Adamo
mi parli della città vecchia?
E’ un brano datato 1965 ambientato della
zona del porto di Genova. Un brano di nicchia, quando uscì non
ebbe alcun successo. Servirono anni prima che la critica e il
pubblico si accorgesse di questo brano. Successivamente venne
innalzato dalla critica a simbolo dell’universo poetico di De
André.
Di cosa tratta?
A ritmo di
mazurca, De André racconta frammenti di vita di quello strano
popolo dimenticato da Dio che vive presso le aree più malfamate
della zona del porto: vecchi ubriachi, prostitute e loro
clienti, ladri, assassini, approfittatori senza scrupoli e "il
tipo strano", «...quello che ha venduto per tremila lire sua
madre a un nano». Tutti questi personaggi sono descritti con
evidente simpatia e partecipazione, perché raffigurano la
schiettezza contro l'ipocrisia del vecchio professore
dall'ambiguo comportamento.
Quindi ancora una
canzone sul mondo degli emarginati…
Diceva Fabrizio:
"Io credo che gli uomini agiscano certe volte indipendentemente
dalla loro volontà. Certi atteggiamenti, certi comportamenti
sono imperscrutabili. La psicologia ha fatto molto, la
psichiatria forse ancora di più, però dell'uomo non sappiamo
ancora nulla. Certe volte, insomma, ci sono dei comportamenti
anomali che non si riescono a spiegare e quindi io ho sempre
pensato che ci sia ben poco merito nella virtù e poca colpa
nell'errore, anche perché non ho mai capito bene che cosa sia la
virtù e cosa sia l'errore"
In poche parole ancora
una volta lui è osservatore di un mondo che per evidenti ragioni
non gli appartiene, ma sente nella sua anima.
Direi
di sì, i quartieri di una città raccontano la sua storia e ne
rivelano il carattere. Esistono i quartieri residenziali delle
famiglie ricche e le periferie dormitorio, le zone monumentali e
quelle industriali. Ci sono poi gli angoli dove si concentrano i
diseredati, gli esclusi di ogni tipo. A questi guarda De André.
Anche in questa canzone a svolgere il ruolo del protagonista è
il mondo delle prostitute, dei miserabili, dei falliti, vittime
inconsapevoli della società borghese. In un certo senso essi
incarnano la cattiva coscienza dell’altro mondo, quello dei ben
pensanti, di chi mira al successo, al denaro, di chi fa le leggi
a sua somiglianza. Immagine vivente del dolore senza ipocrisie e
senza colpe, sono anche portatori di una vitalità istintiva,
quindi pura, che invece la civiltà frena e nasconde.
Perché quel titolo?
Beh sia per il titolo
che per il contenuto De André si era ispirato a La città
vecchia, celebre poesia di Umberto Saba ambientata nella zona
portuale di Trieste.
Ovvero?
Scrive
Saba: “Spesso, per ritornare alla mia casa prendo un’oscura via
di città vecchia. Qui tra la gente che viene che va dall’osteria
alla casa o al lupanare, qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega, la tumultuante giovane
impazzita d’amore. Sono tutte creature della vita e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore. Qui degli umili sento
in compagnia il mio pensiero farsi più puro dove più turpe è la
via”.
Ma trai i due ci sono significative
differenze…
Sebbene la morale finale sia la stessa:
per Saba sono tutte creature della vita e del dolore e per De
André “se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo
mondo….” Tra di loro c’è un enorme divario ideologico: se per
Saba «s'agita in esse, come in me, il Signore», per De André
quella gente vive «Nei quartieri dove il sole del buon Dio non
dà i suoi raggi, ha già troppi impegni per scaldare gente
d'altri paraggi».
La frase di De André è molto
toccante…
Sì, ma non è la sua, è ripresa
direttamente da una poesia del 1946 di Jacques Prévert,
"Embrasse moi", da Histories: « Le soleil du bon Dieu ne
brill'pas de notr' côté Il a bien trop à faire dans les riches
quartiers »
E la musica?
La musica è
fortemente ricalcata su quella di "Le bistrot" di Georges
Brassens del 1960.
All’epoca anche questa fu
censurata?
Ovvio, come tutte le canzoni di De André.
I versi originari «... quella che di giorno chiami con disprezzo
specie di troia / quella che di notte stabilisce il prezzo della
tua gioia» furono sostituiti in via definitiva con «quella che
di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie / quella che di
notte stabilisce il prezzo alle tue voglie». Della prima
versione esistono solo poche e rare copie stampate.
Conclusione?
Nelle ultime due strofe De
André chiede di non giudicare con il metro della legalità e
della mentalità borghese, bensì di provare per quei poveri
esseri un forte senso di pietà, poiché essi non sono null'altro
che vittime della società e della storia. “Se tu penserai, se
giudicherai da buon borghese, li condannerai a cinquemila anni
più le spese, ma se capirai, se li cercherai fino in fondo, se
non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo.”

Ecco i testI
Testo SABA:
Spesso, per ritornare alla
mia casa
prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo
in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e
affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed
uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo,
passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui prostituta e
marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la
tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte
creature della vita
e del dolore:
s'agita in esse, come
in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il
mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.
Testo Fabrizio de André:(versione non
censurata)
Nei quartieri dove il sole del buon Dio
non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la
gente d'altri paraggi,
una bimba canta la canzone antica
della donnaccia
quello che ancor non sai tu lo imparerai solo
qui tra le mie braccia.
E se alla sua età le difetterà la
competenza
presto affinerà le capacità con l'esperienza
dove sono andati i tempi di una volta per Giunone
quando ci
voleva per fare il mestiere anche un po' di vocazione.
una
gamba qua, una gamba là, gonfi di vino
quattro pensionati
mezzo avvelenati al tavolino
li troverai là, col tempo che
fa, estate e inverno
a stratracannare a stramaledire le
donne, il tempo ed il governo.
Loro cercan là, la felicità
dentro a un bicchiere
per dimenticare d'esser stati presi per
il sedere
ci sarà allegria anche in agonia col vino forte
porteran sul viso l'ombra di un sorriso tra le braccia della
morte.
Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone
forse quella che sola ti può dare una lezione
quella che di
giorno chiami con disprezzo specie di *****.
Quella che di
notte stabilisce il prezzo alla tua gioia.
Tu la cercherai,
tu la invocherai più di una notte
ti alzerai disfatto
rimandando tutto al ventisette
quando incasserai delapiderai
mezza pensione
diecimila lire per sentirti dire "micio bello
e bamboccione".
Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi
moli
In quell'aria spessa carica di sale, gonfia di odori
lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano
quello
che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano.
Se tu
penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a
cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai
fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.
