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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
La Belle O




 


La prima volta che O vide il mare aveva quattordici anni e portava un cappello di paglia grande grande ed una fede finta all’anulare destro, perché nonostante tutto credeva nell’amore e sognava il giorno in cui vestita in bianco latte, un maschio forte e bello l’accompagnasse all’altare. Lo immaginava scuro con i baffi lunghi, folti e neri, due occhi da gitano penetranti come un sesso, e lei pregava Dio che avvenisse veramente, e lei pregava le sue sante, Assunta e Carolina, per avere una famiglia anche se n’era certa, che poi un bimbo tutto suo mai sarebbe nato, per via di quel ciclo matto e bizzarro e ormai da tempo arido e silente.

La prima volta che O vide il mare aveva quattordici anni, perché quello a Pontevedra era un mare di bambini, di castelli e di bastioni con le pietre e con la sabbia e ci si andava a giocare voltandogli le spalle. La prima volta che O vide il mare camminava a piedi scalzi, sottobraccio al suo amico Paco tra i topi grandi come gatti, per le strade di Lisbona, per le bettole del porto,  in cerca di una scrittura come cantante e ballerina.
Suona Paco suona” ripeteva ogni volta, stella di una sera sopra un tavolo d’osteria, col sangue che bolliva nelle vene delle gambe, rapita dalla musica che lavava le sporcizie. “Suona Paco suona” lo incitava ogni volta, per scordare quel passato ancora tutto in testa, per dimenticare quello stupro all’età di undici anni, in un vicolo angusto tra la muffa di Santiago, tra i fiati d’odore forte, d’aglio e di cipolla, di vino fermentato, di sesso maschio adulto, e la sua bocca spalancata sotto una lama di minaccia e le sue gambe aperte al buio per il prossimo di turno.

Suona Paco suona, suona e non fermarti!” Perché tutto è poesia, tutto vita che ci segna, anche quell’odore di piscio e seme sul suo ventre, nonostante si lavasse sulle rive d’ogni mare, nonostante s’asciugasse con il sole e con la sabbia, perché la seconda volta che O vide il mare aveva già venti anni, in un giorno di fine secolo con l’aria buona buona. Debuttò su un palco grande quanto una piazza, in un locale a Barcellona vicino alle Ramblas, con grandi mazzi rossi di rose in camerino, di inviti per un’ora sui biglietti profumati. Paco era già un ricordo e la Galizia una regione, Pontevedra solo un luogo sopra i documenti, ed il futuro quella Francia sognata ogni notte, tra le stelle di Parigi, una stella ed una sola, che brillava già famosa cantante e ballerina, amante ricercata da uomini potenti, di regnanti e di scrittori, di principi e granduchi, che all’asta ogni sera le offrivano castelli per il gusto di spuntarla aggiudicandosi i favori. Perché O era bella, bella come il pane, perché O era latte che svezzava i rampolli, perché O era spagnola calda come il sole, O una grande donna, signora dei salotti, O una grande femmina, regina di tutti i letti.

La terza volta che O vide il mare, prendeva il sole sopra il ponte, di ritorno dall’America verso la sua Francia, che l’accolse indiscussa regina delle notti, con i suoi abiti sontuosi che risaltavano la carne, conturbante e fatale, su un palco o dentro il letto, con le sue gemme luccicanti incollate sopra il seno. Bello, forte e generoso come il vino dell’Alsazia, grande e nutriente come il grano di Galizia, o come le cupole di Cannes, ancora lì in bella mostra, che un architetto innamorato modellò alla sua forma, prendendo in prestito il calco dopo che per una notte, lo aveva ammirato con gli occhi dell’artista, lo aveva poi saziato con le mani e con la bocca.

La quarta volta che O vide il mare fu anni dopo a Nizza, vecchia ed abbandonata guardava oltre l’orizzonte, seduta su una panchina sotto un palma verde all’ombra, chiedeva qualche soldo per un panino ed una birra, ma questa è un’altra storia che non ci piace ricordare, ma fare un salto d’anni a ritroso fino a quando, sperperò la sua fortuna per essere la più bella, ballerina indiscussa alle Folies della sua Parigi, o quando amica di Liane si contendeva il primato, come una delle più belle, famose in tutto il mondo, che diventarono un mito, un sogno e una certezza, che la Belle Époque mai sarebbe stata, senza la più Belle, O naturalmente.
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LiberaEva



  




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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
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