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RACCONTI
SCENE DA UN MATRIMONIO

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Adamo Bencivenga
TI HO TRADITO!

Lettera di addio di una moglie al marito tradito




Photo Gosha Gudvin

 


Sì tesoro TI HO TRADITO, non saprei come dirtelo in altro modo e poi che differenza fa? Cavolo TI HO TRADITO. Ti chiedo solo un po’ di pazienza e di leggere questa lettera fino in fondo. Quando la leggerai io non sarò più qui e se mi hai amata, cosa che spero, ti provocherà dolore, ma io non posso far finta di nulla, mi ribolle la coscienza ed ho bisogno di dirti che TI HO TRADITO e di farti sapere come ho e hai vissuto questi ultimi cinque anni.

Lo so, ora starai spalancando gli occhi, tranquillo ci vedi bene, lo so ti fa fatica leggerla, avresti voluto passare la tua serata tranquillamente senza emozioni, leggere un libro o guardare un vecchio film in bianco e nero ed invece sei costretto a leggere qualcosa che ti sconvolgerà la vita. Perdonami, ma non posso farne a meno di dirti che TI HO TRADITO! Ecco ora sai che tua moglie, l’insegnate di italiano e latino, la dolce Sara, pudica e riservata, quella che ha sempre dispensato consigli di moralità, sì proprio lei, la donna perfetta da sposare, la signora sobria ed elegante senza mai un capello fuori posto e con le gonne rigorosamente sotto il ginocchio, sì proprio lei che non ha mai saltato una messa nelle feste consacrate, sì lei che ama i suoi nipoti come se stessa, esatto proprio lei, TI HA TRADITO.

Non mi chiedere il motivo perché questa è l’unica cosa che dovresti sapere con certezza. E sai benissimo che da quando abbiamo saputo che non avremmo potuto avere figli, a causa dei tuoi spermatozoi pigri, i nostri rapporti intimi si sono diradati fino a quando, senza parlare e senza spiegarci, abbiamo cominciato ad ignorarci. Stanchezza, lavoro, mal di testa, cene improbabili, dolori vari, feste con gli amici, queste erano le banali scuse, ma in realtà fingevamo e sapevamo entrambi che la vera e sola ragione era ormai la mancanza di passione tra noi. Qualcosa si era rotto, ma entrambi non abbiamo mosso un dito per aggiustarlo.

Ricordi quella sera quando te ne parlai? Ricordi vero l’imbarazzo? E nonostante tutto ci promettemmo entrambi di cambiare registro, entrambi non volevamo che finisse e allora facemmo anche un viaggio a Parigi, siamo stati anche in quel sexy shop, abbiamo anche comprato quell’oggettino fucsia senza mai peraltro utilizzarlo. Imperterriti abbiamo continuato le nostre vite, senza un minimo di contatto intimo, senza la voglia di creare almeno i presupposti. Le mie lingerie di pizzo erano diventate funzionali allo scopo di essere mutandine e reggiseno, ma non certamente a quello di destarti il minimo desiderio. Non so se trovassi fuori casa la tua giusta razione di appagamento, ma so che mi sentivo di troppo e ingombrante.

Ripeto non era solo tua la causa, devo essere sincera, ma ugualmente ero disperata, mi sentivo inutile, mi dicevo che a 41 anni una donna non poteva rinunciare alla sua vita sessuale, alle sue emozioni più intime. A lungo andare la mancanza del maschio si è fatta sentire ed allora ne parlai con una mia collega, lei single, libera e libertina, mi consigliò un sito di incontri. Non avevo mai fatto una cosa simile e sinceramente mi sconvolgeva l’idea di propormi ed offrirmi a degli sconosciuti, ma il giorno dopo con il suo aiuto, un po’ per gioco, un po’ perché in fondo ci speravo, mi iscrissi. E allora misi una mia foto in bikini senza volto e compilai il profilo scrivendo la verità, ovvero che ero una donna sposata senza figli in cerca di attenzioni.

Da quel momento iniziai a ricevere centinaia di messaggi, ovviamente di toni diversi, la collega mi disse che bisognava scegliere e leggere tra le righe, ma sinceramente non mi sarei mai aspettata tutta quella “popolarità”. Del resto essendo una donna normale, né brutta e né bella, non credevo davvero di suscitare tutti quegli appetiti. Per la paura che tu te ne accorgessi fui costretta la sera a silenziare il telefono, ma ad ogni vibrazione dentro di me succedeva qualcosa di importante. Insomma un bagno di autostima non previsto ed era decisamente troppo per me, abituata come ero ad essere chirurgicamente ignorata da te.

Comunque mi spaventai davvero e il giorno dopo a scuola ne parlai con la collega, lei sorrise congratulandosi ironicamente con me, poi però mi disse di congelare il profilo, così intanto senza ricevere altre proposte avrei potuto concentrarmi su quelle ricevute. Così feci, la sera a casa, mentre tu credevi che stessi correggendo i compiti in classe dei miei alunni, mi rinchiusi nello studio e mi misi a lavoro. Prima di tutto selezionai solo quelli di Roma e dintorni, cancellando tutto il resto. Poi scelsi quelli della fascia di età compresa tra i 45 e i 55 e, visionando le foto e leggendo i messaggi, ne scelsi quattro tra quelli che mi avevano lasciato il numero di telefono. Sinceramente non mi interessava l’aspetto fisico, ma cercavo di leggere in quelle foto e in quelle parole chi mi avrebbe potuto dare un po’ di considerazione. Giuro non cercavo altro, solo di dare un senso alla mia vita.

Una sera, quando tu eri in trasferta per lavoro, presi tutto il mio coraggio e con il cuore in gola cominciai a telefonare. Fu una serata davvero strana per me, non avevo mai fatto una cosa del genere e non ero abituata a rispondere a quelle domande a dir poco imbarazzanti del tipo “cosa ti piace fare a letto”, “la tua posizione preferita”, “sei magra, grassa”, “che misura porti di reggiseno”, “come sono i tuoi capezzoli, le tue gambe”, “vesti sexy, preferisci la gonna” oppure “sei senza mutandine, ti piace toccarti, ti piace indossare le autoreggenti…”

Ti dico questo particolare perché tra i quattro solo l’ultimo non mi fece quelle domande e la sua discrezione mi aiutò molto nella scelta finale. Certo non dovevo comunque illudermi, ma lui invece delle mutande e della lingerie sexy mi chiese il vero motivo di quella mia ricerca e poi se fossi in cerca di una relazione seria oppure di un incontro estemporaneo. Sinceramente non seppi rispondere perché in cuor mio, non stavo cercando semplicemente un incontro, ma aspettavo che lui scoprisse la prima carta.

Durante la telefonata mi disse che viveva in una bella zona di Roma Nord, poi senza mezzi termini mi disse che era sposato, benestante e che per lui conquistare le donne in quella chat di incontri era semplicemente un gioco e un diversivo alla sua noia. Ci scambiammo delle foto e constatai che era davvero un bell’uomo e soprattutto che aveva uno sguardo penetrante e intelligente. Dopo aver visto le mie foto anche lui mi fece i complimenti e mi chiese subito un incontro. Viste le mie resistenze dovette convincermi non poco e solo allora concordammo di vederci il giorno dopo all’uscita di scuola dove insegnavo.

Prendemmo un caffè in un bar vicino l’istituto e mi fece un’ottima impressione, era un uomo istruito, sportivo, giovanile e di bell’aspetto, anche se mi disse senza giri di parole che di solito non perdeva tempo e che il suo scopo era portarmi a letto il prima possibile. Aveva avuto molte altre relazioni di questo tipo e quasi con tutte era finito a letto. Curiosa gli chiesi se fossero sposate come me e soprattutto se fossero belle. Lui mi rispose che le single erano troppo complicate per i suoi gusti, preferiva le sposate insoddisfatte della propria vita sessuale aggiungendo che non gli interessava la bellezza, ma solo la disponibilità.

Rimanemmo circa un’ora a parlare poi mi offrì un passaggio e dopo qualche metro accostò l’auto e mi baciò. Rimasi sorpresa, gli dissi che non ero ancora pronta e cercai di resistergli. Mi sfiorò appena le labbra e si scusò dicendomi che si era lasciato andare per la forte attrazione che gli suscitavo. Ci salutammo senza andare oltre, ma in un certo senso la cosa mi fece pensare, del resto lui non stava cercando una relazione, ma solo un incontro.

Allora iniziai a chiedermi se valesse la pena accettare quell’incontro. Certo sì, stavo giocando al ribasso, ma vista la mia astinenza di sicuro avrebbe fatto piacere anche a me. Comunque non lo chiamai per tre giorni, lui mi mandò dei messaggi innocenti di saluto e dei cuoricini. Forse anche lui voleva sondare le mie intenzioni reali tantoché nell’ultimo messaggio, visto che non gli rispondevo, la prese alla larga e mi invitò al cinema. A quel punto accettai.

Ci incontrammo la sera dopo direttamente davanti al cinema, mi chiesi quale sarebbe stata la mia reazione se lui ci avesse provato di nuovo e alla fine optai per un solo bacio al buio senza occhi indiscreti. Ma non avvenne perché lui preso dalla trama vide il film in religioso silenzio e solo durante l’intervallo scambiammo qualche parola. Alla fine del film mi riaccompagnò a casa. Mi salutò prima che scendessi dall’auto e tenendomi la mano mi diede un bacio sulla guancia. Quella sera non successe nulla come le altre due volte successive che andammo di nuovo al cinema. Sorridendo mi domandai se tutto ciò fosse normale concludendo che forse non sapevo anche io cosa volessi realmente.

Alle volte ci incontravamo durante la pausa pranzo. Una sera mi invitò a cena, mio marito era fuori Roma per lavoro. Il ristorante era intimo ed elegante, mangiammo della buonissima spigola al forno ed io bevvi qualche bicchiere di troppo. Dopo cena passeggiammo per il centro di Roma, barcollavo per via dei tacchi alti e per il vino e lui mi prese sottobraccio. Fu una serata indimenticabile, ridevamo per un nonnulla e lui si comportò da vero signore anche quando, risaliti in macchina, adagiò la sua mano sulla mia coscia. Questa volta non la tolsi e chiusi gli occhi in attesa che risalisse la corrente sotto la mia gonna, ma lui non andò oltre complimentandosi semplicemente per la trama della mia calza velata. Fu quella sera che mi resi contro che tra noi stava nascendo qualcosa di importante.

Passarono all’incirca tre settimane quando un pomeriggio, tu stavi lavorando nel tuo studio, lo chiamai e lui volle subito vedermi. Mi piacque l’idea di essere così platealmente desiderata e che un uomo stesse perdendo la testa per me, in fin dei conti era quello che avevo sempre voluto, per cui accettai. Ormai erano giorni che mi frullava in testa l’idea di dargli un segnale ben preciso e di fargli dimenticare il mio rifiuto della prima volta per cui corsi in bagno e indossai una gonna molto corta e una camicetta con tanti bottoncini strategici all’occorrenza. Tu eri nel tuo studio al pc, entrai e in cuor mio avrei voluto almeno che mi guardassi per come e quanto fossi seducente, ti dissi che uscivo una mezzora per andare a far delle compere, ma tu come al solito sei rimasto impassibile senza alzare lo sguardo. Forse se mi avessi guardata, forse se mi avessi detto che ero bella o quanto meno avessi sospettato… ma nulla, niente di niente, per cui uscii da quella stanza senza un briciolo di senso di colpa.

L’appuntamento era sotto casa mia, in strada per l’ultima volta guardai verso la tua stanza, era illuminata, ma tu non eri affacciato. A quel punto entrai in macchina, lui rimase incantato e mi disse che ero uno splendore con quella gonna corta, sì ovvio era un segnale e lui lo recepì al volo. Partì a razzo e dopo circa un chilometro si fermò nel parcheggio di un centro commerciale e questa volta non perse tempo. Mi baciò avidamente sul collo, sul seno e infine in bocca ed io ricambiai senza alcuna remora. La sua mano iniziò a premere sul mio vestito, non dissi nulla e lui si sentì libero di andare oltre toccandomi le gambe e poi risalendo con la mano sotto la gonna arrivò fino alle mutandine. Era la prima volta che un uomo, che non eri tu, aveva il mio tacito assenso di toccarmi nelle parti intime. Lo lasciai fare e lui non se lo fece ripetere due volte iniziando ad accarezzare il mio punto più sensibile. Dedussi che in fatto di donne era molto, ma molto esperto.

Iniziai a gemere e per lui fu come un lasciapassare. Nel buio dell’abitacolo, senza chiedermi il permesso prese la mia testa, la spinse verso i suoi pantaloni e volle che baciassi il suo piacere. Certo dovevo decidermi, se mi fossi negata forse non lo avrei più rivisto e allora feci quello che più desiderava senza pensarci. Lui mi carezzava i capelli e mi incitava pregandomi di non smettere e continuare fino alla fine. Ecco, anche quella fu la mia prima volta e in quel momento la mia unica preoccupazione fu quella di non apparire goffa e maldestra. Ma andò bene credo, lui lodò le mie labbra e mi disse che quel bacio caldo sarebbe stato il primo di una lunga serie.

Solo alla fine gli dissi che non l’avevo mai fatto e lui mi sorrise dicendomi che con lui avrei fatto tante cose che non avevo fatto prima. Per il poco tempo a disposizione, era durato in tutto mezzora, non fu un’esperienza esaltante per me. Pudica com’ero non mi sarei certo lasciata andare in quel parcheggio! Salendo le scale di casa, dissi tra me e me che quantomeno avevo rotto il ghiaccio sentendomi orgogliosa di avergli dato piacere, ed anche se lui si era limitato a darmi due tre baci, mi sentivo senz’altro più leggera. Tu eri ancora al tuo pc ed io preparai la cena.

Il giorno dopo mi chiamò e mi diede appuntamento dopo la scuola in un motel sul Raccordo. Ecco, quella fu la nostra vera prima volta. Non ero mai stata in un motel a ore e mi sentii una ragazzina piena di entusiasmo. Lui fu molto accondiscendente, mi disse più volte che non ero obbligata a fare l’amore, che lui mi avrebbe aspettata. Insomma mi sentii libera di decidere e dopo un drink nella piccola hall salimmo le scale, raggiungemmo la stanza n. 7 e facemmo l’amore, seduti sul divano, in piedi affacciati alla finestra, distesi nel letto e quell’amore ripetuto per tre volte e con altrettanti miei orgasmi mi fece innamorare pazzamente di lui.

Il giorno dopo fui io a chiamarlo e volerlo incontrare e anche il giorno dopo ancora sempre nello stesso motel. Andammo avanti per circa tre settimane, conoscendoci, affinando ogni volta le nostre prestazioni e scrollandoci di dosso ogni dubbio. Praticamente lo facevamo tutti i santi giorni tranne i weekend e tu non ti sei mai accorto di nulla, neanche del mio ritrovato entusiasmo, tantomeno della mia nuova leggerezza e del mio nuovo modo di essere donna o come diceva lui: Femmina.

La signora pudica aveva lasciato il posto ad una donna estremamente sexy e consapevole di esserlo. Le mie gonne erano diventate più corte, i miei tacchi più alti, le mie camicette con scollature profonde, i miei trucchi più carichi come del resto il rossetto. Insomma esibivo con naturalezza spacchi e trasparenze, ma per te ero davvero trasparente! Lui mi desiderava così ed io facevo ogni giorno passi da gigante. Mi ripeteva spesso che non dovevo limitarmi, di andare oltre, altrove, in fondo ad ogni piacere ed io l’accontentavo e mi accontentavo. Aveva pienamente ragione lui, da donna ero diventata femmina, da moglie amante ed il merito era senz’altro suo.

Una sera mentre tornavamo dal motel, deviò il tragitto e si fermò in una stradina di periferia e volle farlo di nuovo lì. Ma quella volta andò oltre, mi invitò a scendere dall’auto, percorremmo qualche metro tra le sterpaglie ed eccitato per la situazione e forse perché qualcuno avrebbe potuto vederci mi sollevò la gonna, mi tolse le mutandine e mi prese addosso ad un tronco di pino. Durante l’amore gli urlai più volte quanto fosse pazzo, ma mi piacque così tanto che il giorno dopo, tornammo in quel posto.

Ormai ero persa, ero in preda ad una vera e propria tempesta ormonale, pensavo sempre a lui, anzi all’atto sessuale con lui sorprendendomi di quanto l’amore fosse magico e come potesse cambiare una donna. I miei sogni erano diventati bollenti, mi svegliavo sempre sudata, ma tu non te ne accorgevi, anche perché ormai ero diventata esperta a dirti bugie e soprattutto ad essere credibile. Non c’era specchio dove non mi guardassi, non c’era vetrina dove non ostentassi le mie forme, insomma avevo ricominciato a piacermi e finalmente la mia vita aveva di nuovo un senso e soprattutto mi sentivo corrisposta.

Lui era così innamorato di me che una sera, durante un weekend a Perugia, mi chiese un figlio. Ovviamente cercai di dissuaderlo e farlo ragionare, avevo timore che uscendo da quella meravigliosa clandestinità tutto avrebbe preso un altro sapore e che la nostra passione avrebbe potuto affievolirsi. Lui mi tranquillizzò dicendomi che le cose dovevano rimanere così, ovvero che ufficialmente quel bambino sarebbe stato figlio tuo. Era così determinato che mi disse che avrebbe represso la sua gelosia per attuare il nostro piano. Senza un briciolo di testa accettai e quella sera concepimmo Angelo.

Ora mi chiedo, ma come hai fatto a non dubitare? Eppure non hai detto nulla, quando per tre sere di seguito ho preteso di far l’amore con te. Ovvio non ne avevo voglia e ne avrei fatto volentieri a meno, ma quello era il piano e tu per nulla al mondo avresti dovuto sospettare. Insomma rimasi incinta e tu, nonostante quelle analisi, non dubitasti sulla tua paternità credendo davvero ai miracoli!

Ora Angelo ha quasi due anni e mezzo ed io non mi pento di quello che ho fatto, di averti ingannato, principalmente perché tu non ti sei mai accorto di nulla, e questa cosa mi dà la forza di dire quanto fossi indifferente per te e soprattutto di aver fatto la scelta giusta. Qualsiasi altro marito e dico qualsiasi avrebbe almeno sospettato, tu niente. Era come se avessi temuto che guardare oltre il tuo naso avresti potuto vedere qualcosa di troppo. Sordo, muto e cieco hai continuato a vivere la tua vita, il tuo lavoro, i tuoi amici, come se io non esistessi e comunque senza mai preoccuparti dove andassi la sera, o chiederti perché mai la tua donna avesse cambiato look ed abitudini, oppure perché quel meraviglioso bambino moro non assomigliasse per nulla a te, biondo e con gli occhi azzurri.

Ecco ora ti ho raccontato tutto o quasi e mentre ti scrivo ho già fatto la valigia. Ci ho messo poche cose dentro perché voglio dimenticarmi al più presto di essere stata tua moglie. Angelo è dalla nonna e lo andrò a prendere non appena sarò uscita per sempre da questa casa. Sto facendo il grande passo, perché solo ora la nostra relazione si è stabilizzata, lui si è separato dalla moglie e desidera vivere il resto della sua vita solo con me.

Tu come al solito stai leggendo il tuo giornale seduto sul divano ed io ho finito di scrivere questa lettera che lascerò in bella mostra sulla mensola dell’ingresso. Ma un dubbio mi resterà per sempre nella mente: Chissà se ti accorgerai di essere solo quando chiuderò quella porta.







 

 
FINE





 
 
 




Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti è puramente casuale..

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