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IL MESTIERE ANTICO

Roppongi
La linea rossa di Tokyo
Le luci al neon di Roppongi pulsano come un
cuore artificiale. Cammino accanto a Serge, il mio amico che non
vede l'ora di perdersi in questa notte trasgressiva. Ma qualcosa
dentro di me si ribella, anche se non riesco a dirlo ad alta voce...
ma l'incontro con Akiro mi farà cambiare idea

Il neon di
Roppongi mi colpisce come un pugno, un’esplosione di
luci rosse, viola e blu che si riflettono sulle strade
umide di pioggia recente. È la mia prima notte a Tokyo,
e Serge, il mio compagno di viaggio, sembra un bambino
in un negozio di caramelle. “Mark, dai, stasera ci
divertiamo! È sera siamo seduti in un locale
notturno e mentre Serge si guarda in giro io leggo
notizie e storia del posto: “A Tokyo tutto sembra
scorrere liscio, ma un mondo di trasgressioni si
nasconde nel quartiere di Roppongi, sul lato est della
città. Il nome venne usato per la prima volta attorno al
1660 e significa letteralmente "sei alberi". La
“nuova vita” del distretto comincia a partire dal 1890,
ospitando per diversi anni truppe militari nipponici.
Dopo la seconda guerra mondiale vennero collocate
nella zona alcune grandi basi americane, tra cui Hardy
Barracks. La massiccia presenza di soldati trasformò
l'area in un luogo per la vita notturna. D’allora
governo fu costituita tutta un'organizzazione di
bordelli per servire le forze armate alleate
d'occupazione del Giappone. Il 19 agosto 1945 il
Ministero degli interni ordinò agli uffici del governo
locale di istituire un servizio di prostituzione per i
soldati alleati per «preservare la "purezza" della razza
giapponese». La forza di polizia giapponese era
responsabile nella mobilitazione delle donne atte a
servire i militari e vennero istituite le famose linea
blu e linea rossa che regolamentavano i servizi sessuali
nei locali pubblici.
In base alla nuova legge dal
1960 in poi, discoteche, night club, ristoranti, disco
pub nonché hostess club, cabaret e case chiuse
contribuirono a rendere Roppongi luogo di divertimenti a
luci rosse per eccellenza. In passato, Roppongi era
nota per essere un distretto fortemente controllato
dalla yakuza (la mafia giapponese), che si occupava
degli affari presenti in zona, della gestione e della
proprietà dei club e dei bar. Attualmente la zona è
frequentata da uomini d'affari e molti stabilimenti
della zona sono gestiti da uomini di origine cinese.
Il quartiere presenta due facce: una è quella dei musei
d’arte di livello internazionale, dello shopping più
lussuoso e dei ristoranti stellati Michelin che fanno di
questa zona una delle più ricche ed esclusive; l’altra
invece è quella della vita notturna con locali di
intrattenimento aperti fino a notte fonda. Passeggiando
di notte molti addetti ai lavori vi invitano nei loro
locali e si possono facilmente incontrare per strada
anche prostitute che vi propongono qualche ora di
piacere.
Se siete a Tokio questo è il posto
adatto per trascorrere qualche ora in compagnia e poi
concludere la serata in un love hotel. Ovviamente la
ragazza è a pagamento! Nelle discoteche generalmente non
ci sono prostitute mentre se vi ferma una ragazza per
strada, di solito asiatica, ma non giapponese, ecco
quello è il divertimento che state cercando!
È
bene ricordare che in Giappone l’industria del sesso non
è sinonimo di prostituzione. Dal momento che il diritto
giapponese definisce la prostituzione come «il rapporto
sessuale con una persona non specificata in cambio di un
pagamento» la maggior parte dei locali, per rimanere
entro la legalità, offre solamente servizi che non
comprendono il coito come la conversazione, la danza e
attività legate all'igiene personale. Da qui si capisce
che la prostituzione è strettamente legata al coito. Ciò
significa che la pratica del sesso orale e del sesso
anale o altri atti sessuali non coitali dietro pagamento
è considerata legale.”
Serge è impaziente: “Non
vorrai passare la serata in hotel a leggere, vero?” mi
dice, con quel suo sorriso da venditore che non accetta
un no. Io, però, non sono a mio agio. L’idea di
pagare per una notte di compagnia mi fa storcere il
naso. Non è solo una questione di morale, è qualcosa di
più profondo, un fastidio che mi stringe lo stomaco. Ma
Serge insiste, si alza, paga e mi trascina per il
braccio tra le vie affollate di Roppongi, dove ogni
angolo sembra promettere qualcosa di proibito. “Andiamo,
Mark, una serata diversa! Quando ricapita?” La sua
energia è contagiosa, e mi vergogno a dirgli che non
voglio. Non voglio sembrare il guastafeste, il
moralista. Così, cedo. “Va bene,” borbotto, “ma non
aspettarti che mi diverta.” Ci infiliamo in un locale
chiamato Red Moon, un posto con luci soffuse, bassi che
rimbombano nel petto e un odore di profumo dolce misto a
sake. La clientela è un mix di uomini d’affari in giacca
e cravatta, turisti curiosi e locals che sembrano
conoscere ogni angolo di questo mondo notturno. Serge si
guarda intorno, gli occhi che brillano. “Vedi? Questo è
vivere, amico!” Non passa molto prima che due ragazze
si avvicinino al nostro tavolo. Sono bellissime, non c’è
che dire. Capelli neri come l’inchiostro, rossetto rosso
fuoco, calze nere che si intrecciano con l’orlo di gonne
aderenti. Una di loro, con un cappello di velluto
inclinato con grazia, ci sorride e si presenta come
Akiro. L’altra, più spigliata, si chiama Yumi e si
attacca subito a Serge, ridendo e versandogli un drink.
Io sono rigido, a disagio, ma Akiro ha un modo di fare
che mi spiazza: è calma, quasi timida, con occhi che
sembrano vedere oltre la facciata che mi sono costruito.
Beviamo sake, e la conversazione scorre leggera.
Serge è nel suo elemento, ride forte, racconta storie
esagerate del nostro viaggio. Io, invece, parlo poco, ma
Akiro mi fa domande, ascolta con attenzione, e c’è
qualcosa di sincero nel suo modo di fare che mi
confonde. Non sembra una che sta solo lavorando. Quando
Yumi propone di andare a casa loro, a pochi metri dal
locale, Serge non si fa pregare. Io, però, sento il
cuore battere più forte, non per eccitazione, ma per
ansia.
Mentre camminiamo sotto le luci al neon,
mi avvicino ad Akiro. Serge e Yumi sono davanti, ridono
e si tengono per mano. “Ascolta,” le dico sottovoce,
“io… non sono a mio agio con questa cosa. Passerò la
notte con te, ma non voglio… sai, niente di fisico. Ti
pagherò comunque, non preoccuparti.” Lei mi guarda,
sorpresa, poi sorride dolcemente. “Va bene, Mark,”
sussurra, “non dirò nulla a Serge. Sarà il nostro
segreto.”
La loro casa è un piccolo appartamento
al confine di Roppongi, pulito, con tatami sul pavimento
e un futon in un angolo. Yumi e Serge spariscono in
un’altra stanza, e io resto con Akiro. Mi aspetto una
serata imbarazzante, ma non è così. Ci sediamo sul
pavimento, beviamo tè verde, e parliamo. Mi racconta di
Tokyo, della sua vita, di come sia finita a lavorare a
Roppongi per pagarsi gli studi. È delicata, tenera, con
una risata che sembra un campanellino. Io le racconto
del mio lavoro, dei miei viaggi, di come a volte mi
senta fuori posto ovunque vada. E più parliamo, più
sento qualcosa cambiare. Non è solo attrazione fisica, è
qualcosa di più profondo, come se ci stessimo davvero
conoscendo. Le ore passano, e il silenzio tra noi
diventa più caldo, più intimo. I suoi occhi brillano
sotto la luce fioca, e quando mi sfiora la mano, non mi
ritraggo. Non so chi fa il primo passo, ma
all’improvviso ci stiamo baciando, e tutto quello che
avevo giurato di evitare si dissolve. Facciamo l’amore,
e non c’è nulla di meccanico o freddo in quel momento. È
reale, intenso, come se il mondo fuori da quella stanza
non esistesse più. La mattina dopo, mentre il sole
filtra attraverso le tende, tiro fuori il portafoglio.
“No,” dice Akiro, posando una mano sulla mia. “Tu odi
l’amore a pagamento, l’hai detto. E stanotte… sono stata
benissimo. Non voglio nulla.” Sorride, e c’è una
dolcezza disarmante nei suoi occhi. “Forse ci rivedremo,
Mark. Ma non qui, non così.” Esco dall’appartamento
con il cuore leggero e confuso. Serge, già fuori, mi dà
una pacca sulla spalla. “Allora, com’è andata,
moralista?” mi chiede ridendo. Io sorrido, ma non
rispondo. Non gli dirò di Akiro, del nostro segreto, di
una notte che non dimenticherò mai.
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
WEB REPORTAGE
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reserved FONTI
https://it.wikipedia.org/
https://www.gotokyo.org/it/
https://www.marcotogni.it
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