Adamo
ci parli del brano “Don Giovanni”?
“Don
Giovanni” è senz’altro la canzone più bella
dell'intero repertorio di Lucio Battisti composta da
un andamento cadenzato e una gradevole melodia.
Venne pubblicata nel marzo del 1986 all’interno
dell’album omonimo con etichetta Numero Uno. Tieni
conto che Battisti pubblicò quest'opera dopo ben tre
anni e mezzo di silenzio ed è da tutti considerata
come il punto di rottura con la sua precedente
produzione.
Quali furono le novità?
Ah senz’altro i testi non più affidati a
Mogol, ma avvalendosi della collaborazione del
paroliere e poeta romano Pasquale Panella. Testi
originalissimi, ricchi di doppi sensi e giochi di
parole. A questo primo album ne seguirono altri
quattro cosiddetti “dischi bianchi” dalle copertine
bianche e minimaliste. Per quanto riguarda le
sonorità Battisti riscopre melodie più compiute e
simili ai suoi classici col ritorno di archi e
sassofoni.
Il pezzo viene da tutti
considerato una risposta di Battisti a Mogol…
Sì in effetti dopo la conclusione del loro
rapporto professionale, Mogol tramite la canzone
Australia di Mango aveva rivolto parole pungenti al
suo ex amico: “Guardati un po' nello specchio,
non trovi che non sembri neanche tu, purtroppo sei
quasi un vecchio, nell'alcool tu affoghi sempre più,
eppure tu eri un divo, sublime come un Dio, tu non
perdevi mai e non pregavi. Cos'è successo al tuo
successo, dove hai sbagliato presuntuoso uomo, se tu
sei eterno questo è l'inferno, non sai neanche a chi
chieder perdono…”
La replica
quale fu?
Battisti gli rispose così:
Non penso quindi tu sei, Questo mi conquista,
L'artista non sono io, Sono il suo fumista, Son
santo, mi illumino, Ho tanto di stimmate… Rivesto
quello che vuoi, Son l'attaccapanni, Poi penso che
t'amo, No anzi che strazio, Che ozio nella tournee,
Di mai più tornare, Nell'intronata routine, Del
cantar leggero, L'amore sul serio, E scrivi Che non
esisto quaggiù, Che sono L'inganno, Sinceramente non
tuo… Dimmi chi ti paga?”
Insomma
con questo disco Battisti volta pagina…
Sente il bisogno di scrollarsi di dosso il suo
passato ingombrante e il carrozzone mediatico che lo
ha fatto grande, ma lo ha rinchiuso nella gabbia del
fatto e rifatto, delle melodie stagnanti e troppo
appiccicosamente romantiche. Deve camminare con le
sue gambe senza quelle di Mogol, per cui dà vita a
liriche fuori dal contesto tradizionale, dove l’asse
portante non è più l’amore ma la bellezza assoluta.
Il testo? È un autoritratto che si sfalda sotto i
riflettori di un teatro vuoto: Battisti si guarda allo
specchio e vede un pagliaccio sacro, un Don Giovanni che
riveste ruoli su un attaccapanni di carne, un Ben-Hur
che segna e depenna la sua stessa corsa. Non pensa,
quindi non è – parafrasa Cartesio per negarsi, e in
quella negazione si illumina come un santo con stimmate
finte, fumista di se stesso. L’artista è un altro, lui è
solo il fumo che esce dal camino, il riflesso che
inganna. La tournée è ozio eterno, un mai più tornare
alla routine intronate del cantar leggero, dove l’amore
sul serio diventa una nota stonata che nessuno vuole
sentire. Pensa di amare, poi ritratta – “che strazio!” –
perché l’amore è un costume di troppo, un’armatura che
pesa sul cuore di chi già porta troppi personaggi. E
alla fine scrive, o meglio detta, la sua assenza: non
esiste quaggiù, è l’inganno sinceramente non tuo. La
voce di Battisti si fa sussurro ironico, quasi divertito
dalla propria dissoluzione, mentre la melodia ondeggia
tra cabaret e confessione, tra il ghigno di chi sa di
essere falso e la malinconia di chi, proprio per questo,
è vero. È un brano che ride di sé per non piangere, che
si smonta pezzo a pezzo fino a restare solo un’eco, un
“sinceramente non tuo” che suona come l’ultima battuta
di un attore che ha dimenticato di essere anche uomo.
È vero che Battisti proibì la stampa su
cd?
Vero, l’autore autorizzò
inizialmente l’uscita su vinile e musicassetta
convinto in quanto diffidente circa la resa delle
sue canzoni su questo nuovo strumento di
riproduzione da lui giudicato "freddo". Poi forse ci
ripensò e otto anni dopo nel 1994 autorizzò la
ristampa dell’album anche su CD.
Ebbe
successo?
Nonostante gli schemi
informali, i testi anticonvenzionali e la radicale
rottura con ogni forma metrica, l'album ebbe una
discreta accoglienza e un buon successo: fu il terzo
album più venduto in Italia del 1986, raggiungendo
come picco nella classifica settimanale il primo
posto; solo nel primo mese furono vendute 250 000
copie. Comunque la rottura col passato ossia con
l’autore di Dieci Ragazze spiazzò pubblico e critica
nonostante l’entusiasmo dichiarato pubblicamente da
Francesco De Gregori.
Conclusioni?
Battisti con questo disco non riesce ancora
ad esprimersi compiutamente risultando a tratti
instabile e poco efficace. Insomma siamo in presenza
di un’opera di passaggio dell’evoluzione artistica
di Battisti che lo porterà ai picchi successivi di
una vera apertura dell’arte musicale.
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