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Telefoni Bianchi
 Il telefono bianco in bella mostra, emblema del benessere sociale, simbolo di lusso duraturo per marcare la differenza dai telefoni neri, maggiormente diffusi e dal sapore popolare.





Una specie di status symbol, prodotto industriale, moderno,
evoluto, fatto in serie rispetto a quelli artigianali, rappresentava
il progresso della nazione, la speranza nel futuro, il cammino
verso il nuovo, e già la nuova Italia, quella dallo stile
architettonico razionalista, dal fermento industriale che il
regime stesso promuoveva.





In poche parole il primo vagito della società dei consumi e
della nuova mentalità della classe benestante, istruita,
entusiasta, colta e spensierata così in contrasto con la
situazione reale del Paese, a quell'epoca sostanzialmente
povera, arretrata, agricola e con la maggior parte della
popolazione analfabeta.


 



     
Ed ecco le splendide contesse, in fruscianti vestaglie di seta e la sigaretta in mano, simbolo dell’emancipazione femminile, che intrecciavano conversazioni, amori e intrighi utilizzando telefoni rigorosamente bianchi. E tutto intorno scenari grandiosi con scalinate monumentali, statue greche, tendaggi trasparenti, arredamenti che richiamavano lo stile internazionale déco, insomma un mondo di sogno molto distante dalla vita comune.
Il periodo è tra le due grandi guerre del Novecento, diciamo dal 1936 al 1943. Il contenuto è leggero, a tinte rosa, sono storie sentimentali a lieto fine e si contrappone al cinema pedagogico e documentaristico con le sue ambizioni epiche, realistiche e propagandistiche.

In questa lasciva leggerezza si muovono belle segretarie, dattilografe spensierate e giovani rampanti in carriera e di contro galantuomini intrepidi e ardenti, uomini buoni e forti, belli come Amedeo Nazzari, generosi e coraggiosi, cavalieri galanti e paladini della giustizia che le giovani sognavano di sposare. Sono personaggi che si muovono all’interno di un ambiente ricco. Un incontro tra un ragazzo e una ragazza di ceti sociali diversi, con un happy end che sancisce la scalata sociale.

La scena di una bella donna in camicia da notte che dal letto della sua stanza languidamente risponde a un telefono rigorosamente bianco è uno spot incredibile e subliminale per favorire la nuova mentalità e quindi l’acquisto e l’uso dello strumento al tempo solo per ricchi.
Rispetto alla vita quotidiana degli italiani il telefono al cinema era senza alcun dubbio sovraesposto. Se nel 1936 si raggiunse l’obiettivo di un allacciamento telefonico ogni cento abbonati, nel Mezzogiorno quel traguardo fu raggiunto solo nel 1955!

E l’introduzione del telefono come elemento narrativo da enormi possibilità agli sceneggiatori, tipo l’equivoco, lo scambio di persone o anche l'incontro amoroso fra persone che difficilmente si sarebbero potute incontrare perché appartenenti a ceti e ad ambienti diversi o distanti fisicamente. L'effetto suspense è assicurato se dall'altro capo del filo a rispondere è una voce tanto minacciosa quanto sconosciuta o se il telefono resta "muto": le sicure mura domestiche che fino a quel momento avevano protetto e rassicurato, sembrano improvvisamente venir meno e sbriciolarsi. Il telefono come "ingrediente" ed espediente narrativo era stato già scoperto dal teatro dei primi decenni del secolo dando nuovi spunti a performance teatrali di un solo attore che, grazie alla finzione del telefono, trasformava monologhi in finti dialoghi con un interlocutore inesistente.

Parte della critica in anni più recenti la definisce anche commedia all'ungherese, perché, nonostante siano produzioni italiane, i soggetti e le sceneggiature di questi film sono spesso attinti da autori teatrali ungheresi molto di moda in quel periodo storico. La vita rappresentata era quella dell'alta società di un paese spesso del tutto "inventato" (in quanto l’argomento ricorrente era una minaccia di divorzio, illegale in Italia oppure l'adulterio, allora perseguibile come reato contro la morale.

Il film che inaugura il genere è La segretaria privata, nel 1931, con la regia di Goffredo Alessandrini, che racconta la storia di una ragazza di provincia, una dattilografa, che arriva in città per fare carriera e sposare un uomo ricco.
E successivamente in “Gli uomini, che mascalzoni...” di Camerini del 1932, nel quale il regista percorre una Milano rinnovata nell'aspetto: la moda, i mezzi di trasporto e molti altri oggetti che divennero i simboli di un'epoca in divenire.
Ma il perfetto esempio di cinema dei telefoni bianchi è senza dubbio Il signor Max con De Sica sempre di Mario Camerini. Il protagonista conduce una doppia vita, corteggiando, nelle vesti di un conte, una nobildonna e come giornalaio la cameriera di quest’ultima.

Il regime fascista intervenne in modo molto diretto nella produzione cinematografica del ventennio, incentivando la produzione nazionale, scoraggiando le importazioni dall'estero, finanziando soggetti e sceneggiature preventivamente poste al vaglio di una commissione politica applicando severe norme di censura. Non una pellicola con argomenti sgraditi al regime fu prodotta o circolò in quegli anni.

L'aspetto più vistoso che caratterizza queste commedie è la totale assenza di riferimenti alla realtà politica del paese. E proprio per il suo carattere di fuga dalla realtà quotidiana venne a posteriori considerato l'espressione più subdola e nefasta del conformismo caro al regime, perfettamente funzionale al progetto politico del fascismo, che si basava appunto sul consenso delle classi medie. Il genere passionale durò praticamente fino alla fine degli anni 40, in seguito, in piena seconda guerra mondiale, la produzione di questo filone divenne sempre più rada fino a scomparire del tutto con il crollo del regime fascista lasciando il posto al neorealismo che diventerà la fortuna del cinema italiano nel mondo.








FINE

 





















 
 
 





A CURA DI
ADAMO BENCIVENGA

FONTI:
http://it.wikipedia.org/wiki/Cinema_dei_telefoni_bianchi
http://archiviostorico.telecomitalia.com/italia-al-telefono-oltre/societ%C3%83%C2%A0-storia/nella-vita-quotidiana/fra-due-guerre/telefoni-bianchi
(Matteo Galiano) http://passaparolanza.wordpress.com/2014/03/11/cinema-dei-telefoni-bianchi/
Gherardo Fabretti http://www.tesionline.it/v2/appunto-sub.jsp?p=19&id=579
http://www.markrage.it/telefoni_bianchi.htm



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