Adamo di cosa
parliamo?
Del lato B del brano “I
giardini di marzo” pubblicato dal duo Battisti Mogol
il 24 aprile del 1972 con etichetta Numero Uno e
inserito nell’album Umanamente uomo: il sogno. Si
tratta del quindicesimo singolo di Lucio Battisti e
stiamo parlando di un disco d’oro con oltre 35 mila
pezzi venduti, ma è evidente che il merito
principale spetta al lato A del disco ossia “I
giardini di marzo”.
Fu un successo
incredibile vero?
Raggiunse il primo
posto della classifica italiana e vi rimase per
circa due mesi. Fu il 4º più venduto del 1972 in
Italia.
E “Comunque bella”?
È una storia d'amore nel quale il
protagonista, nonostante lei l'abbia tradito, non
può fare a meno di guardarla e di trovarla comunque
bella.
Il tema ricorda un po’ “Non è
Francesca”…
Non solo, ricorda anche
"Fiori rosa, fiori di pesco", "Il tempo di morire",
"Io vivrò (senza te)". Vale a dire il difficile
rapporto di Battisti con le donne o se vuoi con un
certo tipo di donne. Una canzone sostanzialmente
triste dove si assiste quasi fosse una diretta al
tradimento di lei. Ma in questo caso la donna non è
affatto pentita: “non ti chiedo perdono perché tu
sei un uomo..." ossia ribadisce il potere della
donna e non solo per la dichiarata bellezza, ma
ancora più per la sicurezza di essere, tra i due, la
più forte.
Quindi per Battisti la
donna ha una posizione di forza?
Direi
assoluta, mentre lui è costretto, stregato dalla sua
bellezza, ad accettare uno “sguardo stravolto da una
notte d’amore”, notte d’amore da cui lui, va da sé,
è rimasto fuori. Rispetto a Non è francesca qui c’è
la consapevolezza del tradimento.
Canzone romantica ma allo stesso tempo triste…
Non sono d’accordo anzi io ci vedo il
trionfo, la bellezza e la forza dell’amore di un
uomo così innamorato che nonostante tutto,
nonostante il tradimento, nonostante lei lo abbia
ferito, continua a vederla bellissima. Insomma
l’amore supera ogni contrasto e non c’è difetto che
possa offuscare la vista. E già: “Comunque bella”
Che sensazione si respira ascoltando il brano? Un
ritratto di donna dipinto con la luce incerta di un’alba
che non sa se perdonare o accusare: Battisti la osserva
mentre cambia pelle come il tempo, vestita di fiori o di
fari, scalza tra le rose o avvolta in una sciarpa bianca
che sembra neve caduta per sbaglio su un corpo in
fiamme. È bella sempre, anche quando la gelosia le
avvelena il cuore sotto il seno, quando vede l’ombra di
un’altra prima ancora che esista, e il suo arcobaleno si
spegne in fondo agli occhi. Mogol non la giudica, la
racconta: la furia, il tradimento, la pioggia che le
cola dai capelli come lacrime che non vuole piangere.
Torna all’alba, stravolta, con segni sul viso che sono
mappe di una notte sbagliata, e dice “non ti chiedo
perdono perché tu sei un uomo”, come se bastasse la
mascolinità a giustificare tutto, o forse a rendere il
dolore più acuto. Mente, dice di amarlo più di prima, e
Battisti canta quella bugia con una dolcezza che taglia:
la voce si incrina quel tanto che serve a far capire che
sa, che ha capito tutto, ma sceglie di restare. È un
amore che si nutre di contraddizioni, di bellezza che
resiste alla bruttezza, di fedeltà che sopravvive al
tradimento. Il ritornello “eri bella, bella, comunque
bella” non è consolazione: è una sentenza, un sigillo su
una donna che non si può ridurre a un errore, a una
notte, a una menzogna. È il riconoscimento che l’amore,
a volte, è più grande delle sue ferite, e che la
bellezza può essere proprio lì, nel coraggio di tornare
bagnati di pioggia e di bugie, sapendo che qualcuno ti
guarderà e dirà comunque “bella”.
Chi sono i musicisti?
Lucio Battisti: voce e chitarre insieme a Massimo
Luca ed Eugenio Guarraia. Angelo Salvador al basso.
Tony Cicco alla batteria. Dario Baldan Bembo
all’organo Hammond, pianoforte, piano elettrico.
Mario Lavezzi, Oscar Prudente, Babelle Douglas,
Barbara Michelin e Sara si cori, violini, viole,
violoncelli, ocarina. Gli archi e la regia furono
affidati al solito Gian Piero Reverberi.
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