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PROTAGONISTE DEL CINEMA


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Douzi
Addio mia concubina
Pechino 1924.
Il mio nome è Douzi e sono figlio di una prostituta.
Quando è iniziata questa storia avevo appena
nove anni.

 



Mi ripetevo: “Quando il destino ti chiama
non puoi ribellarti e questo era il mio destino!”



 

Mia madre non potendomi allevare, in quanto per una legge strana al tempo in Cina le donne potevano crescere solo figlie femmine, sperava ogni giorno nella buona sorte.
Un giorno camminando tra la folla di Pechino e passando davanti al Grande Teatro le venne l’idea di affidarmi al maestro Guan, il direttore della scuola di recitazione dell'Opera di Pechino. Nei suoi sogni s’annidava il desiderio che suo figlio diventasse un grande attore in modo da avere un futuro assicurato oltre che un posto dignitoso nel quale e per cui vivere.

Ero al tempo un bambino snello dai lineamenti molto fini e dall'incarnato roseo e delicato. Quando il maestro mi vive disse a mia madre che sarei stato perfetto per le parti femminili, ma ahimè avevo un problema, la mia mano destra aveva sei dita! Quando il maestro la vide rabbrividì e mi cacciò in malo modo. A quel punto mia madre disperata afferrò un grosso coltello di un artigiano poco distante e non esitò a tagliare l'ostacolo che si opponeva al mio glorioso destino, ovvero il mio sesto dito che si opponeva al mio ingresso in quella scuola.

Ripeto siamo nel 1924 e la scuola era molto dura con una rigida e severa disciplina, fatta anche di punizioni corporali umilianti. Questi istituti al tempo erano tutti maschili in quanto per legge non era consentito alle donne calcare i palcoscenici e mettersi in mostra per cui le parti femminili venivano interpretate da attori travestiti da donna. L’Opera di Pechino non sfuggiva a questa regola ed io, delicato nel portamento e gentile nei lineamenti, venni ovviamente destinato, dall’occhio esperto del maestro Guan, a ricoprire ruoli di fanciulle.

Non ero nato omosessuale e non avevo alcuna tendenza di questo tipo anche se di fatto il mio aspetto esprimeva indubbiamente una evidente delicatezza femminea. Quando il maestra Guan mi comunicò la sua scelta vissi questa sua preferenza come un’imposizione al punto che per diversi giorni piansi in solitudine e fu davvero dura, per me bambino, convincermi di essere una fanciulla.

Durante i primi giorni di permanenza nella scuola riuscii a fare amicizia con Shitou, un ragazzo che vedevo già grande, addirittura adulto, ma in realtà aveva solo tre anni più di me. Era così robusto e già sviluppato che il maestro Guan lo destinò a ruoli di grandi personaggi maschili. Ero l’ultimo arrivato e Shitou, forse perché gli facevo tenerezza, mi prese sotto la sua ala protettiva guidandomi sul palcoscenico e nella vita di ogni giorno e difendendomi dagli scherzi crudeli degli altri compagni. Nacque così tra noi un’intesa amicizia al punto che stringemmo un rapporto dal confine mai molto chiaro. Così nebuloso ed ambiguo che io stesso ho sempre avuto difficoltà a capire. Ma forse tutto ciò risiedeva solo nel mio cuore e nella mia testa idealizzandolo a mio protettore, padre, madre, fratello e se lui avesse voluto anche partner.

Comunque ero un ragazzino ambizioso e desideravo restare in quella scuola anche perché mi spaventava tornare fuori da lì e sentirmi orfano di padre e senza una madre! Avevo talento nella recitazione e visto che ero stato destinato a quei ruoli desideravo a tutti i costi immedesimarsi il più possibile nell’anima femminile del personaggio interpretato. Del resto, come recitava la scuola, per diventare un buon attore occorreva entrare in simbiosi col proprio ruolo, ovvero adattare la propria personalità.

Mi rendevo conto di quanto potesse essere pericolosa quella sfida, ma sapevo anche che per arrivare nel firmamento delle stelle un attore non poteva mai lasciare la sua parte, anche quando ero fuori dal palcoscenico, anche quando mi toglievo la maschera, anche quando, invitato da un vecchio notabile nella propria casa sperimentai per la prima volta nella realtà il mio animo gentile e finendo per provocarlo lui non resistette e quando cercai di opporre resistenza lui mi violentò!
Fu la mia prima volta e per la prima volta dopo il dolore fisico avvertii in me un senso di soddisfazione e piacere che da quel momento mi fece confondere per sempre la netta linea di demarcazione tra il maschile e il femminile!

Passarono gli anni e insieme al mio amico Shitou crescemmo e affinammo l’arte diventando così dei famosissimi attori dell'Opera di Pechino. Recitavamo sempre insieme soprattutto l’opera teatrale “Addio mia concubina”, nella quale Shitou interpretava il re Xiang Yu, il cui esercito è stato sconfitto dalle truppe Han, e io la sua concubina Yu Ji, la quale nella rappresentazione, pur di rimanere fedele al suo re, fino all'ultimo, si uccideva con la sua stessa spada. La rappresentazione ebbe così successo che, recitandola ogni sera, rimanemmo entrambi ancorati a quei personaggi.

Nella confusione tra arte e realtà, vivevo nell’idea che anche nella vita vigeva la stessa realtà dell’opera teatrale e profondamente innamorato, mi immedesimavo ogni giorno di più in Yu Ji, la sua concubina nella finzione, finendo per credermi donna vera e concubina. Purtroppo non essendo corrisposto dal mio amico, in quel folle amore, per affinare ancora di più la mia femminilità, intrecciai rapporti omosessuali con uomini privi di scrupoli. Ormai avevo fatto la mia scelta avendo per altro un solo obiettivo, ma lui però era un uomo in tutto e per tutto, incline al solo fascino femminile e nel suo animo non c’erano confusioni di ruoli teatrali con la vita vera.
Dal mio canto non potevo assolutamente accettare che il mio amico fraterno riversasse tutte le sue energie sulle donne e potesse preferire un corpo femminile al mio. Anzi mi sembra impossibile che potesse farlo e in preda alla gelosia il mio stato d’animo divenne mutevole, contraddittorio e nacque tra noi una relazione complessa a volte di intima vicinanza altre di scontro e profondo odio.

Fu così che il mio amato Shitou sicuramente più maturo di me, frequentando la Casa dei Fiori, una famosa casa di tolleranza di Pechino, incontrò Juxian, una tra le prostitute più ricercate e più avvenenti di tutta Pechino. Grazie alle sue arie seduttive la mia rivale riuscì in poco tempo a far capitolare il mio amico e a farsi sposare. Il suo aspetto angelico e disarmante mi rese ancora più diffidente tanto da pensare che lei fosse soltanto una squallida calcolatrice con un solo obiettivo, ovvero quello di riscattare il proprio destino uscendo definitivamente dalle mura di quel bordello.

Un giorno però Shitou venne arrestato dai giapponesi, che intanto avevano invaso la Cina, perché si era rifiutato di recitare davanti a loro. Quando venni a conoscenza della sorte del mio amico impazzii, ma nel contempo sapevo benissimo di averlo ormai perso per la sua scelta scellerata di sposare Juxian. E fu la stessa Juxian, la quale sapendo della mia relazione con un alto notabile giapponese mi promise di separarsi da lui e lasciarlo libero, purché intervenissi a favore di suo marito. Mi illusi per quella promessa, ovviamente lei non lasciò mai Shitou, ma io al tempo non potevo ancora saperlo, per cui feci di tutto per liberarlo sottomettendomi agli invasori giapponesi. Ebbi rapporti sessuali con alcune alte figure dell’esercito e recitai per loro a scapito della mia immagine. Lui, grazie a me venne rilasciato, ma, quando venne ripristinata la Repubblica, venni accusato di alto tradimento proprio per quell’esibizione.

Poi nel 1949 Pechino venne conquistata dal Partito Comunista ed io venni liberato. Purtroppo il nuovo regime si dimostrò ancora più ostile dell’invasore giapponese e per motivi ideologici finimmo sotto accusa di alto tradimento in quanto fautori del vecchio regime e quindi sovvertitori di quello attuale. La compagnia fu sciolta e la mia vita andò in pezzi. In nome della Grande rivoluzione culturale venne giustiziato il mio amante d’allora, per la sola colpa di appartenere alla classe nobile, poi tra accuse e autodenunce l'intera compagnia teatrale venne processata pubblicamente dalle Guardie Rosse. In quel frangente il mio amico fraterno Shitou, sotto le minacce e i colpi del bastone delle Guardie rosse mi tradì e fu costretto a rivelare che avevo intrattenuto rapporti sodomiti con altri uomini tra cui il mio maestro di recitazione. A quel punto, sentendo quelle parole uscite dalla bocca dell’uomo di cui ero da sempre innamorato, per tutta risposta, sputai fuori la verità sulla mia rivale ovvero sua moglie, quindi dissi che Juxian era una prostituta della Casa dei Fiori. Di fronte a questa verità cruda la bella Juxian si suicidò penzolando dal soffitto della propria casa.

Entrambi condannati, Shitou fu destinato ad una scuola di rieducazione nel sud del paese, poi riabilitato fu trasferito a Hong Kong dove visse in un appartamento in subaffitto con una misera pensione riconosciutagli dal governo, ancora colonia inglese, quale rifugiato. Per quanto riguardava me, dopo la rieducazione venni riabilitato e ripresi la via del teatro. Alla morte di Mao mi fu affidata la direzione della gloriosa Opera di Pechino dirigendo una compagnia di giovani e talentuosi attori.

Ci incontrammo nuovamente solo nel 1982 casualmente ad Hong Kong. Io ero in tournee con la mia compagnia e lui lesse sulle locandine il mio nome. Messi da parte gli antichi rancori ci incontrammo. Ormai nessuno dei due recitava, ma una sera invitati dal governo a fare una rappresentazione privata del nostro cavallo di battaglia, ossia “Addio, mia concubina” salimmo sul palcoscenico truccandoci e vestendoci come una volta.

Nonostante quello che avevamo passato, non avevo mai smesso di amarlo e in verità ero ancora innamorato del mio amico e così colsi l'occasione per dimostrargli tutta la mia devozione e il mio amore eterno! Durante quella separazione forzata ci avevo pensato molte volte e lì ebbi l’occasione di realizzare il mio sublime sogno e il mio più grande desiderio, ovvero morire come la concubina Yu Ji, sotto gli occhi del mio amato signore, per cui in un momento in cui il re, ovvero Shitou, fu distratto dagli applausi e dall’ovazione del pubblico, recitando l’ultima scena, gli sfilai la spada e mi suicidai, questa volta veramente, questa volta per sempre, tagliandomi la gola!







Titolo originale
Titolo originale Bàwáng Bié Jī
Paese di produzione Cina
Anno 1993
Durata 170 min
Genere drammatico
Regia Chen Kaige
Soggetto Lilian Lee (romanzo)
Sceneggiatura Lilian Lee, Lu Wei
Produttore Hsu Feng
Casa di produzione Tomson Films Co. Ltd
Distribuzione in italiano BIM Distribuzione
Fotografia Gu Chang Wei
Montaggio Pei Xiaonan
Musiche Zhao Jiping
Scenografia Chen Haikai
Costumi Chen Changmin

Interpreti e personaggi
Leslie Cheung: Douzi/Cheng Dieyi
Gong Li: Juxian
Zhang Fengyi: Shitou/Duan Xiaolou
Ge You: maestro Guan
Lu Qi: Guan Jifa
Ying Da: Na Kun
Chun Li: Xiao Si ragazzo
Dan Li: Laizi
David Wu: Guardia Rossa
Fei Yang: Shitou bambino
Han Lei: Xiao Si adulto
Jiang Wenli: madre di Douzi
Ma Mingwei: Douzi bambino
Tong Di: vecchio Zhang
Yin Zhi: Douzi ragazzo
Zhao Hailong: Shitou ragazzo
Zhi Yitong: Aoki Saburo

Addio mia concubina è un film del 1993 diretto da Chen Kaige, tratto dall'omonimo romanzo di Lilian Lee, vincitore della Palma d'oro per il miglior film al 46º Festival di Cannes e candidato all'Oscar al miglior film straniero.




























 

 
 
 



L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
E' STATA REALIZZATA
 GRAZIE A:
https://it.wikipedia.org/wiki/Addio_mia_concubina
http://lepassionidellamenteedelmiocuore.blogspot.com/2008/05/addio-mia-concubina-libro-e-film.html


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