Sì, una canzone che è entrata nella leggenda...
L’aveva scritta in occasione del concorso di Piedigrotta “La
Canzonetta 1951” e fu assegnata a Mario Abbate, in seguito,
venne portata al successo da Giacomo Rondinella. Da ricordare
anche l'interpretazione di Teddy Reno nel film “Totò, Peppino e
la... malafemmina” di Camillo Mastrocinque nel 1956.
Di cosa tratta?
Parla in termini drammatici
di un amore contrastato per una malafemmena, che in questo caso
assume il significato di donna affascinante e che fa soffrire,
quasi insensibile, malvagia: indifferente alle pene d'amore che
infligge al proprio innamorato.
Fino ad allora,
la parola “malafemmena” aveva avuto un significato più forte…
Esatto la malafemmena di Totò non è una donna che
concede i suoi favori a destra e a manca: è semplicemente
un’ingannatrice, una donna inaffidabile, che fa credere una
cosa, e poi ne fa un’altra. E’ una donna cinica, che gioca coi
sentimenti del malcapitato caduto nelle sue reti. E perciò lo fa
soffrire.
Totò per chi l’aveva scritta?
Chi fosse la vera musa ispiratrice della canzone si è
saputo decenni dopo grazie alle dichiarazioni di Liliana de
Curtis, figlia dell'autore. A lungo si è pensato che l’avesse
scritta per l'attrice Silvana Pampanini, conosciuta su set del
film “47 morto che parla”.
Perché?
Sembra che la Pampanini, “maggiorata fisica” degli anni affamati
del dopoguerra, avesse rifiutato un’offerta di matrimonio da
parte di Totò. L’attrice in un‘intervista infatti si vantò con
orgoglio di avere respinto la corte del grande attore
sussurrandogli: “Sì, vi voglio bene: ma come a un padre!”
Totò ne era innamorato…
Molto
probabilmente sì ma non le scrisse quella canzone tanto che la
bella Silvana più tardi aggiunse, con maggiore prudenza: “Totò
scrisse quella splendida canzone dopo il mio rifiuto, senza
dedicarmela esplicitamente”. Tempo dopo quelle parole della
Pampanini furono confermate dallo stesso Totò che disse alla
nuova compagna, Franca Faldini: “Silvana era una ragazza tanto
per bene, figurati se potevo darle della malafemmena!”
Quindi non la scrisse per lei?
Totò di
femmine se ne intendeva; era notoriamente uno sciupafemmine. Una
donna arrivò addirittura a suicidarsi per lui, il quale ne portò
il rimorso per tutta la vita, ma questo non significa che avesse
esperienze di malafemmene.
Chi era la donna che
si era suicidata per lui?
Si chiamava Liliana
Castagnola era una bellissima chanteuse genovese. Aveva girato
l’Europa meritandosi la fama di donna fatale corteggiata da
regnanti, ministri e industriali. A Marsiglia due marinai si
sfidarono in duello per lei, uno morì. A Montecatini fu ferita
da un amante geloso che le sparò due colpi di pistola e si
uccise. Un principe veneto sperperò per lei un patrimonio e fu
interdetto dalla famiglia. Nel 1929 la troviamo a Napoli, al
Teatro Santa Lucia dove assiste allo spettacolo di Totò.
Cosa successe?
L’attore la notò tra il
pubblico e la mattina dopo le inviò un fascio di fiori con un
bigliettino: “E’ col profumo di queste rose che vi esprimo tutta
la mia ammirazione”. Lei rispose immediatamente: “Vi ringrazio,
gentile signore, delle belle rose che ho gradito, ma sappiate
che dopo un certo numero di giorni queste meravigliose rose
appassiranno e che, di conseguenza, occorrerà sostituirle con
altri fiori”.
Era un sì!
Si
innamorarono. Fu una relazione tempestosa, Liliana si dedicò
totalmente all’attore e nel contempo gli propose di lavorare
insieme. Totò, forse oppresso dalla gelosia per i tanti
ammiratori di lei, rifiutò e decise di partire con la Compagnia
Cabiria per il nord. Fu il colpo decisivo, Liliana pensò che
fosse spuntata un’altra, magari più bella di lei, di certo più
giovane. Rientrata nella camera della pensione si uccise,
lasciando sul comodino un tubetto di barbiturici e una lettera
per Totò: “Perché non sei venuto a salutarmi per l’ultima volta?
Mi hai fatto felice o infelice? Non so. In questo momento mi
trema la mano … Ah, se mi fossi vicino! Mi salveresti, è vero?
Non guarderò più nessuno … Te lo prometto. Avevo giurato e
mantengo. Stasera, rientrando, un gatto nero mi è passato
dinanzi. Che stupida coincidenza, è vero? … Liliana”.
Capisco il rimorso…
Totò fece seppellire la
donna nella tomba di famiglia dei de Curtis a Napoli e volle
chiamare Liliana la figlia nata dal matrimonio con Diana
Roncati, anch’ella bellissima. E fu la fine di quest’ultimo
legame a far nascere altre pene e una canzone diventata famosa.
Ma non era lei la Malafemmena!
Per
scoprire l’enigma ci viene in aiuto la figlia di Totò al secolo
Liliana de Curtis, la quale molto tempo dopo affermò che la
canzone fu scritta in realtà per la madre, Diana Bandini
Lucchesini Rogliani, moglie di Totò, come del resto risulta
anche dalla dedica acclusa al testo della canzone depositato
dall'autore presso la SIAE: “A Diana”.
Cosa
aveva fatto per essere immortalata come Malafemmena?
La moglie Diana sarebbe stata, infatti, colpevole di
essere venuta meno a una promessa che i coniugi si erano
scambiati: anche se ufficialmente separati avevano concordato di
convivere nella stessa casa e condividere anche il talamo fino
al raggiungimento del diciottesimo compleanno della figlia
Liliana.
Evidentemente così non accadde!
Certo che no! Diana, la bellissima ragazza di cui Totò
si era innamorato a prima vista. Lei aveva 15 anni e per lei
Totò si mise contro tutto e tutti, ma dopo averla sposata finì
col chiuderla in gabbia, controllare, maltrattare, tradire,
umiliare.
Perché?
Totò è anche un
uomo difficile, dai molteplici sbalzi di umore, sempre
sull’attenti e troppo concentrato su se stesso e le sue
ambizioni per accorgersi del dolore che le procurava. Lei di
contro si era mantenuta sempre sul limite tra la rassegnazione e
la speranza, addirittura aveva sopportato la separazione
forzata, finché il prezzo da pagare divenne troppo alto e non le
rimase che fuggire. Sta di fatto che dopo l’ennesimo tradimento
del marito lasciò Totò dopo vent’anni di matrimonio e
separazione in casa, trasgredendo al patto e si sposò subito
dopo con l'avvocato Michele Tufaroli facendo sprofondare il
Principe nello sconforto assoluto.
Cosa fece
Totò?
Semplice, Totò aveva appena smesso di far
ridere sul set di Formia, dove girava una parodia del “Terzo
uomo”. Bevve un caffè, accese una sigaretta e riversò l’amaro
che gli premeva dentro: “Femmena, tu sì ‘na malafemmena, cu
st’uocchie ‘e fatto chiagnere lacreme ‘e infamità …” In preda
allo sconforto fece esplodere la sua vena creativa e durante il
tragitto in macchina da Formia a Napoli tracciò quei versi su un
pacchetto di “Turmac” bianche, le sue sigarette. Il fedele e
sincero autista Salvatore Cafiero, pazientemente ascoltò il
brano e poi disse: “Maestà, a me me pare ‘na lagna!” Si
sbagliava.
Nella canzone la realtà sembra
capovolta…
In effetti ascoltandola è Totò a sentirsi
tradito, abbandonato, ingannato, mentre Diana, che sopporta i
continui tradimenti, viene condannata duramente dal marito
quando finalmente toglie il disturbo per ritagliarsi un angolo
di felicità altrove.
Ma Totò non era un autore di
canzoni…
No ma scrisse altre cinquanta, compresa la
popolarissima “Miss mia cara miss”. Forse per vendetta sul
passato, forse per tenerezza presente, a chi gli chiedeva quale
canzone preferisse, non diceva “Malafemmena”, bensì “Sulo”. Un
brano che aveva segnato l’inizio del legame con Franca Faldini,
l’attrice giovane, bella e seria, compagna del resto della vita.
Totò volle essere sepolto a Napoli, in una cappella non lontana
da quella del tenore Enrico Caruso. Ancora oggi ogni tanto un
appassionato arriva con un mangianastri e riempie il camposanto
di parole e note di “Malafemmena”.
C’è un film
che ha colto il vero senso della canzone: Passione” di John
Turturro
Ah sì quello con Massimo Ranieri nei panni
di Totò e Lina Sastri in quello di Diana. La scena non lascia
spazio a dubbi sull’interpretazione. Massimo Ranieri, infatti, è
a letto con una donna, si sentono dei passi. E’ Lina Sastri che
salendo le scale scopre il tradimento avvenuto sotto i suoi
occhi e nella casa che li ha visti felici. Dopo una scenata di
gelosia lei decide di andarsene ed è in quel preciso momento che
partono le parole: “Femmena tu si na malafemmina” e continuano
fino a quel struggente “Te voglio bene e t’odio nun te pozzo
scurdà!”
Ci sono state tante versioni di quel
brano quale mi consigli?
C’è una versione
particolare cantata da Massimo Ranieri, una fusion con Amapola,
ascoltala qui:
https://www.youtube.com/watch?v=e3Wp6fR20N8

TESTO
Si avisse
fatto a n'ato
chello ch'e fatto a mme
st'ommo
t'avesse acciso,
tu vuò sapé pecché?
Pecché
'ncopp'a sta terra
femmene comme a te
non ce
hanna sta pé n'ommo
onesto comme a me!...
Femmena
Tu si na malafemmena
Chist'uocchie 'e
fatto chiagnere..
Lacreme e 'nfamità.
Femmena,
Si tu peggio 'e na vipera,
m'e 'ntussecata
l'anema,
nun pozzo cchiù campà.
Femmena
Si ddoce comme 'o zucchero
però sta faccia
d'angelo
te serve pe 'ngannà...
Femmena,
tu
si 'a cchiù bella femmena,
te voglio bene e
t'odio
nun te pozzo scurdà...
Te voglio
ancora bene
Ma tu nun saie pecchè
pecchè
l'unico ammore
si stata tu pe me...
E tu
pe nu capriccio
tutto 'e distrutto, ojnè,
Ma
Dio nun t'o perdone
chello ch'e fatto a mme!...

MALAFEMMENA E’ STATA
INTERPRETATA ANCHE DA:
James Senese
Teddy Reno
Patty Pravo
Fausto Leali
Lucio Dalla
Mina
Connie Francis
Renato
Carosone
Massimo Ranieri
Gigi D'Alessio
Gabriella Ferri
Claudio Villa
Giacomo
Rondinella
Lina Sastri
Roberto Murolo
Peppino di Capri
Zizi Possi
Franco Califano
Nunzio Gallo
Mario Abbate
Giuseppe Di
Stefano
Gianni Lamagna
Jerry Vale
Francesco Albanese
Luciano Tajoli

LEGGI LE ALTRE
RECENSIONI SU MUSICA PASSIONE