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GIALLO PASSIONE

Il più grande furto d’arte di sempre
Boston 1990 - Isabella
Stewart Gardner Museum
L'agente speciale dell'Fbi Richard
Edward Cambridge, chiamato a seguito del furto del Concerto a tre di
Jan Vermeer pensò immediatamente di avere di fronte a sé una grossa
gatta da pelare...…

L'agente speciale dell'Fbi di Boston Richard
Edward Cambridge, appoggiato ad una colonna di granito
del chiostro in stile veneziano, pensò immediatamente di
avere di fronte una grossa gatta da pelare. L'Isabella
Stewart Gardner Museum era la più importante pinacoteca
privata di Boston e da quanto ricordava l’agente nessuno
mai aveva portato a termine un simile furto d’arte. Poi
scosse la testa e chiamò sua moglie Patricia in attesa
che i suoi collaboratori finissero tutte le rilevazioni
del caso.
Sin dalle prime battute la moglie capì
che non si trattava del solito furto di polli per cui
non fece alcuna rimostranza quando lui le disse che non
sarebbe tornato per il pranzo e che quel pomeriggio non
sarebbe potuto andare a prende a scuola i loro due
figli. Erano sposati da quasi sedici anni, tra l’altro
Patricia era incinta del suo terzo figlio, ma da qualche
anno quel rapporto si stava usurando per le
insoddisfazioni e le delusioni reciproche. Lei
occupandosi dei figli aveva dovuto rinunciare alla sua
brillante carriera nel campo delle energie rinnovabili e
lui, nonostante fosse laureato, per ben due volte non
era riuscito a superare il concorso per ufficiali,
rimanendo così, seppur valido, un normale agente
speciale dell’Fbi.
Ovvio ci sperava ancora a
diventare tenente, ma questa volta aveva la netta
sensazione che quell’indagine sarebbe risultata una
grossa macchia nera nel suo impeccabile curriculum.
Tutto questo perché la notte precedente, tra il 17 e il
18 marzo del 1990, due uomini vestiti da poliziotti
avevano avuto la bella idea di trafugare alcune opere
d’arte quando suonarono alla porta di un’uscita
secondaria dell’Isabella Stewart Gardner Museum, dicendo
alle guardie di turno che alla Centrale era pervenuta
una segnalazione di furto per cui sarebbero dovuti
intervenire per un giro di perlustrazione.
Una
delle uniche due guardie presenti nell’edificio
rispondendo al citofono si lasciò andare ad una grassa e
grossa risata. Il tizio era Frank Morris, un uomo di
mezza età corpulento e dall’aria bonaria, il quale dopo
quella risata spontanea iniziò a sudare perché si rese
immediatamente conto di quanto fosse insolita quella
chiamata. Erano circa dieci anni che faceva quel lavoro
e lui sapeva benissimo che le regole di ingaggio erano
di una semplicità disarmante ovvero di non aprire a
nessuno e per qualsiasi motivo, in caso si avvertire la
polizia locale. Quelli però si erano presentati come
poliziotti per cui davanti a quella richiesta non seppe
cosa fare, esitò, cercò di prendere tempo, chiamò il suo
collega che non rispose, ma con lo scorrere dei minuti
si convinse che avrebbe sicuramente commesso un reato se
avesse lasciato fuori dalla porta due poliziotti per cui
prese la decisione meno opportuna e alla fine schiacciò
il pulsante ed aprì il portone dell’uscita secondaria.
Passò solo qualche secondo ed uno dei due uomini
entrò rapidamente attraversando parte dell’atrio. Frank
sentì quei passi avvicinarsi e proprio in quell’istante
si rese conto di non avere l’uniforme, ma solo abiti
civile. Intanto il ladro, giunto al bancone, salutò la
guardia giurata mostrando velocemente un tesserino
evidentemente falso poi ribadì, in modo fermo, ma
concitato, che dalla Centrale era appena arrivata una
segnalazione di intervento per un presunto furto. Così
dicendo iniziò a guardarsi intorno. Frank Morris però
sorrise di nuovo rassicurandolo che lì dentro, a parte
qualche topo in amore, era tutto tranquillo e non c’era
stato alcun rumore sospetto. Il presunto poliziotto non
si perse d’animo e gli fece notare prontamente che per
chiudere la segnalazione avrebbe dovuto compiere i
dovuti controlli per cui chiese a Frank di disinserire
l’allarme nelle stanze. Frank insistette di nuovo, forse
stava iniziando a mangiare la foglia, ma il poliziotto
con aria sbrigativa gli ordinò di allontanarsi
immediatamente dal bancone dove appunto erano installati
i comandi degli allarmi. Viste le rimostranze di Frank,
il ladro con un balzo fulmineo scavalcò il bancone e poi
ammanettò la guardia urlandogli che, ostacolando la
giustizia, avrebbe corso guai seri e che da quel momento
doveva considerarsi in stato di arresto.
Frank
Morris sorpreso per quella reazione non oppose
resistenza. In quel momento i suoi pensieri andarono a
sua moglie Josie e a sua figlia Karin, la quale la
settimana successiva si sarebbe laureata con 110 e lode
e tanti sacrifici alla Boston University. Pregò il ladro
di non infierire e di non fare alcun rapporto, proprio
quando, alcuni secondi dopo, arrivò la seconda guardia,
il quale vedendo il collega ammanettato cercò di
estrarre la pistola, ma non fece in tempo perché il
secondo finto poliziotto lo immobilizzò da dietro
facendogli scattare le manette ai polsi. Solo a quel
punto i due malviventi in finta uniforme dissero alle
due guardie che il loro scopo era solo quello di
rapinare il museo. Poi sotto la minaccia delle pistole
condussero i due nel sotterraneo e legarono entrambi ai
tubi dello scantinato.
A quel punto i due ladri
non persero tempo e salirono velocemente al piano di
sopra, raggiunsero quindi la sala dei pittori fiamminghi
e cominciarono a togliere dal muro i quadri adagiandoli
sul pavimento. Rubarono in un batter d’occhio Il
Concerto di Johannes Vermeer, insieme all’unico
paesaggio marino di Rembrandt. In tutto presero 13
opere, compresi qualche Degas, ancora un Rembrandt e un
Manet. Purtroppo per prendere quei quadri rovinarono le
tele rimuovendole maldestramente dalle cornici
originali. Alla fine impiegarono poco meno di un’ora e
mezza per fare tutto il lavoro. Poi tornarono nel
sotterraneo per rendersi conto che le guardie fossero
ancora assicurate ai tubi. A quel punto si congedarono
dicendo loro che se avessero fatto i bravi e non
avessero avvertito immediatamente la polizia si
sarebbero fatti sentire entro un anno per la giusta
ricompensa. Le due guardie immobilizzate anche se
avessero voluto non sarebbero riuscite a liberarsi per
cui rimasero legate tutta la notte e non fecero scattare
immediatamente l’allarme. Comunque sollevati di aver
scampato il pericolo e soprattutto di essere ancora vivi
attesero tranquillamente che si facesse giorno. Durante
quelle ore Frank Morris pensò a sua figlia ed al vestito
che avrebbe indossato per il giorno della laurea, mentre
il suo collega dedicò i suoi pensieri alla sua giovane
compagna giamaicana in attesa del loro primo figlio.
Furono liberati solo la mattina seguente all’arrivo del
personale del museo.
Richard Cambridge l'agente
speciale dell'Fbi, appoggiato a quella colonna, ancora
non si capacitava come fosse stato così semplice
trafugare senza alcun rischio quel ben di Dio. Chiamò
immediatamente suo cognato Larry Preston il quale, oltre
ad avere una cattedra presso l’università statale di
Boston, saltuariamente faceva il consulente d’arte
contemporanea per il Modern Art Museum di New York.
Arrivò in fretta interrompendo una lezione e insieme
all’agente speciale fece un nuovo sopralluogo e alla
fine sentenziò che le 13 opere rubate valevano
all’incirca 500 milioni di dollari, in considerazione
del fatto che la sola opera di Vermeer era stimata circa
200 milioni. Di sicuro un’ingente somma, ma soprattutto,
tenne a precisare, il più grande furto di opere d’arte
mai realizzato in tutto il mondo. Richard Cambridge in
quel momento si toccò il collo dolente, maledicendo la
sfortuna, la quale, per chissà quale strano motivo, gli
aveva rifilato quella brutta gatta da pelare.
Poi sempre appoggiato a quella colonna iniziò a calarsi
nelle vesti più appropriate del poliziotto esperto e
parlando con suo cognato dedusse che quei due malviventi
erano decisamente due ladri inesperti nel campo delle
opere d’arte ed anche se avessero agito su commissione
era inspiegabile, visto anche il tempo a disposizione,
che non avessero rubato altro. Del resto, per accedere
alla sala dei fiamminghi, erano per forza dovuti passare
davanti a opere più preziose del museo come due
Raffaello, un Botticelli e un Tiziano. Strano vero?
Richard Cambridge si mise subito al lavoro. Dapprima
interrogò le due guardie che avevano agito in maniera
maldestra infischiandosene del protocollo e per questo
motivo licenziate in tronco dalla direzione
dell'Isabella Gardner Museum. Furono anche messi sotto
osservazione per un anno intero e alla fine furono
scagionati del tutto. L’agente speciale per mesi e mesi
interrogò centinaia di uomini schedati dall’Fbi come
delinquenti del ramo. Qualcuno sostenne che per quel
furto fosse coinvolto Bobby Donati, un gangster
italo-americano, gli vennero sequestrate le due ville e
un magazzino di trecento metri quadri, ma delle opere
nemmeno l’ombra. Bobby era un vero gangster, ma
purtroppo dedito al solo traffico di stupefacenti. Morì
l’anno dopo ucciso in strada dopo in un regolamento di
conti.
Tra gli altri fu interrogato anche Robert
Gentile, un criminale del Connecticut accusato di sapere
dove fossero i quadri. Lui negò sempre. Alla fine le
indagini si concentrarono su un’organizzazione criminale
della East Cost, ma Richard Cambridge non acquisì mai
nessuna prova, bensì qualche deduzione del tipo che i
quadri fossero finiti in Connecticut e poi a
Philadelphia, in Pennsylvania, e poi fossero stati messi
in vendita sul mercato nero a qualche anno di distanza
dalla rapina.
In ogni caso i ladri non furono
mai presi e i quadri non furono mai ritrovati. A quasi
trenta anni dal furto la polizia americana non ha mai
interrotto le ricerche e persiste ancora una taglia di 5
milioni di dollari a favore di chiunque sia in grado di
dare informazioni significative e possa contribuire al
ritrovamento anche di una sola delle opere. La stessa
polizia è comunque consapevole che se anche venissero
oggi identificati, i due ladri non potrebbero essere
perseguiti per il crimine commesso essendo ormai caduto
in prescrizione. Ovviamente potrebbero invece finire nei
guai gli attuali possessori delle opere e le persone
recentemente coinvolte nel traffico.
|

Il presente racconto è liberamente tratto dalla vicenda del
Isabella Stewart Gardner Museum.

ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI http://america24.com/news/isabella-gardner-
museum-di-boston-dopo-23-anni-identificati-
ladri-del-furto-del-secolo
https://atuttarte.wordpress.com/2017/10/23/
arte-rubata-4-casi-ancora-irrisolti-i-2-da- vinci-ritrovati/
https://www.investireoggi.it/economia/la-
classifica-delle-5-rapine-piu-redditizie-della-
storia-la-piu-ricca-12-miliardi-dollari/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/08/
boston-a-25-anni-dal-piu-grande-furto-darte-
negli-usa-spunta-un-video- che-riapre-le-indagini/3144586/


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