Adamo mi parli del brano di Fabrizio De
André “La guerra di Piero”?
È una
canzone scritta nel lontano 1964 in forma di ballata
e con l'arrangiamento musicale di Vittorio
Centanaro. Centanaro ne è anche l’autore della
musica, ma non la firma perchè non iscritto alla
SIAE. Fu registrata con i musicisti Vittorio
Centanaro (chitarra), Fabrizio De André (chitarra) e
Werther Pierazzuoli (basso). Venne inserita nel
primo album del cantautore genovese dal titolo Tutto
Fabrizio De André, ma uscì anche in 45 giri come
retro del brano la Ballata dell'eroe pubblicato in
Italia dalla Karim nel 1964. De André e Centanaro
partirono per Roma con le loro chitarre e con un
liuto che Fabrizio avrebbe poi venduto qualche anno
più tardi. Le registrazioni furono effettuate il 18
e 25 luglio 1964 negli studi Dirmaphon di Roma.
Di che si tratta?
È un brano
decisamente contro la guerra, ispirato dai ricordi
dello zio del cantautore Francesco, il fratello di
sua madre, rinchiuso in un campo di concentramento
durante la campagna di Albania.
Ebbe
successo?
Assolutamente no, la canzone
al momento della pubblicazione passò inosservata e
il disco rimase praticamente invenduto,
successivamente però, con il boom della protesta
antimilitarista, con Dylan, Donovan e compagnia
bella, diventò un inno contro la guerra e la morte
in battaglia. Negli anni seguenti la canzone fu
inserita, a pieno titolo, nelle antologie
scolastiche, specialmente delle scuole elementari.
Nel testo vi sono molti riferimenti
vero?
Sicuramente una poesia del 1870 di
Arthur Rimbaud, Le dormeur du val (L'addormentato
nella valle), musicata e cantata nel 1955 da Léo
Ferré. Vi sono inoltre delle corrispondenze con una
canzone di Gustave Nadaud ispirata alla spedizione
garibaldina dei Mille, Le Soldat de Marsala. Inoltre
un verso richiama la canzone Dove vola l'avvoltoio
scritta nel 1958 da Italo Calvino e musicata da
Sergio Liberovici:
Musicalmente?
È una canzone di 13 strofe in forma di
ballata; ogni strofa è composta da 4 endecasillabi.
Le rime sono talvolta baciate, altre incrociate.
Dall’analisi del testo invece si evincono nel
contesto tre capisaldi: la morte, la vita e
soprattutto il tempo. Ed è proprio il tempo il
protagonista assoluto: il tempo per fermarsi, il
tempo che passa, il passare delle stagioni, il tempo
per vedere un uomo che muore, il tempo che Piero
perde e che darà irrimediabilmente tempo all'altro
di agire, il tempo del non ritorno dalla morte.
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TESTO
Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa,
non è il tulipano
Che ti fan veglia dall'ombra
dei fossi
Ma son mille papaveri rossi
Lungo le
sponde del mio torrente
Voglio che scendano i
lucci argentati
Non più i cadaveri dei soldati
Portati in braccio dalla corrente
Così dicevi ed
era d'inverno
E come gli altri verso l'inferno
Te ne vai triste come chi deve
Il vento ti sputa
in faccia la neve
Fermati Piero, fermati adesso
Lascia che il vento ti passi un po' addosso
Dei
morti in battaglia ti porti la voce
Chi diede la
vita ebbe in cambio una croce
Ma tu no lo udisti
e il tempo passava
Con le stagioni a passo di
giava
Ed arrivasti a varcar la frontiera
In un
bel giorno di primavera
E mentre marciavi con
l'anima in spalle
Vedesti un uomo in fondo alla
valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro colore
Sparagli Piero,
sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
Fino a che tu non lo vedrai esangue
Cadere in
terra a coprire il suo sangue
E se gli sparo in
fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per
morire
Ma il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muore
E mentre
gli usi questa premura
Quello si volta, ti vede e
ha paura
Ed imbracciata l'artiglieria
Non ti
ricambia la cortesia
Cadesti in terra senza un
lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che
il tempo non ti sarebbe bastato
A chiedere
perdono per ogni peccato
Cadesti interra senza un
lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che
la tua vita finiva quel giorno
E non ci sarebbe
stato un ritorno
Ninetta mia, a crepare di maggio
Ci vuole tanto, troppo coraggio
Ninetta bella,
dritto all'inferno
Avrei preferito andarci in
inverno
E mentre il grano ti stava a sentire
Dentro alle mani stringevi il fucile
Dentro alla
bocca stringevi parole
Troppo gelate per
sciogliersi al sole
Dormi sepolto in un campo di
grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti
fan veglia dall'ombra dei fossi
Ma sono mille
papaveri rossi

