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INTERVISTA
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Caterina La Grande
Per amore della Russia
Le isole e i canali di Pietroburgo che si aprono sul golfo di
Finlandia offrono suggestioni uniche. Sto facendo una passeggiata
tra le architetture solenni baciate dal sole di mezzanotte. Sono
in attesa del grande incontro e nel frattempo mi godo il fascino di
un'epopea grandissima che qui ha celebrato i suoi fasti, le sue
conquiste e vissuto il proprio crollo. Qui tutto parla al passato,
di Caterina II e Pietro il Grande, dei suoi successori che, per
abbellire San Pietroburgo, ricorsero ad artisti ed architetti di
tutto il mondo conosciuto.

Percorro interamente la Prospettiva Nevskij, quattro
chilometri e mezzo di lunghezza, centonovanta palazzi
allineati con superbo rigore, otto musei ma anche
centinaia di negozi scintillanti ed uno "struscio" senza
fine. In questa strada é passata la storia della città,
dell'impero degli zar, della rivoluzione e della Russia
di oggi. Mi dirigo al Palazzo d’inverno. Percorro quei
grandi corridoi in stile barocco frutto della
ricostruzione avvenuta nell’800 a seguito del grande
incendio che distrusse quasi completamente gli interni
settecenteschi. Caterina mi riceve sul trono. La sua
faccia è arcigna, i suoi occhi calcolatrici, le sue
sopracciglia fredde e pronunciate, ma è gentile e
questo, secondo lei, è quanto basta per cominciare
l’intervista.
Si dice che da piccola non
amava le bambole. Ero esuberante. Preferivo giochi
piuttosto vivaci e a volte pericolosi. Un giorno
rischiai di ferirmi seriamente agli occhi giocando con
delle forbici.
Com’era il rapporto con sua madre?
Mi trattava con sufficienza e distacco, preoccupata
com’era per la salute dei miei due fratelli, Guglielmo e
Federico, che, a differenza di me crescevano gracili e
malaticci. E poi non ero particolarmente bella per cui
lei era convinta che non potendo aspirare ad un buon
partito sarei sicuramente finita in un convento.
E lei come si vedeva? Brutta! E da bambina si notano di
più certe irregolarità come il naso troppo lungo, il
mento pronunciato, le labbra sottili. In compenso avevo
una forte personalità e dicono dei modi accattivanti.
La sua educazione fu affidata dapprima a Madeleine
Cardel e poi a sua sorella Babette. Tutte e due fecero
fatica a frenare la sua esuberanza. Ricordo con piacere
Babette, una ragazza amabile e aperta, che mi trattò con
garbo ed equilibrio non soffocando il mio carattere, ma
allo stesso tempo mitigando la mia irruenza. Mi
intratteneva spesso con letture di Molière e Racine. Era
una novità in quella casa dove aleggiava pesante un'aria
di severa religione luterana.
Cosa ricorda del
suo insegnante di religione, il pastore protestante Herr
Wagne? Poverino purtroppo non era colpa sua. Per me
quelle ore erano una vera e propria tortura. Dovevo
imparare passi della Bibbia a memoria, compresi i
discorsi sulla cattiveria del mondo e sull'inferno.
Questo mortificava la mia indole ottimista e solare
dubitando fortemente che il mondo fosse come mi veniva
raffigurato.
A quattordici anni però la svolta
della sua vita... Fui chiamata qui a Pietroburgo. Ero
stata prescelta dalla zarina Elisabetta Petrovna, per
sposare suo nipote e mio cugino di secondo grado, il
granduca Carlo Pietro Ulrico, erede al trono russo.
Da Stettino a Pietroburgo, sei settimane di viaggio…
Ripagate però da un’accoglienza calorosa da parte
dell’Imperatrice. Entrai subito nelle sue grazie.
Ma il matrimonio avvenne due anni dopo. Durante quel
periodo mi ammalai seriamente di una malattia
misteriosa. Sospettai un avvelenamento. Conobbi gli
intrighi e le falsità della corte, abbracciai la
religione ortodossa, nonostante sapessi che mio padre,
luterano convinto, ne avrebbe sofferto. Assunsi il nome
di Ekaterina Alekseevna. Ma soprattutto imparai da
subito a conoscere il carattere violento e puerile del
mio futuro sposo, che si divertiva a giocare con i
soldatini di ferro e ad avere una particolare
predilezione per le ubriacature.
Il matrimonio
avvenne nell'anno 1745... Avevo raggiunto il mio scopo,
ma l'unione non fu felice.
Si dice che non fu mai
consumato… Pietro oltre ad essere brutto, col volto
devastato dal vaiolo, era maniaco brutale e ahimé
impotente. Poco dopo il matrimonio cominciò a mostrare
un'inspiegabile avversione nei miei confronti. Mi
trascurava e si circondava di donne di ogni sorta,
volgari e poco avvenenti, con il solo scopo di umiliarmi
pubblicamente.
Ma lei cercò l’affetto di suo
marito? Purtroppo senza risultato. Ma non mi persi
d'animo e trovai il modo di colmare il vuoto dedicandomi
intensamente alla cultura. Lessi Voltaire, Montesquieu,
Machiavelli, ma soprattutto gli annali di Tacito che mi
rivelarono una realtà nuova, quella della Roma imperiale
intrisa di congiure e tradimenti, dove i deboli venivano
eliminati mentre i forti riuscivano a sopravvivere.
Avevo imparato una grande verità e il contenuto di quel
libro appariva, alla mia mente come un monito.
Oltre alle letture nelle sua ricchissima biografia si
parla di relazioni extra coniugali. Cosa potevo fare? In
quella situazione di scherno ed abbandono cercavo
soprattutto conforto per il mio spirito.
Molti
anni dopo nacque Paolo, suo primo figlio. La successione
era diventata un problema soprattutto per Elisabetta.
Lei era a conoscenza di cosa non avveniva nel letto
coniugale. Mio figlio nacque nel 1754 frutto di una
relazione con Sergej Saltykov. La paternità non fu un
mistero per nessuno e tanto meno per Elisabetta che
favorì la relazione.
Di lì a poco nacquero Anna e
Aleksej, figli di padri altrettanto diversi… Ma l’unico
capace di farmi perdere la testa fu Igorij Orlov, un
giovane ufficiale. Quando lo vidi rimasi talmente
colpita dalla sua bellezza statuaria che lo paragonai ad
un antico guerriero.
Nel frattempo l'imperatrice
Elisabetta era morta... Pietro fu ben felice di prendere
il suo posto, aveva trascorso troppi anni sotto il
dispotismo della zia. Favorito anche dal suo carattere
iniziò a tiranneggiare tutti quelli che gli capitavano a
tiro, compresa me. Stava accarezzando l’idea di
ripudiarmi e allora compresi che era il momento di
agire. La Russia non poteva essere governata da
quell'incapace!
Cosa fece? Approfittando del
malcontento che serpeggiava nella Guardia e nei circoli
di corte, anche per le idee filo-prussiane di Pietro,
riuscii a farlo imprigionare anche e grazie all’aiuto
dei fratelli Orlov. Qualche tempo dopo morì strangolato.
Ormai era padrona assoluta del campo… Il 22
settembre del 1762 fui incoronata imperatrice a Mosca
con la consapevolezza che non essendo stato facile
prendere il potere, ancor meno sarebbe stato mantenerlo.
I primi anni del suo regno furono caratterizzati da
un forte spirito riformatore. Grazie alle mie letture
illuministe cercai di creare una monarchia liberale ed
umana. Convinta com’ero che il popolo rozzo ed ignorante
dovesse migliorare il proprio stato culturale. Creai
scuole ed orfanotrofi. Nel 1764 nacque l'Istituto
Smolnij per fanciulle nobili, la prima scuola femminile
russa.
Nasceva la Russia moderna. Per rendermi
conto personalmente delle condizioni dei miei sudditi
nella primavera del 1767 feci un lungo viaggio
all'interno della Russia occidentale. Mi convinsi che il
mio popolo aveva bisogno di aiuto.
La
realizzazione del suo ideale incontrò non poche
difficoltà. Quando ebbi bisogno di mezzi e di denaro per
realizzare i miei progetti, non esitai a compiere quello
che gli altri, prima di me, non avevano osato, cioè la
confisca dei beni della Chiesa, pur sapendo che questa
misura m’avrebbe resa impopolare.
Il 1775 fu
l'anno decisivo della rivolta dei cosacchi. Pugacev, il
più famoso tra loro, incitò i contadini per ottenere
l'abolizione della servitù della gleba. Gli insorti
arrivarono quasi alle porte di Mosca. Quell’episodio mi
fece rivedere le mie idee illuministe. Stavo facendo
molto per loro. Come potevano ripagarmi con una rivolta?
Mandai un imponente esercito contro gli insorti. Pugacev
venne catturato e trascinato nella capitale in una
gabbia di ferro. Venne squartato vivo.
Però
Pugacev divenne, agli occhi dell'opinione pubblica, un
martire della Russia e dei poveri. Fui costretta ad
agire per il bene della nazione. Mi accusarono di essere
diventata sospettosa e reazionaria. Ma io mi rendevo
conto che solo la nobiltà m’avrebbe permesso di uscire
da quella fase critica, per cui con la carta
costituzionale del 1785 gli affidai maggiori poteri,
anche se nel contempo favorivo le scuole dei filosofi
che idealizzavano una società più giusta.
Intanto
era comparso al suo fianco un uomo nuovo: Grigorij
Potemkim. Mi colpì il suo modo eccentrico di fare e di
vestire. Non era bellissimo come i miei precedenti
amanti, ma molto intelligente. Ero stanca delle persone
mediocri e noiose che mi circondavano, per cui fu
abbastanza facile per lui destare il mio interesse.
Si stabilì tra di voi un'intesa quasi perfetta e
duratura nel tempo. Mi sentivo protetta e finalmente con
un uomo forte al fianco. Lui sapeva come prendermi.
Ma i pettegolezzi del tempo asserivano che ci furono
anche altri amanti. Mi sono sentita sempre legata a
quell'uomo.
La sua politica continuava ad
ignorare i problemi dei ceti più poveri. Con mia
profonda amarezza gli eventi mi avevano fatto recedere
da i miei ideali giovanili. Avevo il terrore che La
rivoluzione francese del 1789 potesse infettare la
Russia. Divenni sempre più severa nei confronti di chi
si faceva portavoce dei diritti delle classi minori.
Intensificai la sicurezza. Ero convinta di avere pochi
amici fidati e molti altri che non aspettavano altro di
brindare alla mia morte.
In tutta l' Europa si
parlava di lei. Si parlava di una donna che aveva domato
con determinazione un paese indomabile. In effetti ero
riuscita a riunificate tutte le terre russe. Ero padrona
di un impero che si estendeva dal Baltico alla Siberia…
L’Imperatrice è stanca, con un cenno della mano mi
fa capire di non voler rispondere ad altre domande.
Avrei voluto parlare delle sue sensazioni, scavare
nell’animo di questa grande donna, ma non è stato
possibile. L’intervista finisce qui.
Caterina
concluse la sua vita terrena a 67 anni, nel novembre del
1796, per apoplessia. Si racconta che morì ridendo, dopo
aver visto entrare nel suo salotto il cortigiano Leone
Narishkin, il quale si era travestito da venditore di
giocattoli, per divertire la sua sovrana. Scompariva
dalla scena politica europea una grande protagonista,
che lascerà dietro di sé un'impronta indelebile.
Caterina era nata a Stettino il 2 maggio del 1729, dal
principe Cristiano Augusto di Anhalt Zerbst e da
Giovanna di Holstein-Gottorp. Fu battezzata coi nomi di
Sofia Amalia Federica. Si legge nelle biografie: usò con
fredda determinazione i numerosi amanti, che furono suoi
docili strumenti e che, una volta diventati inutili,
furono allontanati senza remore. La Semiramide del
Nord, come fu chiamata, ebbe, nel corso della sua vita,
ben 21 favoriti, nessuno dei quali esercitò un forte
ascendente su di lei. Caterina aveva un solo amore: la
Russia e a lei sacrificò tutto. Se nessun uomo riuscì a
tenerle testa, non fu certo colpa sua, la natura le
aveva regalato una tempra e un'indole tipicamente
maschili.
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© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
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