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GIALLO PASSIONE

Ernest Hemingway e Marlene Dietrich
''Mia carissima Kraut''
Ernest e Marlene si conobbero nel
1934 sul piroscafo Ile-de-France. Da quell’incontro nacque un amore
intenso con una forte carica erotica, ma platonico. Lui le scriveva:
«Non ho mai pensato che tu sia una dea, né una puttana, né una
stella del cinema: mi sei sempre mancata per quello che sei».

Adamo mi racconti la storia tra Ernest Hemingway e
Marlene Dietrich? Quando si conobbero? Si
incontrarono nel 1934 a bordo dell'Ile de France che li
portava entrambi dall’Europa agli Stati Uniti.
Come avvenne l’incontro. Questo lo raccontò anni dopo
lo stesso Hemingway: «Una sera, mentre eravamo a cena
nel salone, apparve in cima alle scale questo
incredibile spettacolo in bianco. Fece una Pausa
Drammatica, poi prese a scendere lentamente. Tutti
avevano smesso di mangiare. Arrivò al tavolo dov' era
stata invitata, gli uomini scattarono in piedi, ma lei
si mise a contare: dodici. Si scusò, ma disse che era
davvero superstiziosa e che non avrebbe di certo fatto
la tredicesima. Si voltò per andarsene quando io colsi
al volo la mia grande occasione, la raggiunsi e mi
offrii di fare il quattordicesimo».
Molto
teatrale… Una diva non si smentisce mai! Comunque da
quell’incontro nacque un amore trentennale fino a quando
lui morì suicida nel 1961. Secondo molti quel rapporto
non sfociò mai in una vera e propria relazione intima.
Dici un amore platonico? Diciamo un carteggio
passionale, a tratti molto esplicito, a volte molto
tenero come in queste parole del grande scrittore: “Mia
carissima Marlene, ti scrivo prestissimo stamattina,
nell’ora in cui la povera gente, i soldati e i marinai
si svegliano, per mandarti una letterina nel caso tu ti
sentissi sola…”
Era lui a scrivere? Finora
sono state ritrovate una trentina di lettere scritte tra
il 1949 e il 1959, ma si presume che i due si
scrivessero fin dal primo incontro, ovvero dal 1934. Le
scriveva dalle sue case in giro per il mondo e durante i
suoi viaggi. Da Cuba, a l'Idaho, da Parigi a Venezia
passando per il Kenia.
Lei invece? Beh le sue
lettere erano più rare. A natale del 1953 gli scrisse da
Las Vegas con la carta intestata dell'hotel Sahara:
«Sono qui, dove mi sto un po' prostituendo, ma lo faccio
per i bambini: canto in un nightclub di questa favolosa
città dell'azzardo, che mi sembra l'ultima
Parigi-prima-della-guerra al mondo. Mi danno 30mila
dollari alla settimana e non ho saputo dire di no. Sono
vestita in stile Follies Bergers, ma naturalmente non
sono nuda».
Nient’altro? Beh era lui
quello che cercava un approccio più diretto, lei
generalmente si limitava a rispondere: «Hai ragione, io
sono sola. Sono sempre sola, tranne quando mi prendo
cura dei bambini o degli uomini». A volte si confidava,
gli diceva che non faceva difficoltà a dormire e che
prendeva pillole…
Com’erano le loro calligrafie?
Lui scriveva generalmente a macchina, mentre lei a mano
con una scrittura decisa.
Erano coetanei vero?
Lei pur avendo solo due anni meno di lui lo chiamava
vezzosamente Papà mentre lui ricambiava con un
affettuosissimo Kraut, che letteralmente significa
Crauto, ma per un americano è come dire crucco.
Quindi niente sesso? Per il sesso non ci fu mai il
momento giusto, ci andarono molto vicino ma si
accontentarono di una intimità cerebrale.
Ma
quel tipo di storia piaceva molto alla Diva! Sì in
effetti è una storia simile all’altra love story che
Marlene intrattenne con l’altro grande scrittore Erich
Maria Remarque incontrato al Lido di Venezia nel 1937.
Anche in quel caso consumata tramite corrispondenza
epistolare… Le affinità tra i due legami sentimentali
e i due carteggi sono notevoli. Quello era il solo modo
di comunicare concepito dalla Diva. Pensa che sempre
tramite lettera Remarque le confessò la sua impotenza,
notizia alla quale lei reagì con notevole sollievo!
Torniamo al nostro Ernest, cosa le scriveva? Beh
ad un certo punto sembrava davvero cotto d’amore. Una
volta le scrisse: «Penso sempre di conoscerti, ma non ti
ho mai fatto una domanda nella mia vita, se non dove
vivi o che numero di telefono hai. Ma mi sei mancata con
più forza e più a lungo di chiunque altra io abbia mai
conosciuto».
La cosa incredibile è che nonostante
la distanza quel rapporto rimase sempre intenso e
passionale. Il 13 luglio del 1950 le scrisse da
Cuba: «Non ho mai pensato che tu sia una dea, né una
puttana, né una stella del cinema: mi sei sempre mancata
per quello che sei».
Notizie sui loro incontri?
Nel `44 erano insieme a Parigi, all' Hotel Ritz, lei si
esibiva per le truppe alleate e lui era il
corrispondente di guerra per Collier' s. Ma anche
quell’episodio ci racconta quanto fosse platonico il
nostro rapporto visto che fu Marlene stessa ad
incoraggiarlo a corteggiare la bionda Mary, anche lei
giornalista del Time e a regalare alla coppia la sua
camera con il letto matrimoniale, meglio dei due lettini
della stanza di Mary.
Una storia
indiscutibilmente platonica e romantica… Nella sua
autobiografia Marlene scrisse di lui: «L'ho amato
immediatamente e non ho mai smesso. L' ho amato
platonicamente. Dico questo perché l'amore che sentivamo
l'uno per l'altro è stato un amore eccezionale nel mondo
in cui viviamo: un amore puro, assoluto. Un amore non
attraversato da dubbi, un amore oltre l'orizzonte, oltre
la tomba anche se so per certo che ciò non esiste.» .
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/


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