fusero fino al primo chiarore dell’alba nuova.

Poi Oliver per il timore che la servitù svegliandosi avrebbe potuto coglierlo in quel letto la salutò con un bacio. Grace per la contentezza di quel suo primo rapporto non riuscì a prendere sonno. Contò le ore ed i minuti che mancavano al grande evento e si chiese se dopo l’annuncio ufficiale quanto ancora suo zio l’avrebbe desiderata e in che misura. A quel proposito si chiese quale fossero le usanze della Vecchia Inghilterra e se quella differenza di età e soprattutto quel legame di parentela sarebbero stati ostacolo al loro amore. Nonostante quelle difficoltà era tuttavia certa che tutto sarebbe avvenuto alla luce del sole e lei sarebbe stata a tutti gli effetti la principessa di York. Certo non avrebbe avuto il coraggio di guardare sua madre negli occhi, ma si consolò pensando che avrebbe incontrato i suoi soltanto il giorno del suo matrimonio vestita da sposa e solo dopo che suo zio avrebbe appianato le loro difficoltà economiche.


*****


Il giorno dopo Grace preferì stare da sola, fece una passeggiata lungo i vialetti del giardino all’italiana, poi si rifugiò in biblioteca e lesse un intero capitolo di “Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo” di Laurence Sterne. Solo nel primo pomeriggio si recò nei suoi appartamenti. Il ricevimento era fissato per le cinque poco prima della cena.

Alle quattro e cinquantacinque indossando un abito di pizzo bianco panna e accompagnata dalla governante più anziana iniziò a scendere i gradini di marmo della scala principale. Le tremarono le gambe quando vide dall’alto la sala del ricevimento e che ad attenderla vi erano una ventina di invitati. L’ufficialità era garantita! Pensò che ormai non avrebbe dovuto temere più nulla chiedendosi nel contempo quale soluzione avesse escogitato suo zio.

Prima dell’ultimo gradino lo zio Oliver in completo nero con i galloni dorati dell’Esercito Imperiale le si fece incontro e inginocchiandosi le sorrise e le prese la mano guantata di bianco. Poi lentamente, lungo le due file degli invitati, la condusse al centro della sala sotto il monumentale lampadario di cristallo e chiamando a sé suo figlio Maurice disse a tutti i presenti: “Ho l’onore di presentarvi la mia futura nuora.”










 





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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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