Adamo mi parli della canzone “La locomotiva”
di Francesco Guccini?
È un brano del
1972 inserito nell’album Radici. È forse la sua
ballata più popolare e per più di quarant'anni
Guccini l'ha riproposta alla fine di ogni suo
concerto.
Di che parla?
La canzone si riferisce a un fatto realmente
accaduto. Protagonista della vicenda è il
macchinista anarchico Pietro Rigosi di 28 anni,
sposato e padre di due bambine di tre anni e dieci
mesi. Poco prima delle 5 pomeridiane del 20 luglio
1893 Rigosi si impadronì di una locomotiva sganciata
da un treno merci nei pressi della stazione di
Poggio Renatico e si diresse a tutta velocità verso
la stazione di Bologna.
E poi cosa
successe?
L'Ufficio Telegrafico della
stazione ricevette un dispaccio urgentissimo nel
quale c’era scritto che la locomotiva del treno
merci 1343 era in fuga da Poggio verso Bologna. Lo
stesso dispaccio era stato comunicato a tutte le
stazioni della linea, perché venissero prese le
disposizioni opportune. Ma il treno non si fermò,
anzi passò a grande velocità le stazioni di San
Pietro in Casale e Castelmaggiore. Su quella
macchina c’era un solo uomo che invece di fermarsi
metteva carbone. Era un uomo che correva, che voleva
correre alla morte!
A quel punto?
Il personale della stazione riuscì a
deviare la corsa della locomotiva su un binario
morto. Il treno si schiantò contro sei carri merci
in sosta. L'impatto fu tremendo e l'uomo venne
sbalzato via in seguito all'urto; sopravvisse, ma
gli venne amputata una gamba e rimase sfigurato in
viso. Dopo due mesi venne dimesso dall'ospedale e
esonerato dal servizio in ferrovia.
Perché lo fece?
Non si sono mai saputi i
veri motivi che spinsero l'uomo a quel folle gesto,
ma le sue idee profondamente anarchiche convinsero
l'opinione pubblica che si trattasse di un gesto di
protesta contro le dure condizioni di vita e di
lavoro di quegli anni e contro l'ingiustizia
sociale, che si manifestava in ogni situazione come
ad esempio nell'ambito ferroviario dove c'era una
prima classe lussuosa e confortevole, mentre le
carrozze delle classi inferiori erano fatiscenti e
scomode. Gran parte dei giornali dell'epoca, invece,
chiuse la vicenda, definendola un puro atto di
pazzia.
Qui subentra il poeta ovvero
Francesco Guccini…
Il cantautore
emiliano colse da un lato il simbolo positivista del
treno che comunque “l’uomo dominava col pensiero e
con la mano” e dall’altro il significato anarchico
del gesto e, immaginando l'uomo come un eroe,
riadattò la vicenda per crearne un pezzo
significativo e fece diventare il personaggio di
Rigosi un simbolo della lotta di classe.
Quindi una canzone politica?
Beh
no, lui ha sempre tenuto a precisare che “La
locomotiva” non nasce come canzone politica, ma che
è diventata politica successivamente. A lui
interessava semplicemente raccontare la bella storia
di un eroe che per i suoi ideali ha sfidato il mondo
scegliendo appunto il treno, possente,
rivoluzionario, insomma «un mostro strano che l’uomo
dominava e che ruggendo si lasciava indietro
distanze che sembravano infinite, sembrava avesse
dentro un potere tremendo, la stessa forza della
dinamite».
Sì capisco, ma è comunque
un testo di sinistra cantato con il pugno alzato…
Indipendentemente dalle opinioni politiche
di ciascuno, direi un testo che fa riflettere
sull’ingiustizia sociale del passato e sulla
disperazione che può provocare ma, soprattutto, su
fino a che punto siamo disposti a spingerci e sia
giusto spingersi nella lotta politica.
Strano però scrivere una intera canzone su
una locomotiva…
Disse bene Giorgio Gaber
quando, rivolgendosi ad un pubblico emiliano,
sentenziò: «Tenetevi stretto Guccini: uno che è
riuscito a scrivere 13 strofe su una locomotiva può
scrivere davvero di tutto».
È vero
che Guccini la scrisse in poco tempo?
Guccini venne a conoscenza della storia per caso,
grazie ad un vicino di casa, ed ha più volte
dichiarato di aver scritto il lungo testo della
canzone in circa venti minuti.
Fu un
successo vero?
Al tempo Guccini era un
cantante di nicchia, diciamo che solo
successivamente la canzone divenne popolare tanto
che nel 2017 fu inserita al 71º posto nella
classifica delle 250 canzoni italiane più belle.
Su Youtube ci sono varie versioni...
https://www.youtube.com/watch?v=KeX1Yb8CSjw
https://www.youtube.com/watch?v=Aklenm15E2E

La Locomotiva
Artista Francesco Guccini
Genere Musica d'autore
Edito da Edizioni musicali
La voce del padrone
Pubblicazione
Incisione
Radici
Data 1972
Etichetta EMI Italiana
Durata 8 min 17 s

Il testo
Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
quanti anni avesse visto allora, di che colore i
suoi capelli,
ma nella fantasia ho l'immagine
sua: gli eroi sono tutti giovani e belli.
Conosco invece l'epoca dei fatti, qual era il suo
mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista,
ferroviere.
I tempi in cui si cominciava la
guerra santa dei pezzenti:
sembrava il treno
anch'esso un mito di progresso, lanciato sopra i
continenti.
E la locomotiva sembrava fosse un
mostro strano,
che l'uomo dominava con il
pensiero e con la mano:
ruggendo si lasciava
indietro distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo, la stessa
forza della dinamite.
Ma un'altra grande
forza spiegava allora le sue ali:
parole che
dicevano "gli uomini sono tutti uguali",
e contro
ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba
proletaria, e illuminava l'aria la fiaccola
dell'anarchia.
Un treno tutti i giorni
passava per la sua stazione:
un treno di lusso,
lontana destinazione.
Vedeva gente riverita,
pensava a quei velluti, agli ori,
pensava al
magro giorno della sua gente attorno, pensava un
treno pieno di signori.
Non so che cosa
accadde, perché prese la decisione.
Forse una
rabbia antica, generazioni senza nome
che
urlarono vendetta, gli accecarono il cuore,
dimenticò pietà, scordò la sua bontà, la bomba sua
la macchina a vapore.
E sul binario stava la
locomotiva:
la macchina pulsante sembrava fosse
cosa viva,
sembrava un giovane puledro che appena
liberato il freno
mordesse la rotaia con muscoli
d'acciaio, con forza cieca di baleno.
E un
giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in
corpo,
pensò che aveva il modo di riparare a
qualche torto:
salì sul mostro che dormiva, cercò
di mandar via la sua paura,
e prima di pensare a
quel che stava a fare, il mostro divorava la
pianura.
Correva l'altro treno ignaro, quasi
senza fretta:
nessuno immaginava di andare verso
la vendetta.
Ma alla stazione di Bologna arrivò
la notizia in un baleno:
"Notizia di emergenza,
agite con urgenza, un pazzo si è lanciato contro il
treno!"
Ma intanto corre, corre, corre la
locomotiva,
e sibila il vapore, sembra quasi cosa
viva,
e sembra dire ai contadini curvi, il
fischio che si spande in aria:
"Fratello non
temere, ché corro al mio dovere! Trionfi la
giustizia proletaria!"
E intanto corre corre
corre sempre più forte,
e corre, corre, corre,
corre verso la morte,
e niente ormai può
trattenere l'immensa forza distruttrice,
aspetta
sol lo schianto e poi che giunga il manto della
grande consolatrice.
La storia ci racconta
come finì la corsa:
la macchina deviata lungo una
linea morta.
Con l'ultimo suo grido d'animale la
macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il
cielo, poi il fumo sparse il velo, lo raccolsero che
ancora respirava.
Ma a noi piace pensarlo
ancora dietro al motore,
mentre fa correr via la
macchina a vapore,
e che ci giunga un giorno
ancora la notizia
di una locomotiva come una cosa
viva, lanciata a bomba contro l'ingiustizia!
