Era la
fine dell’inverno del 2001 quando Alberto ha cominciato a frequentare i
giovedì dell’ Ideale, una discoteca alternativa e trasgressiva a Milano
vicino alla stazione Garibaldi.
All’Ideale vanno Gay, coppie libertine,
curiosi e, soprattutto, transessuali; questi ultimi oggetto delle
attenzioni dei frequentatori, per così dire, eterosessuali del locale.
Non importa perché uno come lui ci sia andato, fatto sta che fruendo di
libertà è limitata ai giorni infrasettimanali l’Ideale gli offriva una
serata fuori dai ranghi di quelle che gli piacciono tanto.
Nella
discoteca ha conosciuto Nadia e la sua amica Luisa. Entrambe peruviane
irregolari, con lunghi capelli biondi tinti l’una e nero corvino l’altra,
piccole come tipico della loro razza e con quei lineamenti
orientaleggianti che danno un tocco di femmilità al loro corpo procace
frutto di bisturi esperto. Nulla a che vedere con le eccentriche e
rumorose brasiliane mozzafiato o con travestiti dalla improbabile
femminilità; molto "normali", sempre con pantaloni colorati e attillati e
top rigidi che ne esaltavano le curve del piano superiore.
Nadia lo
ha puntato subito, deve aver intuito l’estraneità che lo connotava
rispetto alla maggior parte dei frequentatori e forse anche che cercava
qualcosa di diverso rispetto agli altri.
Essendo estroversa e solare
non ha avuto difficoltà a superare l’ abituale timidezza e la apparente
scontrosità che il suo piglio involontariamente accigliato trasferisce.
Alberto era appoggiato alla balaustra di bordo pista e lei, dopo un
rapido incontro di sguardi durante un ballo si è inizialmente strofinata
sul suo corpo provocando l’eccitamento già favorito dallo spettacolo
offerto dal contesto, poi, mentre lasciava scivolare la sua mano sulla sua
patta stringendo forte il membro duro tra le dita, ha detto "come ti
chiami?"….è cominciata così.
Hanno chiacchierato a lungo e lei non
mostrava ritrosia a rispondere alle sue domande sempre più incalzanti su
locali e vita notturna alternativa milanese, sembrava un normale colloquio
a due in una qualunque discoteca da rimorchio, l’unica differenza è che
loro, i trans appunto, non possono stare senza toccarti. Mentre ti parla
ti tasta, sa che ti piace, sa che vuoi quello perché dentro di sé sa bene
che cosa vuole un uomo che si avvicina a una donna e lo fa, non aspetta,
non ha pudore, non deve giustificarsi…è un trans.
Si sono visti
ogni giovedì per circa cinque mesi. Lui le ha viste insieme, Nadia e
Luisa, sempre insieme, tanto da uscire dal coro del mondo dei transessuali
dove le amicizie sono di gruppo e solidarietà regionale, non individuali;
sebbene loro conoscessero le altre erano diverse, più legate, più simili
nei gusti e nell’apparenza.
L’altra stranezza era che Luisa a stento lo
salutava, non gli si è mai avvicinata né gli ha mai parlato, fino a
domenica scorsa.
Una sera Alberto ha deciso di seguire il consiglio
di Nadia e di andare in un altro locale più spinto, che dedicava la
domenica sera alla trasgressione trasgender. Quella sera ha cominciato a
frequentare, sia pur occasionalmente, il Sommergibile, un club priveè alla
fine di via Padova. Anche qui loro c’erano sempre e le vedeva fare sesso,
Nadia in particolare, senza chiedere nulla ai loro temporanei amici: una
parola, un drink e poi via nei camerini del retro del locale.
Egli si
chiedeva perché. Il sesso per i trans è lavoro; perché vengono qui dentro,
pagano per entrare e si concedono senza nulla in cambio. Allora gli piace!
E’ stata proprio Nadia a rispondergli sia pur in parte.
Quando
voleva parlargli gli faceva cenno con la mano di avvicinarsi, di sedersi
accanto a lei oppure gli si appoggiava addosso, in piedi, e un giorno gli
ha detto: "lo faccio perché qui scelgo io e dico io cosa voglio fare e
come", i pompini al buio me li devono pagare in strada".
Non gli ha mai
chiesto di offrirle da bere, passaggio obbligato per i trans prima del
sesso non mercenario.
Alberto ha lasciato Milano all’inizio
dell’estate.
Dopo due anni, nel 2003, un nuovo impegni di lavoro
obbligava Alberto a tornare nel capoluogo lombardo. Egli era ansioso di
tornare e vedere quello che era successo in tutto quel tempo. Due anni
sono un enormità per un trans, con la vita che fanno ogni giorno può esser
l’ultimo: malattie, amicizie pericolose, maniaci sono sempre lì in
agguato, anche se loro ci hanno sempre convissuto e quindi sanno come
trattare con il popolo della notte.
Non appena rimesso piede
all’Ideale rieccole: Nadia e Luisa di nuovo sulla sua strada. Lei aveva
modificato il suo look facendosi delle treccioline stile rasta e aveva
infittito il trucco, tanto che è stata solo la presenza di Luisa a dargli
la certezza che si trattasse di loro.
Non l’ha salutata, si è accorto
che gli ha lanciato uno sguardo ma ha rivolto gli occhi, per lui era
passato, finito, aveva rimosso il periodo trascorso.
Ancora una
volta è stata lei ad avvicinarsi, la seconda volta che è entrato nel
locale gli ha detto "ciao romano, è un sacco di tempo che non ti vedo"…lui
si è fatto aggiornare sul locale che era cambiato, c’erano dentro molti
ragazzetti giovanissimi che parlavano dialetti dell’est europeo, gli ha
chiesto che facessero lì e lei, con aria di superiorità, ha risposto "sono
rumeni, ci servono quando vogliamo divertirci un po’".
Quello che
Nadia ha detto è vero ma non del tutto, questi ragazzi senza ne arte ne
parte, diventano spesso partner abituali dei trans in particolare
sudamericani, e, aiutati da una certa prestanza giovanile, gli dichiarano
eterno amore sfruttando con regali e soggiorni abitativi la voluta
ingenuità dei loro amanti transessuali. Sono violenti, senza scrupoli e
quando le cose non vanno come vogliono loro non esitano ad alzare, nel
migliore dei casi, le mani.
Nadia era diversa, non lo toccava più,
gli ha chiesto un passaggio in un locale vicino alla stazione. Il suo
rifiuto motivato dalla preoccupazione di esser intercettato dalla polizia
e di avere problemi l’ha fatta infuriare, si è allontanata velocemente ed
è uscita dal locale.
Si sono incontrati ancora e lei si comportava come
se nulla fosse successo, sorrisi e saluti.
Un giorno Alberto ha
deciso di assumere un iniziativa nei suoi confronti, le ha chiesto se le
avesse fatto piacere di accompagnarlo in un locale in zona Sempione dove
facevano una festa dedicata alla gang bang eterosessuale, si entrava
insieme e poi ciascuno per conto suo. Era entusiasta, ormai aveva perso
ogni speranza con lui di riuscire ad esser trattata come un "normale"
essere umano; la sua sola preoccupazione a quel punto era Luisa, la doveva
sistemare oppure doveva venire con loro assieme ad un altro amico; Alberto
rifiutò recisamente questa seconda ipotesi ne precisò che comunque era sua
intenzione di incontrarsi davanti al locale. Rimasero d’accordo che al
prossimo incontro le avrebbe fatto sapere i dettagli.
Per lui
questa scelta era dolorosa, significava accettare che un mondo che voleva
tenere ai margini nella sua vita sarebbe entrato a far parte di quella in
maniera "ufficiale", significava accettare in qualche modo una
inaccettabile verità.
Per questo anche in questo caso aveva scelto di
non scambiare numeri telefonici e di non andare insieme in macchina era un
ultima resistenza imposta dal pregiudizio per cui il contatto con queste
persone segue due strade distinte: attrazione e ammirazione nel buio e
nell’anonimato di un locale, distacco e distanza fuori.
Eppure lui
sa che sono donne, o almeno si sentono completamente tali. Le aveva viste
al Sommergibile, dove possono fare ciò che vogliono senza incorrere
nell’intervento di nerboruti buttafuori, ballare seminude guardandosi allo
specchio compiaciute del loro fisico minimamente costretto in tacchi
altissimi, perizoma in bella vista e trasparenze da cardiopalma, con delle
movenze da cui traspare una femminilità assoluta condita dal calore
sudamericano del loro sangue.
Siamo all’epilogo ormai.
C’è stata
una interruzione di tre settimane nella frequentazione da parte di Alberto
dei locali e dall’ultima volta che aveva incontrato Nadia.
Giovedì
scorso torna all’Ideale e vede Luisa. Nadia non c’era. Si è chiesto il
perché, era la prima volta in tutti quegli anni che non le vedeva insieme,
ma si è risposto che lei aveva probabilmente rimorchiato ed era altrove.
Domenica sera va al Sommergibile, una bella serata, tanta gente. Arriva
Luisa, di nuovo sola.
Non riesce a trattenersi e, nonostante la
mancanza di confidenza le chiede "e la tua amica?" lo guarda un minuto e
risponde senza far trasparire sentimento alcuno "come non lo sai…."
creandogli una certa irritazione per l’assimilazione ad un ambiente che
non voleva considerare suo "Nadia….è morta, un incidente d’auto".
Alberto aveva i brividi e la spina dorsale gli si è irrigidita. Si è
vergognato. La guarda nei piccoli e allungati occhi neri e intravede un
velo di lacrime formarsi e sparire immediatamente, poi Luisa ha aggiunto
"sai non era una mia amica…era mia sorella".
Per lui la serata era
finita lì, non ha detto nulla si è allontanato ancor più velocemente del
solito ma non riusciva a scollare gli occhi di dosso a Luisa che stava
seduta sola su un divanetto con aria indifferente.
L’indifferenza che
traspariva era in realtà consapevolezza dell’ineluttabilità degli eventi e
di come la morte ci accompagni in ogni momento della nostra frenetica
esistenza, come basti l’inevitabile compagnia dell’ alcolizzato Ivan di
turno alla guida di una scassatissima BMW del 1980 a toglierci speranze e
progetti, se mai ne avevamo avuti anche solo di una vita da "normale",
come aveva tentato di fare Nadia.
FINE