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INTERVISTA
IMPOSSIBILE 
Mary Cassat
L'americana
Visse molto tempo in Francia dove apprese da Degas, le tecniche
narrative speciali dell'arte di fine impressionismo. Mary dipingeva
spesso tavole rappresentanti al vita intima di uomini e donne
ottocenteschi con particolare enfasi sulle madri ed i loro
figli. 1844 - 1926

Nacque il 22 maggio 1844 ad Allegheny City, in
Pennsylvania. La bella e raffinata Mary Cassat, gran
signora americana patita dell'impressionismo nonché
modella e amante di Degas, catturò il gusto delle più
alte sfere della società internazionale e cosmopolita.
La sua vita è una storia di passioni, emozioni e paure
di una donna dell'Ottocento che non ha voluto piegarsi
ai modelli sociali dell'epoca. Non sposata, senza figli,
Mary Cassatt ha seguito caparbiamente la sua passione
per l'arte.
Allora Madame, un’americana in
Europa? Beh sì io sono nata in Pennsylvania, ma la
mia famiglia discendeva dagli ugonotti francesi emigrati
in America a metà del Seicento.
Non stava bene in
America? No, no anzi. Ero la quarta figlia di una
famiglia benestante, mio padre Robert Simpson, mediatore
di investimenti e di beni immobili, è stato anche
sindaco della città e godeva di una cerchia di ottime
conoscenze.
Come è stata la sua formazione
culturale? Il percorso educativo era abbastanza
classico, tipico a tutte le ragazze americane della mia
classe sociale. A scuola ci preparavano per diventare
delle bravissime mogli e madri amorevoli. Pensi, c’erano
lezioni su come fare funzionare bene una casa e sui
passatempi del gentil sesso, come il ricamo ecc..
A soli sette anni l’Europa! Nel 1851 mi trasferii
con tutta la mia famiglia, prima a Parigi e più tardi a
Heidelberg e Darmstadt. Ma fu un periodo breve, dopo
la morte di mio fratello tornammo negli Stati Uniti.
Questo breve periodo europeo rappresentò per lei
un'esperienza formativa importante, vero? Eh sì
imparai a parlare correttamente diverse lingue e a
conoscere ed apprezzare altre culture.
Quando
entrò nella sua vita la pittura? Nel 1861 mi iscrissi
ad un corso di pittura presso la Pennsylvania Academy of
Fine Arts di Philadelphia. Ci rimasi per quattro anni e
poi tornai in Europa con il parere contrario della mia
famiglia.
Cosa c’era che non andava? Diciamo
che le donne, ed in particolare quelle appartenenti ad
un ceto superiore, venivano scoraggiate
dall’intraprendere la carriera di pittrice. Invece io
era testardamente convinta di diventare un'artista
professionista.
Parigi la stava aspettando?
Avevo ormai ventitre anni, volevo studiare pittura in
Francia, copiare le opere presenti al Louvre,
confrontare immodestamente i miei lavori con quelle dei
pittori del tempo. Naturalmente dovetti superare le
forti obiezioni dei miei. Mio padre mi disse:
“Preferirei piuttosto vedere morta mia figlia che
vederla vivere all'estero come una "bohemienne". Alla
fine mi diede il permesso a condizione che venissi
accompagnata da mia madre.
Furono anni di fatica
ma anche di riconoscimenti del suo lavoro. All’inizio
solo fatica e studio.
Nel 1870 tornò a
Philadelphia. Ma per fortuna solo per un anno! Era
scoppiata la guerra guerra Franco-Prussiana. Ma negli
USA rischiavo di mettere fine alla mia carriera. Non
riuscivo a trovare modelle, e poi c’era tanta diffidenza
verso le pittrici donne.
Finalmente il salone
ufficiale di Parigi accettò una sua opera… Era il
1872. Per me fu così importante che decisi di stabilirmi
definitivamente nel vecchio continente.
Ma era
stanca di quel tipo di pittura convenzionale... Fino
al tempo i ritratti di donne avevano esaltato l’ideale
della femminilità, piacevole, arrendevole e compiacente.
Nei miei ritratti cercavo invece di mostrarle come
individui e non come ideali.
Quindi?
Partecipare al Salon prevedeva regole rigide e
inflessibili. Quindi decisi di dipingere come e cosa
avevo sempre desiderato e non solo cose alla moda e
commerciali. Venni tra l’altro accusata di usare colori
troppo brillanti.
E' vero cghe andava a spiare i
pastelli di Degas dalla finestra di un commerciante
d’arte? Ho osato andare ed appiattire il mio naso
contro quella finestra per assorbire tutto quello che
potevo della sua arte. Edgard ha cambiato la mia vita.
Ho visto l'arte come ho sempre desiderato vederla.
Così nel 1879 iniziò la sua avventura
impressionista. Difficoltà? Beh quando mi unii al
gruppo di Degas, Monet, Renoir e Sysley la presenza
femminile scarseggiava. Al tempo tra le loro fila
avevano annoverato una sola pittrice: la Berthe Morisot.
Il gruppo aveva deciso di disertare il Salon
ufficiale… Sì, decisero di esporre i loro quadri in
mostre indipendenti. Io partecipai alla quarta
esposizione con il ritratto "Lydia che beve il tè". Devo
dire che andò abbastanza bene anche in termini di
critica.
Torniamo a Degas, lo aveva conosciuto
nel 1877 giusto? Grazie a lui riuscii ad esporre alle
varie mostre degli impressionisti che si susseguirono
negli anni. Edgar mi incoraggiò all’utilizzo dei
pastelli applicando il colore con grande vivacità e mi
aiutò a sviluppare la tecnica per la puntasecca,
l'acquaforte e l'acquatinta.
Degas era un tipo
ruvido, vero? Pensi che quando vide i miei primi
lavori sbottò dicendo "Che ne sanno le donne di stile?".
Naturalmente di fronte al maestro non me la presi, anzi
interpretai le sue parole come uno stimolo a
migliorarmi.
Nelle varie biografie ho letto che
il rapporto con Degas è andato oltre la semplice
collaborazione artistica. Edgar aveva dieci anni più
di me. Eravamo legati da reciproca ammirazione e fu
naturale diventare amici intimi. Per quanto riguarda la
sua domanda rispondo con una frase di Edgar: “Avrei
potuto sposarla, ma non avrei mai potuto fare l'amore
con lei.”
Comunque visse sempre un rapporto di
soggezione con lui… Già, con lui avevo sempre
l’impressione di essere sotto la protezione di un
ciclope che teneva lontano i suoi simili e divorava
chiunque si trovasse di fronte. In realtà lui le persone
le mangiava.
Fosti anche la sua modella, vero?
Ripeto tra noi c’era una stupenda amicizia, addirittura
ci scambiavamo i pennelli e mi prestai a fargli da
modella, come del resto fece Berthe Morisot con Manet.
Ammirando la sua produzione ho notato che quasi un
terzo del tuo lavoro è rappresentato da madri con i loro
bambini. Strano per una donna che ha rifiutato la
maternità a priori... Ho cercato di vederlo in
maniera diversa. Il rapporto tra madre e figlio non
esaltava l’ideale della maternità ma il rapporto stesso
tra i due individui. Qualche critico disse: “Le madri ed
i bambini non sono le madonne o i cherubini del
rinascimento, le figure in adorazione della pittura
convenzionale, sono, invece, due esseri separati che
vivono nell'armonia.”
A Parigi l'avevano
raggiunta sua sorella e suo padre... Lydia divenne la
mia modella preferita. La mia Liddy aveva sette anni più
di me, nubile e segnata da un rimpianto di un amore
perduto. Ma era malata da tempo ed io cercai di
garantirle le migliori cure vendendo i miei quadri.
Purtroppo qualche anno dopo a soli 45 anni ci lasciò.
E’ vero che, stanca dell’Europa, tornò in
America? Mancavo da oltre venticinque anni, ma negli
Stati Uniti il mio successo artistico non era
riconosciuto pienamente per cui nella primavera del 1899
tornai in Francia.
Dal 1910 il diabete,
le nevralgie e l'indebolimento della vista la
costrinsero a ridurre drasticamente l'attività. Dovette
passare gli 11 anni restanti della sua vita nella cecità
quasi totale cosa che la lasciò amareggiata e
insoddisfatta della crudeltà del destino che le aveva
tolto la fonte più grande del suo piacere. Il timore
del mal di mare le impedì di riattraversare l'Atlantico
per fare visita alla famiglia. "Non ho fatto cosa ho
desiderato," rivelò Mary verso la conclusione della sua
vita, "ma almeno ho provato a combattere." Mary si
trovò sola. Quasi tutti i suoi amici impressionisti
erano morti. Il 14 giugno 1926 muore dopo un lungo
periodo di malattia nel suo caro paese, Chateau de
Beaufresne in Mesnil-Theribus.
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