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PERSONAGGI D'ARTE

Cecilia Gallerani
La Dama con l'ermellino
Ritratta da Leonardo fu una delle donne più
belle del Rinascimento. A soli tredici anni divenne l'amante di
Ludovico Sforza. S'innamorò di lui donandogli un figlio e quando lui
sposò Beatrice d'Este visse nell'ombra senza far trasparire il suo
dolore...

Milano, 1486. L’aria di
primavera si insinuava tra le strade strette della
città, portando con sé il profumo dei fiori selvatici e
il brusio delle voci dei mercanti. Cecilia Gallerani,
appena tredicenne, camminava accanto alla madre,
Margherita de’ Busti, verso il Castello Sforzesco. La
giovane, con i suoi lunghi capelli castani, aveva
un’aria innocente, quasi fragile, ma i suoi occhi,
grandi e profondi, tradivano una curiosità viva e
un’intelligenza acuta. Era ancora una bambina, con il
corpo appena sbocciato, ma la madre vedeva in lei una
grande opportunità. «Tieni il mento alto, Cecilia.»
Le consigliava Margherita, aggiustandole il velo di seta
che le incorniciava il viso. «Oggi incontrerai Ludovico
Sforza. È il signore di Milano, il Moro. Non c’è spazio
per la timidezza. Ormai sei grande!» Cecilia annuì,
il cuore che le batteva forte nel petto. Non capiva
pienamente il peso di quell’incontro, ma percepiva
l’importanza di quell’incontro nella voce della madre.
Margherita, donna astuta e ambiziosa, aveva orchestrato
tutto: il fallimento dell’accordo matrimoniale con
Stefano Visconti aveva aperto una porta, e lei non
intendeva lasciarla richiudere. Cecilia, con la sua
bellezza acerba e la mente brillante, era la chiave per
entrare nel cuore della corte.
La sala del
Castello Sforzesco era maestosa, con arazzi che
raccontavano storie di battaglie e amori antichi.
Ludovico Sforza, detto il Moro, era seduto su una sedia
intarsiata, circondato da cortigiani e consiglieri.
Aveva trentacinque anni, un uomo nel pieno del suo
potere, con il suo fascino magnetico incuteva rispetto e
soggezione. Quando Cecilia entrò, accompagnata dalla
madre, un silenzio curioso calò nella sala. «Messer
Ludovico.» Disse Margherita con un inchino. «Vi presento
mia figlia, Cecilia Gallerani.» La fanciulla abbassò
lo sguardo, come le era stato insegnato, ma quando lo
rialzò, i suoi occhi incontrarono quelli di Ludovico. Fu
un istante, un lampo. Lui la osservò, sorpreso dalla
grazia di quella creatura così giovane, quasi eterea, ma
con un’espressione che sembrava sfidare la sua stessa
innocenza. Il suo corpo, ancora adolescenziale, aveva la
delicatezza di un bocciolo non ancora schiuso: il seno
piccolo, come due mele acerbe nascoste sotto la seta del
vestito, e le curve appena accennate che promettevano
una bellezza futura. Ludovico sentì un fremito,
un’attrazione che lo colse di sorpresa, un desiderio che
si mescolava alla curiosità per quella ragazza-bambina.
«Vieni avanti, piccola.» Disse Ludovico, la voce
profonda e avvolgente. «Non temere, non mordo.»
Cecilia avanzò, il volto arrossato. «Mio signore.»
Mormorò, inchinandosi appena. La sua voce era dolce, e
Ludovico notò il modo in cui le sue mani, delicate come
ali di farfalla, si intrecciavano nervosamente.
«Quanti anni hai, Cecilia?» Chiese, alzandosi per
avvicinarsi a lei. «Tredici, mio signore.» Rispose
lei, alzando il mento come le aveva insegnato la madre.
Ludovico sorrise. «Tredici anni, e già porti con te la
bellezza di una donna. Dimmi, sai cantare?» Cecilia
annuì. «Sì, mio signore. E parlo il latino, se vi
aggrada.» Lui rise. «Una fanciulla colta, dunque.
Bene, vedremo se sai incantarmi con la tua voce come fai
con i tuoi occhi.» Quella sera, Cecilia cantò per
lui, una melodia semplice ma carica di emozione. La sua
voce, limpida come un ruscello, riempì la sala, e
Ludovico, seduto in silenzio, non riusciva a distogliere
lo sguardo. Era una bambina, sì, ma il suo corpo, così
giovane e intatto, lo attirava come una poesia non
ancora scritta. La peluria delicata che immaginava sotto
la seta del suo vestito, il seno appena accennato, le
linee morbide di una giovinezza intatta: tutto in lei
era un invito, un richiamo che lo faceva sentire vivo e
vulnerabile.
Nei mesi successivi, Cecilia divenne
una presenza costante nella vita di Ludovico. La madre,
soddisfatta, aveva ottenuto ciò che desiderava. La
figlia ben presto divenne l’amante del Moro, un ruolo
che, pur non ufficiale, le garantiva protezione e
privilegi. Cecilia, però, distante dalle strategie della
madre, pian piano s’innamorò di quell’uomo amandolo con
la devozione pura e totalizzante di una ragazza che
scopre l’amore per la prima volta. Le loro notti
erano fatte di momenti rubati, di incontri segreti nelle
stanze private del castello. Ludovico la cercava con
passione e desiderio, attratto non solo dalla sua mente
brillante, ma dal suo corpo adolescente, così perfetto
nella sua imperfezione. La peluria pubica, morbida e
intatta, era per lui come un segreto sussurrato dalla
natura, un simbolo della sua giovinezza che lo faceva
impazzire di desiderio. Il suo seno, piccolo e sodo,
sembrava modellato per le sue mani, e ogni tocco era
un’esplorazione, un dialogo tra la loro carne. Cecilia,
ovviamente non era esperta e ignorava l’arte d’amare, e
seppur avida d’amore, alle volte risultava goffa e
impacciata, ma erano proprio quelle imperfezioni a far
impazzire Ludovico.
Una notte Ludovico la prese
tra le braccia: «Sei così giovane, Cecilia.» Le disse
accarezzandole i capelli. «Eppure, quando sei con me,
sembri conoscere ogni segreto del mio cuore.» Lei
alzò lo sguardo. «Non conosco segreti, mio signore.
Conosco solo te. Ogni tuo respiro, ogni tuo sguardo… li
custodisco come tesori.» «Il tuo corpo… è come un
verso di Dante, incompleto, ma perfetto nella sua
promessa.» «Non sono solo un verso, mio signore. Sono
la tua poesia, se mi vuoi.» Ludovico la strinse più
forte, le sue mani che scivolavano lungo la sua schiena,
seguendo le curve appena accennate. «Sei pericolosa,
piccola mia. Mi fai dimenticare il mondo là fuori. Ma ti
voglio, bramo ogni parte di te. Questa peluria delicata…
mi fa impazzire.» Disse, sfiorandola tra le gambe con
una carezza che la fece tremare. «Questo seno che sembra
rubato a un giardino… sei un’opera d’arte, e io sono il
tuo devoto.» «Allora dipingimi.» Sussurrò lei,
posando una mano sul suo petto. «Fammi tua, ogni notte,
ogni istante. Qui, ora, ci siamo solo noi.»
I
loro momenti erano intensi, carichi di una passione che
mescolava innocenza e desiderio. Cecilia, nonostante la
sua giovinezza, imparò ben presto l’arte della seduzione
e il suo candore malizioso rendeva Ludovico incapace di
resisterle. Le loro conversazioni erano profonde,
spaziavano dalla filosofia alla poesia, e Cecilia, con
la sua conoscenza del latino e la sua mente vivace, lo
sfidava e lo incantava.
Nel 1489, Ludovico
commissionò a Leonardo da Vinci un ritratto di Cecilia.
«Voglio che il mondo veda la tua bellezza.» Le disse una
sera, mentre erano distesi su un letto coperto di seta.
«Ma soprattutto, voglio che tu sia ricordata per
sempre.» Cecilia sorrise, un sorriso malinconico. «E
se un giorno non sarò più al tuo fianco? Questo dipinto
sarà sufficiente a tenermi nel tuo cuore?» Ludovico
le prese il viso tra le mani, i suoi occhi pieni di
un’intensità che la fece tremare. «Non ci sarà mai un
giorno in cui non sarai nel mio cuore, Cecilia. Lo
giuro.» Leonardo con quel ritratto, La Dama con
l’Ermellino, catturò l’essenza di Cecilia: la sua
grazia, la sua intelligenza, il suo fascino.
L’ermellino, simbolo di purezza, era anche un omaggio al
titolo di Ludovico, cavaliere dell’Ordine
dell’Ermellino. Mentre posava per Leonardo, Cecilia
sentiva il peso di quell’amore, ma anche la fragilità
della sua posizione. Sapeva che Ludovico non era solo
suo.
Nel 1491, Ludovico sposò Beatrice d’Este,
una donna di straordinaria bellezza e raffinatezza. La
corte celebrò l’unione con feste sontuose, ma per
Cecilia fu un giorno di lutto. Tuttavia, non lasciò mai
trasparire il suo dolore. Rimase al Castello Sforzesco,
vivendo nell’ombra, in una sorta di limbo, amando
Ludovico in segreto, con una devozione che non chiedeva
nulla in cambio. «Perché resti?» Le chiese una sera
Ludovico, trovandola sola in una sala, mentre leggeva un
libro di poesie. «Non ti ho dato nulla, se non promesse
e un figlio.»
Cesare, il loro figlio, era nato
pochi mesi prima, un bambino che Ludovico amava
profondamente. Cecilia alzò lo sguardo, i suoi occhi
pieni di un amore che non vacillava. «Resto perché ti
amo.» Disse semplicemente. «E perché, anche se il tuo
cuore è diviso, so che una parte di te è ancora mia.»
Ludovico si inginocchiò accanto a lei, prendendole la
mano. «Non merito la tua lealtà, Cecilia.» S’inginocchiò
a lei e baciò il suo sesso in segno di devozione. Lei
sorrise. «L’amore non si merita, mio signore. Si dona.»
Quella presenza nel Castello Sforzesco non poteva però
essere ignorata da Beatrice e quando Cesare nacque,
Ludovico fu costretto ad allontanare Cecilia dalla
corte. Le donò il Palazzo Carmagnola, un gesto che era
insieme un addio e una promessa di protezione. Cecilia
si trasferì, portando con sé il figlio e il peso di un
amore che non poteva spegnersi.
Nel 1492, spinta
ancora una volta dalla madre, Cecilia accettò di sposare
Ludovico Carminati, il conte Bergamino. Margherita
vedeva nel matrimonio la sicurezza per la figlia, un
modo per “accasarla” e garantirle una vita stabile.
Cecilia, però, non amava il conte. Il suo cuore
apparteneva ancora al Moro, e ogni notte, nella sua
nuova casa a San Giovanni in Croce, sognava i loro
momenti insieme, le sue parole, il suo tocco. La
villa divenne un rifugio per artisti e letterati, un
luogo dove Cecilia riversava la sua cultura e la sua
passione. Ma dentro di sé, custodiva il segreto di un
amore che non sarebbe mai svanito. Anche quando Ludovico
morì, anni dopo, e il mondo cambiò, Cecilia rimase la
Dama con l’Ermellino: una donna che aveva amato con
tutta se stessa, senza rimpianti, portando con sé il
ricordo di un uomo e di un’epoca che avevano segnato la
sua anima.
Cecilia morì nel 1536, a sessantatré
anni, circondata dai libri e dalla bellezza che aveva
coltivato per tutta la vita. Nella cappella dei
Carminati, dove fu sepolta, il suo nome si spense, ma il
suo volto, immortalato da Leonardo, continuò a
raccontare una storia di amore, di passione e
sacrificio. La Dama con l’Ermellino, con il suo sguardo
enigmatico, rimane un’eco eterna di Cecilia Gallerani,
la ragazza che aveva conquistato il cuore di un duca e
lo aveva amato, in silenzio, fino alla fine.
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INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
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FOTO
WIKIPEDIA


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