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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
L'orchestrina soul
suona un pezzo di Ray Charles



 


 
 


L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles, la voce si fa roca tra le luci quasi spente, Georgia on my mind si sente sottovoce, nella sala al primo piano di un albergo lungo il mare, sulle sedie di velluto rosso damascato, sulle giacche lise panna d’assonnati camerieri. Sui vetri un vento forte sbatte umido e muto, da lì si vede il mare pesto di petrolio, da lì si vede il freddo sui soprabiti invernali, su donne e ragazzine in equilibrio sopra i tacchi, sugli ombrellini aperti a tinte colorate.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles, nella sala qualche coppia si trascina lentamente, sazia di spumante, dolce di moscato, tra tacchi e decolté laminati per la festa, si scambiano auguri come baci sulla bocca, come mani che a quest’ora non trovano intralci, e vanno oltre i bordi di calze ricamate, e si fermano sugli orli di pizzi e di merletti. Sopra i tavoli di marmo, sugli avanzi della cena, fibrillano le fiamme di candele profumate, si fondono i suoni di tasti e di bicchieri, di trombette e cappellini, di festoni colorati.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles e Gianni ha gli occhi chiusi, ogni tanto si ridesta, è quasi mezzanotte e le bottiglie sono pronte, per lui è ora tarda, per lui che è pendolare, ed ogni giorno da vent’anni, prende il treno delle quattro, quando l’alba è ancora buia e la nebbia fitta fitta, e qualcuno nel suo letto lo rimpiazza poco dopo, come fosse un favore, come fosse una missione, e riempie la sua assenza e scalda la sua donna, per non lasciarla sola, per non farla raffreddare.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles, lui a tratti s’addormenta, a tratti si risveglia, ed osserva da lontano, seduto su un divano, sua moglie Filomena, bella come il sole, sua moglie che aspettava da tempo questo giorno, anche se lui non sa, quale sia la ragione, e crede che Filò abbia il ballo dentro il sangue e non perda occasione per farsi trasportare. Lei si vede che è nervosa, si vede che aspetta, seduta a un tavolino, guarda oltre la vetrata, perché sa che tra non molto, spunterà un uomo vero, con il trench ed il cappello, con il ghiaccio dentro gli occhi, e con un cenno della mano, da perfetto cavaliere, la inviterà senza parole, per un ballo lento lento.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles, Georgia on my mind si sente tra le note, e lei canta sottovoce lasciandosi rapire, dal pianista nero nero che la invita sopra il palco, dal sax melodioso che le dedica un assolo, e sono voci sincopate e sono toni e carezze, del cantante che non toglie lo sguardo da quel seno, e sul palco manda baci spaiati e a due a due, come frecce di Cupido, come lame di coltelli, sperando che uno almeno la colpisca dritta al cuore.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles, ed accompagna quelle gambe, lunghe, belle, accavallate, di Filò appariscente con le labbra rosso fuoco, di Filò la più bella, ma bella da morire, con un decolté profondo che mostra in parte il seno, con un vestito corto fino dove il Paradiso, si confonde col colore dell’ombra e della pelle, troppo se si siede, troppo quando balla, ed il vestito sale e di sicuro non è adatto, ad una moglie che da tempo ha passato quarant’anni, ad un fine anno in lungo tra le altre eleganti.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles, c’è chi giura e stragiura, chiamandola per nome, che proprio l’altra sera l’ha vista passeggiare, fumava in attesa, nascosta da un cappello, fumava impaziente guardandosi attorno, proprio dove il mare nero si confonde con la ghiaia e l’asfalto molle molle diventa quasi sabbia. C’è chi giura sui suoi figli e va avanti nel racconto, descrivendo nei dettagli quell’incontro clandestino, perché l’hanno vista a lungo camminare sulla riva, inghiottita dalla nebbia e dalle tenebre più fitte.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles e gli altri tutti intorno non perdono parole, perché l’hanno vista stretta ad un uomo sui trent’anni, bello come il pane, forte come il ferro. L’ha baciata sulla bocca tra gli scogli a Cala Nuova, poi con impeto di maschio l’ha fermata contro un muro, e le ha toccato vita e fianchi tastandole il sedere, e le ha tolto il reggipetto senza chiederle il permesso, e perfino le mutande, gettandole nel mare.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles, Georgia on my mind si sente sottovoce, il sassofonista suona svogliato e fuori tempo, ha smesso di mandarle baci a due a due, ha smesso di inseguire il sogno di una notte, perché un uomo col cappello s’è fatto largo maestoso, dirigendosi deciso verso la sua preda. Filomena ora balla al centro della sala, Filomena ora ride e sembra una farfalla, stretta nella morsa da due mani come ferro, da due occhi che da soli valgono un azzardo.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles, c’è ci giura e ci scommette una bottiglia di moscato, che quell’uomo sia lo stesso della sera a Cala Nuova, con un po’ di barba rada e due spigoli appuntiti e una bocca di carne rossa da baciare e ribaciare e due occhi come lame che si infilano nel burro. Filò si guarda intorno, e cerca suo marito, poi sorride a quell’uomo, bello come il pane, e come l’altra sera tra la nebbia a Cala Nuova, lui ha il viso impaziente e una mano sul sedere e nell’altra tiene stretti un numero e una chiave, e una bottiglia di spumante da stappare a mezzanotte, dentro un letto caldo mentre si saziano d’amore.

L’orchestrina soul suona un pezzo di Ray Charles, Georgia on my mind nella sala ormai vuota, e Gianni può dormire su quel divano fino all’alba, perché domani è Capodanno e non si va a lavorare, perché sua moglie non s’annoia ed ha altro a cui pensare, perché ora è in un’altra stanza proprio sopra la sua testa, e si è lasciata le calze nere, quelle col ricamo, ed ha tolto i tacchi rossi e non c’è più niente da spogliare, perché ha festeggiato il nuovo anno, ormai da due ore, e l’uomo bello come il pane, ha mantenuto la promessa, e lei ora sopra il letto lo accoglie e lo rivuole, mentre fuori la pioggia fitta bagna gli invitati e l’orchestrina soul ora ha smesso di suonare.
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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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