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AMARSI? CHE CASINO!

Il più grande furto d’arte di sempre
(Boston 1990 - Isabella Stewart Gardner Museum)


 
 
IL CONCERTO A TRE È UN DIPINTO A OLIO SU TELA (72,5X64,7 CM) DI
JAN VERMEER, DATABILE AL 1666-1667, RUBATO A BOSTON NON FU MAI RITROVATO

 

 


L'agente speciale dell'Fbi di Boston Richard Edward Cambridge, appoggiato ad una colonna di granito del chiostro in stile veneziano, pensò immediatamente di avere di fronte una grossa gatta da pelare. L'Isabella Stewart Gardner Museum era la più importante pinacoteca privata di Boston e da quanto ricordava l’agente nessuno mai aveva portato a termine un simile furto d’arte. Poi scosse la testa e chiamò sua moglie Patricia in attesa che i suoi collaboratori finissero tutte le rilevazioni del caso.
Sin dalle prime battute la moglie capì che non si trattava del solito furto di polli per cui non fece alcuna rimostranza quando lui le disse che non sarebbe tornato per il pranzo e che quel pomeriggio non sarebbe potuto andare a prende a scuola i loro due figli. Erano sposati da quasi sedici anni, tra l’altro Patricia era incinta del suo terzo figlio, ma da qualche anno quel rapporto si stava usurando per le insoddisfazioni e le delusioni reciproche. Lei occupandosi dei figli aveva dovuto rinunciare alla sua brillante carriera nel campo delle energie rinnovabili e lui, nonostante fosse laureato, per ben due volte non era riuscito a superare il concorso per ufficiali, rimanendo così, seppur valido, un normale agente speciale dell’Fbi.

Ovvio ci sperava ancora a diventare tenente, ma questa volta aveva la netta sensazione che quell’indagine sarebbe risultata una grossa macchia nera nel suo impeccabile curriculum. Tutto questo perché la notte precedente, tra il 17 e il 18 marzo del 1990, due uomini vestiti da poliziotti avevano avuto la bella idea di trafugare alcune opere d’arte quando suonarono alla porta di un’uscita secondaria dell’Isabella Stewart Gardner Museum, dicendo alle guardie di turno che alla Centrale era pervenuta una segnalazione di furto per cui sarebbero dovuti intervenire per un giro di perlustrazione.

Una delle uniche due guardie presenti nell’edificio rispondendo al citofono si lasciò andare ad una grassa e grossa risata. Il tizio era Frank Morris, un uomo di mezza età corpulento e dall’aria bonaria, il quale dopo quella risata spontanea iniziò a sudare perché si rese immediatamente conto di quanto fosse insolita quella chiamata. Erano circa dieci anni che faceva quel lavoro e lui sapeva benissimo che le regole di ingaggio erano di una semplicità disarmante ovvero di non aprire a nessuno e per qualsiasi motivo, in caso si avvertire la polizia locale. Quelli però si erano presentati come poliziotti per cui davanti a quella richiesta non seppe cosa fare, esitò, cercò di prendere tempo, chiamò il suo collega che non rispose, ma con lo scorrere dei minuti si convinse che avrebbe sicuramente commesso un reato se avesse lasciato fuori dalla porta due poliziotti per cui prese la decisione meno opportuna e alla fine schiacciò il pulsante ed aprì il portone dell’uscita secondaria.

Passò solo qualche secondo ed uno dei due uomini entrò rapidamente attraversando parte dell’atrio. Frank sentì quei passi avvicinarsi e proprio in quell’istante si rese conto di non avere l’uniforme, ma solo abiti civile. Intanto il ladro, giunto al bancone, salutò la guardia giurata mostrando velocemente un tesserino evidentemente falso poi ribadì, in modo fermo, ma concitato, che dalla Centrale era appena arrivata una segnalazione di intervento per un presunto furto. Così dicendo iniziò a guardarsi intorno. Frank Morris però sorrise di nuovo rassicurandolo che lì dentro, a parte qualche topo in amore, era tutto tranquillo e non c’era stato alcun rumore sospetto. Il presunto poliziotto non si perse d’animo e gli fece notare prontamente che per chiudere la segnalazione avrebbe dovuto compiere i dovuti controlli per cui chiese a Frank di disinserire l’allarme nelle stanze. Frank insistette di nuovo, forse stava iniziando a mangiare la foglia, ma il poliziotto con aria sbrigativa gli ordinò di allontanarsi immediatamente dal bancone dove appunto erano installati i comandi degli allarmi. Viste le rimostranze di Frank, il ladro con un balzo fulmineo scavalcò il bancone e poi ammanettò la guardia urlandogli che, ostacolando la giustizia, avrebbe corso guai seri e che da quel momento doveva considerarsi in stato di arresto.

Frank Morris sorpreso per quella reazione non oppose resistenza. In quel momento i suoi pensieri andarono a sua moglie Josie e a sua figlia Karin, la quale la settimana successiva si sarebbe laureata con 110 e lode e tanti sacrifici alla Boston University. Pregò il ladro di non infierire e di non fare alcun rapporto, proprio quando, alcuni secondi dopo, arrivò la seconda guardia, il quale vedendo il collega ammanettato cercò di estrarre la pistola, ma non fece in tempo perché il secondo finto poliziotto lo immobilizzò da dietro facendogli scattare le manette ai polsi. Solo a quel punto i due malviventi in finta uniforme dissero alle due guardie che il loro scopo era solo quello di rapinare il museo. Poi sotto la minaccia delle pistole condussero i due nel sotterraneo e legarono entrambi ai tubi dello scantinato.

A quel punto i due ladri non persero tempo e salirono velocemente al piano di sopra, raggiunsero quindi la sala dei pittori fiamminghi e cominciarono a togliere dal muro i quadri adagiandoli sul pavimento. Rubarono in un batter d’occhio Il Concerto di Johannes Vermeer, insieme all’unico paesaggio marino di Rembrandt. In tutto presero 13 opere, compresi qualche Degas, ancora un Rembrandt e un Manet. Purtroppo per prendere quei quadri rovinarono le tele rimuovendole maldestramente dalle cornici originali. Alla fine impiegarono poco meno di un’ora e mezza per fare tutto il lavoro. Poi tornarono nel sotterraneo per rendersi conto che le guardie fossero ancora assicurate ai tubi. A quel punto si congedarono dicendo loro che se avessero fatto i bravi e non avessero avvertito immediatamente la polizia si sarebbero fatti sentire entro un anno per la giusta ricompensa. Le due guardie immobilizzate anche se avessero voluto non sarebbero riuscite a liberarsi per cui rimasero legate tutta la notte e non fecero scattare immediatamente l’allarme. Comunque felici di aver scampato il pericolo e soprattutto di essere ancora vivi attesero tranquillamente che si facesse giorno. Durante quelle ore Frank Morris pensò a sua figlia ed al vestito che avrebbe indossato per il giorno della laura, mentre il suo collega dedicò i suoi pensieri alla sua giovane compagna giamaicana in attesa del loro primo figlio. Furono liberati solo la mattina seguente all’arrivo del personale del museo.

Richard Cambridge l'agente speciale dell'Fbi, appoggiato a quella colonna, ancora non si capacitava come fosse stato così semplice trafugare senza alcun rischio quel ben di Dio. Chiamò immediatamente suo cognato Larry Preston il quale, oltre ad avere una cattedra presso l’università statale di Boston, saltuariamente faceva il consulente d’arte contemporanea per il Modern Art Museum di New York. Arrivò in fretta interrompendo una lezione e insieme all’agente speciale fece un nuovo sopralluogo e alla fine sentenziò che le 13 opere rubate valevano all’incirca 500 milioni di dollari, in considerazione del fatto che la sola opera di Vermeer era stimata circa 200 milioni. Di sicuro un’ingente somma, ma soprattutto, tenne a precisare, il più grande furto di opere d’arte mai realizzato in tutto il mondo. Richard Cambridge in quel momento si toccò il collo dolente, maledicendo la sfortuna, la quale, per chissà quale strano motivo, gli aveva rifilato quella brutta gatta da pelare.

Poi sempre appoggiato a quella colonna iniziò a calarsi nelle vesti più appropriate del poliziotto esperto e parlando con suo cognato dedusse che quei due malviventi erano decisamente due ladri inesperti nel campo delle opere d’arte ed anche se avessero agito su commissione era inspiegabile, visto anche il tempo a disposizione, che non avessero rubato altro. Del resto, per accedere alla sala dei fiamminghi, erano per forza dovuti passare davanti a opere più preziose del museo come due Raffaello, un Botticelli e un Tiziano. Strano vero?

Richard Cambridge si mise subito al lavoro. Dapprima interrogò le due guardie che avevano agito in maniera maldestra infischiandosene del protocollo e per questo motivo licenziate in tronco dalla direzione del'Isabella Gardner Museum. Furono anche messi sotto osservazione per un anno intero e alla fine furono scagionati del tutto. L’agente speciale per mesi e mesi interrogò centinaia di uomini schedati dall’Fbi come delinquenti del ramo. Qualcuno sostenne che per quel furto fosse coinvolto Bobby Donati, un gangster italo-americano, gli vennero sequestrate le due ville e un magazzino di trecento metri quadri, ma delle opere nemmeno l’ombra. Bobby era un vero gangster, ma purtroppo dedito al solo traffico di stupefacenti. Morì l’anno dopo ucciso in strada dopo in un regolamento di conti.

Tra gli altri fu interrogato anche Robert Gentile, un criminale del Connecticut accusato di sapere dove fossero i quadri. Lui negò sempre. Alla fine le indagini si concentrarono su un’organizzazione criminale della East Cost, ma Richard Cambridge non acquisì mai nessuna prova, bensì qualche deduzione del tipo che i quadri fossero finiti in Connecticut e poi a Philadelphia, in Pennsylvania, e poi fossero stati messi in vendita sul mercato nero a qualche anno di distanza dalla rapina.

In ogni caso i ladri non furono mai presi e i quadri non furono mai ritrovati. A quasi trenta anni dal furto la polizia americana non ha mai interrotto le ricerche e persiste ancora una taglia di 5 milioni di dollari a favore di chiunque sia in grado di dare informazioni significative e possa contribuire al ritrovamento anche di una sola delle opere. La stessa polizia è comunque consapevole che se anche venissero oggi identificati, i due ladri non potrebbero essere perseguiti per il crimine commesso essendo ormai caduto in prescrizione. Ovviamente potrebbero invece finire nei guai gli attuali possessori delle opere e le persone recentemente coinvolte nel traffico.






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 Il presente racconto è liberamente tratto dalla vicenda del Isabella Stewart Gardner Museum


FONTI
http://america24.com/news/isabella-gardner-museum-di-boston-dopo-23-anni-identificati-ladri-del-furto-del-secolo
https://atuttarte.wordpress.com/2017/10/23/arte-rubata-4-casi-ancora-irrisolti-i-2-da-vinci-ritrovati/
https://www.investireoggi.it/economia/la-classifica-delle-5-rapine-piu-redditizie-della-storia-la-piu-ricca-12-miliardi-dollari/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/08/boston-a-25-anni-dal-piu-grande-furto-darte-negli-usa-spunta-un-video-che-riapre-le-indagini/3144586/
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