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Dogging
Letteralmente "portare fuori il cane",
è una pratica sessuale en plein air in cui ci si lascia
andare in luoghi pubblici mentre si viene guardati da
passanti sconosciuti

Conoscevo Samantha da poche settimane, un incontro
nato per caso, o forse per curiosità, attraverso una
chat online. Tutto era iniziato quasi per gioco, quando,
spinto da un misto di interesse giornalistico e
fascinazione per i fenomeni di costume meno esplorati,
avevo deciso di approfondire il mondo del dogging in
Italia. Un argomento sfuggente, spesso relegato a
sussurri o discussioni in nicchie digitali, ma che
sembrava incarnare un intreccio complesso di dinamiche
sociali, pulsioni personali e ricerca di libertà ludica.
Mi ero presentato a lei come un osservatore curioso,
desideroso di scavare oltre i pregiudizi per comprendere
i risvolti mentali, emotivi e culturali di questa
pratica. Samantha, con la sua voce schietta e un
atteggiamento che oscillava tra il misterioso e il
disinvolto, si era mostrata subito aperta a raccontarsi,
a patto che il dialogo fosse rispettoso, riservato e
autentico.
Dopo giorni di conversazioni virtuali,
in cui le sue parole dipingevano un mondo fatto di
adrenalina, trasgressione consapevole e una sorprendente
dose di ironia, avevamo deciso di incontrarci di
persona. L'appuntamento era fissato in un piccolo bar a
due passi da Piazza del Popolo, dove il viavai di
turisti e locali creava un sottofondo perfetto per un
incontro che prometteva di essere tutto fuorché banale.
Il bar, con le sue vetrate ampie e i tavolini di legno
consunto, sembrava il luogo ideale: abbastanza pubblico
da garantire sicurezza, ma abbastanza intimo da
permettere una conversazione senza filtri. Mentre mi
avvicinavo, con il taccuino in tasca e mille domande in
testa, mi chiedevo cosa avrei scoperto non solo sul
dogging, ma anche su Samantha, una donna che, già dalle
prime battute, sembrava capace di spiazzarmi con la sua
autenticità.
Arrivai in quel bar con qualche
minuto di anticipo, mi sedetti a un tavolino all’esterno
e scrutai la folla in cerca di Samantha. Non avevamo
condiviso foto, solo descrizioni vaghe, ma lei mi aveva
detto che l’avrei riconosciuta subito. E così fu.
Samantha apparve all’improvviso, camminando con un passo
deciso, come se il mondo le appartenesse senza bisogno
di dimostrarlo. Indossava un paio di jeans scuri,
aderenti e una camicetta nera leggermente trasparente
che lasciava intravedere un reggiseno elaborato. Ai
piedi, un paio di stivaletti di pelle nera.
Mi
alzai dal tavolino mentre si avvicinava, e il nostro
primo approccio fu un mix di curiosità reciproca e
cautela. “Sei tu il giornalista?” Il suo tono era
scherzoso, ma i suoi occhi, di un castano intenso, mi
stavano già studiando, come a voler capire se fossi
davvero lì per ascoltare o solo per giudicare. Le porsi
la mano e lei l’accolse con una stretta decisa.
“Samantha, piacere…” Aggiunse, sedendosi senza troppi
convenevoli e posando il suo piccolo zaino accanto alla
sedia. “Scusa se ti ho fatto aspettare, il traffico
qui è un inferno.” Disse, accavallando le gambe e
appoggiandosi allo schienale con una disinvoltura che
metteva a proprio agio. Ordinammo due caffè, e mentre il
cameriere si allontanava, lei inclinò leggermente la
testa, come a sfidarmi: “Allora, dimmi, sei davvero così
curioso del dogging o è solo una scusa per bere un caffè
con una sconosciuta?” La sua battuta ruppe il ghiaccio,
e capii subito che il nostro incontro sarebbe stato
tutto fuorché prevedibile. “Bella, sei bella…”
Risposi ridendo. “Ma ora pensiamo all’intervista…”
“Sono qui per soddisfare ogni tua curiosità!” Rispose.
“Samantha che cos’è il dogging?” “Oddio che
domanda difficile! Diciamo che letteralmente significa
"portare fuori il cane", è un termine inglese per
designare una pratica sessuale en plein air in cui ci si
lascia andare in luoghi pubblici aperti tipo boschi,
parchi, parcheggi mentre si viene guardati da passanti
sconosciuti che alle volte possono anche partecipare
attivamente al rapporto, tutto varia a seconda del
volere dei partner coinvolti.”
“Quando nasce?”
Beh la pratica è vecchia quanto il mondo… Hai presente i
guardoni? Ecco. Ma il termine dogging è nato negli anni
'70, quando per la prima volta è stato utilizzato per
indicare gli uomini che spiavano le coppie che facevano
sesso, utilizzando la scusa di portare a spasso il
cane.”
Quindi niente di nuovo… Direi di no,
tranne in fatto che gli inglesi sono riusciti a
sdoganarla come fantasia erotica, ma non ha nulla di
diverso dai classici luoghi infestati dai guardoni che
trovavano piacere a guardare le coppie dedite a fare
sesso nelle auto. La discriminante rispetto a prima sta
nel fatto che oggi è la coppia stessa che prova piacere
a farsi guardare, addirittura annunciando in anticipo su
internet la loro performance in modo che i guardoni
possano conoscere il luogo e l’ora dove avverrà
l’incontro. Anzi alcuni siti specializzati ospitano
delle vere e proprie mappe per il car sex.”
“Praticamente una forma di esibizionismo…” “Chi
decide di praticare il dogging sa che si tratta di
qualcosa che mescola esibizionismo e voyeurismo, esiste
nel processo una parte attiva (chi fa sesso) ed una
passiva (chi guarda) e ognuno di loro è indispensabile
perché non c’è dogging se una delle due parti è
mancante.”
“Esibizionismo, voyeurismo… ma anche
devianza…” Samantha ride. “Mi vedi malata? Diciamo
che, chi è dedito a tale pratica non è considerato
malato o disturbato mentalmente fintanto che non
danneggia, commetti atti osceni platealmente,
soprattutto in presenza di minori, o mette in pericolo
gli altri o se stessi con i loro bisogni sessuali
devianti. Naturalmente indipendentemente dalle
circostanze la pratica è illegale e punita dalla legge
come atti osceni in luogo pubblico. Insomma non si può
fare! È vietato! Ma è proprio il divieto che rende
ancora più eccitante questa pratica che sta diventando
di gran moda.”
“Come avviene la pratica?”
“Altra domanda difficile… Io posso parlare per me… Adoro
essere guardata, mi fa sentire al centro
dell’attenzione, come una regina desiderata e bramata
dando libero sfogo alla mia voglia di esibizionismo
senza andare oltre.”
“Ma non tutti lo fanno per
il solo piacere di essere guardati…” Beh no, ma se
parliamo di dogging finisce qui, altrimenti la pratica
cambia nome tipo car sex o scambismo e in quel caso le
parti coinvolte possono decidere di dare vita a un
rapporto a tre, di gruppo o a una gang bang. I luoghi
più gettonati sono le piazzole delle autostrade, i
parcheggi, i parchi comunali, ovvero quei posti pubblici
isolati ma non troppo che possono essere raggiunti
facilmente in macchina.”
“Come ci si riconosce?”
“Esiste un vero e proprio codice di comunicazione con
cui gli amanti del dogging, comunicano tra loro tipo il
lampeggio dei fari di un’auto posteggiata in un luogo
pubblico abbastanza solitario e tranquillo. Questo
segnale luminoso attira l’attenzione di chi è lì per
guardare o partecipare. A quel punto si avvicina, sale
in macchina e si avvia tra le parti una vera
contrattazione dove si stabiliscono i ruoli e i limiti
della pratica e quanto sono disposti a spingersi oltre.”
“Comunque una pratica pericolosa…” “Ovvio, sono
tanti i rischi tra cui quello igienico, quello legale
(in alcuni paesi la pratica è punita con il carcere),
quello fisico.”
“E tu invece?” “Sai per
praticare il dogging occorre innanzitutto un feeling
speciale con il proprio partner. Lui oltre ad essere
consenziente deve trovare piacere perché il fine ultimo
è comunque e sempre la soddisfazione di entrambi.
“Lo pratichi spesso?” “Ma no, il dogging non è
una dipendenza, ma una pratica che serve ad alimentare
il desiderio dell’uomo, constatando quanto la sua donna
sia bramata da altri e l’autostima della donna che si
vede in quel momento al centro di ogni desiderio.
Il tempo era volato via. Samantha si appoggiò allo
schienale, finendo l’ultimo sorso del suo secondo caffè,
e mi guardò con un’espressione che era un misto di
soddisfazione e sfida. “Spero di averti dato quello che
cercavi.” Disse, con quel sorriso ironico che ormai
avevo imparato a riconoscere. “Magari qualcosa in più.”
Mi limitai a sorridere, annuendo, mentre chiudevo il
taccuino, ancora pieno di appunti che avrei dovuto
decifrare con calma. “Più di quanto mi aspettassi.”
Risposi, sincero. Ci alzammo quasi
contemporaneamente, come se un tacito accordo segnasse
la fine del nostro incontro. Lei si sistemò lo zaino
sulla spalla, i capelli mossi che le scivolarono sul
viso per un istante prima che li scostasse con un gesto
rapido. “Fammi sapere se scrivi qualcosa di bello.”
Aggiunse, con un tono che sembrava lasciare la porta
aperta a future conversazioni, o forse solo a un
arrivederci senza promesse. Ci stringemmo la mano, la
sua stretta ancora decisa come all’inizio, ma ora più
calda, come se l’ora trascorsa insieme avesse sciolto un
po’ di quella cautela iniziale. “Buona fortuna con il
tuo articolo.” Disse, voltandosi verso la piazza
illuminata, già pronta a mescolarsi di nuovo nel flusso
della città. La guardai allontanarsi, i suoi stivaletti
che risuonavano sul selciato, finché non sparì tra la
folla. Rimasi un attimo fermo, il taccuino ancora in
mano, con la sensazione che, oltre a un’intervista,
Samantha mi avesse lasciato un frammento di un mondo che
avrei continuato a cercare di comprendere. .
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IMMAGINE GENERATA DA IA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
https://donna.fanpage.it/dogging-i-luoghi-i-segnali
-e-i-pericoli-di-questa-pratica-sessuale/
https://modaeimmagine.it/cose-dogging-perche-piace-tanto/
https://spicy.robadadonne.it/dogging-significato-rischi/
https://musa.news/dogging-cosa-ce-dietro-
la-voglia-di-fare-sesso-nei-luoghi-pubblici/


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