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STORIE DI ROMA

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INTERVISTA IMPOSSIBILE
Lucrezia Porzia
“Matrema non vole”
Lucrezia fu una delle più famose prostitute della Roma del ‘500. Figlia d’arte iniziò a esercitare il mestiere nelle osterie a dodici anni. Per potersi scegliere i clienti e liquidare quelli che non le piacevano ripeteva spesso la frase “Matrema non vole”






 

 

 
La Roma cinquecentesca fu uno strano mix di sacro e profano: città santa da una parte, luogo di postriboli e prostitute dall’altra. Il Rinascimento coincise probabilmente con il “momento d’oro” della prostituzione nella capitale, che su una popolazione di cinquantamila abitanti giunse a contare circa 7000 meretrici “in attività”. Fu così che per porre un freno al fenomeno dilagante la Santa Sede decise di tassare il mestiere più antico del mondo.
Le prostitute furono elevate al rango di donne curiali in quanto dipendenti della Curia stessa, la quale rilasciava loro una licenza per esercitare il mestiere ricavandone cospicui introiti a patto che ogni domenica le belle signore dalle scollature esagerate si recassero alla Santa Messa nella bella Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio. Tra queste in prima fila sedeva spesso Lucrezia Porzia.

Madame le sue origini?
Sono figlia d’arte in quanto anche mia madre Clarice esercitava di tanto in tanto la professione anche se ufficialmente lavorava presso la bottega di un fornaio. Fu lei, amante del lusso che non aveva, ad iniziarmi al mestiere con la prospettiva che diventassi un’onorata puttana, esperta in poesia, musica e piaceri della carne e soprattutto che fossi imbattibile nei salotti ed a letto.

La sua adolescenza?
Sono vissuta sempre con mia madre, mio padre non l’ho mai conosciuto. Da piccola vestita di cenci e scalza vendevo mele cotte in strada poi da adolescente quando ero già una ragazza formata iniziai a ballare nelle osterie di Campo de’ Fiori.

Perché venne soprannominata "Matrema non vole”?
Ero ancora molto giovane quando oltre a ballare ricevevo dagli avventori delle taverne le prime offerte. Insomma a dodici anni iniziai a fare il mestiere di prostituta e, dato che mia madre non voleva che le mie prestazioni andassero oltre un certo limite, dicendo “Mamma non vuole” liquidavo i clienti che non mi piacevano. Pensi che venni caratterizzata così profondamente da questo soprannome che finii per essere registrata in questo modo anche nell'elenco delle tasse.

Faceva finta di essere una verginella?
Beh loro ci credevano, avevo gioco facile con gli anziani e i forestieri, a quel punto alzavano il prezzo finché quando, decidendo che l’offerta fosse congrua, cedevo le mie grazie.

Com’erano le osterie a quel tempo?
Fondamentalmente era un luogo di incontro dove si poteva mangiare e a volte trovare alloggio, ma era, soprattutto, il posto dove gli uomini passavano un po’ di tempo in compagnia di amici e conoscenti, scambiando quattro chiacchiere accompagnate dal vino dei Castelli Romani, ragazze disponibili buon cibo tipo pasticcio d’occhi di vitello, zuppe di orecchi di capretto, frattaglie, interiora, testicoli di toro, minestre di pelle di capponi.

È vera la storia della scommessa sul nuovo papa?
Nel 1521 in occasione della morte di papa Leone X puntai 100 ducati di Carlini sul nome del nuovo papa che sarebbe stato eletto. Se avessi vinto avrei guadagnato i 100 ducati di contro, se avessi perso, mi sarei concessa gratis per tre notti consecutive. Puntai tutto su un cardinale mio amante, ma purtroppo persi la scommessa perché venne eletto Adriano VI e fui costretta a cedermi gratuitamente.

Per partecipare alla scommessa fece scrivere un avviso vero?
Lo affissi sulla vetrina dell’osteria dove lavoravo firmandolo col mio soprannome: «Era contenta di dormire et stare a ogni piacevole obedentia tre notti con colui che li darà securità darli ducati 100 di carlini, in evento che 'l sia papa quel cardinal che per essa se nominarà avanti la creatione; et non hessendo, lei harà dormito le tre notti con quel che vorrà scommettere senza pagamento alcuno».

Poi ebbe l’occasione della sua vita…
Conobbi un certo “Zoppino”, un ruffiano che frequentava il clero. Lui mi notò e mi prese sotto la sua protezione facendomi frequentare ambienti più raffinati, istruendomi nel modo di comportarmi e nel parlare, e dandomi anche una istruzione. Poi mi introdusse negli ambienti aristocratici dove ebbi la possibilità di incontrare gente di un certo livello.

Si dice che addirittura il famoso capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere si innamorò di lei.
Mi fece rapire dai suoi cavalleggeri proprio nella locanda dove lavoravo. Dopo l'incontro tornai a Roma e divenni la più famosa e ricca cortigiana della città.

Quindi fece carriera e diventò famosa…
Beh il mestiere era faticoso, ma mi permise di mettere da parte una cospicua somma di denaro. Lasciai la mia misera casa di via dei Coronari dove vivevo e mi trasferii in una lussuosa abitazione di rango vicino all'Osteria dell'Orso. Finalmente non ero più una “puttana da candela”, ma vestivo con abiti eleganti e frequentavo ambasciatori e cardinali.

Perdoni madame ma cosa significa “Puttana da candela”?
Erano chiamate così le puttane di infimo ordine che stabilivano il tempo della prestazione accendendo una candela in modo che il cliente fosse a conoscenza che la durata della prestazione finiva inesorabilmente al consumo della candela.

A quel punto divenne una cortigiana onesta…
Sapevo declamare versi di Virgilio, Orazio, Ovidio, Boccaccio a memoria. Sapevo anche animare i salotti, intrattenere rapporti con gli uomini più influenti della Curia, tenere conversazioni al punto che ebbi la possibilità di scegliermi i clienti, tra i quali vi erano diversi prelati e soprattutto pretendenti che sapevano recitare a memoria i versi del Petrarca.

Quindi tutto bene…
Beh non direi… nonostante fossi ormai diventata una nobildonna per le autorità rimasi schedata come prostituta tanto che nel 1524 fui costretta come una normale prostituta a sborsare la tassa sul rifacimento delle strade. Poi nel 1527 ci furono Lanzichenecchi e per non farci mancare niente anche la peste.

Lucrezia Porzia fu una delle cortigiane più prese di mira dalle "pasquinate". Riuscì a scampare al sacco dei Lanzichenecchi e alla peste e nel 1530 risulterà ancora in piena attività mondana.











 

 
 
 



L'ARTICOLO E' A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
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