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INTERVISTA IMPOSSIBILE

Anna Magnani
Nannarè
"Lasciami tutte
le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Ci ho messo una vita a
farmele!" Roma, 7 marzo 1908 – Roma, 26 settembre 1973

Considerata una
delle maggiori interpreti femminili della storia è
l’attrice simbolo del cinema italiano neorealista
insieme ad Alberto Sordi e Aldo Fabrizi. Celebri le sue
interpretazioni, soprattutto in film come Roma città
aperta, Bellissima, Mamma Roma. Antidiva per
eccellenza, combattiva, istintiva e fragile, emblema
perfetto di quell'Italia popolana determinata a guarire
dalle ferite della guerra. Anna dalla vita complicata,
nata a Roma da padre ignoto e abbandonata dalla madre,
si rivelò un personaggio assolutamente inedito
proponendo un tipo di donna di grande carisma, capace di
unire in sé i più irriducibili opposti, apparendo allo
stesso tempo plebea e aristocratica, umile e sfrontata,
passionale e introversa.
Le sue origini
madame? Sono nata a Roma il 7 marzo del 1908. Mia
madre, Marina Magnani, era una sarta originaria di
Ravenna, mi affidò alle cure di sua madre. Mia nonna
Giovanna è stata la persona più importante della mia
vita e la ricordo sempre con infinito affetto. E
sua madre? Per evitare lo scandalo emigrò ad
Alessandria d'Egitto. Lì conobbe e sposò un ricco e
facoltoso austriaco ed io vissi con mia nonna e cinque
zie nubili: Dora, Maria, Rina, Olga e Italia. L'unica
presenza maschile era quella di mio zio Romano.
Non ha mai conosciuto suo padre vero? No, da grande
ho fatto delle ricerche. Sembra che mio padre fosse di
origini calabresi, ma quando seppi il suo cognome: Del
Duce, mi fermai, non volevo passare come "la figlia del
Duce!!!"
Ha mai provato ad avvicinarsi a sua
madre? Oh sì, soffrivo della mancanza dei miei
genitori. Sono anche andata ad Alessandria, ma
l'esperienza è stata molto dolorosa in quanto non sono
mai riuscita a farmi amare completamente da lei. Per
questo ne ho sofferto molto, forse per questo sono
diventata attrice perché sin dalla culla ho vissuto
facendo finta che tutto mi scivolasse addosso tra una
lacrima di troppo e una carezza di meno.
Sua
nonna si impegnò a fondo per far crescere e studiare sua
nipote… Nonostante vivessimo in condizioni di estrema
povertà mi iscrisse ad un collegio di suore francesi, ma
sinceramente non avevo molta voglia di studiare e rimasi
pochi mesi. Volevo concentrarmi solo sullo studio del
pianoforte. Poi la passione svanì e mi indirizzai verso
la recitazione.
Nel gennaio del 1927 iniziò a
frequentare con Paolo Stoppa la scuola di arte
drammatica Eleonora Duse diretta da Silvio D'Amico…
Fu una meravigliosa esperienza e direi molto proficua,
alcuni anni dopo mi ritrovai a lavorare nel teatro di
rivista insieme a Paolo.
Silvio D’Amico la prese
sotto la sua protezione. Oh sì una persona
fantastica e di grande cultura. Diceva di me: “Ieri è
venuta una ragazzina, piccola, mora, con gli occhi
espressivi. Non recita, vive le parti che le vengono
affidate: è già un’attrice, la scuola non può insegnarle
molto di più di quel che ha già dentro di sé.”
Il cinema la stava aspettando… Debuttai nel 1934 con
il film in stile feuilleton “La cieca di Sorrento” di
Nunzio Malasomma. Poi una serie di parti minori. Molti
registi mi ritenevano inadatta al cinema. Tra questi
c'era Goffredo Alessandrini, che sposai nel 1935 e mi
diresse l’anno dopo in Cavalleria assegnandomi però il
ruolo marginale della canzonettista Fanny.
I
registi di cinema facevano fatica a riconoscere il suo
talento… Al tempo era il teatro a darmi più
soddisfazioni, soprattutto in "Anna Christie" del 1939
di O'Neill e a una fortunata serie di avanspettacoli con
il grande Totò. Comunque la mia consacrazione come
attrice avvenne molto dopo, nel ’41, nel film Teresa
Venerdì. Fu Vittorio De Sica nel 1941 ad offrirmi per la
prima volta la possibilità di costruire un personaggio
non secondario, quello di Loretta Prima, artista di
varietà.
I rapporti con Goffredo, suo marito, non
furono ideali… Non furono assolutamente rose e fiori.
Lo sposai che ero una ragazzina e finché fui sua moglie
portavo più corna di un canestro di lumache. Vivemmo una
storia d’amore molto tormentata fatta di scenate di
gelosia continue da parte mia. Sono stata sempre una
donna passionale e sanguigna, fu inevitabile la
separazione.
Il 23 ottobre del 1942 dopo la fine
del suo matrimonio diede alla luce il suo unico figlio,
Luca… Il padre era Massimo Serato, purtroppo aveva
otto anni meno di me e si spaventò per la mia gravidanza
e l’idea di essere padre. Appena rimasi incinta quindi
lui pensò bene di fuggire lasciandomi al mio destino di
madre. Da sola portai a termine la gravidanza e come
aveva fatto mia madre riuscii ad imporre il mio cognome
a Luca, uno dei pochissimi casi di genealogia
matrilineare che si protrasse per addirittura tre
generazioni.
Furono anni terribili… Non so chi
mi diede quella forza d’animo, da sola dovetti trovare
tutte le energie possibili anche per affrontare la
malattia di mio figlio, colpito da poliomielite a soli
tre anni.
Due anni dopo l’incontro con Roberto
Rossellini… Finalmente il Cielo mi sorrise e fu un
periodo molto bello della mia vita. Ci legammo
sentimentalmente e girammo Roma città aperta. Il film
raccontava l’incubo dell’occupazione Nazista e mi fece
raggiungere la fama mondiale vincendo il mio primo
Nastro d'Argento.
La sua personalissima
interpretazione è considerata il manifesto del
Neorealismo italiano. Incarnavo la figura di una
donna del popolo, di una vita normale di sopravvivenza
nella guerra, capace di un atto eroico nel finale con la
celebre sequenza quando corro dietro un camion tedesco,
nel quale è rinchiuso il mio uomo. E’ una corsa
drammatica contro la morte e infatti al termine della
scena il mio personaggio, ispirato alla figura di Teresa
Gullace, viene ucciso sotto i colpi delle mitragliatrici
tedesche.
Nel 1947 replicò il successo con
L'onorevole Angelina diretto da Luigi Zampa
Interpretavo la figura popolana di Angelina, portavoce
di un gruppo di madri costrette a fare i conti con le
durissime condizioni dell'immediato dopoguerra. Vinsi il
mio secondo Nastro d'Argento e il premio per la miglior
attrice alla Mostra internazionale d'arte
cinematografica di Venezia.
Ancora un film di
genere neorealista… Il Neorealismo fu movimento nato
con Roma città aperta e anche se durò pochi anni
condizionò non solo il cinema italiano ma anche quello
mondiale. Il Neorealismo influenzò la storia
cinematografica attraverso la riscoperta dell’Italia
come patria comune, con un ottimistica fiducia anche se
denunciava le miserie di un paese distrutto. Un cinema
che mostrava la verità senza raffinatezze tecniche,
girando tutto in esterno, con opere che sembravano
documenti, a volte, ricchi di poesia. Sono orgogliosa di
averlo rappresentato e di essere stata sempre
considerata la migliore interprete di quel cinema.
Nel 1948 la rottura con Roberto Rossellini
Girammo l’ultimo film insieme “L'amore, diviso in due
atti.” Emblematico il primo atto che è un lungo monologo
al telefono di una donna abbandonata dal compagno.
Indipendentemente dalla mia storia privata il film mi
valse il terzo Nastro d'Argento. La storia con Roberto
si interruppe con l’arrivo in Italia di Ingrid Bergman
della quale purtroppo lui si innamorò perdutamente.
E lei? La vita mi aveva insegnato a soffrire. Tra
delusione e sconforto mi dissi: “Passerà anche questa!”
L’anno dopo la guerra dei vulcani… Oh sì una
storia molto amara. Era il ’49 mentre io giravo Vulcano
di William Dieterle, nell'isola vicina Roberto stava
girando Stromboli terra di Dio con la sua nuova
compagna.
Nel 1951 un altro capolavoro:
Bellissima Nei panni di Maddalena Cecconi, popolana
che sogna di lanciare sua figlia nel mondo del cinema,
ma subisce pesanti umiliazioni, vinsi il mio quarto
Nastro d'Argento. Il film, un autentico inno all'amore
materno ferito e vilipeso, ostinato e fiero, era diretto
da Luchino Visconti e sceneggiato da Cesare Zavattini.
Lavorai con Walter Chiari, Corrado, Alessandro Blasetti.
Il 21 marzo 1956 fu una data molto importante per
lei e per tutto il cinema italiano. Fui la prima
interprete italiana nella storia degli Academy Awards a
vincere il Premio Oscar come migliore attrice
protagonista nel film La rosa tatuata con Burt
Lancaster, per la regia di Daniel Mann. Interpretavo il
ruolo di una vedova siciliana emigrata in Florida. Per
lo stesso ruolo fui premiata anche con un BAFTA quale
attrice internazionale dell'anno e un Golden Globe per
la migliore attrice in un film drammatico.
L’anno
successivo rischiò di bissare l’Oscar… Il film era
Selvaggio è il vento di George Cukor con Anthony Quinn
ed Anthony Franciosa. Ottenni comunque la nomination e
mi accontentai di vincere al Festival di Berlino come
migliore attrice. Per lo stesso ruolo sempre come
migliore attrice vinsi il mio primo David di Donatello.
E’ vero che rifiutò il ruolo di protagonista del
film La ciociara? Avrei dovuto interpretare la parte
di Cesira mentre Sophia Loren era stata scritturata per
la parte della figlia Rosetta. Rifiutai il ruolo perché
non volevo interpretare la madre di Sophia. Non mi
sentivo così vecchia! La mia parte venne affidata alla
stessa Sophia, la quale vinse l’Oscar.
Nel 1962 è
la protagonista di Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini,
come furono i rapporti con il regista? Abbiamo
vissuto un rapporto a dir poco conflittuale. Pasolini
era quasi all’esordio, se non ricordo male aveva girato
l’anno prima Accattone. Io ero diventata più selettiva
nello scegliere i ruoli e lui mi fece una corte assidua.
Alla fine accettai, ma entrambi rimanemmo insoddisfatti
dal risultato ottenuto. Mi affidò un personaggio forte,
quello di una matura prostituta che tenta di cambiare
vita per amore del figlio. Pasolini alla fine disse che
ero diventata troppo borghese per recitare figure in
contesti popolari. Io di contro sono sempre stata
convinta che lui usò il mio nome per il suo film. Il
film comunque ottenne un grande successo di pubblico e
di critica in Francia, mentre in Italia al grande
successo di critica seguirono invece incassi deludenti.
Nel 1972 la sua ultima apparizione cinematografica,
nel cameo fortemente voluto da Federico Fellini per il
suo film Roma. Di notte, una dolente Anna Magnani
attraversa i vicoli di Roma. Risponde a Fellini e,
ridendo, chiude il portone davanti alla macchina da
presa concludendo così la sua lunga e magnifica carriera
cinematografica e regalandoci, con semplicità, l’ultima
grande interpretazione: se stessa. La Magnani è stata
una delle poche personalità italiane ad avere una stella
nella celebre Hollywood Walk of Fame. Morì a Roma il
26 settembre 1973, all'età di 65 anni, presso la clinica
Mater Dei ai Parioli, stroncata da un tumore al
pancreas, proprio la sera in cui la Rai aveva
programmato la messa in onda del suo film Correva l'anno
di grazia 1870. Si spense assistita fino all'ultimo dal
figlio Luca e da Roberto Rossellini, al quale si era
riavvicinata negli ultimi tempi. Fu circondata sino
alla fine dall’affetto dell’Italia intera, innamorata di
questa donna con la quale tutti avevano riso, pianto,
della quale conoscevano le fragilità che lei non aveva
paura di mostrare. Le sue spoglie riposano nel
piccolo cimitero di San Felice Circeo (Latina), nei
pressi della sua villa che lei amava tantissimo.
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INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
© All rights reserved
FONTI:
https://it.wikipedia.org/wiki/Anna_Magnani
http://www.mymovies.it/biografia/?a=508
http://www.annamagnani.net/sample-page/
http://www.treccani.it/enciclopedia/anna


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