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ADULTO

AMORE IN CHAT Ultimo atto
"Davvero mi vuole vestita
elegante? Con i capelli raccolti e una rosa all’orecchio, come una
ballerina di fado e flamenco che allungo l’ombretto per risaltare i
miei occhi, che tingo le labbra di rosso di fuoco, perché lei mi
desideri e s’affoghi davvero, nel mare di voglia di femmina calda… "

Stasera le
parole non scorrono lisce, fanno attrito e rumore e
rimangono appese, su questo schermo che fisso ed a bocca
aperta l’aspetto, per abbandonarmi del tutto e non
sentirla distante. Le confesso che anch’io avrei voglia
ogni tanto, di sentirla vicina, di sentirla che gode, e
stasera i miei seni non riesco a pensarli, sotto questo
reggiseno che li copre e li schiaccia, che oppressi mi
chiedono di riprendere forma. Sì perché tutto questo ha
un senso solo se lei mi guardasse, tutto ciò la
consapevolezza che mi fa bella dentro la sua brama.
Davvero stasera vuole che sbottoni la camicetta? Che
voli seduta e le descriva il decollo? Ma la prego non si
tocchi se è quello che vuole, segua il filo dei miei
pensieri bollenti, che sono certa davvero che ci porterà
dove, la passione che arde ha bisogno di carne. Una
donna in ciabatte non nutre i suoi sogni? Se vuole mi
cambio vado in bagno e mi vesto, mi metto dei tacchi che
strusciano i sogni come l’asfalto nell’ora muta delle
fate. D’accordo non metto colori, il nero confonda la
parte nascosta, del desiderio scomposto che mi prende a
quest’ora e il bianco rischiari l’anima in fiamme che ha
bisogno di sesso. Davvero mi vuole come una donna
fatale? Puttana di classe che mostra e si nega, quel
tanto che serve per concedersi tutta, tanto è lo stesso
per quello che serve, che somigli del tutto alla notte
che incombe, come se avessi un appuntamento a quest’ora,
un incontro galante in un albergo del centro, che è di
lavoro e lei si immagina quale.
Mio marito è al
letto, che dorme e che russa, ed io sono qui in studio
con la luce soffusa, mi viene paura e il petto mi batte,
pensando soltanto che obbedisco all’idea, di essere
bella e lei non mi vede, d’essere donna diversa dal
giorno, quando faccio la spesa in jeans e maglietta,
quando saluto il portiere che mi chiama signora. Ma
signora di cosa? Se solo sapesse! Mi viene paura se solo
ci penso, che rischio per nulla, per queste parole, che
obbedisco e le seguo e mi dicono fitte, d’alzarmi e
d’andare senza perdere tempo per esser regina in un modo
di fate. Ma davvero lo vuole? Che mi metta le calze in
pieno d’agosto, una gonna al ginocchio che aderisca
perfetta, e si spacchi di fianco per raccontarle i
dettagli, carezze leggere come un soffio di vento, che
asciuga le voglie quando sola per strada, ascolto il
rumore dei miei tacchi che struscio.
Davvero mi
vuole vestita elegante? Con i capelli raccolti e una
rosa all’orecchio, come una ballerina di fado e flamenco
che allungo l’ombretto per risaltare i miei occhi, che
tingo le labbra di rosso di fuoco, perché lei mi
desideri e s’affoghi davvero, nel mare di voglia di
femmina calda, che stanotte ha deciso di essere copia,
di quella che il sogno contorna e modella. Davvero mi
vuole col mio seno che danza, davvero lo vuole che nudo
trattenga gli sguardi affamati di una platea vogliosa?
Come in un lago di cigni che affonda e galleggia, che
fiero si mostra abbondante e sicuro, d’essere unico in
faccia alla terra, d’essere il solo che si lascia
guardare, e nessuna stanotte può offrirle di meglio.
Come se davvero ora lo mostrassi in mezzo alla strada e
a notte fonda lo scopro per aprire due occhi, che girano
a vuoto ancora indecisi. Chiedono un prezzo e rispondo
cinquanta, chiedono come e li lascio vagare, nella
voglia d’avermi di fermare la danza, di mettere in
gabbia le mie tette leziose, che ballano al vento mentre
cammino.
Sono tette di strada che vanno con
tutti, obbedienti e infedeli che si danno per poco,
ribelli e sfacciate che si danno per tanto. Sono gatte
in calore sotto le finestre la notte, che s’accoppiano
al primo dopo ore di corte, ma poi ammiccano al branco
che muto le aspetta, quando i colpi del primo si fanno
insicuri. Sono campi di grani rigogliosi e fecondi,
distese di mare che nutrono pesci, ma anche siepi
d’alloro che sanno di piscio, lische marcite per i
randagi di notte. Sono palle bagnate di saliva e di
voglia, spugne imbevute di piacere che ciuccia, poi il
vento l’asciuga e riprendono forma, pronte e gemelle per
la prossima bocca.
Cammino le ostento e le gonfio
ogni sera, perché siano chiocce per riparare se piove,
per chiunque s’illuda d’averle già viste, attaccate alle
madri che sgorgavano latte. Come vorrei davvero che ne
uscisse abbondante, per ogni bocca che succhia e ogni
lingua che lecca, come nettare d’anima che nutre la
mente, e farli ingozzare fino all’ultima goccia, quando
la voglia poi scade e non rimane che niente.
Davvero vuole che vada? Nell’incognita che mio marito mi
veda, perché per prendere i vestiti devo passargli
davanti, e se ora non dorme mi chiederebbe il motivo,
perché apro l’armadio ed apro i cassetti. Ma stasera lo
faccio e poi di corsa nel bagno, e il rischio che corro
è che stasera s’illuda, che quello che metto gli
ingrossa i pensieri, che m’abbellisco e mi trucco per
andarci a letto.
Ma non c’è motivo per quello che
faccio, non c’è scusa che possa bastare, e quindi lo
faccio lo faccio davvero, perché il solo pensarci mi
smuove dal basso, sento il sangue che sale e m’arrossa
le guance, e scrivo un ti amo col capezzolo duro, perché
lei sappia che davvero lo faccio, e corro il rischio di
non poterle parlare, e lei corre il rischio di rimanere
qui appeso, perché se s’accorgesse che lo faccio per
altro, e non è il suo sesso che voglio stasera, mi
staccherebbe la spina e va via la corrente. Perché se
s’accorgesse che sono troia e più mento e lascio che un
altro mi guidi l’istinto, non c’è freno che potrebbe
ammansire questo germe di fuoco che mi naviga dentro.
Allo vado e lei rimanga connesso.
*****
E’ ancora lì? Mi dica davvero che le ho gonfiato
l’attesa perché sono bella come lei mi ha chiesto, bella
dentro lo specchio col timore d’esse vista. Se davvero
ora potesse vedermi, si sazierebbe di sesso senza
sfiorarlo, e toccherebbe i miei urli scomposti di brama,
per lasciare all’orgasmo la parte migliore. Alle volte
mi chiedo perché tutto questo, basterebbe davvero
un’occhiata più intensa, ad un uomo per strada che mi
strapperebbe la pelle, per sentire davvero quanto vale
il mio seno, quanto le labbra, le cosce, l’affanno e
quanto è abbandonate la saliva che metto.
Sì sono
come lei mi ha chiesto, non ci sarebbe bisogno di
mentire, bella perché trasgredisco alla legge atavica di
essere soltanto di un uomo, col timore che proprio
quell’uomo spuntasse dal nulla, e mi baciasse la fronte
per andare a dormire, e toccasse da dietro l’infinito
bisogno, d’essere altro oltre che moglie. La eccita
vero? Pensare a una moglie che arrossisce per nulla, ad
una zia che porta ogni domenica i suoi nipoti a messa,
invece ora sono qui che mi lascio ingiuriare, da frasi
stipate di parole volgari, che mi colpiscono dentro
taglienti ed infami, ed arrivano dritte nel ventre che
s’apre.
La eccita vero sapere che sto
accavallando le gambe? Che un filo di calza mi fa bella
e mignotta, con la mia mano sinistra che scompare nel
nulla, che stretta nel mezzo mi sfiora il piacere. Glie
l’ho detto vero che non ho messo le mutande? Ecco sono
come lei mi vuole, donna per bene che non chiede e non
parla, ma lascia che l’uomo recepisca il segnale. La
prego non mi chieda più altro, faccia solo che il sangue
mi arrivi al cervello, perché godo con quello e godo
pensando, d’essere sola in un vicolo cieco, dove uomini
tanti mi prendono in mezzo, vada avanti la prego mi dica
i dettagli, perché godo con quello e le mie mani da
sole, sarebbe tronchi dove s’arrossa la pelle.
“E’ ancora lì? Mi dica qualcosa, mi dica che m’ama”. Mi
dica che mai ha incontrato di meglio, che tutte le donne
che ha conosciuto finora, se potesse sommarle non ne
farebbero una. Me lo dica la prego, perché è troppo
grave il peso che sento, troppo facile il desiderio di
pensarmi mignotta. “Mi dica che è vero che non faccio
nulla di male!” Anche se sento il mio miele che cola, e
frenetica aspetto che mi faccia volare, oltre questa
casa dorata arredata con cura, dove ogni cosa ha un suo
posto, sono ricca e lo sa non ho bisogno di altro, passo
il giorno a curare me stessa, la prego mi faccia
squarciare le mura, questo bianchi soffitti come se
fossero carta, mi faccia volare sulle ali d’un sogno,
dove plano e decollo sui tetti di burro.
Manca
poco ora, basterebbe un suo cenno, per svuotarmi la
rabbia che accumulo il giorno, non mi chieda da dove
provenga, a che servirebbe ora saperlo, davanti ad una
donna che ha l’anima aperta, la schiude e la chiude per
invitarla nel mezzo. Oddio davvero mi devo fermare? Lei
vuole davvero che la mia mano si fermi? Che rimanga
distante dal punto più caldo, dove ora basterebbe un
gesto ed un cenno, per sentire che a fiotti mi squaglio
e zampillo, come una piccola falla che si slabbra e
s’allarga, alla forza del mare, della natura che sento.
Vuole sentirmi? Oddio che darei per urlarle la
voglia, ma non posso parlare, non posso dire sottovoce
che l’amo, davvero lo credo perché davvero io l’amo.
Oddio non posso pensarci, davvero lo vuole? Leggo e
rimango stordita, vuole sapere se mio marito ha spento
la luce? Perché non c’è niente di più bello che entrarmi
stasera, con un sesso qualunque che poi fa lo stesso,
d’alzarmi e cercare una forma di maschio, ed invitarla
nel posto dove regna il mio vuoto, dove stasera l’ho
apparecchiata di gusto, dove lei stasera ha preparato il
percorso.
M’alzo e cerco frenetica un qualsiasi
oggetto, le chiavi di casa, una penna, gli occhiali, la
prego non demorda perché io non mi scoraggio! Continui a
dirmi che senza non sarebbe lo stesso, che vuota sarei
solo una moglie banale, che aspetta nel letto suo marito
che russa. Cerco e fremo, al buio non vedo, ecco ora ho
in mano il telefono, lo stringo e sento i contorni, mi
sembra che faccia al mio caso, somiglia alla forma della
passione che sento. Ora vuole? Adesso davvero? Vuole
chiamarmi? Oh sì mi chiami, mi faccia due squilli per
essere certo, di sentirmi che bramo alla voglia che
incede, di sentire la voce mentre io vengo. Ha il mio
numero vero? Lo scriva di nuovo perché ne sia certa. Mi
scriva qualcosa perché non sia asciutta, che quello che
dice abbia un verso soltanto e non ci siano intoppi come
ora non esiste ragione. Mi scriva la prego che lo sono
davvero, una vacca che allatta per come è gonfio il mio
seno, una escort se ha bisogno di lusso, di sentire il
profumo della seta che offro. Davvero vuole che lo tenga
stretto tra le mie gambe? Oddio sì, avevo capito altro,
che volesse sentire la mia voce, ma va bene lo stesso,
la prego mi guidi per favore perché ora lo sento e
voglio volare, nell’infinito bisogno di sentirla qui
dentro. Lei è sposato vero? Sua moglie ora dorme? Io
sono in piedi appoggiata al muro, ora in ginocchio per
concentrarmi alla voglia.
La prego scriva più in
fretta, mi dica che stasera mi bacia e mi chiama, con un
nome da strada od un fischio volgare, mentre mi prende
davvero per tutta la notte, perché io la sento, la sento
che vuole, che spinga più in alto che prema più forte,
come mai nessun sesso ha fatto la breccia, come mai
nessun maschio è arrivato fin dove, si slarga la pelle
dell’anima in fondo. Le spiace se le dico amore? Le
spiace se le dico tesoro? Dentro questa pazzia di essere
altro, signora di classe e puttana di un uomo, di un
oggetto che ora entra e ancora mi prende e mi vuole, ed
io l’accompagno lo spingo e lo giro, dentro il mio sesso
a carponi per terra. Oddio ci sono! Eccomi ora! Mi
chiami adesso, mi chiami più in fretta. MI CHIAMI si
sbrighi, non abbia timore, ho tolto la suoneria e non
posso aspettare. 3206729… MI CHIAMI cavolo! Ora o mai
più!
Oddio sì, ecco, adesso la sento! Lo lasci
squillare, non smetta la prego, continui ancora, non
basta uno squillo per sentire l’amore, per sentire che
l’amo, che urlo, che grido d’ingozzarmi di sesso, perché
ora ogni squillo è una fitta, un colpo di maschio
assestato e più duro, e mi convince che niente ora
potrei avere di meglio, di questo telefono che ancora mi
squilla, che muto mi vibra dentro l’anima in fiamme.
La prego ancora, non smetta... sì ancora, lo lasci
squillare, lo lasci vibrare…
*****
Ma
proprio in quel momento un lampo nel buio ha invaso la
stanza e ucciso quella passione. Suo marito
improvvisamente ha acceso la luce, sorprendendola, avida
di parole, davanti a quello schermo … Dopo quella
sera Luisa non si è più connessa ed ha cambiato numero
di telefono, convinta comunque che la realtà non sarebbe
mai stata altrettanto appagante. Luca dopo qualche
sera di attesa ha cambiato nick, ora chatta con una
donna che si fa chiamare Farfalla Regina.
FINE
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ELENCO DEI RACCONTI DI AMORE IN CHAT
TUTTI I
RACCONTI DI LIBERAEVA
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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