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AD UN PUBBLICO ADULTO
 
Adamo Bencivenga
Amore, ma che dico?
(Confessioni di una cameriera)
 


 
 


 
.Ti prego, dammi ancora l'illusione che tu sia qui vicino, mentre adesso sei con lei, mia signora e padrona, proprio sopra la mia stanza, nei vostri appartamenti, proprio sopra la mia testa ed io sola nel mio letto. Ti prego, dammi ancora l'illusione d'esser sazia di carezze, nei miei incavi che si aprono al vapore dei tuoi fiati, all'incuria che devasta fegato e polmoni, e consuma nell’attesa pieghe secche e sesso spoglio, di carne che calpesti come grano a mezzogiorno.

Amore? Ma che dico! E' solo una parola che bagna la mia bocca, sputo che non esce, che dicono saliva, come fosse già domani o peggio nel mio ventre, pazza nel bisogno di sentirmi cosa tua, la sola che t’appaga mentre graffi i miei seni, e slabbri la mia luna infeconda tra le gambe. Ti prego fa che tutto sia normale, questa notte come sempre, io accetti la tua assenza, come l'inverno quando è freddo e s'insedia e sembra eterno, e tu nel sogno fitto mi inondi di piacere, nei mattini appena sveglia di neve sopra i pini, quando alzi la mia gonna sopra il tavolo in cucina e scaldi la mia pelle come fosse un regalo.

Amore ma che dico? E' solo una parola che rimane e m'accompagna, nelle notti silenziose quando sento scricchiolare, il tuo letto eil pavimento, proprio sopra la mia testa. Sono colpi addosso al muro, lamenti come schegge, di moglie assetata, di cagna in mezzo al branco, che mai paga si rivolta come un cencio alla fontana, che mai paga chiede ancora e geme senza grazia. Io sì che ti darei la parte calda che tu cerchi, che sa d’amante persa, che brucia lungo un viale, bacerei il tuo orgoglio anche quando mi rifiuta, leccherei le tue voglie anche dentro questa pancia, che ora bolle e si riempie di incuria e di mancanza, di sere accovacciate che si perdono nel nulla, e muta stringo il vuoto inconsistente tra le gambe.

Amore, ma che dico? Che stronza questa parola che mi scorre tra le vene, mentre la mia pelle, ti scongiura e ti reclama , tra i questi brividi bollenti che tu sapresti governare, se solo avessi tempo e ti potessi liberare, se ora tu scendessi nelle stanze di servizio e ammirassi questa donna che nuda si concede. Amore, ma che dico? Mentre ora mi riduco a immaginare le tue voglie, i baci, i gesti e le carezze che m’illudo solo mie e seguo con la mano quel tonfo di spalliera, quella rete che ora sbatte, le urla più scomposte, e non posso non capire che sono gemiti di donna, che mi frantumano le ossa e mi devastano il cuore.

Allora sai cosa faccio? Mi sfioro e m'accarezzo, come se tu fossi mio e obbediente seguo i tempi, perché il mio piacere sia almeno puntuale, alle urla senza freno che ora invadono la casa, come se tu fossi qui, disteso nel mio letto, e spartissi le mie labbra che non chiedono poi altro, che ora cedono alle dita che m’illudo più callose. Oh sì ci sono, ci sono come sempre, e tu se vuoi scendi anche dopo la tempesta, ed entra e non bussare perché lo so che sei sazio, perché mi basta una carezza per potermi addormentare, perché mi basta un sussurro per sentirmi ancora tua. Ma ti prego non scusarti, davvero non mi serve, perché in fondo in fondo anche questo è vero amore, quando t'affanni e poi vieni, urlando di piacere, perché so che in quell’istante mi pensi e poi mi baci, e mi cerchi dentro l'altra, e annusi altro odore, e sazi quelle gambe come faresti con le mie, come se tu fossi in grado di soddisfarne due insieme, perché ora nel tuo letto la guardi e m'assomiglia e tra poco per incanto riposo e si riposa.



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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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Photo Danny Portieous











 
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