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AMARSI? CHE CASINO!
GIALLO PASSIONE
STORIE DI ROMA

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REPORTAGE
Antonella Di Veroli
La donna nell’armadio

 Roma, il 10 aprile 1994 una commercialista di 47 anni viene trovata morta con indosso
il pigiama, nell'armadio della sua camera da letto





 


 
Adamo, stavolta non puoi sottrarti! Sto lavorando su un fatto accaduto a Roma nel 1994!
Allora sarà sicuramente pane per i miei denti, di chi parliamo?

La donna nell’armadio, Antonella di Veroli
Benedetto ragazzo, come faccio a non ricordarlo? Questo caso mi ha tolto mesi interi di sonno! Uno tanti misteri della Roma del tempo e purtroppo l’assassino è ancora in libertà!

Lo so, per questo te lo chiedo… Ho preso un impegno con una radio nazionale. Un programma settimanale di mezz’ora sui casi irrisolti della cronaca romana.
E quanto spetterebbe a me?

Dai non scherzare… Chi è Antonella Di Veroli?
Una commercialista e consulente del lavoro di 47 anni, abita da sola nella sua casa di Via Oliva 8 nel quartiere di Talenti. Un’affascinante signora bionda, molto riservata e ancora piacente aveva un’ottima posizione patrimoniale. Negli ultimi tempi, forse preoccupata per il suo futuro, consultava diverse cartomanti.

Quando viene ammazzata?
Il 10 aprile 1994 viene trovata morta con indosso il pigiama, il cadavere, rinvenuto 48 ore dopo, è nascosto nell'armadio della sua camera da letto. L’armadio ha le ante sigillate con un collante. La porta di casa è chiusa a chiave dall'esterno. Quella seconda domenica di aprile, Antonella ha trascorsa fuori Roma in casa di amici. Loro le hanno anche proposto di rimanere a cena, ma lei declina l’invito: «Ho un impegno». Quindi, dalla testimonianza del garagista egiziano sappiamo che Antonella torna a casa verso le 20:30, mette la macchina in garage, percorre quei 40 passi che la separano dal portone di casa. Sappiamo poi che si strucca, si mette in pigiama, sistema sul tavolo del salone dei documenti di lavoro e alle 22:45 fa una telefonata ad un’amica e una alla mamma. Poi più nulla.

Poi cosa succede?
Il giorno dopo, nessuno la sente e la vede. Lo studio rimane chiuso. Lei è una persona metodica, ogni mattina prima di recarsi al lavoro va a trovare la madre. Allora la madre chiama, ma c’è soltanto la segreteria telefonica. Qualcosa non torna e a quel punto l’anziana signora allerta le due sorelle di Antonella che corrono in quell’appartamento nel primo pomeriggio, si fanno aprire da una vicina di casa, ma la casa è vuota, la luce è accesa e i vestiti ordinatamente riposti sulla sedia accanto al letto. Antonella, non c’è. Non contente ci tornano il giorno dopo insieme al socio di Antonella, si accorgono del forte odore di colla, e scoprono finalmente il cadavere nell’armadio.

Ma scusa, il giorno prima non si erano accorti di nulla?
In effetti, questo è un punto che è rimasto senza spiegazioni. La sorella della vittima ricorda chiaramente che il giorno prima non aveva notato quel forte odore di colla.

Cosa accerta la Polizia?
L'assassino ha sparato due colpi alla testa di piccolo calibro attraverso un cuscino e ha poi infilato la testa della Di Veroli in una busta di plastica per non far fuoriuscire il sangue. Poi ha nascosto la vittima nel guardaroba. Il medico legale non può che accertare la morte per sparo da arma da fuoco, ma poi nel corso di un esame più approfondito si accorge che il cuscino ha attutito i colpi e la morte è avvenuta per asfissia.

Come proseguono le indagini?
Si accerta che la donna ha aperto al suo assassino. Tra l’altro la donna era in pigiama quindi conosceva benissimo il suo carnefice. Non ci sono tracce di effrazione, né tanto meno è stato prelevato qualcosa da casa, per cui niente scopo di rapina o sconosciuti male intenzionati, le indagini si concentrano nella cerchia di amici. Prima di tutto si scandaglia la vita della povera Antonella.

La notizia arriva subito nelle redazioni dei giornali, immagino.
Conquista le prima pagine quando ai giornalisti in attesa sotto l’abitazione della vittima un ufficiale dell’Arma, uscendo dal palazzo dice: “Volete una pista? Passionale, ci sono di mezzo due uomini, ma io non vi ho detto nulla...” Da quell’istante il giallo sale d’intensità e i titoli dei giornali diventano cubitali...

La donna viveva da sola vero?
Siamo di fronte ad una donna sola alla disperata ricerca d'affetto. Non ha tanti amici e conduce una vita molto riservata, neanche i familiari sapevano bene cosa facesse nelle ore libere. Insomma alla soglia dei cinquant’anni non ha un marito né dei figli. Nel corso delle indagini la polizia accerta che nella sua vita ha avuto due soli grandi amori: un ragioniere ed un fotografo.

Chi sono?
Entrambi frequentano la donna, il ragioniere, più anziano, era amico e collega e poi amante di vecchia data, mentre per quanto riguarda il fotografo, tipo bello e squattrinato, Antonella lo ha conosciuto per ragioni di lavoro da circa un anno. Forse l’uno non sapeva dell’altro, ma il problema principale è che entrambi gli uomini sono sposati e nessuno dei due ha intenzione di lasciare la propria moglie.

Quindi ci sono i primi sospettati?
Nei guai finiscono entrambi con un avviso di garanzia in fotocopia per omicidio.

Il cerchio si stringe…
Durante i primi interrogatori viene fuori che il fotografo aveva più di una ragione per liberarsi della vittima e cioè un prestito di circa 40 milioni documentato da una carta privata. Lui faceva fatica a restituire quel denaro. Tieni conto che a causa di quel debito il loro rapporti si erano raffreddati, insomma il fotografo si era allontanato ed Antonella non voleva rassegnarsi alla fine della loro relazione.

Uno più uno uguale due?
Esatto, l’ipotesi è che Antonella abbia richiesto indietro i suoi soldi per convincere l’ex amante a riprendere la loro relazione interrotta bruscamente e che lui non poteva onorare il debito…

Quindi abbiamo un movente…
Si scopre che la Di Veroli aveva un diario che aggiornava dettagliatamente. Viene tra le altre cose sentito un grafologo che esaminando la scrittura della vittima rivela che siamo di fronte ad una donna nervosa ed instabile, in preda ad un forte stato d’angoscia.

Cosa c’è scritto nel diario?
Fornisce sicuramente spunti di analisi interessanti. Antonella aveva vissuto i suoi ultimi giorni in uno stato di umiliazione e paura. Nelle pagine dell’agenda di Linus la povera commercialista parla delle liti con moglie del suo amante, delle minacce telefoniche e del fallimento della sua relazione con il fotografo.

Quindi strada spianata…
Sembra di sì. La polizia si concentra su questa pista, ma il sospetto non è suffragato da alcuna prova in quanto le uniche impronte digitali e i capelli rinvenuti sulla vittima non appartengono al fotografo, così come quelle su una tazzina da caffè ritrovata in casa della vittima. Tra le altre cose il corpo presenta evidenti graffi alle braccia come se fosse stato trascinato per terra.

Mi riviene in mente la dichiarazione della sorella della vittima…
Benedetto ragazzo! Sei molto arguto! Perché la sorella non s
ente l’odore intenso di colla nella prima visita? Qualcuno è tornato successivamente sul luogo del delitto? E perché l’assassino ha sigillato la porta dell’armadio? Voleva prendere tempo? Tutte supposizioni che fanno pensare ad un insospettabile, ma anche quella pista arriva ad un punto cieco.

Quindi abbiamo solo il fotografo… Il processo come va?
E’ evidente che l’impianto accusatorio non regge, non ci sono prove, il processo è solo indiziario, e il fotografo viene assolto. A scagionare l'uomo dall'accusa anche una impronta trovata sull'armadio appartenente a una terza persona mai identificata e le prove del guanto di paraffina che, inizialmente positive, si erano rivelate poi non attendibili. La sentenza viene confermata nei successivi gradi di giudizio fino alla Cassazione.

Altre piste?
Gli inquirenti erano così convinti della colpevolezza del fotografo o della moglie che hanno trascurato le altre ipotesi investigative, tipo quelle legate all'attività professionale della donna.

La moglie? Cosa c’entra la moglie del fotografo?
La donna è a conoscenza della relazione del marito e quindi ha più di un motivo valido, no? Tra l’altro ci sono numerose telefonate alla segreteria telefonica della vittima, nonché le puntuali annotazioni di Antonella sul suo diario dove si parla di minacce e quant’altro. Ma la donna nega di aver mai incontrato Antonella, dichiarando di averle parlato una volta al telefono quando aveva scoperto della relazione della commercialista con suo marito.

Ora capisco… il cadavere nascosto nell’armadio.
Benedetto ragazzo stai pensando ad un movente passionale vero? E quindi sospetti della moglie del fotografo… Ma secondo me l’armadio non ha alcun gesto simbolico. E’ solo un modo di ritardare di qualche giorno la scoperta del cadavere.

Conclusioni?
C’è stato un tentativo di riaprire l’inchiesta nel 2001, dopo aver analizzato le carte la Procura sospetta la presenza nel caso di un terzo uomo, sfuggito alle indagini. Ci sono vari indizi da analizzare e tra questi il fatto che due mesi prima della morte Antonella per San Valentino aveva comprato due regali maschili, una cintura e un portafogli, ma su quegli oggetti non ha fatto incidere le iniziali di uno dei due amanti ufficiali, bensì una lettera E. Poi le impronte ed i peli sulla scena del delitto che non corrispondono ai due sospettati. Poi ancora alcune frasi sul diario della vittima che parlava di un certo “cane sciolto” innamorato e geloso. Insomma con le tecniche investigative odierne si potrebbe scoprire molto di più, ma sta di fatto che ancora oggi l’omicidio di Antonella Di Veroli e un caso irrisolto con un assassino ancora in libertà.

 





 





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INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
http://archiviostorico.corriere.it/1996/ottobre/07/
https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/1
http://www.chilhavisto.rai.it/CLV/
https://maurovalentini.it/2019/04/
http://guide.supereva.it/cronaca



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