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					| A mi manera 
 Fila 3, ombrellone 42. Ogni anno dal primo al 31 
							agosto siamo qui. Abbiamo saltato solo un anno 
							quando Giulia aspettava Carlotta. Sto bene qui, 
							conosco tutti e mi sento come a casa.
 Quest’anno 
							l’ombrellone 41 è occupato da una nuova coppia. Lei 
							si chiama Manuela, lui Federico. Lei bionda, lui 
							calvo. Dopo i soliti convenevoli ci ritroviamo per 
							una partita a racchettoni sulla riva, poi un 
							aperitivo al bar della Capinera. Parlando del più e 
							del meno Giulia, mia moglie, scopre che Federico è 
							un suo collega. Stessa azienda, ma di un’altra 
							filiale.
 Dopo tre giorni siamo già un gruppo 
							affiatato. Shopping in paese, serate ai Ciclopi, un 
							locale del posto. Di giorno lunghe nuotate, surf e 
							canasta in spiaggia. Tra me e Manuela è nata una 
							amichevole simpatia, Federico e Giulia sembrano 
							conoscersi da sempre. Come ogni pomeriggio 
							cominciano a parlare di lavoro.
 Propongo a 
							Manuela una passeggiata verso Cala Marina. Lei 
							accetta. Subito dopo le rocce del belvedere l’aiuto 
							a scendere verso il canale. Rimaniamo abbracciati. 
							Due minuti e siamo distesi al riparo da occhi 
							indiscreti. Non facciamo l’amore, lei non vuole, la 
							bacio e mi bacia finché guido la sua bocca verso la 
							mia passione.
 Al ritorno sembra quasi scusarsi, 
							mi dice che sono il primo uomo, naturalmente oltre 
							suo marito. “Che buffo! Ma ti rendi conto? Dovevo 
							aspettare 57 anni per fare una cosa del genere!” Poi 
							mi dice sottovoce che nutre un rispetto 
							incondizionato per suo marito e la cosa, guardandomi 
							negli occhi, non si sarebbe più ripetuta. Io non 
							parlo.
 Torniamo ai nostri ombrelloni e Giulia mi 
							dice che la sera stessa, visto che i ragazzi sono 
							fuori, avremmo cenato tutti insieme a casa nostra. 
							Barbecue vegetariano in giardino e un gelato 
							rigorosamente alla frutta.
 
 *****
 
 Stasera Giulia è più bella che mai, 41 anni portati 
							da Dio. Ha una scollatura da impazzire. Vestitino 
							nero e sandali d’argento. Ceniamo con un sottofondo 
							di musica cubana. Dopo cena Federico e Giulia si 
							alzano dal tavolo e iniziano a ballare, Federico 
							chiede qualcosa di più lento. Dico che la nostra 
							collezione di cd è abbastanza vasta. I due entrano 
							in casa.
 Fisso Manuela e ripenso al pomeriggio a 
							Cala Marina. Le vado vicino. Lei fa per alzarsi. 
							“Stasera prima di venire qui stavo per chiamarti, ho 
							deciso di dire tutto a mio marito.” Mi dice senza 
							guardarmi. “Ma sei matta?” Le dico sottovoce quasi 
							urlando. Poi cerco di persuaderla con frasi senza 
							senso. Quasi preso dal panico le afferro la mano, 
							poi le stringo la gamba. Lei si alza di scatto. 
							Entra in casa per andare in bagno. Dall’interno 
							della casa luce soffusa, i nostri consorti ballano 
							su un sottofondo di “A mi manera” cantata dai Gipsy 
							King.
 Non passano dieci secondi. Manuela torna e 
							mi viene vicino. “Dove eravamo rimasti?”
 
 FINE
 
 
 
 
 
 Destinazione Paradiso
 
 Oddio che bello! Mai visto un uomo così bello! 
							Lo vedo che avanza lungo le scrivanie dell’agenzia 
							di viaggi. Si dirige verso di me.
 Mi chiedo se 
							sa che sono il direttore di questa agenzia. Spero 
							che non sia la solita noia di qualche reclamo.
 Mi stringe la mano, si presenta: “Ermanno Piattelli”
 Piacere “Giulia Salini.”
 “Mi scusi se non 
							sono andato dalle sue collaboratrici.”
 “Non si 
							preoccupi.” Quindi sa...
 “Vorrei prenotare un bel 
							soggiorno rilassante.”
 “Nessun problema, mi 
							dica…. ha in mente qualche destinazione 
							particolare?“
 Si guarda intorno. “Destinazione 
							Paradiso.”
 “Prego?”
 “Un viaggio per cuori 
							solitari”
 “Ah Capisco.” Sorrido complice e prendo 
							dal cassetto l'album di foto.
 Noi ne abbiamo 
							diverse signor Ermanno. Ecco questo il catalogo, può 
							farsi un’idea. Ha qualche preferenza?
 Lui rimane 
							a fissarmi, ha degli occhi verde profondo, mi sto 
							squagliando…
 “Faccia lei… o meglio vorrei che 
							somigliasse a lei…
 “Troppo buono signor 
							Piattelli, ma le assicuro che le nostre clienti sono 
							il massimo.”
 “Non ne dubito, ma non credo che 
							siano alla pari della sua classe.”
 Fingo di 
							digitare qualcosa al computer e lascio cadere il 
							discorso.
 “Che giorno la partenza?”
 Questo 
							fine settimana, venerdì sera. Due giorni a 
							Formentera.
 Ok vedrà che si troverà benissimo. 
							C’è una promozione all’Hotel Marriott. Cinque stelle 
							con piscina. 1200 euro.
 "Per me va benissimo, 
							grazie. Mi faccia avere i voucher a questo 
							indirizzo."
 Mi porge il suo biglietto da visita.
 “Per la signora faccia lei, mi fido della sua 
							scelta.”
 “Non si preoccupi, ho già un’idea…”
 Si alza, mi stringe la mano qualche secondo più del 
							dovuto guardandomi intensamente negli occhi.
 Lo 
							vedo uscire, rimango incantata per un attimo a 
							pensare…
 Chiamo mio marito.
 "Mio caro volevo 
							avvertirti che per tutto il weekend sarò impegnata 
							in una noiosa Convention a Formentera per la 
							promozione della Catena Marriott. Purtroppo non 
							posso mancare…"
 
 
 FINE
 
 
 
 
 
 
 Bocca di Rosa
 
 L’inquilino del piano di sopra mi piace tanto!
 Dal momento che sono venuta ad abitare in questa 
							casa dopo il divorzio mi ha subito incuriosita. Lui 
							è un metodico. Non c’è sera che non torni alle sei 
							in punto, non c’è notte che alle due non si alzi per 
							andare in bagno. Ormai riesco a distinguere 
							qualsiasi rumore sopra la mia testa. Lo sento quando 
							cucina, quando mette a lavare la biancheria, quando 
							verso le 9 accende la televisione.
 
 Riesco a 
							sentire anche i programmi che vede. Tutti i 
							mercoledì alle 7,30 di sera apre la porta ad una 
							bella signora, credo a pagamento, una Bocca di Rosa 
							con le labbra rifatte. Immediatamente dopo sento il 
							cigolio del letto per circa un’ora, poi tutto 
							silenzio e poi ancora per mezz’ora. D’estate con le 
							finestre aperte sento nitidamente gemiti ed altro. 
							Verso le 9,00 un taxi si ferma sotto le mie finestre 
							e immancabilmente sento i tacchi della signora 
							scendere le scale.
 
 L'inquilino del piano di 
							sopra è un architetto affascinante, dopo due o tre 
							volte di buongiorno e buonasera, mi ha rivolto la 
							parola in ascensore. Beh non ero il massimo, 
							indossavo un vestitino leggero di poche pretese, 
							avevo la fronte sudata e due buste pesanti della 
							spesa che mi segavano le mani. Nonostante ciò mi ha 
							fatto i complimenti e mi ha invitata per la sera 
							stessa nella sua bella casetta stile liberty.
 Ero troppo curiosa ed ho accettato.
 
 Abbiamo 
							cenato in terrazza. Roma d’estate si trasforma in 
							una bella signora incantevole. Durante la cena mi ha 
							detto di aver chiuso con le donne, che il precedente 
							matrimonio l’ha distrutto e depauperato fino 
							all’ultima stilla di energia e soldi.
 Lui non sa 
							che io so di Bocca di Rosa. Mi ha detto che gli 
							piace la vita che fa e non la cambierebbe con nulla, 
							lavoro, hobbies ed amici. Dopo la cena si è lasciato 
							andare a qualche complimento, tutto qui. Io ho 
							parlato molto poco ma tra quel poco gli ho detto che 
							nonostante il divorzio credo ancora nel matrimonio e 
							il sesso senza amore è qualcosa di vuoto e 
							squallido..
 
 Ora ogni tanto lo incontro, 
							apprezza sempre come sono vestita ma niente più. Lo 
							sento che vorrebbe, ma non vuole impegnarsi. Ha 
							paura di una relazione fissa. Lo capisco...
 
 L’inquilino del piano di sopra mi piace tanto penso 
							proprio che la prossima volta metterò un rossetto 
							più accattivante e gli dirò candidamente che sono 
							duecento tutto compreso.
 
 FINE
 
 
 
 
 
 
 Donna amante mia
 
 Tu mi fai sentire donna, tu mi fai sentire 
							femmina. Tra le tue braccia sono solo un corpo che 
							freme, una foglia in autunno che danza nel vento. 
							Senza di te non sono nulla, i miei giorni 
							passerebbero vuoti senza alcun senso. Tu mi fai 
							sentire amata, tu mi fai sentire l’Amante! Unico 
							essere al mondo felice che guarda con pena la 
							tristezza che vela i volti della gente.
 
 Non 
							importa se ci vediamo solo un giorno a settimana, 
							per due ore dalle cinque alle sette in questo motel, 
							perché tu sei vicino a me, sempre! Tu mi riempi 
							d’attesa ogni ora e ogni istante. Come farei a 
							vivere senza di te, senza aspettare questo momento? 
							Come farei a camminare da sola?
 
 Perché io non 
							sono sola sai, non sono mai sola, anche quando sto 
							con mio marito.
 Noto le differenze sai, tra te e 
							lui, tu sei giovane dentro, sei maschio e delicato, 
							amante che ogni donna desidera incontrare, lui 
							invece è rozzo, è nato vecchio. Lui è grigio, tu sei 
							bianco e nero, gli estremi, come è estremo l’amore, 
							la passione che ci travolge.
 
 
 In 
							sottofondo la nostra canzone: “Donna amante mia, 
							donna poesia…” Ti prego ora amami perché è già 
							tardi, perché tra poco saremo dentro le nostre 
							macchine, amami ti prego, affondami….
 
 Guardo 
							l’orologio. Dio è tardissimo! Sono le otto! Dovevo 
							già essere a casa! Ma come ho fatto?! Tu mi cerchi 
							ancora, mi vuoi, mi prendi, ma è maledettamente 
							tardi. Mi dici che vuoi vivere sempre con me. In 
							ogni istante, quando mi alzo la mattina struccata, 
							quando mi spoglio la sera… Immagini una spiaggia 
							esotica, alberghi, lusso... Dio non mi tentare....
 
 Ti prego non dirmi questo, tu sei così perché 
							sei l'amante, io voglio vederti solo in queste due 
							ore ogni settimana, io voglio dare il meglio di me 
							stessa! Regalarti questa donna che tu dici stupenda. 
							Altrimenti mi spieghi che differenza ci sarebbe tra 
							te e lui? Visto che vi somigliate come due gocce 
							d’acqua e come te anche lui stasera ha fatto tardi?
 
 
 FINE
 
 
 
 
 
 E ti vengo a cercare
 
 Nel nostro ufficio un mese fa è arrivato un 
							nuovo collega. Giovane. Credo non abbia ancora 
							superato i trenta anni. Ha preso posto nell’unica 
							scrivania vuota, proprio accanto alla mia.
 
 E’ 
							un tipo piuttosto timido, dall’aria perbenina ed 
							intellettuale. Ci ha messo un po’ per sciogliersi. 
							Decisamente una persona diversa rispetto agli 
							standard dei colleghi di questo Ministero e devo 
							aggiungere… di mio marito.
 
 Mi ha incuriosito 
							fin dai primi giorni. Per due volte siamo andati a 
							pranzo insieme ad altri colleghi. La terza volta da 
							soli. Sono stata io ad invitarlo. Volevo conoscerlo 
							meglio.
 Mi ha fatto molta tenerezza. Quasi subito 
							mi ha parlato della sua ragazza che vede, quando va 
							bene, due volte all’anno.
 Vedevo i suoi occhi 
							brillare ogni qualvolta pronunciava il suo nome. E’ 
							bello vedere una persona così innamorata, tenera, 
							idealista che crede in certi valori. Entusiasta di 
							questa ragazza missionaria laica che aiuta i bambini 
							del Burkina Faso. Quando può prende un aereo e 
							scappa giù per passare ogni istante con lei ed 
							aiutare queste creature sfortunate. “Sai Teresa.” Mi 
							ha detto un giorno quasi vergognoso. “Io tra quei 
							volti vado a cercare Dio”
 
 Mentre lui parla il 
							più delle volte penso a quanto possa essere 
							squallida la mia vita, quanto possa essere inutile. 
							Dopo quella volta ha rifiutato gentilmente i miei 
							inviti per un altro pranzo da soli. Comunque sono 
							davvero felice di avere un collega così, gentile e 
							ossequioso, non alza mai la voce e soprattutto non 
							dà mai giudizi. Dice che questo è un mondo effimero, 
							fatto solo di apparenza, che i valori sono altri, 
							che quello che conta è la nostra interiorità, 
							l’anima, lo spirito… Ed io lo capisco, comprendo i 
							suoi ideali, la solidarietà, la vicinanza di Dio, il 
							bisogno di aiutare il prossimo, ma allo stesso tempo 
							mi affascina e non mi do per vinta...
 
 Questa 
							mattina quando sono entrata lui era già seduto al 
							suo posto. Come al solito avevo messo una gonna 
							corta e un paio di autoreggenti, ma questa volta, 
							quando mi sono seduta, si è intravisto il ricamo 
							nero.
 Subito dopo mi sono chiesta quanta 
							causalità ci fosse in quel gesto! Comunque è rimasto 
							bene in vista finché ho visto i suoi occhi brillare.
 Verso le 11 mi ha inviato un’email invitandomi a 
							pranzo, rigorosamente da soli, credo proprio che 
							accetterò.
 
 FINE
 
 
 
 
 
 
 Il cielo in una stanza
 
 Esco di casa, tu stai dormendo, chiudo con 
							cautela la porta, non voglio svegliarti.
 In 
							garage incontro il Signor Mario, mi dice che 
							stanotte ne ha buttata come Dio comanda! “Già, è 
							tempo suo!” Rispondo.
 
 Parto. C’è traffico, 
							piove da una settimana ininterrottamente, le strade 
							sono allagate, evito qualche pozzanghera. Ripenso a 
							ieri sera…
 “Quando sei qui come, questa stanza 
							non ha più pareti, ma alberi, alberi infiniti quando 
							tu…”
 Mi sembra di ascoltare la tua voce, 
							sensuale, appagata. Sono anni che dopo l’amore 
							guardi il soffitto e canti sottovoce “Il cielo in 
							una stanza”. Mi dici che non puoi farne a meno e che 
							la canti unicamente dopo l’amore… Sorrido, sono 
							contento.
 L’incrocio con la Via Cassia è 
							intasato, rimango bloccato per oltre un'ora, una 
							vigilessa alla fine mi fa cenno di tornare indietro, 
							si è aperta una voragine poco più in là e non c'è 
							possibilità di proseguire.
 
 Dio che faccio? E’ 
							già tardi, avevo un appuntamento di lavoro alle 10 
							in punto. Giro, torno indietro. La strada sembra 
							libera ora. “Quando sei qui con me…” La tua voce mi 
							accompagna. Ti penso nel letto che sonnecchi. Oggi, 
							mi hai detto, non hai impegni di lavoro.
 
 Oh 
							no, un altro intasamento, cerco altre strade, ma 
							tutte sono bloccate. Oramai è più di un’ora e mezza 
							che sono in macchina. Chiamo la mia segretaria, le 
							faccio disdire tutti gli appuntamenti. Pazienza. Mi 
							devo rassegnare.
 Torno a casa.
 
 Parcheggio 
							sotto casa, un altro scroscio improvviso mi bagna 
							completamente. Il signor Mario sta togliendo delle 
							foglie dal tombino intasato. Zuppo salgo le scale, 
							apro piano per non svegliarti. Dalla stanza da letto 
							sento la tua voce: “Quando sei qui come, questa 
							stanza non ha più pareti, ma alberi, alberi infiniti 
							quando tu…” Ma la voce stride.
 Decisamente la 
							cantavi meglio ieri sera.
 
 
 FINE
 
 
 
 
 
 
 La Bambola
 
 C’è un tavolo per noi prenotato. Un pianista 
							suona “Tu mi fai girar, tu mi fai girar come fossi 
							una bambola, poi mi butti giù…” Sei bella, elegante, 
							porti un tubino nero che ti fascia e modella le tue 
							forme. E' molto scollato e ti fa un seno 
							meraviglioso. Mi ripeto che sono fortunato. Non ti 
							stacco gli occhi di dosso. Il cameriere cortese 
							scosta la sedia, tu lo ringrazi guardandolo fisso 
							negli occhi.
 Il nostro anniversario.
 
 Erano anni che non lo festeggiavamo. Mi sembra 
							impossibile. Sul tavolo calici e antipasti di pesce 
							caldo. Sei bella. Perfetta come una bambola. Tiro 
							fuori dalla tasca un pacchettino dorato: 
							“Gioielleria Grimaldi.” Ti vedo emozionata, ti aiuto 
							a scartarlo. Due pendenti, i tuoi preferiti.
 
 Ti alzi, fai il giro del tavolo, mi abbracci, mi 
							baci. Sento il tuo seno morbido attraverso la 
							giacca. La gonna si spacca e mostri tutto il tuo 
							splendore. Aspetto il dopocena.
 In macchina 
							accavalli le gambe, ti guardo, cerco di raggiungerti 
							con la mano, ma tu la togli. Hai ragione, tra poco a 
							casa….. Canto. “Tu mi fai girar…”
 
 Poi un 
							attimo di silenzio, fissi la strada davanti. Mi 
							dici: “Ho deciso anch’io di farti un regalo.” Poi 
							prendi i trucchi e ripassi le labbra dentro lo 
							specchietto.
 Rispondo: “Lo vedo, sei 
							meravigliosa” Lasci cadere il complimento.
 Cerco 
							di nuovo di toccarti le gambe, la trama della calza 
							è un velo leggero. Sei meravigliosa, ma come prima 
							mi afferri la mano prima che riesca ad accarezzare 
							la tua gamba. Ti fai desiderare ed è giusto così. 
							Sei preziosa.
 
 Siamo arrivati, parcheggio.
 A casa mi abbracci, sfili il soprabito. Lo lasci 
							cadere a terra mentre cammini. Sono eccitato. Ti 
							bacio sul corridoio. Il collo, le spalle.
 Il 
							nostro letto ci aspetta.
 Tu sorridi, ti 
							divincoli.
 Sussurrando mi dici: “Questo è il mio 
							regalo. Buonanotte…”
 Entri nella stanza dello 
							studio e chiudi a chiave la porta.
 
 
 FINE
 
 
 
 
 
 
 Meraviglioso
 
 14 Agosto. Che bello ultimo giorno di lavoro e 
							poi le ferie. Oggi pomeriggio raggiungo Giulia a 
							Sabaudia. Soli, finalmente soli, nella nostra 
							villetta in riva al mare. Carlotta, nostra figlia è 
							partita per una vacanza studio a Londra. Canto 
							davanti allo specchio in bagno. “Meraviglioso, ma 
							come non ti accorgi di quanto il mondo sia 
							meraviglioso…” Mi vesto. Ancora e solo per oggi la 
							cravatta! Scendo. Fuori un paesaggio inquietante, 
							parcheggi vuoti, negozi chiusi. Neanche un bar 
							aperto per un caffè!
 Prendo l’auto, in cinque 
							minuti sono sulla Via Laurentina. La strada è 
							deserta. Accelero.
 
 All’incrocio con Via di 
							Vigna Murata, nonostante il semaforo rosso, un auto 
							di grossa cilindrata mi taglia la strada. Freno. 
							Sbando. Freno di nuovo. Faccio per evitarla, ma 
							inevitabilmente, dopo alcuni metri, ci urtiamo. Lo 
							specchietto laterale sinistro va in frantumi. 
							Accosto e scendo aggredendo il conducente dell’altra 
							auto. Lui scende con le mani alzate in segno di 
							scusa.
 “Mi spiace, mi scusi, sono costernato…”
 “Ma non vede cosa ha combinato? Potevamo 
							ammazzarci!”
 “Ero distratto e non ho visto il 
							semaforo rosso.”
 Mi dice guardando i danni. La 
							sua macchina però non ha nemmeno un graffio. Mi 
							calmo. Mi dice che non ha tempo, è in estremo 
							ritardo e non vuole fare nessuna denuncia.
 “Pagherò in contanti. Si fidi. Sa a quest’ora non 
							dovrei essere qui, ma da tutt’altra parte! La prego, 
							faccia verificare l’entità del danno e poi mi 
							chiami. Risolviamo tutto in giornata.”
 Così 
							dicendo mi dà il numero del suo cellulare e un 
							biglietto da visita. “Francesco Relli – Vice 
							Direttore Esecutivo – Ministero Affari Esteri.”
 Riguardo meglio la mia auto ed in effetti la 
							carrozzeria è intatta per cui si tratta solo di 
							cambiare lo specchietto retrovisore. Tiro un sospiro 
							di sollievo. Decido di non chiamare i Vigili Urbani. 
							Lui mi ringrazia.
 
 Salgo in auto e riparto. 
							Guardo il cellulare ci sono tre telefonate senza 
							risposta. E’ Giulia, sicuramente mi vorrà chiedere 
							cosa preferisco per cena. La chiamerò più tardi. Ah 
							sì la devo assolutamente chiamare, le devo chiedere 
							la cortesia di portare in tintoria il mio vestito 
							bianco macchiato di melone!!! Vorrei metterlo 
							domani.
 In ufficio faccio una serie di 
							telefonate, ma i centri di assistenza sono tutti 
							chiusi per ferie. Visto che si tratta solo del 
							cambio dello specchietto faccio una ricerca su 
							internet. Dopo due, tre siti quantifico il danno. Il 
							Vice Direttore Esecutivo del Mae se la caverà con 
							appena 300 euro!
 Lo chiamo. Mi dice che è 
							indaffarato e se gli uso la cortesia di passare da 
							lui. Ci penso un attimo, oggi c’è poco lavoro, 
							decido di uscire prima e gli do appuntamento alle 15 
							in punto davanti al piazzale della Farnesina.
 
 Roma è ancora più deserta ed assolata, penso che 
							tra due ore massimo sarò già in acqua. 
							“Meraviglioso, ma come non ti accorgi di quanto il 
							mondo sia meraviglioso…”
 Dio, mi sono 
							dimenticato! Devo assolutamente chiamare Giulia! 
							Arrivo qualche minuto prima, ma lui è già lì ad 
							aspettarmi. Immediatamente salda il conto. Poi si 
							scusa di nuovo giurandomi che non è solito passare 
							con il rosso. Ci tiene a ribadire che non è 
							assolutamente un pirata della strada. “Oggi ho avuto 
							una giornata molto ma molto particolare. Questa 
							mattina ero a casa di una mia amica al mare. Ho 
							passato la notte lì. Naturalmente mia moglie mi 
							crede ad un convegno fuori Roma. Abbiamo passato una 
							piacevole notte, quando poco prima delle sette ci ha 
							fatto visita una banda di delinquenti. Ci hanno 
							minacciati. Poi hanno cominciato a rovistare tutta 
							casa, ma c’era poco e niente da rubare per cui si 
							sono accontentati del mio borsone con dentro gli 
							effetti personali ed i miei vestiti. Quelli che 
							indosso li ho presi in prestito e come vede sono due 
							taglie di meno e la giacca ha questa macchia di 
							melone ben in vista...”
 Lo guardo meglio, poi ci 
							salutiamo.
 Credo proprio che passerò il 
							Ferragosto a casa da solo.
 
 FINE
 
 
 
 
 
 
 A Nervi nel '92
 
 Roma, Via Condotti. Lui seduto al suo solito 
							posto al Caffè Greco. Lei mora, trentenne, capelli 
							lunghi e una cartina stropicciata in mano. Lui la 
							nota, troppo affascinante per non notarla! Si alza e 
							gentilmente le chiede se ha bisogno di aiuto. Lei 
							non chiede altro. Bevono un caffè al ginseng. 
							Parlano del più e del meno, lei ride. Lui affabile 
							si offre di accompagnarla. Lei cerca un cappello 
							rosso ciliegia. Dieci minuti dopo passeggiano tra 
							l'estate deserta di una Roma accaldata, tra i vicoli 
							stretti e i tacchi di lei che ad ogni tre passi si 
							infilano nei sampietrini. Lei non può non ridere e 
							lui non guardare quel seno che libero danza sotto la 
							camicetta trasparente di un tenue verde onda marina.
 
 Come nelle favole lei stanca si siede su una 
							panchina. Si abbracciano, sembrano amici da sempre. 
							Come nelle favole due ore dopo sono sul treno che li 
							sta portando a Genova. Lei Alessandra Satta, 
							professoressa di lingue a Genova. Single. Lui un 
							commerciante di scarpe a Roma. Separato. “E se tu 
							fossi un violentatore di professoresse?” Ridono. Poi 
							il treno si ferma, stazione Genova-Nervi. Prendono 
							un un taxi.
 
 Ora sono nel monolocale di lei a 
							Nervi. La notte è di quelle indelebili. Lui la ama e 
							lei si fa amare, bendata e legata nel gioco perenne 
							di schiava e padrone, nell'attesa eccitante di 
							un'alba vicina. Il giorno dopo in corriera a 
							Portofino e la sera in barca a San Fruttuoso. 
							Sembrano amanti ed in effetti lo sono, mano per 
							mano, bocca per bocca. Passano insieme uno week-end 
							da sogno, sognano insieme quando nel letto, lei gli 
							propone un trio per la notte, con una di quelle che 
							per poco e per niente, passeggiano e fumano sotto i 
							lampioni.
 
 Poi come tutte le storie è tempo di 
							andare, come tutte le favole c'è sempre in agguato, 
							una carrozza in attesa a forma di zucca, un treno 
							che parte puntuale per Roma. Nei giorni seguenti si 
							sentono spesso, programmano viaggi e notti d'amore, 
							poi qualche lettera, una cartolina da Londra, dove 
							lui è di casa per via dei figli.
 
 Lui ora è 
							seduto al suo solito posto al Caffè Greco, sono 
							passati due anni o forse di meno. Legge il giornale, 
							distrattamente lo sfoglia, ma un trafiletto di 
							cronaca lo fa sobbalzare. “La signora Alessandra 
							Satta è stata trovata strangolata nel suo 
							appartamento di Nervi. L’assassino, un giovane di 
							Roma, reo confesso, ha dichiarato di averla 
							conosciuta al Caffè Greco di Roma. Lei aveva una 
							cartina stropicciata in mano. Cercava un cappello 
							rosso ciliegia. Dopo alcuni giri per le vie del 
							centro, lei lo ha invitato a passare il weekend 
							nella sua casa di Nervi. Aveva 32 anni.”
 
 FINE
 
 
 
 
 
 
 L'anno che verrà
 
 Accadde una sera di Dicembre di qualche anno fa.
 Ero in automobile senza meta. Avevo cenato in 
							una pizzeria. Fuori pioveva. Faceva freddo. A tratti 
							la pioggia diventava grandine e scendeva giù a 
							raffiche tanto da bloccare i tergicristalli. Non 
							avevo nessun posto da raggiungere e procedevo 
							lentamente. Nessuna voglia di tornare a casa. Del 
							resto cosa avrei fatto? Stappato una bottiglia di 
							Moet & Chandon? No, no meglio questa pioggia! Poi 
							avrei cercato un motel e lì avrei passato le 
							rimanenti ore della notte, dell’anno, del secolo, 
							del millennio.
 Mi teneva compagnia la musica 
							dello stereo. “Caro amico ti scrivo, così mi 
							distraggo un po' e siccome sei molto lontano più 
							forte ti scriverò…”
 
 In lontananza 
							intravedevo i primi bagliori colorati di fuochi 
							d’artificio di qualcuno che aveva fretta di 
							festeggiare. Al primo svincolo girai. Dopo qualche 
							tornante e rampa, presi una stradina che correva 
							parallela all'autostrada nel senso opposto. Non 
							avevo voglia di finire in bocca a qualche festa, 
							traffico e caos.
 Qualche metro dopo intravidi 
							una figura incappucciata. Appena la luce dei fari la 
							invase uscì un braccio dall'impermeabile scuro. Mi 
							fermai a qualche metro di distanza. Attraverso lo 
							specchietto ebbi la conferma che si trattava di una 
							donna. Tirai il fiato in segno di tranquillità. 
							Chissà perché poi! Aprii lo sportello.
 
 "Mi 
							scusi le posso chiedere un passaggio?". Disse 
							avvicinandosi di fretta.
 "Dove deve andare?" 
							Risposi con qualche remora.
 "Firenze." Disse 
							cercando di ripararsi alla meno peggio dentro la mia 
							macchina.
 Rimasi per un attimo a pensare.
 "Posso?"
 "Certo, ma faccia in fretta che si sta 
							bagnando il sedile!"
 "Mi dispiace, sa non volevo, 
							con questo tempo..."
 Ripartii senza rispondere.
 "Le sono infinitamente grata, senza di lei non so 
							cosa mi sarebbe successo stasera!". Si sedette più 
							comoda e si tolse il cappuccio.
 "Ah, scusi... mi 
							chiamo Stefania.
 Girandosi, intravidi il volto 
							nell’oscurità dell’abitacolo.
 Si tolse 
							finalmente l’impermeabile e con un'occhiata vidi 
							come era vestita.
 "Cosa ci faceva in giro da 
							sola? E poi con questa pioggia!"
 ”Venivo giù dal 
							cavalcavia alla ricerca di un passaggio, e mi ha 
							preso la pioggia, dietro quella sterpaglia c’è una 
							casa colonica ed io abito lì. E’ andata via la luce, 
							ed ho avuto paura.”
 Si scostò dal viso i capelli 
							bagnati, era bionda dalle fattezze delicate e 
							gentili e le labbra appena accennate.
 “La notte 
							di capodanno si è soli, quando piove ancora più soli 
							e poi il black-out ha fatto il resto. Sono uscita di 
							corsa e… ho incontrato lei.”
 “A Firenze dove?” 
							Domandai di nuovo.
 “Dove c’è gente, dove si balla 
							e ci si diverte. Se avessi avuto qualcuno sarei 
							rimasta in casa!” Disse quasi scusandosi della 
							propria condizione.
 “Beh, almeno lei ha una meta! 
							Io, invece, sto andando senza sapere per dove… e la 
							confusione non è certo il mio sogno in questo 
							momento.”
 Mi fissò cercando il mio sguardo. 
							“Chissà se due solitudini fanno una compagnia?” 
							Sussurrò quasi impercettibile.
 
 La radio 
							annunciò la mezzanotte, proprio sotto al cartello 
							stradale – FIRENZE 15 KM -. “Oramai credo che sia 
							tardi per Firenze.” Indirizzò il suo sguardo nel 
							buio della macchina. Notai che aveva notato la mia 
							insistenza nel guardarle le gambe.
 “E’ tardi per 
							tutto a quest’ora.” Risposi.
 “Dice?” Si mise più 
							comoda sul sedile, si accese una sigaretta e 
							guardando il mio profilo disse: “Potremmo avere la 
							stessa età, e tra persone della stessa età si trova 
							sempre qualcosa da fare…”
 Così dicendo, alzò la 
							gonna stretta e accavallò le gambe. Il riflesso di 
							un gancetto di reggicalze scintillò nel buio. Dopo 
							un niente sentii la sua mano tra le mie gambe.
 Mi 
							sentii avvampare, non mi era mai capitato che una 
							donna mi facesse delle avances così dirette.
 Non 
							dissi nulla, pensai al capodanno, alle tante storie 
							di sesso nate e morte nella mia mente, ai tanti 
							chilometri che avevo percorso per andare incontro ad 
							una piacevole compagnia.
 
 La sua mano 
							lentamente saliva, arrivò fino al centro del mio 
							piacere, e tutto ciò senza alcuno sforzo, senza 
							chiedere nulla, senza vergogna e permesso, senza 
							minimamente domandarsi quello che avrei potuto 
							pensare.
 Sotto le luci di una stazione di 
							servizio accostai la macchina.
 “Devi fare 
							benzina?” Ridemmo e con uno slancio improvviso la 
							baciai avidamente.
 “Amami e fammi sentire 
							importante, dimmi che non sarò mai sola, ti prego!” 
							Mi disse slacciando i bottoni della sua maglietta.
 Prese la mia testa e l’affondò sul suo seno. “Lo 
							senti vero questo ciuccio, dimmi che ne hai bisogno, 
							che non aspettavi altro che un angelo al bordo della 
							strada!”
 Io non parlavo, ma davvero sentivo di 
							essere in Paradiso, mai avrei pensato che il mio 
							giorno, la mia notte, fosse diventata d’improvviso 
							meravigliosa.
 La sua bocca generosa fece il 
							resto, godemmo all’istante ed insieme mentre fuori 
							pioveva come non mai ed i vetri appannati avvolsero 
							il più bel Capodanno che avevo finora vissuto. Già, 
							iniziava il nuovo anno, il nuovo millennio e per la 
							prima volta avevo fatto qualcosa di indimenticabile. 
							Mi sentivo bene!
 Stefania si ricompose la faccia 
							dentro lo specchietto retrovisore.
 “Ci vuoi 
							ancora andare a Firenze?” Cercai di provocarla.
 “Manco per sogno! Anzi, fai una cosa, torna indietro 
							per questa stradina, la mia casa ci aspetta.” Disse 
							rovistando nella borsa.
 
 Un tocco di rossetto 
							ed era più bella di prima. Mi guardò intensamente 
							spalancando i suoi occhioni verde cenere: “Sai che 
							non conoscono ancora il tuo nome?”
 “Mi chiamo 
							Anna.” Risposi, ancora dentro il sogno, 
							riagganciando i laccetti del mio reggicalze.
 
 
 FINE
 
 
 
 
 
 
 29 settembre
 
 Frigo è diventato padre, Luana ha preso trenta 
							in Economia Politica, Osvaldo oggi al telefono mi ha 
							detto che ha concluso un affare da migliaia di euro. 
							Beh non posso essere che una donna soddisfatta! E le 
							belle notizie mi convincono sempre più che la scelta 
							che ho fatto di prendermi l’aspettativa e dedicarmi 
							alla famiglia non è stata poi così sbagliata! Anche 
							quello è stato un investimento!!!
 
 Ah 
							dimenticavo Osvaldo è mio marito, Luana mia figlia e 
							Frigo è un cane bastardo trovato per strada il 29 
							settembre dell’anno scorso.
 
 Ho un giardino 
							che amo, una casa arredata con cura, stasera 
							preparerò la pasta al forno, quando sono contenta, 
							per festeggiare, preparo sempre la pasta al forno! 
							Mi fa sentire, unica, rara e regina, al centro di 
							ogni attenzione. Mi sento realizzata, donna, madre e 
							padrona indispensabile, unica! Anche se la mia 
							insoddisfazione latente è sempre lì a portata di 
							mano e vela di patina fitta e grigia il mio 
							entusiasmo.
 
 Lui ha una moglie come io un 
							marito, lui abita in un'altra casa senza giardino, 
							lui ha un cane che non si chiama Frigo. Mai abbiamo 
							potuto festeggiare un bel niente, nel tepore di una 
							casa, davanti ad un camino, neanche un Natale o 
							magari un compleanno!
 
 Forse non ce l’avremo 
							mai e in fin dei conti lo sapevamo prima! Vado 
							avanti, mi dedico alla mia famiglia e penso proprio 
							di essermi rassegnata, ma l’unica cosa che davvero 
							mi cruccia, quando stiamo insieme sul letto nel 
							nostro solito alberghetto, quando sono bella per 
							lui, vestita senza trascurare nulla, quando lui è 
							sopra di me e facciamo l’amore…. dicevo l’unica cosa 
							che non sopporto di me, è quando penso che lui non 
							potrà mai assaggiare la mia pasta al forno.
 
 
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