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MUSICA PASSIONE
Storia delle Canzoni

Il nostro caro angelo
Contro la Chiesa
LUCIO BATTISTI 1973


 


 
Adamo mi parli del brano Il nostro caro angelo di Lucio Battisti?
È una canzone del mitico due Mogol-Battisti, pubblicata come lato B del 17° singolo di Battisti “La collina dei ciliegi” nel settembre del 1973 con etichetta Numero Uno.

Ebbe successo vero?
Come tutte le canzoni di Battisti… Arrivò sesta nella classifica dei dischi più venduti dell’anno. L’album con il titolo omonimo si piazzò al secondo posto, dietro l’altro album di Battisti: “Il mio canto libero”.

Come nacque la canzone?
La registrazione coincise con la nascita del primo e unico figlio di Lucio, Luca. Quindi si pensò che il nome del brano si riferisse al figlio. Ma in realtà l’origine è più complessa.

Ovvero?
Come ha dichiarato lo stesso Mogol, il testo del brano ha un significato critico nei confronti della Chiesa cattolica che ha perduto il suo ruolo di guida spirituale. Il nostro caro angelo è l’ideale supremo dell’uomo, il quale visto come un peccatore dalla Chiesa, viene condannato nella sua vita al compromesso. Chi ha le ali del resto viene ferito e le ali non servono più.

Il testo?
La fossa è lì, aperta, reale. Non è metafora: è il buco nero dove ci hanno buttato. “Uscirne è impossibile per noi”. Lo dicono tutti, lo scrivono sui muri, lo cantano nei jingle. Ma è una bugia vestita da slogan. L’angelo sa. Si nutre di radici, dorme nei cespugli, si nasconde sotto gli alberi. Non ha catene, non ha padrone. È schiavo solo di sé stesso, e questo lo rende intoccabile.
Gli specchi per le allodole brillano a terra, inutili. Sono esche di luce falsa, come prostitute che vendono cesti di plastica spacciati per amore. La notte è piena di questi bagliori: promesse di calore che lasciano solo freddo. Paura. Alienazione. Non le parole che usi tu per addolcire la pillola. Le rughe sono antiche, incise nella pietra. Il trucco non tiene più. È troppo tardi per il fondotinta.
Ma l’angelo è giovane. Lo sai. Le reti gli chiudono il cielo, gli tarpano le ali, ma lui non molla. Le cattedrali – alte, nere, oppressive – ingoiano la luce, fanno sembrare bianche ali grigie di cenere. Eppure qualcosa filtra. Le nostre aspirazioni, sottili come lame di luce, bucano il buio. Tracciano linee nel nero, frecce verso l’azzurro. Non è speranza: è resistenza. È il volo che non si arrende, anche se la fossa è profonda e le reti sono fitte. L’angelo non esce. Aspetta. E noi, con lui, impariamo a guardare in alto.

Cover?
La cantante russa Svetlana Tchernykh, nel 2006, ne incide una cover dal titolo Храни меня мой ангел inserita nell'album Черных поёт Баттисти.

 






L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA

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