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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Letture di musica leggera

  


 


 
 


A mi manera

Fila 3, ombrellone 42. Ogni anno dal primo al 31 agosto siamo qui. Abbiamo saltato solo un anno quando Giulia aspettava Carlotta. Sto bene qui, conosco tutti e mi sento come a casa.
Quest’anno l’ombrellone 41 è occupato da una nuova coppia. Lei si chiama Manuela, lui Federico. Lei bionda, lui calvo. Dopo i soliti convenevoli ci ritroviamo per una partita a racchettoni sulla riva, poi un aperitivo al bar della Capinera. Parlando del più e del meno Giulia, mia moglie, scopre che Federico è un suo collega. Stessa azienda, ma di un’altra filiale.
Dopo tre giorni siamo già un gruppo affiatato. Shopping in paese, serate ai Ciclopi, un locale del posto. Di giorno lunghe nuotate, surf e canasta in spiaggia. Tra me e Manuela è nata una amichevole simpatia, Federico e Giulia sembrano conoscersi da sempre. Come ogni pomeriggio cominciano a parlare di lavoro.
Propongo a Manuela una passeggiata verso Cala Marina. Lei accetta. Subito dopo le rocce del belvedere l’aiuto a scendere verso il canale. Rimaniamo abbracciati. Due minuti e siamo distesi al riparo da occhi indiscreti. Non facciamo l’amore, lei non vuole, la bacio e mi bacia finché guido la sua bocca verso la mia passione.
Al ritorno sembra quasi scusarsi, mi dice che sono il primo uomo, naturalmente oltre suo marito. “Che buffo! Ma ti rendi conto? Dovevo aspettare 57 anni per fare una cosa del genere!” Poi mi dice sottovoce che nutre un rispetto incondizionato per suo marito e la cosa, guardandomi negli occhi, non si sarebbe più ripetuta. Io non parlo.
Torniamo ai nostri ombrelloni e Giulia mi dice che la sera stessa, visto che i ragazzi sono fuori, avremmo cenato tutti insieme a casa nostra. Barbecue vegetariano in giardino e un gelato rigorosamente alla frutta.

*****

Stasera Giulia è più bella che mai, 41 anni portati da Dio. Ha una scollatura da impazzire. Vestitino nero e sandali d’argento. Ceniamo con un sottofondo di musica cubana. Dopo cena Federico e Giulia si alzano dal tavolo e iniziano a ballare, Federico chiede qualcosa di più lento. Dico che la nostra collezione di cd è abbastanza vasta. I due entrano in casa.
Fisso Manuela e ripenso al pomeriggio a Cala Marina. Le vado vicino. Lei fa per alzarsi. “Stasera prima di venire qui stavo per chiamarti, ho deciso di dire tutto a mio marito.” Mi dice senza guardarmi. “Ma sei matta?” Le dico sottovoce quasi urlando. Poi cerco di persuaderla con frasi senza senso. Quasi preso dal panico le afferro la mano, poi le stringo la gamba. Lei si alza di scatto. Entra in casa per andare in bagno. Dall’interno della casa luce soffusa, i nostri consorti ballano su un sottofondo di “A mi manera” cantata dai Gipsy King.
Non passano dieci secondi. Manuela torna e mi viene vicino. “Dove eravamo rimasti?”

FINE





Destinazione Paradiso

Oddio che bello! Mai visto un uomo così bello! Lo vedo che avanza lungo le scrivanie dell’agenzia di viaggi. Si dirige verso di me.
Mi chiedo se sa che sono il direttore di questa agenzia. Spero che non sia la solita noia di qualche reclamo.
Mi stringe la mano, si presenta: “Ermanno Piattelli”
Piacere “Giulia Salini.”
“Mi scusi se non sono andato dalle sue collaboratrici.”
“Non si preoccupi.” Quindi sa...
“Vorrei prenotare un bel soggiorno rilassante.”
“Nessun problema, mi dica…. ha in mente qualche destinazione particolare?“
Si guarda intorno. “Destinazione Paradiso.”
“Prego?”
“Un viaggio per cuori solitari”
“Ah Capisco.” Sorrido complice e prendo dal cassetto l'album di foto.
Noi ne abbiamo diverse signor Ermanno. Ecco questo il catalogo, può farsi un’idea. Ha qualche preferenza?
Lui rimane a fissarmi, ha degli occhi verde profondo, mi sto squagliando…
“Faccia lei… o meglio vorrei che somigliasse a lei…
“Troppo buono signor Piattelli, ma le assicuro che le nostre clienti sono il massimo.”
“Non ne dubito, ma non credo che siano alla pari della sua classe.”
Fingo di digitare qualcosa al computer e lascio cadere il discorso.
“Che giorno la partenza?”
Questo fine settimana, venerdì sera. Due giorni a Formentera.
Ok vedrà che si troverà benissimo. C’è una promozione all’Hotel Marriott. Cinque stelle con piscina. 1200 euro.
"Per me va benissimo, grazie. Mi faccia avere i voucher a questo indirizzo."
Mi porge il suo biglietto da visita.
“Per la signora faccia lei, mi fido della sua scelta.”
“Non si preoccupi, ho già un’idea…”
Si alza, mi stringe la mano qualche secondo più del dovuto guardandomi intensamente negli occhi.
Lo vedo uscire, rimango incantata per un attimo a pensare…
Chiamo mio marito.
"Mio caro volevo avvertirti che per tutto il weekend sarò impegnata in una noiosa Convention a Formentera per la promozione della Catena Marriott. Purtroppo non posso mancare…"


FINE






Bocca di Rosa

L’inquilino del piano di sopra mi piace tanto!
Dal momento che sono venuta ad abitare in questa casa dopo il divorzio mi ha subito incuriosita. Lui è un metodico. Non c’è sera che non torni alle sei in punto, non c’è notte che alle due non si alzi per andare in bagno. Ormai riesco a distinguere qualsiasi rumore sopra la mia testa. Lo sento quando cucina, quando mette a lavare la biancheria, quando verso le 9 accende la televisione.

Riesco a sentire anche i programmi che vede. Tutti i mercoledì alle 7,30 di sera apre la porta ad una bella signora, credo a pagamento, una Bocca di Rosa con le labbra rifatte. Immediatamente dopo sento il cigolio del letto per circa un’ora, poi tutto silenzio e poi ancora per mezz’ora. D’estate con le finestre aperte sento nitidamente gemiti ed altro. Verso le 9,00 un taxi si ferma sotto le mie finestre e immancabilmente sento i tacchi della signora scendere le scale.

L'inquilino del piano di sopra è un architetto affascinante, dopo due o tre volte di buongiorno e buonasera, mi ha rivolto la parola in ascensore. Beh non ero il massimo, indossavo un vestitino leggero di poche pretese, avevo la fronte sudata e due buste pesanti della spesa che mi segavano le mani. Nonostante ciò mi ha fatto i complimenti e mi ha invitata per la sera stessa nella sua bella casetta stile liberty.
Ero troppo curiosa ed ho accettato.

Abbiamo cenato in terrazza. Roma d’estate si trasforma in una bella signora incantevole. Durante la cena mi ha detto di aver chiuso con le donne, che il precedente matrimonio l’ha distrutto e depauperato fino all’ultima stilla di energia e soldi.
Lui non sa che io so di Bocca di Rosa. Mi ha detto che gli piace la vita che fa e non la cambierebbe con nulla, lavoro, hobbies ed amici. Dopo la cena si è lasciato andare a qualche complimento, tutto qui. Io ho parlato molto poco ma tra quel poco gli ho detto che nonostante il divorzio credo ancora nel matrimonio e il sesso senza amore è qualcosa di vuoto e squallido..

Ora ogni tanto lo incontro, apprezza sempre come sono vestita ma niente più. Lo sento che vorrebbe, ma non vuole impegnarsi. Ha paura di una relazione fissa. Lo capisco...

L’inquilino del piano di sopra mi piace tanto penso proprio che la prossima volta metterò un rossetto più accattivante e gli dirò candidamente che sono duecento tutto compreso.

FINE






Donna amante mia

Tu mi fai sentire donna, tu mi fai sentire femmina. Tra le tue braccia sono solo un corpo che freme, una foglia in autunno che danza nel vento. Senza di te non sono nulla, i miei giorni passerebbero vuoti senza alcun senso. Tu mi fai sentire amata, tu mi fai sentire l’Amante! Unico essere al mondo felice che guarda con pena la tristezza che vela i volti della gente.

Non importa se ci vediamo solo un giorno a settimana, per due ore dalle cinque alle sette in questo motel, perché tu sei vicino a me, sempre! Tu mi riempi d’attesa ogni ora e ogni istante. Come farei a vivere senza di te, senza aspettare questo momento? Come farei a camminare da sola?

Perché io non sono sola sai, non sono mai sola, anche quando sto con mio marito.
Noto le differenze sai, tra te e lui, tu sei giovane dentro, sei maschio e delicato, amante che ogni donna desidera incontrare, lui invece è rozzo, è nato vecchio. Lui è grigio, tu sei bianco e nero, gli estremi, come è estremo l’amore, la passione che ci travolge.


In sottofondo la nostra canzone: “Donna amante mia, donna poesia…” Ti prego ora amami perché è già tardi, perché tra poco saremo dentro le nostre macchine, amami ti prego, affondami….

Guardo l’orologio. Dio è tardissimo! Sono le otto! Dovevo già essere a casa! Ma come ho fatto?! Tu mi cerchi ancora, mi vuoi, mi prendi, ma è maledettamente tardi. Mi dici che vuoi vivere sempre con me. In ogni istante, quando mi alzo la mattina struccata, quando mi spoglio la sera… Immagini una spiaggia esotica, alberghi, lusso... Dio non mi tentare....

Ti prego non dirmi questo, tu sei così perché sei l'amante, io voglio vederti solo in queste due ore ogni settimana, io voglio dare il meglio di me stessa! Regalarti questa donna che tu dici stupenda. Altrimenti mi spieghi che differenza ci sarebbe tra te e lui? Visto che vi somigliate come due gocce d’acqua e come te anche lui stasera ha fatto tardi?


FINE





E ti vengo a cercare

Nel nostro ufficio un mese fa è arrivato un nuovo collega. Giovane. Credo non abbia ancora superato i trenta anni. Ha preso posto nell’unica scrivania vuota, proprio accanto alla mia.

E’ un tipo piuttosto timido, dall’aria perbenina ed intellettuale. Ci ha messo un po’ per sciogliersi. Decisamente una persona diversa rispetto agli standard dei colleghi di questo Ministero e devo aggiungere… di mio marito.

Mi ha incuriosito fin dai primi giorni. Per due volte siamo andati a pranzo insieme ad altri colleghi. La terza volta da soli. Sono stata io ad invitarlo. Volevo conoscerlo meglio.
Mi ha fatto molta tenerezza. Quasi subito mi ha parlato della sua ragazza che vede, quando va bene, due volte all’anno.
Vedevo i suoi occhi brillare ogni qualvolta pronunciava il suo nome. E’ bello vedere una persona così innamorata, tenera, idealista che crede in certi valori. Entusiasta di questa ragazza missionaria laica che aiuta i bambini del Burkina Faso. Quando può prende un aereo e scappa giù per passare ogni istante con lei ed aiutare queste creature sfortunate. “Sai Teresa.” Mi ha detto un giorno quasi vergognoso. “Io tra quei volti vado a cercare Dio”

Mentre lui parla il più delle volte penso a quanto possa essere squallida la mia vita, quanto possa essere inutile. Dopo quella volta ha rifiutato gentilmente i miei inviti per un altro pranzo da soli. Comunque sono davvero felice di avere un collega così, gentile e ossequioso, non alza mai la voce e soprattutto non dà mai giudizi. Dice che questo è un mondo effimero, fatto solo di apparenza, che i valori sono altri, che quello che conta è la nostra interiorità, l’anima, lo spirito… Ed io lo capisco, comprendo i suoi ideali, la solidarietà, la vicinanza di Dio, il bisogno di aiutare il prossimo, ma allo stesso tempo mi affascina e non mi do per vinta...

Questa mattina quando sono entrata lui era già seduto al suo posto. Come al solito avevo messo una gonna corta e un paio di autoreggenti, ma questa volta, quando mi sono seduta, si è intravisto il ricamo nero.
Subito dopo mi sono chiesta quanta causalità ci fosse in quel gesto! Comunque è rimasto bene in vista finché ho visto i suoi occhi brillare.
Verso le 11 mi ha inviato un’email invitandomi a pranzo, rigorosamente da soli, credo proprio che accetterò.

FINE






Il cielo in una stanza

Esco di casa, tu stai dormendo, chiudo con cautela la porta, non voglio svegliarti.
In garage incontro il Signor Mario, mi dice che stanotte ne ha buttata come Dio comanda! “Già, è tempo suo!” Rispondo.

Parto. C’è traffico, piove da una settimana ininterrottamente, le strade sono allagate, evito qualche pozzanghera. Ripenso a ieri sera…
“Quando sei qui come, questa stanza non ha più pareti, ma alberi, alberi infiniti quando tu…”
Mi sembra di ascoltare la tua voce, sensuale, appagata. Sono anni che dopo l’amore guardi il soffitto e canti sottovoce “Il cielo in una stanza”. Mi dici che non puoi farne a meno e che la canti unicamente dopo l’amore… Sorrido, sono contento.
L’incrocio con la Via Cassia è intasato, rimango bloccato per oltre un'ora, una vigilessa alla fine mi fa cenno di tornare indietro, si è aperta una voragine poco più in là e non c'è possibilità di proseguire.

Dio che faccio? E’ già tardi, avevo un appuntamento di lavoro alle 10 in punto. Giro, torno indietro. La strada sembra libera ora. “Quando sei qui con me…” La tua voce mi accompagna. Ti penso nel letto che sonnecchi. Oggi, mi hai detto, non hai impegni di lavoro.

Oh no, un altro intasamento, cerco altre strade, ma tutte sono bloccate. Oramai è più di un’ora e mezza che sono in macchina. Chiamo la mia segretaria, le faccio disdire tutti gli appuntamenti. Pazienza. Mi devo rassegnare.
Torno a casa.

Parcheggio sotto casa, un altro scroscio improvviso mi bagna completamente. Il signor Mario sta togliendo delle foglie dal tombino intasato. Zuppo salgo le scale, apro piano per non svegliarti. Dalla stanza da letto sento la tua voce: “Quando sei qui come, questa stanza non ha più pareti, ma alberi, alberi infiniti quando tu…” Ma la voce stride.
Decisamente la cantavi meglio ieri sera.


FINE






La Bambola

C’è un tavolo per noi prenotato. Un pianista suona “Tu mi fai girar, tu mi fai girar come fossi una bambola, poi mi butti giù…” Sei bella, elegante, porti un tubino nero che ti fascia e modella le tue forme. E' molto scollato e ti fa un seno meraviglioso. Mi ripeto che sono fortunato. Non ti stacco gli occhi di dosso. Il cameriere cortese scosta la sedia, tu lo ringrazi guardandolo fisso negli occhi.
Il nostro anniversario.

Erano anni che non lo festeggiavamo. Mi sembra impossibile. Sul tavolo calici e antipasti di pesce caldo. Sei bella. Perfetta come una bambola. Tiro fuori dalla tasca un pacchettino dorato: “Gioielleria Grimaldi.” Ti vedo emozionata, ti aiuto a scartarlo. Due pendenti, i tuoi preferiti.

Ti alzi, fai il giro del tavolo, mi abbracci, mi baci. Sento il tuo seno morbido attraverso la giacca. La gonna si spacca e mostri tutto il tuo splendore. Aspetto il dopocena.
In macchina accavalli le gambe, ti guardo, cerco di raggiungerti con la mano, ma tu la togli. Hai ragione, tra poco a casa….. Canto. “Tu mi fai girar…”

Poi un attimo di silenzio, fissi la strada davanti. Mi dici: “Ho deciso anch’io di farti un regalo.” Poi prendi i trucchi e ripassi le labbra dentro lo specchietto.
Rispondo: “Lo vedo, sei meravigliosa” Lasci cadere il complimento.
Cerco di nuovo di toccarti le gambe, la trama della calza è un velo leggero. Sei meravigliosa, ma come prima mi afferri la mano prima che riesca ad accarezzare la tua gamba. Ti fai desiderare ed è giusto così. Sei preziosa.

Siamo arrivati, parcheggio.
A casa mi abbracci, sfili il soprabito. Lo lasci cadere a terra mentre cammini. Sono eccitato. Ti bacio sul corridoio. Il collo, le spalle.
Il nostro letto ci aspetta.
Tu sorridi, ti divincoli.
Sussurrando mi dici: “Questo è il mio regalo. Buonanotte…”
Entri nella stanza dello studio e chiudi a chiave la porta.


FINE






Meraviglioso

14 Agosto. Che bello ultimo giorno di lavoro e poi le ferie. Oggi pomeriggio raggiungo Giulia a Sabaudia. Soli, finalmente soli, nella nostra villetta in riva al mare. Carlotta, nostra figlia è partita per una vacanza studio a Londra. Canto davanti allo specchio in bagno. “Meraviglioso, ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso…” Mi vesto. Ancora e solo per oggi la cravatta! Scendo. Fuori un paesaggio inquietante, parcheggi vuoti, negozi chiusi. Neanche un bar aperto per un caffè!
Prendo l’auto, in cinque minuti sono sulla Via Laurentina. La strada è deserta. Accelero.

All’incrocio con Via di Vigna Murata, nonostante il semaforo rosso, un auto di grossa cilindrata mi taglia la strada. Freno. Sbando. Freno di nuovo. Faccio per evitarla, ma inevitabilmente, dopo alcuni metri, ci urtiamo. Lo specchietto laterale sinistro va in frantumi. Accosto e scendo aggredendo il conducente dell’altra auto. Lui scende con le mani alzate in segno di scusa.
“Mi spiace, mi scusi, sono costernato…”
“Ma non vede cosa ha combinato? Potevamo ammazzarci!”
“Ero distratto e non ho visto il semaforo rosso.”
Mi dice guardando i danni. La sua macchina però non ha nemmeno un graffio. Mi calmo. Mi dice che non ha tempo, è in estremo ritardo e non vuole fare nessuna denuncia.
“Pagherò in contanti. Si fidi. Sa a quest’ora non dovrei essere qui, ma da tutt’altra parte! La prego, faccia verificare l’entità del danno e poi mi chiami. Risolviamo tutto in giornata.”
Così dicendo mi dà il numero del suo cellulare e un biglietto da visita. “Francesco Relli – Vice Direttore Esecutivo – Ministero Affari Esteri.”
Riguardo meglio la mia auto ed in effetti la carrozzeria è intatta per cui si tratta solo di cambiare lo specchietto retrovisore. Tiro un sospiro di sollievo. Decido di non chiamare i Vigili Urbani. Lui mi ringrazia.

Salgo in auto e riparto. Guardo il cellulare ci sono tre telefonate senza risposta. E’ Giulia, sicuramente mi vorrà chiedere cosa preferisco per cena. La chiamerò più tardi. Ah sì la devo assolutamente chiamare, le devo chiedere la cortesia di portare in tintoria il mio vestito bianco macchiato di melone!!! Vorrei metterlo domani.
In ufficio faccio una serie di telefonate, ma i centri di assistenza sono tutti chiusi per ferie. Visto che si tratta solo del cambio dello specchietto faccio una ricerca su internet. Dopo due, tre siti quantifico il danno. Il Vice Direttore Esecutivo del Mae se la caverà con appena 300 euro!
Lo chiamo. Mi dice che è indaffarato e se gli uso la cortesia di passare da lui. Ci penso un attimo, oggi c’è poco lavoro, decido di uscire prima e gli do appuntamento alle 15 in punto davanti al piazzale della Farnesina.

Roma è ancora più deserta ed assolata, penso che tra due ore massimo sarò già in acqua. “Meraviglioso, ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso…”
Dio, mi sono dimenticato! Devo assolutamente chiamare Giulia! Arrivo qualche minuto prima, ma lui è già lì ad aspettarmi. Immediatamente salda il conto. Poi si scusa di nuovo giurandomi che non è solito passare con il rosso. Ci tiene a ribadire che non è assolutamente un pirata della strada. “Oggi ho avuto una giornata molto ma molto particolare. Questa mattina ero a casa di una mia amica al mare. Ho passato la notte lì. Naturalmente mia moglie mi crede ad un convegno fuori Roma. Abbiamo passato una piacevole notte, quando poco prima delle sette ci ha fatto visita una banda di delinquenti. Ci hanno minacciati. Poi hanno cominciato a rovistare tutta casa, ma c’era poco e niente da rubare per cui si sono accontentati del mio borsone con dentro gli effetti personali ed i miei vestiti. Quelli che indosso li ho presi in prestito e come vede sono due taglie di meno e la giacca ha questa macchia di melone ben in vista...”
Lo guardo meglio, poi ci salutiamo.
Credo proprio che passerò il Ferragosto a casa da solo.

FINE






A Nervi nel '92

Roma, Via Condotti. Lui seduto al suo solito posto al Caffè Greco. Lei mora, trentenne, capelli lunghi e una cartina stropicciata in mano. Lui la nota, troppo affascinante per non notarla! Si alza e gentilmente le chiede se ha bisogno di aiuto. Lei non chiede altro. Bevono un caffè al ginseng. Parlano del più e del meno, lei ride. Lui affabile si offre di accompagnarla. Lei cerca un cappello rosso ciliegia. Dieci minuti dopo passeggiano tra l'estate deserta di una Roma accaldata, tra i vicoli stretti e i tacchi di lei che ad ogni tre passi si infilano nei sampietrini. Lei non può non ridere e lui non guardare quel seno che libero danza sotto la camicetta trasparente di un tenue verde onda marina.

Come nelle favole lei stanca si siede su una panchina. Si abbracciano, sembrano amici da sempre. Come nelle favole due ore dopo sono sul treno che li sta portando a Genova. Lei Alessandra Satta, professoressa di lingue a Genova. Single. Lui un commerciante di scarpe a Roma. Separato. “E se tu fossi un violentatore di professoresse?” Ridono. Poi il treno si ferma, stazione Genova-Nervi. Prendono un un taxi.

Ora sono nel monolocale di lei a Nervi. La notte è di quelle indelebili. Lui la ama e lei si fa amare, bendata e legata nel gioco perenne di schiava e padrone, nell'attesa eccitante di un'alba vicina. Il giorno dopo in corriera a Portofino e la sera in barca a San Fruttuoso. Sembrano amanti ed in effetti lo sono, mano per mano, bocca per bocca. Passano insieme uno week-end da sogno, sognano insieme quando nel letto, lei gli propone un trio per la notte, con una di quelle che per poco e per niente, passeggiano e fumano sotto i lampioni.

Poi come tutte le storie è tempo di andare, come tutte le favole c'è sempre in agguato, una carrozza in attesa a forma di zucca, un treno che parte puntuale per Roma. Nei giorni seguenti si sentono spesso, programmano viaggi e notti d'amore, poi qualche lettera, una cartolina da Londra, dove lui è di casa per via dei figli.

Lui ora è seduto al suo solito posto al Caffè Greco, sono passati due anni o forse di meno. Legge il giornale, distrattamente lo sfoglia, ma un trafiletto di cronaca lo fa sobbalzare. “La signora Alessandra Satta è stata trovata strangolata nel suo appartamento di Nervi. L’assassino, un giovane di Roma, reo confesso, ha dichiarato di averla conosciuta al Caffè Greco di Roma. Lei aveva una cartina stropicciata in mano. Cercava un cappello rosso ciliegia. Dopo alcuni giri per le vie del centro, lei lo ha invitato a passare il weekend nella sua casa di Nervi. Aveva 32 anni.”

FINE






L'anno che verrà

Accadde una sera di Dicembre di qualche anno fa.
Ero in automobile senza meta. Avevo cenato in una pizzeria. Fuori pioveva. Faceva freddo. A tratti la pioggia diventava grandine e scendeva giù a raffiche tanto da bloccare i tergicristalli. Non avevo nessun posto da raggiungere e procedevo lentamente. Nessuna voglia di tornare a casa. Del resto cosa avrei fatto? Stappato una bottiglia di Moet & Chandon? No, no meglio questa pioggia! Poi avrei cercato un motel e lì avrei passato le rimanenti ore della notte, dell’anno, del secolo, del millennio.
Mi teneva compagnia la musica dello stereo. “Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po' e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò…”

In lontananza intravedevo i primi bagliori colorati di fuochi d’artificio di qualcuno che aveva fretta di festeggiare. Al primo svincolo girai. Dopo qualche tornante e rampa, presi una stradina che correva parallela all'autostrada nel senso opposto. Non avevo voglia di finire in bocca a qualche festa, traffico e caos.
Qualche metro dopo intravidi una figura incappucciata. Appena la luce dei fari la invase uscì un braccio dall'impermeabile scuro. Mi fermai a qualche metro di distanza. Attraverso lo specchietto ebbi la conferma che si trattava di una donna. Tirai il fiato in segno di tranquillità. Chissà perché poi! Aprii lo sportello.

"Mi scusi le posso chiedere un passaggio?". Disse avvicinandosi di fretta.
"Dove deve andare?" Risposi con qualche remora.
"Firenze." Disse cercando di ripararsi alla meno peggio dentro la mia macchina.
Rimasi per un attimo a pensare.
"Posso?"
"Certo, ma faccia in fretta che si sta bagnando il sedile!"
"Mi dispiace, sa non volevo, con questo tempo..."
Ripartii senza rispondere.
"Le sono infinitamente grata, senza di lei non so cosa mi sarebbe successo stasera!". Si sedette più comoda e si tolse il cappuccio.
"Ah, scusi... mi chiamo Stefania.
Girandosi, intravidi il volto nell’oscurità dell’abitacolo.
Si tolse finalmente l’impermeabile e con un'occhiata vidi come era vestita.
"Cosa ci faceva in giro da sola? E poi con questa pioggia!"
”Venivo giù dal cavalcavia alla ricerca di un passaggio, e mi ha preso la pioggia, dietro quella sterpaglia c’è una casa colonica ed io abito lì. E’ andata via la luce, ed ho avuto paura.”
Si scostò dal viso i capelli bagnati, era bionda dalle fattezze delicate e gentili e le labbra appena accennate.
“La notte di capodanno si è soli, quando piove ancora più soli e poi il black-out ha fatto il resto. Sono uscita di corsa e… ho incontrato lei.”
“A Firenze dove?” Domandai di nuovo.
“Dove c’è gente, dove si balla e ci si diverte. Se avessi avuto qualcuno sarei rimasta in casa!” Disse quasi scusandosi della propria condizione.
“Beh, almeno lei ha una meta! Io, invece, sto andando senza sapere per dove… e la confusione non è certo il mio sogno in questo momento.”
Mi fissò cercando il mio sguardo. “Chissà se due solitudini fanno una compagnia?” Sussurrò quasi impercettibile.

La radio annunciò la mezzanotte, proprio sotto al cartello stradale – FIRENZE 15 KM -. “Oramai credo che sia tardi per Firenze.” Indirizzò il suo sguardo nel buio della macchina. Notai che aveva notato la mia insistenza nel guardarle le gambe.
“E’ tardi per tutto a quest’ora.” Risposi.
“Dice?” Si mise più comoda sul sedile, si accese una sigaretta e guardando il mio profilo disse: “Potremmo avere la stessa età, e tra persone della stessa età si trova sempre qualcosa da fare…”
Così dicendo, alzò la gonna stretta e accavallò le gambe. Il riflesso di un gancetto di reggicalze scintillò nel buio. Dopo un niente sentii la sua mano tra le mie gambe.
Mi sentii avvampare, non mi era mai capitato che una donna mi facesse delle avances così dirette.
Non dissi nulla, pensai al capodanno, alle tante storie di sesso nate e morte nella mia mente, ai tanti chilometri che avevo percorso per andare incontro ad una piacevole compagnia.

La sua mano lentamente saliva, arrivò fino al centro del mio piacere, e tutto ciò senza alcuno sforzo, senza chiedere nulla, senza vergogna e permesso, senza minimamente domandarsi quello che avrei potuto pensare.
Sotto le luci di una stazione di servizio accostai la macchina.
“Devi fare benzina?” Ridemmo e con uno slancio improvviso la baciai avidamente.
“Amami e fammi sentire importante, dimmi che non sarò mai sola, ti prego!” Mi disse slacciando i bottoni della sua maglietta.
Prese la mia testa e l’affondò sul suo seno. “Lo senti vero questo ciuccio, dimmi che ne hai bisogno, che non aspettavi altro che un angelo al bordo della strada!”
Io non parlavo, ma davvero sentivo di essere in Paradiso, mai avrei pensato che il mio giorno, la mia notte, fosse diventata d’improvviso meravigliosa.
La sua bocca generosa fece il resto, godemmo all’istante ed insieme mentre fuori pioveva come non mai ed i vetri appannati avvolsero il più bel Capodanno che avevo finora vissuto. Già, iniziava il nuovo anno, il nuovo millennio e per la prima volta avevo fatto qualcosa di indimenticabile. Mi sentivo bene!
Stefania si ricompose la faccia dentro lo specchietto retrovisore.
“Ci vuoi ancora andare a Firenze?” Cercai di provocarla.
“Manco per sogno! Anzi, fai una cosa, torna indietro per questa stradina, la mia casa ci aspetta.” Disse rovistando nella borsa.

Un tocco di rossetto ed era più bella di prima. Mi guardò intensamente spalancando i suoi occhioni verde cenere: “Sai che non conoscono ancora il tuo nome?”
“Mi chiamo Anna.” Risposi, ancora dentro il sogno, riagganciando i laccetti del mio reggicalze.


FINE






29 settembre

Frigo è diventato padre, Luana ha preso trenta in Economia Politica, Osvaldo oggi al telefono mi ha detto che ha concluso un affare da migliaia di euro. Beh non posso essere che una donna soddisfatta! E le belle notizie mi convincono sempre più che la scelta che ho fatto di prendermi l’aspettativa e dedicarmi alla famiglia non è stata poi così sbagliata! Anche quello è stato un investimento!!!

Ah dimenticavo Osvaldo è mio marito, Luana mia figlia e Frigo è un cane bastardo trovato per strada il 29 settembre dell’anno scorso.

Ho un giardino che amo, una casa arredata con cura, stasera preparerò la pasta al forno, quando sono contenta, per festeggiare, preparo sempre la pasta al forno! Mi fa sentire, unica, rara e regina, al centro di ogni attenzione. Mi sento realizzata, donna, madre e padrona indispensabile, unica! Anche se la mia insoddisfazione latente è sempre lì a portata di mano e vela di patina fitta e grigia il mio entusiasmo.

Lui ha una moglie come io un marito, lui abita in un'altra casa senza giardino, lui ha un cane che non si chiama Frigo. Mai abbiamo potuto festeggiare un bel niente, nel tepore di una casa, davanti ad un camino, neanche un Natale o magari un compleanno!

Forse non ce l’avremo mai e in fin dei conti lo sapevamo prima! Vado avanti, mi dedico alla mia famiglia e penso proprio di essermi rassegnata, ma l’unica cosa che davvero mi cruccia, quando stiamo insieme sul letto nel nostro solito alberghetto, quando sono bella per lui, vestita senza trascurare nulla, quando lui è sopra di me e facciamo l’amore…. dicevo l’unica cosa che non sopporto di me, è quando penso che lui non potrà mai assaggiare la mia pasta al forno.









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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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TUTTI I RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA


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Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma,
senza il consenso dell'autore




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