Se è vero che il travestimento in amore accende il
desiderio e libera le fantasie più recondite e che i
vestiti da hostess, infermiere, soldatesse,
crocerossine, corsare, bagnini, segretarie, suore e
casalinghe mozzafiato amplificano il desiderio di
entrambi, la maschera rimane il feticcio principe
attraverso il quale si alimenta il mistero e quindi
la seduzione.
La sottile manipolazione
mentale amplifica le fantasie di entrambi i partner
con la consapevolezza e l’illusione di far l’amore
con una determinata persona che a volte non è la
stessa con cui lo stiamo realmente facendo. Insomma
un gioco di allegra seduzione che esprime la voglia
di vivere la sessualità in modo divertente, ma non
volgare.
L’amore è fantasia senza la quale
tutto si appiattisce diventando un mero esercizio
ginnico ed alle volte è sufficiente una semplice
mascherina per costruire immagini d’eros. La
maschera ci fa sentire diversi oppure concede al
partner la possibilità di immaginarci altro. È un
gioco che funziona per ravvivare l’eros di una
coppia e serve per superare le inibizioni, la noia
sotto le lenzuola e rompere la gabbia mentale della
routine del lavoro, i figli e le incomprensioni
quotidiane nonché sgretolare quel monolitico
chiamato personalità.
E quindi si può
smettere di essere il bancario frustato e stanco e
la moglie stressata e repressa cominciando a
divertirsi indossando maschere e mascherine per
sesso al buio, accessori per il piacere in morbido
tessuto, cuoio, pelle, ecopelle, satin, allacciabili
con elastici, nastri, fibbie, merletti e pizzi per
il gusto della trasgressione.
Ovvio è un
semplice gioco di ruolo, come quando da bimbi si
giocava con le bambole o al dottore diventando
altri. Ecco sì una maschera impersonale per
rivestire ruoli inusuali e ravvivare la passione
senza che ci sia già una trama e dei personaggi ben
definiti. Sarà la maschera stessa a mettere in scena
ciò che in quel momento desideriamo essere o
desideriamo che l’altro/a sia.
È un modo per
far uscire gli altri noi stessi, le parti che
rimarrebbero segrete guardandoci negli occhi… e così
si diventa il maestro che punisce l’allieva, la
cameriera che sbadatamente versa del vino sui
pantaloni del cliente, oppure la studiosa d’arte
rapita da un gruppo di studenti, il ladro che entra
furtivamente nella casa di una meravigliosa signora
disponibile, il classico postino o idraulico,
l’attricetta tutto pepe e svenevole oppure Eva Kant
e Diabolik, Renzo e Lucia, Casanova o vampira.
In ogni modo un’operazione che arricchisce la
personalità di chi gioca perché le permette di
esprimersi interpretando un copione insolito, un
ruolo che non appartiene alla vita abitudinaria. In
altre parole, trasformarsi per qualche ora in un
personaggio storico, nel protagonista di un fumetto,
di un romanzo o di un film cult rivela una parte
nascosta, ma autentica di sé, un desiderio di
reinventarsi differenti da come si è tutti i giorni.
La prima regola che occorre assolutamente
rispettare è quella che nei giochi di ruolo i
partner non hanno lo stesso potere. Alternativamente
occorre comandare e assecondare in modo da imporre o
favorire la volontà dell’altro/a.
Non è un
caso che il teatro dell'arte ricorreva con
insistenza all’uso della maschera e che il piacere
più intenso ossia l’attimo dell’amplesso si
materializzava con il disvelamento della maschera
attraverso la quale si era costruita tutta la scena
compresi ruoli e avvenimenti. Scriveva Schnitzler,
grande drammaturgo e medico austriaco: “La cosa
migliore che due amanti possono diventare l’uno per
l’altro nel corso del tempo è quella di essere
surrogati dei propri sogni o simboli del proprio
desiderio”.
Del resto la maschera è il
giocattolo dell’io, facce che si possono
personalizzare con i desideri, personaggi momentanei
che hanno sempre consentito alle persone di giocare
con l’identità. Ne troviamo traccia tra gli aztechi
e i nigeriani realizzavano maschere con i crani.
Forse sono nate perché servivano durante la caccia
per facilitare l’avvicinamento alla preda. Collegate
al sovrannaturale servivano per combattere i segni
del tempo anche dopo la morte. Qualunque sia il
significato la maschera è essere altro.
Dall’arabo “mascharà” che significa scherno è sempre
stata, fin dalla notte dei tempi, uno degli elementi
caratteristici e indispensabili nel costume degli
attori.
Con il Carnevale la maschera diventa
simbolo della necessità di abbandonarsi al gioco,
allo scherzo e all’illusione di indossare i panni di
qualcun altro, esprimendo quindi diversi
significati: la festa e la trasgressione, la libertà
e l’immoralità, il mistero, l’enigma e la seduzione.
La festa egizia di Iside, le dionisiache greche,
i saturnali romani, la festa di Marduk contro il
drago Tiamat , il Samhain celtico, erano feste
analoghe al Carnevale. In tutte questi eventi la
protagonista assoluta è la maschera durante i quali
si realizzava un temporaneo scioglimento dagli
obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto
al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo e anche
alla dissolutezza; che sfociavano in veri e propri
riti orgiastici. Attraverso la maschera e il
travestimento si poteva esprimere la propria natura
e il proprio desiderio di trasgressione.
Lo
stesso mascherarsi rappresentava un modo attraverso
il quale uscire dal quotidiano, disfarsi del proprio
ruolo sociale, negare sé stessi per divenire altro.
Nella storia della Serenissima si sono
susseguite leggi che proibivano di indossare la
maschera durante la notte, nei monasteri, nei
postriboli (per colpire principalmente l’uso della
Gnaga, la maschera da gatta indossata dai maschi che
si prostituivano). Allo stesso tempo, la maschera
era obbligatoria per le donne che andavano a teatro,
ma vietata alle ragazze in attesa di marito.
Per concludere nulla di male se alla fine si
riesce a sollecitare le fantasie le proprie e altrui
fantasie, siano esse maschili o femminili, ma
comunque dell’organo sessuale più affidabile e
importante, ovvero il cervello!